HEARTS' CHASER
Dedicata a
Merryluna, la mia MS.
Perchè le rane
sono verdi e hanno quattro zampe.
E perchè
c’è un
po’ di Esculenta, in ognuna di noi.
[Parte 1/3]
Era
la quarta volta di fila che perdeva.
Non
che il solitario fosse particolarmente complicato, affatto.
Semplicemente, era
solo questione di fortuna.
“Ci
vuole culo” – avrebbero pittorescamente riassunto i
suoi compagni di Casa.
Ma
sebbene il suo fondoschiena non fosse poi così male, quel
maledetto passatempo
si ostinava a remarle contro.
“Sfortunata
al gioco, fortunata in amore” – si disse
mentalmente Hermion Jane Granger,
mentre disponeva un’altra fila di carte coperte sul tavolo.
Fortunata
in amore. Certo, come no...
Lei
e il campo sentimentale si sposavano bene come Winnie Pooh e Morticia
Adams.
In
poche parole, un macello.
Stupida
non lo era di certo. Divertente...d’accordo, in confronto
alle oche che
starnazzavano per i corridoi di Hogwarts poteva sembrare un poco
bacchettona,
ma per Merlino, anche lei di tanto in tanto rideva!
C’erano
non poche persone in grado di testimoniarlo.
Il
punto cruciale sembrava dovesse essere l’aspetto fisico. Il
suo specchio aveva
incrociato più e più volte il suo sguardo
critico, riflettendo la sua snella
figura in tutti i minimi dettagli, imperfezioni comprese.
Non
sarebbe mai stata una strega da urlo, niente di lontanamente
paragonabile alla
Greengrass, va bene.
Ma
non era nemmeno una caccola di Troll. Quella faccia da carlino di Pansy
Parkinson
era dieci volte peggio di lei, eppure sembrava non conoscere il
significato
della parola “single”.
Forse
ciò che realmente non andava in lei era il tempismo.
O
per meglio dire, l’assoluta mancanza di questo.
Tre
bersagli, nessun centro.
Un
motivo doveva pur esserci stato.
Il
primo buco nell’acqua era stato Ron.
Si
era presa una cotta per lui al quarto anno, e aveva passato settimane
intere
sperando che la invitasse al ballo. Ovviamente al rosso
l’idea non era passata
nemmeno per l’anticamera del cervello, e il risultato era
stato che lei c’era
andata con Krum, mettendo definitivamente un sasso sopra quel primo
amore non
corrisposto.
Poi era
stato il turno di Viktor. Misterioso e affascinante, sebbene
intellettualmente
poco dotato, lei e il Cercatore di Durmstrang erano arrivati a
scambiarsi qualche
bacio. Uno addirittura con la lingua.
Avessero
avuto modo di frequentarsi seriamente forse le cose avrebbero potuto
prendere
la piega giusta, ma intrattenere una relazione a distanza con uno che
scriveva
“Mi manchi” con due “h” era una
cosa decisamente inaccettabile.
Si
supponeva che l’amore con la A maiuscola comprendesse di
tutto, anche la
grammatica.
La
terza e ultima catastrofe era targata Harry James Potter. Si era
invaghita del
suo migliore amico alla fine del quinto anno. Un colpo di testa che le
era
passato alla svelta, così come le era venuto, ma che
l’aveva costretta ad
autodefinirsi “un caso senza speranza”.
Aveva
dispensato almeno il doppio dei suoi soliti sorrisi, e gli aveva
addirittura
permesso di copiare il compito di Trasfigurazione. Insomma,
più chiara di così
proprio non avrebbe potuto essere, no?
E
invece quella testa dura sembrava non aver affatto recepito.
Perciò, memore di
quanto il suo silenzio avesse drasticamente ridotto a zero le
possibilità di
concludere qualcosa con Ron a suo tempo, si era infine decisa a
giocarsi il
tutto per tutto con una dichiarazione.
Un
discorsetto ben studiato, che aveva ripetuto davanti allo specchio fino
alla
nausea.
E
così, quando una mattina era scesa in Sala Comune prima del
solito e lo aveva
trovato da solo che camminava avanti e indietro per la stanza, aveva
deciso di
cogliere al volo l’occasione.
