21)
22. I'll Call Ya After My Blood Turns To Alcool
Mai
il suono della campanella gli era sembrato così dolce e soave.
La
prof stava ancora parlando, forse dettando i compiti, ma a lui non
importava.
In
un attimo Harry aveva raccolto penne, evidenziatori, gomme e tutto
ciò che aveva sparso sul banco nelle ultime 5 ore, disordinato
com'era, prima di gettarlo direttamente nella cartella, e infilarci
dentro i libri che ci stavano a malapena, afferrare lo zaino per le
cinghie e guadagnare l'uscita senza nemmeno preoccuparsi di salutare
o di recuperare l'astuccio praticamente vuoto che troneggiava sul
banco, dimenticato.
Si
sentiva un palloncino a elio che vola nel cielo blu, così felice da
toccare il cielo con un dito: ora che il momento era arrivato non
stava più nella pelle.
Veramente
non stava più nella pelle da quella mattina alle 7.30, quando gli
era suonata la sveglia, facendolo schizzare in piedi sul letto,
perfettamente sveglio e perfettamente conscio che quella giornata
sarebbe stata speciale, anzi, superspeciale.
La
sua prima visita in casa di Louis.
Non
aveva pensato ad altro tutta la mattina, perdendosi nei suoi pensieri
con sguardo sognante, ripercorrendo mentalmente due pomeriggi prima,
quando durante una delle loro conversazioni per sms lui glielo aveva
chiesto.
Aveva
scritto:
“Dopodomani
ho la casa libera: mia mamma lavora e le mie sorelle sono tutte
fuori... Facciamo merenda lì e poi usciamo a cena? Non ho voglia di
stare solo :))”
Harry
aveva rischiato di farsi beccare 4 volte dal professore di storia
mentre rileggeva ancora e ancora col cellulare il messaggio sotto il
banco, ogni volta sorridendo al pavimento polveroso come un idiota,
ogni volta sentendo che il suo cuore mancava un battito e la faccia
diventargli rossa come un un peperone al sole.
“Mi
piacerebbe tantissimo” aveva risposto lui, in estasi, prima che la
sua mente venisse occupata da pensieri come 'cosa mi metto?' 'è
buona educazione portare qualcosa per ringraziare dell'ospitalità?'
'Non sarà troppo presto?' e da filmini mentali dove lui, cadendo e
incespicando per la sua goffaggine finiva per distruggergli casa.
Un
altro sms lo aveva distratto dalle sue pippe mentali.
“Va
bene, allora ti passo a scuola, okay?”
Per
una volta Harry si era completamente scordato che se l'altro lo
passava a prendere significava che aveva saltato le lezioni ancora
una volta, e comunque sarebbe stato troppo felice per iniziare con la
sua solita ramanzina.
“Okay
:))” aveva risposto, attendendo trepidante un'altro messaggio
dall'altro.
Aveva
aspettato invano, controllando il telefono giorno e notte ma l'altro
non si era più fatto sentire...
Questo
aveva smorzato un po' del suo entusiasmo, mentre rimaneva bloccato
nell'ingorgo degli studenti che si ammassavano sulle scale e
nell'atrio principale cercando di arrivare prima possibile
all'uscita, come se ne valesse la loro vita. Spingendo, strattonando
e pestando qualche piede Harry era riuscito ad arrivare in fondo alle
scale, prima che il gruppo dei più grandi lo travolgesse
rispedendolo tra la calca che premeva contro i muri dell'edificio che
sembrava stesse per esplodere da un momento all'altro.
“Non
voglio farlo aspettare!” aveva pensato, il panico che iniziava a
farsi strada tra i suoi pensieri felici, “E se magari pensa che
sono assente o che mi sono dimenticato e mi lascia qui?”
Aveva
già detto a sua madre che si sarebbe fermato a pranzo e a cena da un
amico, e che si sarebbe fermato fino a tardi, non aveva neanche le
chiavi di casa e se Louis gli dava buca sarebbe stato davvero nei
guai.
Era
riuscito a estrarre il telefono dalla tasca dei jeans rifilando una
gomitata a una ragazza vicino a lui e aveva digitato velocemente un
messaggio al suo accompagnatore mentre cercava instancabilmente di
avanzare:
“C'è
un po' di ressa nell'atrio, ma sto arrivando :/”
Inutile
dire che nonostante i suoi sforzi era uscito quasi per ultimo.
Quando
finalmente era uscito nel trionfante sole di maggio, socchiudendo gli
occhi per proteggerli dai suoi raggi di fuoco, non aveva visto nessun
Louis Tomlinson in attesa. Aveva scandagliato attentamente con lo
sguardo, trepidante, il parcheggio pieno di macchine, il cortile
delle elementari dove irritanti e petulanti bambinetti in grembiule
venivano trainati via dallo scivolo dai genitori, e aveva persino
allungato il collo per controllare il campo da calcio, ovviamente
deserto.
Aveva
sospirato, cercando di ricacciare indietro la delusione e la
tristezza.
Si
era dimenticato di lui.
“Cerchi
qualcuno?”
Harry
si era girato di scatto, il cuore che gli martellava nel petto:
converse bianche lise che avevano visto tempi migliori, blue jeans
strappati in punti strategici ( e più volte ricuciti) e una felpa
marrone a maniche lunghe con il cappuccio che insieme al ciuffo
castano copriva gli occhi celesti, lasciando scoperto solo la fine
del sopracciglio destro dotato di ingente piercing, così come sul
naso e sulle labbra ghignanti che stringevano con fare sensuale una
sigaretta mezza consumata.
Louis
Tomlinson.
Sembrava
il padrone del mondo, appoggiato al muro con le mani dietro la testa
e quel suo sorriso beffardo, ma Harry poteva vedere dalla luce nei
suoi occhi che anche lui era emozionato.
Si
era sentito meglio, più sicuro e meno imbarazzato, mentre cercava di
darsi un contegno e di non sbavargli addosso come un'adolescente in
piena tempesta ormonale.
“Vaffanculo
Tomlinson, mi hai fatto cagare in mano: pensavo mi avessi tirato un
bidone!”
L'altro
si era finto mortalmente offeso.
“Io?
Io sono un uomo di parola: mantengo sempre le mie promesse”
Erano
entrambi scoppiati a ridere al suo tono pomposo, attirandosi le
occhiatacce dei professori che attraversavano il piazzale deserto per
salire sulle loro macchine e tornare alle loro tristi e monotone
vite, prima che il più piccolo si scusasse, con uno sguardo contrito
in viso:
“ E'
che non mi hai più risposto e pensavo che...”
“Che
l'avessi dimenticato?”
Aveva
annuito colpevole, mentre l'altro spalancava melodrammaticamente gli
occhi blu, declamando al cielo:
“ Che
onta, che vile offesa! Finchè non ricarico il mio credito è morto e
stecchito, e siccome tu sei di un'altro operatore telefonico...”
