Agathe
odiava il lunedì mattina. Lo odiava davvero. Non che
passasse l'intero fine settimana chiusa in casa a dormire, ma l'idea di
rivedere il professor Davenport o peggio, Miss King, era qualcosa a cui
non si sarebbe mai abituata. Anche per questo era felice di aver
iniziato l'ultimo anno di scuola: ancora alcuni mesi e si sarebbe
liberata di loro.
Lara e Agathe abitavano proprio al centro di
Hersham, in quello che veniva chiamato "otto": era, come si intuiva dal
nome, un lunga strada curvata a formare un otto, ingabbiato in un
reticolo di strade e attraversato, nel punto di congiunzione tra i due
anelli, dalla via principale della cittadina. Tutte le mattine Lara si
preparava e usciva da casa; percorreva quasi tutto l'anello in cui si
trovava casa sua, arrivava alla via che tagliava l'otto e prendeva due
caffè alla caffetteria all'angolo; poi entrava nell'altro
anello, proseguiva per un breve tratto fino ad arrivare sotto casa di
Agathe, dove la sua amica l'aspettava; una volta insieme, le due
ragazze percorrevano il resto dell'anello, arrivavano alla strada e
proseguivano nella direzione opposta alla caffetteria, dirette verso la
scuola che frequentavano, la St. Margaret.
Quel lunedì mattina non c'era niente di
diverso dal solito: arrivata sotto casa Williams, Lara trovò
ad attenderla una Agathe più imbronciata che mai.
« Ehi Will, tutto a posto? »
chiese cautamente Lara, porgendole il caffè. Era abituata ai
malumori dell'amica - il lunedì mattina non era mai
sorridente o allegra - ma quel giorno sembrava fin troppo arrabbiata.
La risposta bofonchiata e pressoché
incomprensibile di cui la gratificò l'altra non era un
segnale incoraggiante.
Dopo pochi metri, Lara decise di riprovare.
« Will, sul serio, che c'è che non va? Hai una
faccia tremenda stamattina ». Agathe non rispose, insensibile
persino al soprannome che le aveva affibbiato il padre di Lara anni
prima, e la sua amica le scoccò un'occhiata tagliente.
« Non starai ancora pensando al tizio
dell'altra sera! » sbottò esasperata. Lara aveva
sopportato per tutto il fine settimana Agathe insultare a intermittenza
lo sconosciuto che l'aveva urtata al Luxury quel venerdì
sera, e non ne poteva più.
« Non stavo pensando a lui »
replicò Agathe. « Davvero! »
protestò offesa di fronte allo sguardo scettico dell'altra.
« È che venerdì sera ho perso un
orecchino. Uno dei miei
» spiegò, mettendo l'accento sull'ultima parola.
« Oh! » rispose solo Lara. A
chiunque altro sarebbe sembrato stupido prendersela tanto per un
orecchino, ma Lara sapeva che gli orecchini di cui parlava la sua amica
erano speciali: li aveva disegnati proprio Agathe un paio d'anni prima,
quando aveva scoperto di possedere una vena artistica e di voler basare
su quella il suo futuro lavoro. Lara stessa indossava sempre un
braccialetto che l'amica aveva disegnato e fatto realizzare per il suo
sedicesimo compleanno. « Non hai idea di dove possano essere
finiti? » le chiese.
« No » brontolò
Agathe. « Ho controllato la mia stanza due volte, ho
chiamato Luke e gli ho chiesto di controllare al Luxury, ho
praticamente smontato la macchina, ma niente ».
« Dai Will, vedrai che
spunterà fuori » cercò di consolarla
Lara.
« Ormai non ci credo più
neanch'io, ma grazie lo stesso » rispose Agathe.
Le due ragazze bevvero un sorso di
caffè, poi Lara parlò di nuovo.
« Ma Agathe, perché non mi
hai detto di aver perso l'orecchino? In fondo ho passato due giorni a
sentirti imprecare contro quel tizio... ».