“Harry,
devo dirti una cosa importante” –
L’inizio non era stato male, questo glielo si
doveva riconoscere.
“Anche
io” – se ne era uscito inaspettatamente lui,
sfoderando un sorriso raggiante
prima di prenderle le mani nelle sue e guardarla dritto negli occhi
– “Ieri
sera io e Ginny ci siamo messi insieme. Oh, Herm, mi sembra di toccare
il cielo
con un dito! Volevo mandarti un gufo stanotte, non stavo più
nella pelle...sai,
in quanto mia migliore amica volevo che fossi la prima a
saperlo...”
Splendido,
no?
Il
bello di stare in una scuola dove gli studenti preferivano il
Quidditch, il
sesso e i festini proibiti nella Sala Comune di turno allo studio,
consisteva
nel fatto che la biblioteca del suddetto istituto era deliziosamente e
costantemente deserta.
L’eden
personale della Caposcuola Grifondoro.
Seduta
a gambe incrociate sulla panca di legno, i gomiti appoggiati al tavolo
e la più
seria delle espressioni dipinta sul volto, Hermione Jane Granger
fissava con
attenzione le carte scoperte che le stavano di fronte, le une embricate
sulle
altre a formare una piramide piatta.
Nella
mano, il resto del mazzo, rivolto verso il basso.
“Non
è difficile, devo solo fare dieci” –
considerò ad alta voce – “E’
pur sempre
matematica, alla fine”
Accanto
a lei, una pila di libri che sembrava dovesse rovinarle addosso da un
momento
all’altro.
Il
calcolo delle probabilità: casi possibili e casi favorevoli,
I 40 solitari più
belli di tutti i tempi, La Statistica e i numeri. E
un’altra mezza dozzina
di titoli affini.
Non
si sarebbe mossa di lì finchè il solitario non le
fosse riuscito. Ormai ne
aveva fatto una questione di principio.
Scoprì
la carta in cima al mazzo: un Jack di Picche.
Le
serviva un Due.
Lasciò
scorrere lo sguardo dorato sulla parte bassa della piramide, pur
sapendo che
non avrebbe trovato la carta che stava cercando.
“E
ti pareva...” – sibilò seccata.
“Ih
ih..”
A
quel sogghignare per nulla discreto, le pupille di Hermione saettarono
verso la
carta che ancora teneva in mano, dove il Jack di Picche se la rideva
sotto i
baffi.
Indispettita,
sbattè la mano sul tavolo a palmo aperto, avendo cura di
premere per bene la
tessera contro il legno.
“Ahia!”
– strillò la carta – “Mi stai
schiacciando!”
“Scommetto
che ora ti è passata al voglia di ridere...”
– frecciò, sollevando finalmente
le dita.
“Ma
sei fuori? Mi hai sgualcito l’angolo in basso a
destra” – riprese a borbottare
il Fante, incenerendola con lo sguardo prima di urlare –
“Hai idea di quanto
costi farsi rifare un angolo?”
“Cinque
punti in meno al Seme di Picche” –
decretò Hermione, lo sguardo severo –
“In
biblioteca è vietato alzare la voce”
Così
come avveniva per le Case di Hogwarts, anche i Semi delle carte da
gioco
avevano il loro piccolo torneo a punti.
“Non
è giusto, non puoi farlo!” –
obiettò l’altra metà di quella figura
speculare –
“Soltanto il Jolly può assegnare o togliere
punti”
“Bene,
vorrà dire che appena mi capita in mano glielo
riferirò” – concluse, mentre il
Jack le rifilava un’occhiata a dir poco indignata –
“Ora chiudi la bocca, mi
stai deconcentrando”
E
così dicendo rivolse la carta verso il basso, mettendola a
tacere.
Ripristinato
il silenzio, la Grifondoro riprese a voltare via via le carte rimanenti.
Un
quarto d’ora dopo, tamburellava nervosamente le dita sul
tavolo, il nervoso che
saliva a mille davanti all’ennesima e inequivocabile
sconfitta.
Era
così arrabbiata che si era persino dimenticata di spifferare
al Jolly quanto
successo poco prima col Jack di Picche.
“Muoviti,
Annie! Siamo in pauroso ritardo!” -
E
poi ancora – “Dici che lui ci
sarà?”