Il
più piccolo ridacchiava per la teatralità dell'altro, prima
tornasse serio e che sussurrasse piano piano, tanto che per un
momento Harry lo scambiò per un soffio di vento in un caldo e
soleggiato giorno di primavera, mentre veniva gentilmente guidato per
un braccio verso casa Tomlinson:
“ E
comunque di te non mi dimenticherei mai...”
Sorrise.
Sarebbe
stata una bellissima giornata.
Era
stato un incidente.
Harry
avebbe dovuto immaginare che era troppo bello per essere vero e che
avrebbe finito per combinare qualche disastro.
E
dire che il pomeriggio era iniziato bene: una volta arrivati
all'appartamento di Louis, che era veramente angusto e stretto come
diceva lui, soprattutto contando il fatto che avevano utilizzato i
mobili della vecchia casa, lussuosi, raffinati ed in aperto contrasto
con le minuscole dimensioni dell'appartamento, per arredare quella
nuova ( ma Harry avrebbe preferito essere investito un'altra volta
piuttosto che dirlo ad alta voce), avevano cucinato maccheroni al
formaggio, rischiando di fondere il pentolino dove stavano facendo
sciogliere il formaggio per la loro scarsa attenzione ai fornelli.
Non
era certo un pasto da gran gourmet, ma il fatto che l'avessero
cucinato loro due, insieme, lo rendeva il piatto più buono del
mondo.
Una
volta sparecchiato si era posto il problema di cosa fare durante il
pomeriggio, e siccome non c'erano consolle o videogiochi in vista, il
riccio non sapeva proprio cosa proporre, così si era limitato a un
“Quello che ti va'” e il padrone di casa era saltato in piedi dal
divano dove era sprofondato, fregandosi le mani con fare diabolico:
“Che
ne dici di una partita a tennis?”
Venti
minuti dopo Louis si stava rotolando dalle risate sulla moquette di
camera sua, mentre Harry cercava di suonare serio e indignato mentre
agitava minaccioso la racchetta da ping pong attraverso la “rete”
che separava i rispettivi campi, in realtà un lungo filo di ferro
ricoperto di gomma bianca che sua madre usava per stendere i panni
sul loro stiminzito balcone nei giorni di sole .
“ E'
l-l-la q-q-q-quinta v-volta che t-t-ti colpisci c-c-con la
racchetta!” aveva boccheggiato il maggiore, ancora a terra,
incapace di alzarsi per l'eccesso di risa.
“Ridi,
ridi finchè puoi Louis Tomlinson, perchè adesso ti farò mangiare
la mia polvere!”
“Lo
hai detto anche due partite fa” l'altro rischiava seriamente di
soffocarsi con la saliva, se andava avanti a sghignazzare così.
Harry
aveva incrociato le braccia sul petto, mentre il suo faccino si
contraeva in un broncio infantile che Louis nella sua testa aveva
definito adorabile.
Era
seriamente adorabile, tutto riccioli, guanciotte e capricci, ma
quasto non significava che lo avrebbe lasciato vincere apposta.
“Non
dicevo veramente. Adesso faccio sul serio. Stai in guardia!”
O
magari si.
Louis
si rialzò, servendo una palla decisamente facile, e dopo qualche
scambio (Harry esultava ogni volta che riusciva a toccare la pallina)
il più piccolo aveva mantenuto fede alla sua promessa, caricando i
suoi tiri con tutta la forza che aveva fatto rimbalzare la pallina su
tutti i muri, rendendola, secondo lui, imprendibile.
Ma
Louis l'aveva presa, tirandola piano verso l'avversario, che deciso a
portarsi a casa la vittoria aveva schiacciato, urlando: “Il punto
della vittoria!”
La
pallina da ping pong era rimbalzata sul pavimento, prima di roteare
verso il soffitto e schiantarsi sulla lampadina, facendo piovere
ovunque gocce di vetro.
Harry
si era gelato sul posto, mortificato.
Lui
lo sapeva, lo sapeva che geneticamente era un imbranato idiota e che
l'incidente e le inutili sedute di fisioterapia avevano solo
peggiorato la sua situazione, rendendolo un pericolo pubblico,
“M-mi
dispiace...”
Louis
guardava il danno con aria distaccata, gli occhi appena socchiusi e
le mani in tasta, disinteressato.
“Cazzo.
Mia madre mi ammazza”
“M-mi
dispiace, è colpa mia, mi sono lasciato trasportare...”
L'altro
aveva scrollato le spalle.
“Non
preoccuparti, meglio la lampadina che il tuo naso.”
“Ma-”
“Non
è successo niente, davvero. Ne abbiamo di riserva” aveva sorriso
“Vado in salotto a prenderle, attento a non camminare sui vetri e-”
Il
suono del telefono di casa aveva interrotto le raccomandazioni del
ragazzo, che sbuffando era andato alla cornetta a rispondere,
lasciando l'ospite solo in camera con il suo senso di colpa.
“Pronto?
Ah, Ciao ma'. Cosa? No, non l'ho perso, ho dimenticato di togliere il
silenzioso quando sono tornato da scuola...”
E
mentre Louis mentiva spudoratamente a sua madre, a Harry venne un
idea per riparare il disastro che aveva combinato.
In
salotto, hn?
“Si.
Okay. Ciao ma'... Ciao”
Louis
riattaccò con un gesto stizzito.
Sua
madre lo aveva tenuto al telefono praticamente un quarto d'ora,
lasciando Harry in camera sua, da solo in mezzo alle schegge di vetro
della lampadina rotta... Sperava non si fosse tagliato.
“Ehi
Harry!” lo aveva chiamato dal salotto, fissando l'orologio del
televisore che segnava l'orario delle 18.37 “Ci si mette un po' a
raggiungere il centro a piedi da qui... Usciamo adesso o aspettiamo
ancora un po'?”
Silenzio.
Il
ragazzo si affacciò sull'uscio di camera sua, e ciò che vide bastò
a lasciarlo attonito, incapace di muovere un altro passo in avanti e
di proferire una frase di qualche senso compiuto.
“He-
Ma cosa diavolo stai facendo?!”
“Sono
soltanto caduto. Non mi sono fatto niente, non preoccuparti”
Louis
guardò Harry che, col solito adorabile cipiglio imbronciato,
dapprima si strofinò un paio di volte i jeans all’altezza delle
ginocchia, per scuotere via la polvere che vi si era raccolta nella
caduta; e poi raddrizzò la sedia che si era rovesciata sul
pavimento e vi salì sopra in piedi, in un equilibrio precario che
fece impallidire ancora di più il maggiore.
“Si
può sapere cosa stai cercando di fare?”
Così
dicendo, gli si lanciò letteralmente dietro, senza però osare
toccarlo per la paura di farlo cadere ancora anche solo sfiorandogli
una gamba, turbando l’asse perfetto in cui il suo corpo si allungò
pericolosamente nel tentare di raggiungere il lampadario con le mani.
