bdt 091
Prompt #091 – Felicità
By Jillien
[La felicità è amore, nient'altro.
Hermann Hesse]
Belle stava per lasciarlo, ne era sicuro.
Si alzava la mattina presto, preparava la colazione, saliva con lui in
macchina e non apriva bocca se non per augurargli buona giornata e
scendere velocemente dalla Cadillac. A volte si dimenticava di dargli
un bacio, prima di correre ad aprire la Biblioteca. A volte se ne
ricordava, ma non era altro che uno sfioramento distratto. Spesso,
troppo spesso, cenava velocemente – se cenava – e si
rinchiudeva nel suo studio. Aveva sempre lo stesso quaderno
sottobraccio, e un libro il cui titolo si premurava sempre di tenergli
nascosto. All'inizio pensava che fossero appunti per scrivere il suo
libro, quello che le aveva regalato solo il mese prima, ma poi era
diventata troppo immersa nel suo mondo perché Rumplestiltskin
potesse continuare a credere alla bugia che si era costruito.
Due settimane e cinque giorni, e a Gold sembrava di impazzire.
Non ci aveva mai creduto fino in fondo. Non a Belle, aveva
imparato la lezione, aveva imparato a credere in lei con tutto se
stesso. Il problema era lui, era sempre stato e sempre sarebbe stato
lui.
I
mostri non vivono per sempre felici e contenti, vengono uccisi dagli
eroi per salvare le damigelle prigioniere nella loro tana.
Due settimane e sei giorni, e Gold non riusciva a scendere dalla
macchina parcheggiata nel vialetto. La luce nello studio era accesa e
dalla finestra si vedeva la silhouette di Belle. Doveva essere seduta
alla scrivania, dandogli le spalle, il contorno dei suoi capelli
inconfondibile attraverso il vetro opaco. Quasi tre settimane e
Rumplestiltskin non sognava altro che poter affondare le mani tra i
ricci ramati e sentirne di nuovo la morbidezza sotto le dita, sentire
il suo profumo e guardare quelle labbra bisbigliare il suo nome.
Scacciò quei pensieri, ricacciandoli in un angolo recondito
della sua mente. Avrebbe aspettato di sentirla dormire, prima di
girarsi e fare finta che tutto era come prima. Avrebbe preso qualsiasi
cosa Belle gli avesse dato, anche se significava lunghi silenzi e cene
fredde e solitarie. Avrebbe accettato tutto questo e vissuto degli
avanzi del breve, meraviglioso sprazzo di luce che Belle era stata,
perché lui era un codardo e non aveva la forza di affrontarla.
La luce nello studio si spense e Rumplestiltskin decise che era
arrivato il momento di lasciare la sicurezza dell'abitacolo, affrontare
il suo pasto freddo, fare una doccia veloce e infilarsi sotto le
coperte, dove avrebbe potuto fingere fino all'indomani mattina.
Trovò Belle in cucina, intenta a tirare fuori qualcosa dal
forno. Per un lungo momento rimase a guardarla fermo sulla porta,
mentre sistemava gli hamburger riscaldati su due piatti.
“Ben tornato, pensavo di aver visto i fari della macchina dieci minuti fa.”
Belle aveva uno sguardo timido, nervoso e carico d'aspettative a cui
tentò di rispondere con un sorriso, riuscendo a produrre solo
una smorfia. Prese un profondo respiro e irrigidì le spalle,
pronto per il colpo che sarebbe giunto da lì a poco.
Scegliere gli hamburger era stato un colpo basso, però.
“Ho ricevuto una chiamata.”
Si mise a sedere, facendo di tutto per fingere che le ultime settimane
non fossero accadute. Belle continuava a lanciargli occhiate,
nascondendo sorrisi nervosi dietro il bicchiere di tè freddo che
stava bevendo. Sembrava impaziente di finire e Gold non poteva darle
torto.
“Dobbiamo parlare.”
Una volta capito lo sbaglio, non sarebbe mai stata abbastanza veloce a liberarsi del mostro.
“Ma certo.”
Aspettò il colpo che sapeva sarebbe arrivato, trattenendo il
fiato e ricostruendo il muro intorno al suo vecchio cuore. Invece,
sentì mani morbide prendere le sue e guardò Belle
morsicarsi il labbro inferiore.
Non aveva il diritto di farla sentire così e per una volta, per l'ultima volta, poteva essere lui quello coraggioso.
“Va bene così. Puoi riavere il tuo appartamento sopra la
Biblioteca, domani chiamerò Dove per iniziare il
trasferimento.”
Aveva la gola chiusa, gli occhi che bruciavano e le mani ancora coperte da quelle di Belle.
Belle, che ora lo guardava con gli occhia azzurri spalancati e confusi,
che aveva smesso di rovinarsi il labbro e aveva la bocca aperta in un
“oh” di sorpresa.
“Non capisco.”
“Due settimane. Non mi parli, non mi tocchi, puoi a malapena
sopportare di stare nella stessa stanza in cui mi trovo anche io. Posso
capirlo, posso sopportarlo, ma non prendermi in giro, cara.”
“Sono incinta.”
“Tu sei-”
“Sono incinta. Mi dispiace, volevo esserne sicura e poi non
sapevo come dirtelo. Non sto cercando di sostituire Bae, lo giuro.
È successo e io lo voglio Rumple, voglio questo bambino.”
Rumplestiltskin era senza parole, per la prima volta in tutta la sua
lunga vita. Non poteva fare altro che fissare quegli occhi azzurri e
pensare al fatto che Belle non lo stava lasciando. Non aveva
intenzione di andarsene, non voleva tornare a vivere da sola. Voleva un
bambino, voleva il loro bambino, e lui sarebbe diventato di nuovo
padre. In un momento la testa gli si riempi di una piccola Belle, con
gli occhi castani e lunghi ricci ramati, che leggeva in giardino con
sua madre.
“ Dì qualcosa-”
La zittì con un bacio, prendendole la faccia tra le mani e
posando le labbra sulle sue con disperazione e amore e tutta la
preoccupazione e la paura che aveva provato. La ringraziò in
quel modo perchè era rimasta, perché non lo aveva
abbandonato, perché lo aveva reso più felice di quanto
ricordava essere mai stato da quando aveva preso Baelfire tra le
braccia.
“Un bambino, Belle. Sarai una madre perfetta! E quando troveremo
Bae, gli presenteremo la sua sorellina. Ne ha sempre voluta una.”
Belle scoppiò a ridere, una risata tremula e bagnata dalle sue lacrime.
"Potrebbe essere un maschio."
"No, sarà una femmina, me lo sento."
Quella sera, mentre finalmente teneva Belle tra le braccia, con la mano
poggiata possessivamente sul suo ventre, si ritrovò a pensare
alla scatolina di velluto nascosta sul fondo del cassetto e al fatto
che, forse, anche lui avrebbe potuto avere un finale felice con Belle
al suo fianco.
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Note:
oggi tornano, oggi tornano! E' una cosa smielata e fluffissima, senza
capo nè coda. A volte si sente il bisogno di un po' di zucchero,
poveri bimbi miei.
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