La
voce di una primina che camminava lungo il corridoio con una sua
compagna
giunse alle sue orecchie, distraendola dalle sue riflessioni sul magro
risultato con il gioco delle carte.
“Penso
di si” – rispose l’altra, che Hermione
riconobbe come una Corvonero del secondo
anno – “Ma non farti illusioni, Mary: ci prova solo
con quelle più grandi”
“Oh,
Merlino...non so cosa darei per avere diciassette anni”
– sospirò la prima,
mentre si allontanavano verso i sotterranei.
Le
orecchie tese a carpire l’eco dei loro passi ormai attutiti
dalla distanza,
Hermione non dovette nemmeno sforzarsi per capire a chi si stessero
riferendo.
Blaise
Zabini.
Il
Cacciatore per eccellenza.
E
non era solo una questione di sport, anche se era indubbiamente quello
il ruolo
che ricopriva nelle partite di Quidditch.
L’affascinante
Serpeverde dagli occhi blu cobalto era un predatore nato. In tutti i
sensi.
Poco
importava che si trattasse di pluffe o di belle ragazze.
Lui
faceva sempre centro. Sempre.
Studentesse
di ogni Casa e ogni età avrebbero camminato sui carboni
ardenti per un
appuntamento con lui. Si gettavano senza ritegno tra le sue braccia e
lui...il
più delle volte le lasciava fare.
Perchè
mai avrebbe dovuto fermarle? Era pur sempre un mago di diciassette
anni,
dopotutto.
Hermione
rimase a fissare il muro davanti a sè con aria sognante.
Blaise
Zabini era pur sempre un Serpeverde, certo...ma che bel pezzo di
Serpeverde!
Lo
sguardo sognante fisso sul muro di fronte, Hermione si
lasciò andare a pensieri
che – ufficialmente – non aveva e non avrebbe mai
fatto.
Così
come la foto di lui in divisa da Quidditch apparsa poche settimane
prima su una
rivista di pettegolezzi che -
sempre
ufficialmente – non stava attaccata dietro l’anta
del suo guardaroba.
Un
quadratino di carta che lei aveva sapientemente ridimensionato grazie a
un
Engorgio, così che la figura del ragazzo dei suoi sogni
assumesse dimensioni
reali.
Quante
volte aveva aperto quell’armadio alla ricerca di un vestito
che non trovava ed
era rifinita a fissarlo imbabolata per un buon quarto d’ora,
lasciando scorrere
i polpastrelli sul torace di lui, prima di portarsi due dita alle
labbra,
depositarvi un bacio leggero e quindi appoggiarle sulla bocca di lui.
Era
diventato una sorta di rituale mattutino, serale, e di tutte le altre
volte in
cui, per un motivo o per l’altro, si ritrovava a dover aprire
il guardaroba.
Un
rito che – come tutto il resto – ufficialmente non
esisteva.
Ammettere
il suo debole per il bel Cercatore l’avrebbe messa sullo
stesso piano di quelle
galline starnazzanti e prive di cervello.
E
benchè la sua vita sentimentale andasse di male in peggio
– o forse era il caso
di dire che non era mai nemmeno iniziata – le veniva
spontaneo preservare il
tipico e irriducibile orgoglio Grifondoro.
Ma d’altra
parte...quante volte aveva immaginato di lasciare scorrere le dita tra
quelle
ciocche seriche e nere? O di bearsi di quel sorriso così
caldo e splendente da
illuminare anche la tempesta più buia? E la bocca...quella
poi doveva essere
dichiara illegale.
Carnosa,
liscia, perfetta.
Maledettamente
brava. Questo, soprattutto.
Blaise
Zabini era il suo sogno proibito.
Irraggiungibile,
certo. Nella realtà sarebbe stato il quarto e clamoroso buco
nell’acqua.
Ma
nei suoi sogni....lì poteva lasciare galoppare la sua
fantasia, e immaginarlo
al suo fianco, bello e seducente come sempre.
Ogni
tanto la prendeva tra le braccia, riempiendola di baci.
Altre
volte si limitava a guardarla negli occhi, e a sussurrarle cose come
“Merlino,
quanto mi sei mancata” oppure...
“Sanguisughe
a ore due in fase di allontanamento. Speriamo che non mi abbiano
visto...”