“Cerco
di rimediare al danno di prima, non vedi?”
Harry
gli sorrise dolcemente, mentre lui cercava di non piegarsi in due a
causa delle sue fitte al petto:si sentiva un pervertito, indegno
d’essere ricambiato con così tanto trasporto e innocenza di un
amore comunque proibito e condannato da ogni morale. Ma ciò che più
lo intenerì continuando a guardare gli sforzi del ricciolino furono
le sue sopracciglia aggrottate, le labbra morsicchiate e le sue
parole affrante.
“Non ci arrivo!”
Ansimò sconfitto e
stette per ruzzolare di nuovo a terra se non fosse stato per Louis
che, con uno slancio fulmineo, lo afferrò saldamente per la
vita.
“Lascia stare, faccio io, è una stupida lampadina non è
così importante!”
“No!”
Proprio nel momento in cui stava
per rimetterlo con i piedi per terra, il maggiore percepì
chiaramente la mano libera di Harry aggrapparsi alla sua maglietta e
le sue gambe snelle allacciarsi saldamente al suo bacino. In quella
stretta improvvisa, distinse chiaramente il profumo fresco della sua
pelle, lo stesso di cui aveva goduto baciandolo più e più volte sul
collo nei giorni precedenti, ma senza andare oltre per il timore di
violarlo troppo giovane, troppo presto. Sussultò perché, in quella
posizione dettata solo dal fatto che lui non intendesse demordere e
farsi rimettere semplicemente giù, ciò che invece essendo più
grande gli tolse il fiato fu l’attrito che inavvertitamente il più
piccolo provocò tra i loro corpi, muovendo le anche in avanti e
risvegliandogli un’erezione di cui non riuscì a non
vergognarsi.
“Ce la faccio se mi tieni tu. Sollevami solo un po’
più in alto”
Louis non replicò subito, scorgendo chiaramente
in quelle parole un disperato tentativo del ricciolo di sembrare a
tutti i costi già adulto e perfettamente autosufficiente.
“Ti
hanno mai detto che sei testardo da morire?”
Gli chiese soltanto
in un mormorio appena percettibile, cingendogli entrambe le mani
dietro le ginocchia e sollevandolo il più possibile.
“E a te
hanno mai detto che sei appiccicoso da far quasi paura?”
Rimbrottò
Harry altrettanto fra i denti mentre, con l’ultimo, sforzo
riavvitava la lampadina più saldamente gli riuscisse.
“Solo
quando si tratta di te, Haz, sai?”
Lo provocò scherzoso,
accennando un mezzo sorriso al rossore che tinse quasi subito il viso
del più piccolo e che quest’ultimo provò goffamente a
dissimulare, voltando la testa di lato per evitare di incrociare lo
sguardo rapito e rivolto verso l’alto del maggiore.
“Ho
finito. Puoi anche lasciarmi andare, adesso”
“Come vuoi”
Lo
assecondò, cominciando a farlo discendere fra le sue braccia con una
lentezza quasi estenuante; si fermò solo allorchè le sue mani
andarono a sorreggere i glutei del più piccolo e la punta del suo
naso sfiorò l’orlo della maglietta nera che Harry indossava,
inspirando anche attraverso la stoffa il suo odore d’irresistibile
innocenza.
“Mi lasci andare?”
Dopo aver colmato un’ultima
volta le proprie narici di quell’odore fresco e inebriante, Louis
sollevò lo sguardo a quel sussurro, quasi dolce come gli occhi di
Harry che si puntarono verdi e immensi nei suoi, imploranti quel sì
che, rimproverandosi ancora una volta d’essere egoista, non riuscì
a concedergli.
“Lo vuoi davvero?”
Non attese replica
alcuna; non gliene diede nemmeno il tempo. Avendo le mani occupate a
sorreggerlo, si servì invece proprio della punta del proprio naso
per sollevargli di un poco la maglietta: quel tanto che bastava
affinchè vi si insinuasse sotto con la testa e iniziasse a tracciare
con le labbra la striscia sottile di peluria appena accennata che,
dalla cintola dei jeans, risaliva fino al suo ombelico.
Stringendo
di più le braccia attorno ai suoi fianchi, la disseminò di piccoli
baci casti e ravvicinati, risalendo e scendendo più volte, fino al
momento in cui le mani del ricciolo, che fino a quel momento erano
rimaste appoggiate alle sue spalle larghe e forti, non si
artigliarono alla sua maglia con una forza tale da sfilargliela
quasi.
“Louis… !”
Solo il fatto di sentirsi chiamare per
nome a quel modo, con la voce rotta di un’emozione che sapeva
benissimo essere la stessa che provava anch’egli in quel medesimo
istante, lo incoraggiò a rendere quei baci meno casti e sempre più
umidi.
E sorrise contro la sua pelle quando infine affondò
delicatamente la lingua nel suo ombelico; sentì la presa sulle
proprie spalle farsi più forte e disperata, proprio come il gemito
che Harry si lasciò sfuggire, gettando la testa
all’indietro.
Facendo attenzione a non interrompere quel loro
contatto, Louis mosse qualche passo in avanti; e, una volta che fu
arrivato alla sponda del letto, lasciò che entrambi ricadessero sul
materasso in quella stessa posizione, Harry sotto e lui sopra, le
labbra ancora sul suo ombelico, incapaci di staccarsene.
Gli
sembrò di non aver mai assaggiato in vita sua una pelle più morbida
e più dolce di quella del più piccolo; pregò Dio affinchè nessun
altro tranne che lui riuscisse ad assaggiare quel sapore vergine che
apparteneva solo a lui. Furono l’idea di sporcare irrimediabilmente
quella creatura così pura e il tremore violento che la scosse sotto
di lui a far arrestare il movimento delle dita che, quasi mosse da
una volontà propria, avevano finito per sbottonargli i jeans.
Non
senza riguardarlo con un ultimo bacio a fior di labbra, Louis
appoggiò la testa sul ventre tremante del più piccolo, la guancia
contro la pelle fresca della sua pancia, le mani a stringere le
lenzuola e nelle orecchie il suono affannoso del suo respiro
spaventato.
“Lou, io…”
“Non preoccuparti, Haz, ti
aspetto. Ti aspetto quanto vuoi”
Cercò di calmarlo, unendo al
tono gentile della voce un altro bacio casto, appena sotto
l’ombelico. Ma fu Harry a sorprenderlo, non appena si sentì
affondare le dita di lui fra i capelli, in una serie di piccole
carezze impacciate e innamorate.
Rimasero a lungo in quella
posizione, senza muoversi, tranne che per le mani del più piccolo
che di tanto in tanto andavano a intrecciare le dita fra i
capelli del maggiore. E in ognuno di quei tocchi Louis si sentì
ricambiato e capace d’aspettare Harry, se fosse stato necessario,
anche tutta la vita.
Un
rumore viscerale proprio dov'era appoggiato interruppe i suoi
pensieri.