Lara si pentì all'istante delle proprie
parole: alla sola menzione dell'uomo che l'aveva urtata, infatti, lo
sguardo di Agathe si era acceso di una luce maniacale.
« Certo che ho passato due giorni a
imprecare contro di lui » soffiò Agathe,
« visto che è colpa sua se ho perso il mio
orecchino! ».
« Un'affermazione azzardata »
si limitò a dire Lara in tono secco.
« Meno di quanto tu creda »
replicò l'altra. Tacque per un attimo, mettendo ordine nei
propri pensieri. « Quando abbiamo lasciato la pista da ballo,
mi sono sistemata i capelli e toccata le orecchie »
spiegò. Lara annuì meccanicamente. Conosceva il
tic dell'amica: si toccava sempre le orecchie. « E i miei
orecchini erano ancora dove dovevano essere, cioè agganciati
ai miei lobi. Poi quell'idiota
» Agathe sputò l'insulto con particolare ferocia,
« mi ha urtata - ha proposito, grazie per avermi salvata
dall'abbraccio con il pavimento - e quando sono arrivata a casa,
l'orecchino non c'era più ».
« Quindi... » disse Lara,
esitante.
« Quindi è tutta colpa di
quel CRETINO! » esplose Agathe.
Lara decise di cambiare argomento con uno che,
sperava, riuscisse a distrarre la sua migliore amica.
« Mia madre ha mandato i vestiti per la
cena di venerdì » disse. « Sono alla
boutique di Londra, dovremo andare a provarli per essere certe che non
ci siano aggiustamenti da fare ».
« Ci andiamo dopo la scuola »
promise Agathe.
Chiacchierando, le due ragazze avevano percorso
metà dell'anello; ora si trovavano proprio di fronte a casa
Williams, ma dall'altra parte del grande prato circolare che riempiva
il centro dell'anello. In quel momento qualcosa colpì
entrambe allo stomaco, non così forte da far loro del male,
ma abbastanza da costringerle a fermarsi.
Due paia d'occhi percorsero lungo un lucido
bastone da passeggio in mogano, indugiarono sul pomello in ottone
stretto da cinque dita eleganti e affusolate, risalirono lungo un
braccio fasciato in una costosa giacca su misura e si fermarono su un
volto sottile, magro, adornato da un sorriso che pareva più
un ghigno e incorniciato da capelli castani che sfioravano il bavero
della giacca.
« Miss Zimmermann, Miss Williams
» salutò Richard Prescott.
Agathe strinse gli occhi.
« Che ci fa lei qui? »
chiese, aggressiva.
« Ci abito » rispose Richard
dolcemente.
La ragazza gemette di frustrazione.
« Perché, perché, perché
deve abitare proprio di fronte casa mia? » sbottò.
« Miss Williams, io possiedo questa casa
da ben prima che lei nascesse » le fece notare l'uomo.
« E naturalmente io non potevo
continuare a ignorare questo dettaglio! » ribatté
lei. Cercò di spostare il bastone e andarsene, ma Richard lo
impugnò più saldamente e si rivolse a Lara.
« Porti i miei saluti a suo padre, Miss
Zimmermann » la pregò. La ragazza lo
osservò, perplessa.
« Come faccio a portare a mio padre i
saluti di un uomo di cui non conosco neanche il nome? »
obiettò.
« Gli dica che lo aspetto
giovedì sera come al solito. Lui capirà
» rispose Richard.
« Adesso che ha messo su questo stupido
teatrino, può togliersi di mezzo e lasciarci passare?
» ringhiò Agathe.
« Siete di fretta? » chiese,
simulando stupore. « Andate a scuola? ».
Agathe scoppiò in una bassa risata
sarcastica.
« No, stiamo andando a fare un picnic!
» replicò. « Sono le otto e un quarto di
lunedì mattina, indossiamo la divisa scolastica e siamo
cariche di libri » snocciolò. « Cosa le
fa credere che la nostra meta sia la scuola? » concluse,
pesantemente ironica. « Adesso, perché non mi dice
che cosa posso fare per lei e non si toglie dai piedi? ».