Hermione
corrugò la fronte. Si, la voce corrispondeva, ma non
ricordava di aver mai
sognato che dicesse...
“Hey?
Granger?” – una mano sventolava davanti ai suoi
occhi – “Ti sei incantata?”
Oh,
merda!
La
Caposcuola chiuse gli occhi, attendendo con trepidazione che il
pavimento si
aprisse sotto di lei per inghiottirla, o che quanto meno si decidesse a
renderla un elemento permanente delle sue piastrelle. Quando finalmente
risollevò le palpebre, trattenne il respiro.
Blaise
Zabini era di fronte a lei.
Non
quello immaginario, l’affascinante mago che occupava i suoi
sogni, no.
Il
ragazzo che la stava fissando perplesso era l’altro.
Quello vero, in
carne ed ossa.
“Zabini?”
“Si?”
– le fece eco lui, stirando inconsciamente le labbra in un
sorriso.
Ma
come faceva ad avere i denti così bianchi? Era senza dubbio
merito di una
formula magica...
Però
erano così splendenti anche al primo anno. Possibile che
sapesse già compiere
magie di un certo livello?
La
strega scosse la testa, cercando di racimolare un minimo di
lucidità.
“Dimmi”
– ripetè lui, appoggiandosi al bordo del tavolo.
“Eh?”
– gracchiò confusa – “No,
niente...mi hai presa di sorpresa, tutto qua”
Mi
hai presa?
Pessima
scelta di parole. Pessima.
“Ho
notato” – rispose calmo il Serpeverde, prima di
cambiare discorso – “Come mai
non sei alla festa?”
“Festa?”
– ripetè la mora a pappagallo. Di quel passo
l’avrebbe certo scambiata per una
ritardata mentale – “Intendi dire il festino che
date a Serpeverde?”
“Proprio
quello” – annuì Zabini –
“Sai, non è niente male, dovresti farci un salto.
E
poi ci sono anche altri Grifondoro...credo di aver intravisto Thomas,
prima, e
forse anche Finnegan”
“Si,
bene...bella idea, però...” –
articolò a fatica la strega, mentre il profumo
del dopobarba di lui giungeva infido alle sue narici, mandandole gli
ultimi
neuroni in corto circuito – “E’ che ho
molto da fare qui, devo finire una cosa
importante...”
Il
Cacciatore abbassò lo sguardo sul mazzo di carte che lei
stringeva
spadmodicamente tra le dita.
“Vedo”
– asserì divertito, mentre le guance di lei si
coloravano di un soffuso rossore
– “Il solitario della Piramide?”
Hermione
annuì, le dita che le tremavano mentre mischiava le carte
– “E’ un esperimento
di statistica” – s’inventò di
sana pianta, il tono un poco sulla difensiva.
L’attimo
dopo, grazie a un movimento ancora più maldestro dei
precedenti, le carte le
sfuggirono di mano, sparpagliandosi sul tavolo e cadendo in parte sul
pavimento.
Imbarazzata
a dismisura, le radunò velocemente.
“Psst”
Le
iridi dorate della Grifondoro seguirono quel lieve richiamo.
“Psst...Hey,
dico a te!”
Rivolta
verso l’alto, la Regina di Quadri cercava in tutti i modi di
attirare la sua
attenzione.
Hermione
sollevò la carta, portandosela di fronte agli occhi.
“Cosa
vuoi?” – sussurrò, mentre con la coda
dell’occhio seguiva Zabini, abbassatosi a
recuperare le carte finite per terra.
La
figura animata si aprì in un sorriso smagliante –
“Facciamo scambio?”
“Scambio?”
– gli fece eco Hermione, confusa.
“Si,
scambio” – ripetè la Donna –
“Ti cedo l’appuntamento che ho strappato al Re di
Picche, in cambio di quel bocconcino”
E
così dicendo, occhieggiò all’indirizzo
del Serpeverde.
“I-io
non...cioè, lui n-non è...” –
tentò di uscirsene fuori la strega, mentre sul
volto della figura si dipingeva un’espressione offesa
– “E poi, scusa, il Re di
Picche non dovrebbe uscire con la Regina di Picche?”
La
sensata obiezione venne accolta con una smorfia –
“Oh, beh, quello succedeva
prima che si sapesse in giro che lei è...”