“Qualcuno qui ha fame, o sbaglio?”
Harry arrossì,
non azzardandosi a muoversi per non disturbare il più grande che
però si stava già alzando, stiracchiandosi come un gatto per poi
tendergli una mano, sorridergli sincero ed esclamare, completamente
dimentico della lampadina rotta:
“Andiamo
a mangiare?”
Andava
tutto bene, troppo bene per i suoi gusti.
Per
tutta la serata si era sentito euforico e tremebondo a furia di
ridere, la testa sgombra da qualsiasi pensiero e il cuore leggero.
Ma
lui era Louis Tomlinson e la sua sfiga lo seguiva ovunque andasse
come la sua ombra, non permettendogli mai di abbassare la guardia
nemmeno per un istante: restava sempre in luoghi solitari, da solo,
isolandosi nel suo scudo di mutismo e distaccato sprezzo grazie al
quale teneva a bada gli altri.
Tranne
Harry.
Il
destino gli aveva uniti in una maniera così inaspettata ed
improvvisa che neanche Louis, con la sua sociopatia acuta aveva
potuto evitare, e così lo aveva lasciato entrare nella sua vita,
avendo bisogno di Harry quanto Harry avesse bisogno di lui; poi erano
entrati in gioco i sentimenti ed entrambi erano rimasti ufficialmente
fregati l'uno con l'altro, anche se Louis era fermamente convinto di
essere l'unico dei due a vedere la loro relazione in maniera così
pessimista, e un po' se ne vergognava anche se sapeva che i suoi
pensieri sarcastici erano un inutile tentativo dell'innamorato badboy
dentro di lui di darsi un tono.
E
così quella sera aveva deliberatamente abbassato la guardia,
concedendosi per una volta di vedere il lato romantico della
situazione: la loro gigantesca pizza al formaggio (italiana d'hoc
come diceva l'insegna al di fuori del ristorante) faceva ”filo”
da tutte le parti, come gli spaghetti di Lilli e il Vagabondo, nel
locale risuonava la dolce melodia del violino di Scarlatti o Paganini
(Louis non era sicuro quale autore fosse), l'aria agrodolce che una
volta all'esterno gli inebriava i sensi gonfiandogli i vestiti e
scompigliando i ricci di Harry, diffondendo l'odore del suo shampoo
attorno a loro, come una magica aura, una protezione che nessuno
avrebbe potuto infrangere mentre camminavano per la città,
dondolando le braccia imbarazzati, con le mani che si sfioravano
appena e le dita che desideravano intrecciarsi ma non potevano perchè
avrebbero tradito il loro segreto, mentre parlavano di tutto e di
niente sotto le stelle più belle che brillavano nel cielo...
“O
mio Dio! Ma è Louis Tomlinson!”
Una
sgradevole voce alle sue spalle lo aveva riportato alla realtà, e il
sangue gli si era ghiacciato nelle vene: era sabato, erano le otto e
mezza e lui era in pieno centro.
Cazzo,
cazzo e ancora cazzo.
“Cristo,
non credevo che potessi veramente camminare in giro... Posso farti
una foto?”
Si
era girato lentamente per fronteggiare i suoi interlocutori mentre
Harry lo fissava curioso.
Lucas
Dixon e Christoper Hale.
Gli
aveva fissati nella maniera più letale che poteva, prima di
rispondere freddamente “ Il fatto che nessuno di voi due rientri
nelle mie frequentazioni non vuol dire che io non abbia una vita
sociale”
Un
ghigno sgradevole si era dipinto sulla faccia del primo, mentre il
suo tirapiedi si era limitato a fissarlo confuso, prima di imitarlo
fedelmente come un cane bastardo e pulcioso fa con il suo padrone.
Dixon
si era fatto avanti e gli aveva passato un braccio attorno alle
spalle amichevolmente, dandogli qualche pacca sulla schiena come se
gli fosse andato qualcosa di traverso e aggiungendo con un tono
cameratesco:
“Intendevo
dire che è difficle beccarti in giro, Tomlinson”
“Già”
“Perchè
non festeggiamo questo lieto incontro, huh?”
Nonononononono.
“Venite
dentro a bere qualcosa con noi, sarà divertente”
Aveva
fissato Harry con i suoi occhi neri e penetranti sorridendo come un
ebete per coprire la sua aria malvagia e sostituirla con una patetica
aria di affabilità che non era affatto convincente, ma che aveva
fatto crollare le difese del più piccolo, che subito si era diretto
verso l'ingresso del pub irlandese dietro di loro scrollando le
spalle “Sembra divertente”
Louis
l'aveva riacchiappato per un braccio.
“Veramente
noi dovremmo andare, abbiamo un coprifuoco piuttosto rigido”
Il
più piccolo aveva alzato le spalle con noncuranza.
“E'
sabato sera, Tom”
Tom?
Tom?!
“Non
c'è scuola domani, ergo non c'è coprifuoco stasera”
Ma
porca di quella...
“Sentito
il tuo amico?” aveva rincarato la dose Dixon mentre Hale lo
precedeva nel locale “Dai, unitevi a noi... Solo un paio di birre e
poi vi lasciamo andare, promesso. Non fare l'asociale, Tom”
“Si
Louis, non fare il sociopatico”
Harry
aveva fatto per seguire gli altri due all'interno, ma il ragazzo gli
aveva stretto il braccio mormorando furibondo: “Non penso sia il
caso andare...”
“Se
è per i soldi posso offrire io, non c'è problema...”
Stava
per dire al riccio che non era un fottutissimo problema di soldi
stavolta, e che voleva quei due sottoni il più lontano possibile da
loro, che stavano rovinando la loro serata speciale, che voleva stare
da solo con lui, ma i diretti interessati avevano fatto capolino
dall'uscio, quell'orrendo ghigno molle e perfido, parodia di un
sorriso, stampato in faccia mentre esultavano allegramente: “Venite,
abbiamo trovato un tavolo!”
Era
surreale, strambo, bizzarro, psichedelico, pazzo ed assurdamente
sbagliato quello che stavano facendo.
Louis
lo aveva capito appena aveva messo piede in quella bettola sudicia e
puzzolente di alcool. Era da sfigati ubriacarsi prima di mezzanotte,
ma ai loro indesiderati compagni non importava: appena seduti al
tavolo ( già appiccicaticcio di birra e unto di patatine) avevano
chiamato la cameriera come un fischio, manco fosse un cane, che aveva
risposto a quell'inusuale richiamo con un sorriso mentre si
avvicinava con il suo vassoio sbeccato e il blocchetto delle
ordinazioni.
“Ciao
ragazzi” più che un saluto era un sospiro rassegnato “ Cosa vi
porto stasera?”
“Il
solito, Maddie. Sarà una lunga serata” le aveva fatto l'occhiolino
“ Unisciti a noi quando hai un attimo di tempo”
Che
viscido, schifoso, lurido...
“E
i tuoi amici?”
Amici
sto cazzo.