Richard abbassò il bastone, infilandosi
una mano in tasca.
« Lei non può fare niente per
me, ma forse io
posso fare qualcosa per lei » replicò, estraendo
la mano dalla tasca e aprendola: tra pollice e indice stringeva un
lungo, sottile cilindro cavo, fatto da numerosi fili d'oro bianco e con
tanti minuscoli rubini incastonati in ogni punto di intersezione dei
fili.
Le pupille di Agathe si dilatarono.
« Quello è il mio orecchino!
» esclamò.
« Sì, avevo avuto la
sensazione che potesse appartenere a lei » replicò
l'uomo.
« Certo che ce l'ha avuta »
ringhiò Agathe in risposta, « visto che me l'ha
rubato! ».
« Rubato? Io? ».
Richard la guardò simulando sorpresa. « Ma, Miss
Williams, io non ho rubato nulla! Ho trovato quest'orecchino in un
locale in cui lei non dovrebbe neanche poter entrare » disse
in tono malizioso, insinuante, guadagnandosi un'occhiata tremenda da
Agathe. « Certo, se quest'orecchino appartenesse davvero a
lei e fosse finito in quel locale per magia, diciamo... e lei
desiderasse riaverlo... ». Richard sorrise dell'espressione
feroce della ragazza. « Non deve fare altro che chiedermelo
».
Agathe studiò per qualche istante il
proprio orecchino e l'uomo che lo teneva tra le dita, poi si strinse
nelle spalle. « Sa cosa? Può tenerselo »
rispose, stupendo tutti.
Stavolta Richard la guardò con genuina
perplessità. « Questo è un orecchino da
donna. Che dovrei farci? ».
« Ne faccia quello che le pare
» replicò Agathe. « Lo conservi, lo
regali, lo trasformi in qualcos'altro... per quanto mi riguarda
può anche gettarlo via ». Afferrò Lara
per un polso. « Andiamo, mezza tedesca, si sta facendo tardi.
Signor Chiunque Lei Sia, addio » disse, trascinandosi dietro
la propria amica.
Richard restò immobile, a guardare le
due ragazze allontanarsi con passo rapido. Strinse il delicato gioiello
nel pugno, chiedendosi cosa avrebbe dovuto farne: magari
quell'irritante ragazzina avrebbe cambiato idea e sarebbe tornata
indietro a reclamare quell'orecchino, o magari avrebbe dovuto darle
ascolto e gettarlo via, ma per un qualche motivo che neanche lui
comprendeva, in quel momento non riusciva a prendere una decisione.
Lanciato un ultimo sguardo all'angolo dietro cui
erano sparite le due ragazze, Richard fece dietrofront e
tornò in casa propria.
Fuori dalla St. Margaret, il custode della scuola occhieggiava
impaziente l'orologio, pronto a sigillare l'entrata non appena fossero
scoccate le otto e trenta.
Lara e Agathe varcarono la soglia appena in tempo
sotto lo sguardo malevolo dell’uomo.
« Will, perché non ti sei
ripresa l'orecchino? » chiese piano la prima mentre si
sistemavano nell'aula.
« Non lo so » rispose Agathe.
« Quando me lo sono ritrovato davanti, mi sono resa conto di
quanto fosse stato stupido darmi tanta pena solo per un orecchino. In
fondo non è che un oggetto, ci sono cose più
importanti ».
Lara la fissò, non del tutto convinta
dalle sue parole, ma decise di non insistere. Non aveva idea di cosa
frullasse davvero nella testa della sua migliore amica, ma di qualsiasi
cosa si trattasse, sapeva che Agathe gliene avrebbe parlato non appena
si fosse sentita pronta. Così entrambe le ragazze lasciarono
che la prima lezione della giornata attirasse tutta la loro attenzione.
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