– mosse la mano, facendo segno di
avvicinarla all’orecchio.
La
strega ubbidì, portandosi la carta all’altezza
dell’orecchio destro.
“Il
Tre di fiori ha detto al Sei di Cuori che un paio di settimane fa lui e
il Quattro
di Quadri l’hanno vista entrare in quel
posto....sai, dove ti rimettono
a nuovo!” – spifferò.
“Fortuna
che il Quattro non è uno spione come il Tre”
– considerò Hermione,
sovrappensiero.
“I
Quattro non possono parlare, lo sanno tutti” –
replicò la Donna con fare ovvio
– “Ad ogni modo, la notizia ha poi fatto il giro
del Mazzo, e il Re di Picche è
venuto così a sapere che la sua Regina si era rifatta.
Rifatta, capisci? Tutta
la satinatura, da cima a fondo...è per quello che ha i
colori così brillanti!”
Pettegolezzi
tra carte. Ci mancava solo quello...
“Allora,
questo scambio...lo facciamo o cosa?”
La
Caposcuola lanciò un’occhiata al Serpeverde,
intento a raccogliere le ultime
carte – “Mi spiace, io non...”
“Si
si, certo, come no” – tagliò corto
l’altra, seccata per il rifiuto –
“Almeno,
buttami per terra”
“Scusa?”
– Hermione la fissò stranita.
“Buttami
– per – terra” –
scandì la Regina, spazientita –
“Così lui mi raccoglie, no?”
Sospirando,
la strega lasciò andare la presa, accontentandola. Avrebbe
accettato di tutto,
pur di metterla a tacere.
Il
gesto che doveva apparire assolutamente casuale e incredibilmente
fluido attirò
invece l’attenzione del bel moro, che sollevò lo
sguardo blu su di lei,
inarcando un soppracciglio.
“Ehm...ops!”
– aggiunse pure, in netto ritardo, vergognandosi come mai
prima di allora per
quella messinscena per nulla credibile.
Lui
non disse niente, limitandosi a raccogliere la carta appena caduta e
unendola
alle altre.
Non
appena le dita del mago sfiorarono il profilo della tessera, gridolini
estasiati si levarono da questa – “Ma che belle
mani...e che presa forte...ho
il bordo inferiore che è tutto un brivido..”
Hermione
arrossì d’imbarazzo fino alla punta dei capelli,
mentre quella stupida Regina
si lasciava andare a commenti via via sempre più arditi.
Zabini
sorrise alla carta, divertito, facendole poi l’occhiolino.
Dal
silenzio improvviso che seguì Hermione dedusse che la Regina
era probabilmente
svenuta per l’emozione. Meglio così, si disse.
“Posso?”
– Senza attendere la sua risposta il Serpeverde prese a
mischiare le carte con
l’agilità di un mazziere.
Le
allargò poi con un rapido gesto della mano, aprendole a
ventaglio – “Pescane
una. Vedrai che indovino di che carta si tratta” –
le promise.
Mentre
un timido sorriso le si stendeva sulle labbra a sua insaputa, Hermione
allungò
la mano, afferrando una tessera a caso.
“Guardala”
– la incitò.
Ben
attenta a non mostrarla a lui, sollevò la carta.
Un
Due di Picche.
Il
destino aveva davvero un pessimo senso dell’umorismo.
Blaise
Zabini che le rifilava un due di picche.
“Ascolta,
non è che posso cambiarla? Questa
proprio non mi piace” – domandò con un
filo di voce, beccandosi un’occhiata
perplessa per tutta risposta.
“D’accordo”
– acconsentì il moro poco dopo. Hermione
infilò nuovamente il Due di Picche tra
le carte e ne scelse una diversa.
Sette
di Fiori. Si, poteva andare.
“Bene,
ora rimettila al suo posto” – affermò
Zabini.
Lei obbedì
e il mago riprese a mischiare il mazzo. L’agilità
delle sue mani era a dir poco
incredibile.
Gli
occhi fissi su di lei, nemmeno aveva bisogno di guardare ciò
che stava facendo.
Sì,
Blaise Zabini ci sapeva proprio fare, con le mani.
A
quel pensiero tremendamente fuorviante, Hermione avvampò
nuovamente.