“Mi
stavo dimenticando”
Ma
guarda che strano, che caso, che coincidenza, non si ricordava
proprio il poveretto.
“Voi
cosa prendete?”
Harry
era avvampato così furiosamente che Louis, seduto di fianco a lui,
poteva sentire il calore della sua pelle, tanto che il suo gomito che
toccava appena quello dell'altro si era ustionato dal cocente
imbarazzo dell'"amico".
“Niente”
si era affrettato a dire Tom a denti stretti.
“Come
niente?” aveva chiesto il viscido in tono fintamente sorpreso, solo
per umiliare ancor di più il più piccolo che era arrossito ancor di
più.
“Harry
ha appena subito un operazione, non può bere alcool” aveva
spiegato lui a denti stretti.
“Ah”
Dixon aveva fatto una faccia da 'cosa ti dicevo?' mentre rifilava una
gomitata a Hale che aveva ridacchiato. Povero Harry, povero agnello
che era andato a sedersi al tavolo del lupo, che adesso si faceva
beffe di lui, che non voleva bere, che non sapeva neanche cosa
avrebbe potuto ordinare, che era troppo piccolo...
Proprio
questo aveva spinto Harry a mormorare con una vocina piccola piccola
“Veramente io avevo sete...”
Maddie,
la cameriera, si era voltata indietro sorridendo “Allora cosa ti
porto?” mentre gli occhi del ragazzino si allargavano dallo
sconforto.
Louis
aveva sospirato, perchè era ovvio che non sapeva neanche com'era un
superalcolico, figurarsi saperne il nome!
La
cameriera aveva tamburellato le dita sul vassoio, impaziente.
“Allora?”
“Un
Malibù Cola e una Vodka Ice Blue” aveva risposto per lui Tom, con
voce annoiata.
Questo
era bastato per cancellare per una frazione di secondo il ghigno da
Dixon&Hale, viscido più viscido, che evidentemente erano di casa
perchè tutti venivano al loro tavolo per scambiare due parole,
deliranti ed ubriache, ma pur sempre parole.
“ Che
cos'è un Malibù Cola e una Vodka Ice?” aveva sussurrato Harry
pianissimo, evitando di guardarlo negli occhi.
“La
Vodka azzurra nel bicchierino piccolo è per me, il bicchiere con il
limone è per te”
“E
di cosa sa?” aveva chiesto ancora ansiosamente, come se avesse
paura.
“ Forse
se evitavi di fare lo spaccone non saresti stato costretto a prendere
qualcosa!”
Al
tono arrabbiato dell'altro il riccio aveva distolto lo sguardo.
“Coca
cola” aveva mormorato Louis sottovoce e controvoglia, preferendo
evitare di rovinare ulteriormente la serata con la loro prima lite
“E' coca cola corretta, non è molto forte. Ho pensato...”
“Grazie”
aveva mormorato l'altro, mentre gli ubriachi andavano a combattere
mulini a vento da un'altra parte e i due viscidoni riportassero la
loro attenzione sui loro 'ospiti'.
“Non
ci hai ancora presentati Tomlinson”
Madonna,
doveva avvisare Discovery Channel: aveva appena scoperto che anche
Hale poteva parlare e formulare una frase di senso compiuto!
Adesso
si che mi sento realizzato.
“Già”
Era
calato un silenzio imbarazzante.
Harry
aveva teso la mano a Lucas.
“Harry
Styles”
“Lucas
Dixon, e lui è Christopher Hale”
Louis
aveva trattenuto un conato mentre le loro mani si toccavano: tuti
sapevano che Dixon era un malato pervertito e perverso che si faceva
tutto quello che stava fermo abbastanza tempo da permetterglielo,
uomo, donna o animale non faceva alcuna differenza.
Viveva
in periferia, e spendeva maggior parte del suo tempo in una galleria
inutilizzata della metro a creare murales, 'la sua arte', in
compagnia di ratti, rifiuti radioattivi e tossici.
Chissà
cosa avevano toccato quelle mani prima di stringere quelle di Harry.
Bleah.
Un
brivido gli aveva scosso la spina dorsale facendolo sussultare e
urtare la cameriera che arrivava con le loro ordinazioni.
Ottimo,
trincavano ciò che avevano nei bicchieri e poi levavano le tende.
Subito.
Ma
il riccio non sembrava dello stesso parere, dal momento che
sorseggiava lentamente e tutto soddisfatto il suo drink e
occhieggiando affascinato quello di Louis, decisamente più piccolo e
di un blu fluorescente.
I
Viscidoni avevano imbastito una conversazione con loro, alla quale
Tom aveva risposto a grugniti e monosillabi, desideroso di andarsene,
mentre Harry chiacchierava amabilmente con loro, come se fossero
amici.
Sta
minchia.
Non
immaginava neanche lontanamente chi aveva davanti, e se l'avesse
saputo se ne sarebbe andato immediatamente.
Hale
e Dixon erano i pusher che avevano il controllo e l'influenza più
grande a scuola: Dixon coordinava le operazioni, comprava la roba
buona e la mischiava con quella più scadente prima di suddividerle
in dosi e mandare il suo cagnetto Hale a spacciare negli anfratti
della palestra, tra gli scaffali della biblioteca o sotto i banchi.
Quando
Louis aveva cercato di entrare nel gruppo dei sottoni il leader era
in crisi: Dixon vendeva roba pessima, ma a un prezzo decisamente più
conveniente e abbordabile per gli studenti, mentre lui...
Aveva
deciso di mandare il nuovo arrivato a spacciare nel territorio dei
concorrenti, a sua insaputa.
Indovinate
chi si era beccato tre costole rotte da una mazza mentre quel bruto
senza cervello di Hale urlava che “non gliela infilava nel culo
solo perchè gli sarebbe piaciuto”?
Indovinato.
Aveva
avuto così caga che tornato a casa aveva distrutto tutto il resto
della roba nel water, ma siccome era orgoglioso aveva giustificato il
fatto come una “crisi di coscienza”, perfino con Harry.
“Posso
provarla?” a parlar, o meglio pensar, del diavolo ti spuntano le
corna, dicono.
Il
ricciolo fissava ancor più insistentemente la sua Vodka ancora
intatta.
Stava
per rispondere con un 'te lo scordi' secco ma gli era suonato il
telefono, e così aveva finalmente trovato la scusa per allontanarsi
dal tavolo mormorando a mezzavoce “Basta che non la finisci”
prima di uscire di fuori all'aria aperta.
“Pronto?”
“Ciao
Louis”
“Ciao
Fizzy” aveva sospirato lui sollevato, salutando l'unica persona
della famiglia che ancora gli parlava come se fosse una persona
normale.
“La
mamma vuole sapere a che ora rientri e se hai le chiavi”
“Rientro
tardi, non so quando, ma dille di andare pure a letto che ho le
chiavi”
Sapevano
entrambi che erano mesi, se non anni, che sua madre non lo aspettava
alzata la sera quando usciva, ma loro fingevano che fosse tutto
normale, e andava bene così.
Davvero.
“Dove
sei?” aveva chiesto lei, più per continuare la conversazione che
per altro, ormai nessuno gli chiedeva più dove andava, con chi, cosa
facevano...
“A
un pub, con degli amici...” aveva apposta omesso quali amici per
lasciarle intendere quel che voleva, se voleva poteva pensare a nuovi
amici di scuola, o alla vecchia compagnia con Zayn e Stan, perchè
lui non aveva amici.
A
parte Harry.
Ma
lui non era un amico.
“Okay,
allora ti lascio andare”
“Fiz?”
“Si?”
“Prima
si è fulminata la lampadina, e mentre la cambiavo mi è caduta. Non
andare a piedi scalzi”
“Okay.
Grazie”
“Buonanotte”
“Buonanotte”
Non
aveva nessuna voglia di rientrare.
Forse
era solo una sua impressione causata dalla sgradevole e forzata
compagnia che gli aveva rovinato tutto il divertimento e cacciato lui
ed Harry in quella situazione sgradevole, ma il locale gli sembrava
troppo caldo, quasi asfissiante nella sua claustrofobica struttura
angusta, resa sudicia dagli ubriachi che iniziavano a puzzare come
carogne e a scatenare risse per stupidate che non avevano alcuna
importanza e il giorno dopo nessuno si sarebbe ricordato.
Meglio
stare di fuori all'aria aperta a fumare una sigaretta in santa pace
finchè Harry non fosse uscito a cercarlo, in modo da filarsela
all'improvviso e in fretta senza dover questionare ancora con quegli
stronzi.
Louis
si era acceso la sigaretta sospirando: erano riusciti a colpirlo dove
faceva male... Anche lui spesso si faceva problemi sull'età del
fidanzato, considerando che erano significativi gli anni che gli
separavano, anche se non in modo così drammatico perchè Harry era
diverso dai suoi coetanei, più maturo, più cosciente di se stesso,
con valori ed ideali propri, meno attratto dalla massa e dalle
mode...
Ecco,
Harry era se' stesso, e l'altro lo invidiava perchè era tutto ciò
che avrebbe voluto e non sarebbe mai potuto essere.
Per
questo era arrabbiato, perchè in quel momento il più piccolo stava
cercando di dimostrargli che era grande abbastanza, che era come i
suoi compagni di classe, che poteva essere indipendente e autonomo,
che poteva farcela da solo...
Come
con la lampadina oggi.
Ma
non aveva bisogno di dimostrarlo, non a lui che lo amava così
esattamente come era: ingenuo ogni tanto, orgoglioso oltre ogni buon
senso, determinato, allegro e sempre con la battuta pronta e un
sorriso sulle labbra, un piccolo sole, il suo piccolo sole candido e
luminoso che eppure era seduto al tavolo unticcio e appiccicoso di
puzzolente pub scadente con due sorci di fogna della peggior specie.
Non
poteva fare a meno di essere arrabbiato, anche se sapeva benissimo il
fascino che l'alcool aveva a quell'età, e pensando razionalmente non
poteva neanche biasimare troppo il comportamento dell'altro,
dopotutto lui e Zayn avevano fatto molto molto molto peggio di un
Malibù Cola.
E
non era stato Harry a mettersi alla guida di una macchina rubata
ubriaco marcio, quindi doveva solo stare zitto, anche se gli
prudevano le mani dalla rabbia e dall'incontrollabile voglia di
fargli una bella lavata di capo.
Oddio,
inizio ad assomigliare a mio padre!
Il
pensiero lo aveva irritato oltre ogni limite, e il ragazzo aveva
spento il mozzicone della sigaretta con uno scatto nervoso.
Perchè
diavolo ci metteva così tanto?!
Si
era diretto di nuovo all'interno, pronto a ripescare il ricciolino
per le orecchie e trascinarlo fuori da lì se necessario, ma una
volta tornato al tavolo lo sgomento davanti alla vista che gli si
presentava aveva preso il sopravvento sull'irritazione bruciante che
lo aveva consumato fino a quel momento: una piramide di shortini
colorati mezza crollata e già ampiamente consumata troneggiava sul
tavolo davanti agli occhi lucidi e brillanti di Harry, le pupille
dilatate e un sorriso deficiente mentre Louis si avvicinava al
tavolo.
Ti
prego ti prego ti PREGO, fa che non li abbia bevuti tutti lui...
“ Louuuuuuuuuuis!!!
Louuuuuuuuuis!! Ho bevuto il colluttorio, ho bevuto il colluttorio!”
Le
sue speranze erano naufragate come onde sugli scogli, mentre guardava
il ragazzino sbracciarsi verso di lui agitando in bicchierino con
resudui verdastri di vodka alla menta.
Porca
Eva.
Se
li era scolati tutti lui.
“Harry!
Cosa cazzo hai fatto!?”
“I
tuoi amici sono simpaticissimi! Mi hanno offerto un triangolo di
shottini!”
Si
era schiaffato una mano in faccia, desideroso di farsi male: aveva
quattordici anni. Quattordici. Se il proprietario del locale lo
beccava lì, ubriaco fradicio e senza nemmeno aver l'età per poterci
entrare in un pub, gli avrebbe dato una multa e Louis essendo più
grande e quasi maggiorenne si sarebbe preso tutta la colpa, e questo
voleva dire altri guai con gli assistenti sociali.
E
con i poliziotti, dal momento che la piramide costava 30 sterline e
lui non ne aveva nemmeno mezza.
Porca
Eva.
“Harry,
alzati! Dobbiamo andarcene da qui o siamo nella merda!!”
Il
riccio si era alzato barcollando, muovendo passi incerti prima di
crollare a terra come un sacco di patate.
“Non
sono caduto, non sono caduto!” aveva strillato tra le risate mentre
lo rimetteva in piedi tirandolo per un braccio e guadagnando
velocemente l'uscita “E' la gravità che mi vuole!”
Una
volta all'aperto e lontano dal pub Harry sembrava essersi calmato:
aveva smesso di ululare ininterrottamente, limitandosi a parlare da
solo a raffica, senza neanche respirare tra una parola e l'altra
mentre Louis lo sorreggeva e malediva mentalmente la loro sfiga.
E
adesso? Dove l'avrebbe portato? Mica poteva lasciarlo lì, o mandarlo
a casa in quello stato!
Al
parco.
A
casa sua no di certo, edifici pubblici o stazioni ferroviarie a
quell'ora pulullavano di brutta gente e non c'era altro posto che
garantisse altra privacy e possibilità di restoro.
Era
il posto giusto, avrebbero camminato un po' finchè non si sarebbe
calmato, poi lo avrebbe fatto tornare in se' con l'acqua gelida della
fontana e dopo averlo istruito su come comportarsi lo avrebbe
accompagnato a casa.
Sembrava
la cosa giusta da fare.