“Tutto
bene?” – non potè fare a meno di
chiederle.
“S-si”
– balbettò – “E’
solo...è solo che qui fa davvero molto caldo...”
“Siamo
a novembre”
D’accoro,
l’obiezione possedeva tutta la logica del mondo, ma che altro
avrebbe potuto
dirgli?
“Stavo
facendo pensieri osceni su di te?”
Ma
per favore...
“Intendevo
dire che questa è la stanza più calda di
Hogwarts...cioè, rispetto alle
altre...non nel senso che è calda di suo...voglio dire,
relativamente parlando...”
– farneticò a tutto spiano –
“...Ho messo un maglione troppo pesante...”
L’ultima
uscita fu la cazzata più grande di tutte, nonchè
un errore madonarle.
Gli
occhi di lui scesero infatti sull’indumento in questione, e
lei trattenne il
fiato, mentre quello sguardo incredibilmente blu sembrava volesse farle
una
radiografia.
Si
avvicinò a lei, sporgendosi oltre al tavolo.
Labbra
peccatrici che si accostavano pericolosamente al suo orecchio.
“Toglitelo..”
– sussurrò.
Hermione
sbiancò, poi arrossì e passo in rassegna tutti
gli altri colori. Aveva sentito
bene?
Zabini
le sorrise seducente – “Fa tanto caldo,
no?”
Lui,
d’altronde, aveva addosso solo la camicia. La cravatta
allentata e il primo
bottone slacciato, per giunta.
“Non
cambiare discorso” – un campanello
d’allarme le risuonava incessantemente nella
testa. Doveva trovare un rimedio, e doveva trovarlo alla svelta
– “O potrei
anche pensare che non sai indovinare la carta che ho pescato”
Lui
non si scostò, ma il sorriso sulle sue labbra si
allargò ancora di più.
Fece
passare il mazzo dalla mano destra a e quella sinistra e viceversa per
un po’
di volte, un ponte di carta che si costruiva e disfaceva di continuo.
Poi, gli
occhi sempre fissi su di lei, estrasse una tessera e gliela porse.
Hermione
la prese, girandola.
Un
Sette di Fiori.
“Ma
come hai..?” – fece per chiedere, stupita, prima di
venire interrotta da un
singhiozzo.
E
poi da un altro.
L’umidore
improvviso che percepì sui polpastrelli la indusse ad
abbassare lo sguardo.
Il
Sette di Fiori piangeva che era una meraviglia.
“Ma...”
– Il resto della frase lo riassunse in un’occhiata
perplessa che rivolse al
mago accanto a lei.
Zabini
si strinse nelle spalle – “Non guardare me, io non
gli ho fatto niente...”
“Voi
non capite” – strillò la carta
– “Nessuno mi capisce...”
E
giù di nuovo a piangere.
Hermione
prese un fazzoletto dalla tasca della divisa, tamponando delicatamente
la
superficie lucida della tessera – “Cosa
c’è che non va?”
“Il
Cinque di Cuori mi prende in giro” –
piagnucolò – “Dice che ho i petali
mosci...e
che il mio pollice verde fa pena....Oh, sono così
depresso...”
“Hn...”
– soffiò il Serpeverde con fare saputo –
“Certo, è ovvio...”
“Ovvio?”
– ripetè Hermione, confusa –
“Non è ovvio per niente. Illuminami, per
favore..”
“E’
la Carta Incompresa” – rivelò lui
– “Ogni mazzo che si rispetti ne possiede
una”
“E
quindi cosa facciamo?”
“Niente”
– rispose serafico il Cacciatore.
“Niente?
Ma non vedi com’è ridotta poverina?”
– partì in quarta Hermione –
“Forse
possiamo aiutarla e...”
“Nessuno
mi può aiutare!” – strillò la
tessera ormai fradicia – “Voi non capite! Nessuno
mi capisce..”
“Rimettila
a posto” – suggerì il mago –
“O finirà per allagare il resto del
mazzo”
Hermione
obbedì, infilando la carta singhiozzante tra le altre.
“Pessima
scelta di carta” – considerò Zabini,
prima di aggiungere – “Quella che avevi
pescato prima, però, era anche peggio...”
Il
cuore di Hermione cominciò a pompare a mille, mentre un
ronzio fastidioso le
invadeva le orecchie. Possibile che lui sapesse la carta che aveva
estratto la
prima volta?