Una
volta giunti sul posto Louis si era rilassato, concedendosi persino
di prestare attenzione ai vaneggiamenti deliranti dell'altro che
parlava di fiori, di lampadine e lampioni che andavano aggiustati e
di come le stelle si muovessero velocemente (in realtà erano aerei,
ma a Louis sembrava inutile puntualizzarlo).
“Una
farfalla! Una farfalla!!”
Come
non detto.
“Io
odio le farfalle, mi fanno cooosì schifo! Le detesto quando mi
svolazzano intorno e mi vengono addosso... Se tipo tu avessi la
farfalla credo che saremmo solo amici, magari migliori amici, ma poi
basta”
Il
sobrio aveva ascoltato attentamente il delirio alcolico dell'altro,
cercando di carpirne un senso e delle verità.
“ Tutti
amano le farfalle, ma a me fanno proprio schifo. Tutti credono che
dovrebbero piacermi. Ma a me non piacciono. Mi fanno schifo. E se
magari sono l'unico che non gli piacciono le farfalle? Vuol dire che
c'è qualcosa di sbagliato dentro di me?Se è una cosa brutta posso
provare a farmele piacere, davvero, almeno un pochino, ma io non so
se è brutta o no perchè se lo dico in giro ed è una cosa strana,
magari a loro che gli piacciono le farfalle faccio schifo io e-”
Louis,
sentendo i suoi respiri spezzati e la vooce prossima al pianto lo
aveva scrollato per le spalle, prima di dargli qualche schiaffetto
sulle guance.
Sapeva
cosa stava passando, era stato lo stesso per lui finchènon aveva
trovato Stan e finchè la sua infautazione per Zayn si era
transformata in una semplice ma forte amicizia.
Per
un attimo avevano camminato vicini, assorti nei loro pensieri mentre
l'aria fredda della sera raffreddava il viso in fiamme di Harry, che
dopo qualche minuto, appena riacquistato il controllo di se stesso e
dei suoi arti inferiori, aveva scrollato via il braccio del maggiore,
imbarazzato da quel momento di debolezza.
“Ce
la faccio adesso” aveva mormorato allo sguardo interrogativo
dell'altro, continuando a camminare e fissando il sentiero di
ciottoli per non incontrare il suo sguardo.
“Louis?”
“Hn?”
“Sei
arrabbiato?”
“Da
adesso sono di nuovo 'Louis'? Cosa c'è, 'Tom' risulta occupato?”
La
frase era uscita con più veleno di quanto avrebbe voluto.
Aveva
visto il guizzo ferito degli occhi di Harry, prima che lui voltasse
la testa, fissando ostinatamente qualcosa nel buio.
“Si,
sono arrabbiato. Molto arrabbiato. Perchè lo hai fatto? Se fossimo
stati solo io e te non avresti mai bevuto! Dovevi fare il montato
con-”
“Io
non volevo fare il montato!” Harry stava iniziando ad alzare la
voce “ Volevo solo... Quando gli hai visti sembrava volessi
scappare...Non volevo farti sentire in imbarazzo! Mi dispiace se non
passo i miei sabati sera a seccarmi di alcool come tutti i miei
compagni, mi dispiace se non ho neanche un tatuaggio, se non infilo
cazzi e madonne ad ogni frase, se mia madre mi trascina a messa ogni
domenica, se ho solo quindici anni, se non sono degno di essere
presentato ai tuoi amici, se ti vergogni di me...”
“Harry”
aveva provato a zittirlo Louis, con scarsi risultati “Harry...
HARRY!”
Aveva
urlato così forte che dall'albero di fianco a loro era caduta una
pigna.
“Harry,
io non mi vergogno di te, me ne sbatto di quante volte preghi il
Signore, di quanti anni hai e di cosa fanno i tuoi compagni. Mi piaci
così come sei e non perchè cerchi di assomigliare a loro, non mi
imbarazzi, e quelli non sono i miei amici”
“Ma...
Sembravano così... In confidenza...”
“Sono
dei sottoni di merda”
“M-ma
ti conoscevano”
“Sono
due pusher che lavorano a scuola” aveva spiegato seccamente Louis
“Una volta ho venduto due pasticche per conto di altre persone nel
loro territorio e mi sono ritrovato con due costole rotte. Per questo
erano amichevoli, per intimorirmi e tenermi buono. Credimi quando gli
ho visti volevo davvero scappare via, ma tu eri così pappa e ciccia
con loro che non sapevo come fare a scollarti da lì”
“E'
che non mi hai mai presentato ai tuoi amici, e quindi ho pensato...”
“Non
ne ho” lo aveva interrotto l'altro “Di amici. Non ne ho. Non qui
comunque”
“E
Dean e Zayn?”
“Stan.
Stan e Zayn. Stan non è proprio un amico, è il mio ex”
“Ah”
“Non
fare quella faccia, ci siamo lasciati un'era fa”
“Non
sto facendo nessuna faccia” aveva replicato Harry.
“Vuoi
proprio litigare stasera? L'ho mollato perchè la nostra relazione
era ormai morta e sepolta, ma lui non voleva accettarlo, e non ha
preso bene la cosa. Zayn, secondo i pettegolezzi del paese, è in
collegio. Alcuni dicono in riformatorio. Quindi no, zero amici.”
C'era
stato un lungo attimo di silenzio, durante il quale Harry aveva
rallentato l'andatura, passandosi stancamente una mano sulla faccia.
“Mi
sento così stupido”
Stava
per rimettersi a piangere di nuovo.
Probabilmente
era colpa l'alcool.
“Mi
sento un idiota, ho rovinato tutto...”
“Non
dire così... Vederti ubriaco è stato uno spasso, anche se
preferirei evitare la prossima volta. Rischiavo anche di dover pagare
la piramide di shortini, ma dal momento che c'è la siamo svignata
toccherà a viscidone&viscidone”
Aveva
ridacchiato leggermente, aggiungendo “Sono anche contento che
abbiamo chiarito”
Harry
aveva annuito riconoscente, prima di prendersi la testa tra le mani.
“Mi
gira la testa”
“Alla
prossima panchina ci fermiamo, promesso”
Non
ci erano arrivati. Dopo qualche metro Harry aveva iniziato a
lamentarsi, prima di fermarsi a vomitare violentemente a lato della
strada mentre Louis gli massaggiava la schiena e gli reggeva la
fronte, ravvivandogli i capelli all'indietro in modo che non si
sporcassero e sussurrando parole di conforto, sorreggendolo fino a
quando era collassato sulla tanto desiderata panchina di fianco a una
fontanella.
Non
si era lamentato neppure quando gli aveva lavato il viso e le mani
con l'acqua gelida, obbligandolo a berne un bel po' per mascherare
l'odore dell'alcool e farlo tornare in se'.
“Grazie”
aveva mormorato stancamente una volta ripulito, mentre il più grande
lo soppesava attentamente.
“Adesso
sembri solo crollare dal sonno: ti riaccompagno a casa, ma non
avvicinarti troppo a tua madre e fila a letto, chiaro?”
Aveva
annuito.
“Non
desidero altro, credo che non riuscirò più a camminare...” aveva
sbadigliato, inspirando ad occhi chiusi la frizzante aria notturna,
prima di aggiungere maliziosamente “Mi dovrai portare in braccio,
temo”
Aveva
sentito qualcosa avvolgerlo e sollevarlo, e in un attimo si era
ritrovato con le braccia attorno al collo del più grande e la testa
appoggiata alla sua spalla, mentre Louis lo trasportava come se fosse
la sua sposa.
“Non
intendevo sul serio!”
“Saresti
collassato di nuovo, quindi...”
L'unica
cosa che risuonava per le strade della città deserta erano i passi
pesanti di Louis sul marciapiede buio, e i respiri di Harry nella sua
maglietta.
Si
sentiva come cullato, protetto, sospeso in un altra dimensione, al
settimo cielo.
Poteva
volare fino alla luna e indietro.
Non
importava quanti casini aveva combinato, tra le braccia di Louis
tutto perdeva importanza.
Una
volta imboccata la via di casa sua Harry aveva rotto il silenzio, più
per far conversazione che altro.
“Comunque
Tom mi sembrava carino come soprannome”
Louis
aveva grugnito in risposta, e il più piccolo ridacchiando di gusto
si era allungato verso di lui per baciarlo sulle labbra, ricompensa
della sua grande fatica, ma il maggiore si era scostato lentamente,
le labbra fuori dalla sua portata.
“Sei
ancora arrabbiato con me?”
Silenzio.
Un
sorriso appena accennato nella notte ed illuminato nel buio dalla
luce dei lampioni, come lo Stregatto ed Alice, il vento sui loro
vestiti che raffredda il calore dei loro corpi uniti che bruciano
d'amore.
Le
labbra del più grande si piegano in un sorriso ancora più largo
mentre baciano la fronte sudata del più piccolo, che trattiene il
fiato, in attesa.
“No.
Ma puzzi ancora di vodka”
E
Harry aveva capito di essere stato perdonato.
Angolo Fin *w*
TATATATATAAAAAAAA' :)
Eccomi qui, ad aggiornare in extremis in pigiama prima di andare a letto LOL
Cosa posso dirvi? La scuola mi sta uccidendo e dal momento che come terza materia interna è uscito diritto...
Voglio
morireeeeeeeeeeee *tenta di porre fine alle sue sofferenze ingozzandosi
di cioccolata e pregando di schiattare per overdose*
Penso
che chiederò ripetizioni telefoniche a Fra' che tanto lei il
diritto lo sa bene <3 vero che mi aiuti? *faccia da labrador
abbandonato e in carenza di coccole* Se non mi aiuti faccio morire
Harry ucciso da sua madre che poi costringe Loueh a prendersi la colpa
e lo sbattono in prigione #ImevilandIknowit
Sono
molto contenta perchè molte persone che mi avevano "abbandonato"
sono ritornate! Come Elli, la mia mogliettina che non sento da
tantissimo tempo, a che ha recensito tutti i capitoli! Ti farò
fare un monumento <3 Come va'? Tutto bene? A casa tutti a posto?
Visto che si parlava di sigarette e Lucky Strike...Ti ricordi quando ti
facevo la ramanzina perchè fumavi? Uhm, ecco... Ritiro tutto
lol
E
oltre a festeggiare Elli ringrazio anche tutti voi per il supporto e
l'affetto che mi dimostrate, quindi ringrazio Delia, che è un
tesoro e ti assicuro che non sei l'unica ad avere paura degli aghi: mia
mamma lavora in un ambulatorio e dice sempre che i ragazzi che le
arrivano per fare le analisi "più sono grossi tanto prima
svengono" e non devi tirare da una sigaretta per essere figa, tra
non molto le fumatrici tue coetanee avranno labbra, dita e denti gialli
e i capelli sempre puzzolenti, sembreranno delle vecchie pelli di
elefente raggrinzite mentre tu sarai un fiorellino <3 e sarai tu
l'ultima figa che riderà <3
1_D
1_D che, se nel capitolo prima pensava che Harry fosse un po'
sporcaccione figuriamoci adesso LOL Awww grazie mille per i
complimenti, sei un tesoro <3 sei TU quella persino migliore della
cioccolata calda in inverno, e non la cioccolata normale, quella Lindt
<3
Leeroy_hmm
che sta partendo per ROMA e che dopo questo capitolo non
guarderò in faccia per almeno un mese ( sai, l'imbarazzo per la
scena semi-quasi-preludio-slash lol, che questa l'ho scritta proprio io
senza intermediari XD) e che spero si accorgerà che ho corretto
la punteggiatura. Happy?
Lu
che mi parla di Skins. Chiariamo: io sono Skins dipendente. Ho amato
Maxxie ed Anwar della prima generazione. Ho pianto con Emily. Sono
andata in trip con Effie, mi sono innamorata di Freddie fino ad
impazzire per lui, ho odiato Cook... e poi? E poi sono rimasta di merda
al finale della serie. Ma si può?! Non so se l'hai già
visto o meno, quindi non ti dico nulla, ma sappi solo che per la
delusione non ho nemmeno guardato gli episodi della serie sucessiva con
l'altra generazione.
Annie che è una badgirl che recensisce a scuola mentre i prof spiegano magari...
Attenta che magari le
cose che ti sei persa mentre mi scrivevi saranno chiesti nell'esame di
maturità! Non ti devi distrarre! Mai! Vigilanza Costante! (cit
Malocchio Moody) #attimodisclerodiunamaturandaincrisi
Ila che per fortuna ora è calma e spero abbia risolto tutto con le sue "amiche"...
Ho un nuovo consiglio: se hai ancora problemi con loro compra un panda e regalaglielo.
Non c'è modo più dolce per mandarcele che con un Pandaffanculo <3
E ultima ma non meno importante è Malu che ad ogni 'o' m ha
messo un cuore ahahahaha ma quanto sei picci <3 Visto che non ho
rovinato tutto? Anne è ancora ignara e Lou e Hazza tentano di
calmare i bollenti spiriti XD Ma non so quanto resisteranno... Si
aprono scommesse lol
E con questo ho finito, ho ringrato tutte :) Mamma mia, ogni volta la
lista è sempre più corta, e solo i migliori
(modestamente) rimangono!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e se non si fosse capito le
frasi di Harry ubriache mi sono state raccontate dai miei più
cari amici il lunedì mattina una volta passata la sbornia,
spesso con tanto di imitazione -.- Motivo in più per vergognarmi
davanti a Leeroy_hmm... Non pensare male ( se non è già
troppo tardi!)
Grazie mille a tutte per il sostegno che mi date, siete così
meravigliose che dovrebbero creare una nuova parola per definire quanto
<3
Buona settimana e buonanotte!
Cami
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