“Fammi
sparire” – pregò mentalmente,
rivolta al pavimento – “Ti prego, ho un
assoluto bisogno di sprofondare da qualche parte...”
“Hai
fatto bene a cambiarla” – la sorprese invece lui,
regalandole un’altro di quei
sorrisi da capogiro – “Era alquanto inappropriata.
E totalmente fuori
strada...”
Un
barlume di speranza illuminò per un attimo le iridi dorate
della strega
“Sarà
meglio che torni alla festa, o si chiederanno che fine ho
fatto” – affermò
quindi il Serpeverde, cambiando discorso.
“Ah”
– si lasciò sfuggire lei, cercando in tutti i modi
di mascherare la delusione –
“Si, immagino che saranno preoccupati..”
Zabini
rise, quasi avesse fatto chissà che battuta divertente
– “So badare a me
stesso”
E
anche alle belle ragazze che ti ronzano sempre intorno
– aggiunse
mentalmente lei, con una punta d’invidia che avrebbe negato
fino alla morte.
“Dovresti
venire anche tu, sai? Sono sicuro che ti diverteresti...sempre meglio
che
passare la serata qui da sola con un mazzo di carte fuori di testa,
no?”
Per
Morgana, e quello cos’era? Un invito?
Un
consiglio spassionato?
O
solo un modo carino per dirle che quel dannato solitario non le sarebbe
riuscito mai e poi mai?
“Zabini,
io...insomma, ecco...” – tentò di
articolare, senza successo.
“Blaise”
– la corresse lui, la voce calda e tranquilla.
Vedendola
spalancare gli occhi, scoppiò a ridere –
“Coraggio, non è poi così
difficile”
Si
sedette meglio sul bordo del tavolo, sporgendosi ancora di
più verso di lei.
Ora i loro visi distavano meno di una spanna.
“Dai,
ti aiuto io. Ripeti con me” – le disse, prima di
muovere le labbra a
rallentatore e scandire il proprio nome –
“Blaise”
Come
un’automa, Hermione si ritrovò ad accontentarlo.
“Blaise” – ripetè, incerta.
“Ciao
Blaise” – tornò alla carica lui, e
vedendo che lei non reagiva aggiunse – “Se
provi due o tre volte il risultato viene meglio”
“Ciao
Blaise” – stavolta la voce di Hermione era
arricchita da una mezza risata.
Bello
e anche divertente. Ma dove lo avevano inventato un ragazzo
così?
“Come
stai, Blaise?”
La
strega rise ancora di più – “ Come stai,
Blaise?”
“Ci
siamo quasi, ancora un tentativo e sarai perfetta”
– assicurò, fissando gli
occhi in quelli di lei – “Verrò alla
festa con te, Blaise”
Rapita
dai suoi occhi magnetici e ormai presa da quello strano gioco, Hermione
non
fece minimamente caso al senso delle parole che si apprestava a
pronunciare –
“Verrò alla festa con te, Blaise”
“Perfetto!
Andiamo..”
Nemmeno
il tempo di ripensare a ciò che aveva appena detto e lui
l’aveva già presa per
mano.
Una
stretta decisa e al contempo delicata. La stretta sicura di uno che con
le dita
sapeva fare miracoli.
“Aspetta,
io non volev...”
“Dai,
Hermione, non fare la guastafeste” – la
stuzzicò Blaise – “E poi è
troppo
tardi. La prima risposta è quella che conta”
Forse
fu per il fatto che l’aveva chiamata per nome, per la prima
volta.
O
forse per quei sorrisi che sembravano non voler avere fine, e che le
facevano
girare la testa.
O
magari ancora per quel maledetto Due di Picche, che campeggiava placido
sul
tavolo, disseminato tra le altre carte.
Un
destino ormai disegnato, o piuttosto una sfida a cambiarlo?
Certo
fu che quella sera Hermione Jane Granger si lasciò
trascinare via dalla
biblioteca da un Blaise Zabini quanto mai allegro e affascinante.
Dopotutto,
non esisteva forse il detto “Cambiare le carte in
tavola?”
Ebbene,
per quanto la riguardava, quella serata era una partita ancora tutta da
giocare.
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