Lungo il corridoio, non proprio in linea retta; giù dalle
scale, urtando un poliziotto e un ubriaco ammanettato; attraverso la porta a
vetri che si è aperta con uno discreto sbuffo pneumatico; e finalmente fuori,
con un cupo cielo nero sopra la testa e l’aria fradicia di pioggia. Ho alzato
il viso fermandomi sul marciapiede, lasciando che la pioggia mi picchiettasse
sul viso e diluisse il sale delle mie lacrime: ma il mio cuore dolorante,
quello chi lo avrebbe mai picchiettato? D’improvviso, così, semplicemente, mi
sono accorta che ero arrivata al capolinea: ero stanca di essere una sfigata.
Avrei urlato tanto ero dannatamente e definitivamente stufa di essere sempre
quella che inciampa al momento sbagliato, quella che le si rompe la lampo dei
pantaloni in chiesa, quella che perde sempre l’autobus, quella che arriva in
ritardo anche se si è alzata un’ora prima degli altri. Quella che viene
licenziata per telefono, quella che viene scambiata per un killer ballerino di
lap dance di nome Alvaro… quella che si innamora di un tizio mai visto che
sembra un pappone e invece è un agente infiltrato dell’Interpol. Ero stufa,
stufa, stufa di essere Luana d’Angelo!
“Stufa!” ho urlato contro il cielo, ma avevo la gola tanto
stretta che ne è uscito un patetico belato senza senso. Nessuno lo ha sentito:
i passanti hanno continuato a passare, il cielo a piovere e i piedi a battermi
doloranti nei sandali assassini, ma lo stesso io ero a livello, traboccante di
nausea per me stessa, di rabbia e di frustrazione represse da decenni di sfiga
patologica. Bruciavo di sdegno e di dolore perché una parte di me era ancora
nell’ufficio di Santamaria a pregare un certo agente Li Wang di girarsi e
guardarmi e sorridermi, perché era dal Semiramide in poi che non volevo nient’altro
che questo dalla vita: il suo sguardo su di me. Il suo sorriso. Il suo
dannatissimo Mister Sopracciglio.
“Merda!” ho berciato di nuovo al cielo, e nonostante tutto,
era come una preghiera.
Una mano leggera e tiepida mi è atterrata sulla spalla e io
mi sono girata di scatto.
“Che c’è?” ho strillato assolutamente a sproposito.
Sono rimasta folgorata sul posto mentre il cuore mi si
apriva come un portafoglio. Il cielo, si sa, lavora per vie traverse e mai
avrei pensato che mi avrebbe dato una risposta del genere. La migliore
possibile, la più bella di tutte. La sua.
“Luana, ti devo parlare.”
*
* *
Di nuovo sotto la pioggia; di nuovo sola; di nuovo sperduta
e spaesata, con la pioggia a ticchettare sulla mia parrucca fradicia. In attesa
di chissà cosa, impalata sul marciapiede come una vittima sacrificale. Beh, non
proprio così sola. Non proprio così vittima. Ho provato uno strano misto di
sollievo e apprensione quando ho sentito una voce morbida alle mie spalle che
mi ha costretta a girarmi verso di lei:
“Joia…?”
*
* *
Era Doralis: tutta asciutta sotto l’ombrello, vagamente
perplessa, con un bell’impermeabile beige a coprirle il culo
antigravitazionale, mi guardava con la testa leggermente inclinata da un lato,
cercando probabilmente tracce della vera me sotto il vestito a lustrini e la
parrucca bionda che ormai sembrava un nido di topo abbandonato. Il centro
nervoso del pianto ha elaborato la presenza di una voce amica: il mio mento ha
cominciato a tremare e prima ancora che Doralis potesse aprire la bocca le ero
più o meno crollata addosso, piangendo come la fontana di Trevi e strillando
come una vedova napoletana.
“Do-ra-liiiiis!” ho singhiozzato planando sul suo solido
petto sudamericano “Do-ra-liiiis!”
Credo che la poveretta sia rimasta doverosamente colpita
dalla mia accoglienza: dopo il primo attimo di smarrimento ha iniziato a
rovistare nella borsa alla ricerca probabilmente di un fazzoletto di carta per
arginare la mia disastrosa emissione di lacrime e muco sul suo prezioso trench
beige.
“Corajo, joia, corajo… che diavolonji è susceso?”
Non che fosse particolarmente calorosa o empatica, ma
parlare a un certo punto era diventata una necessità fisiologica. Senza nemmeno
sapere come, dopo un attimo avevo aperto le cateratte: invece di vomitarle
addosso la telecronaca di quell’assurda giornata di merda, ho cominciato una
dolorosa e assurda litania su un certo agente Wang, su Callas che stamattina
non ha suonato, sul fabulous duet Dito Radar e Mister Sopracciglio, sulla mia
sfiga ancestrale, su una popputa receptionist di nome Labbrona Tak, su come mi
innamori sempre dell’uomo sbagliato… un’accozzaglia di informazioni
assolutamente inutili e assurde, inframmezzate con costante regolarità, come un
bizzarro intercalare di nuovo conio, dal suo nome: Li… Li… Li.
Doralis ha lasciato che mi sfogassi, proteggendomi dalla
pioggia col suo ombrello e passandomi fazzoletti di carta via via che ne
tracimavo uno. Non credo che abbia capito un gran che del mio monologo (nemmeno
con un decriptatore della CIA ci avrebbe capito, ma non era quello il punto):
mi ha comunque ascoltato con silenziosa partecipazione finché alla fine non ho
smesso di parlare, di piangere e di emettere altri liquidi imbarazzanti,
limitandomi a rimanere con gli occhi chiusi e la fronte posata sulla sua
spalla.
“Ok” ha sospirato allora scostandomi con decisione da sé
“Ora che hai avuto la tua bela crisi isterica e che ti sei sfogata, ti porto a
casa dalla tua Calas, ti bevi una camomila concentranji, ti fai una bela
dorminji e domani matina meti un po’ in ordine quel cassino che hai in testa.
Claro, joia?”
Clarissimo! Era così consolante avere qualcuno che mi
dicesse cosa fare. Ho annuito in silenzio con gratitudine e le ho fatto anche
un mezzo sorriso.
“Vieni, ho la machina dietro l’angolo.”
Doralis mi ha preso a braccetto e mi ha sostenuta mentre le
claudicavo a fianco, dirigendosi verso la sua piccola utilitaria rosso
fiammante. Quando mi sono seduta sul sedile anteriore del tiepido abitacolo mi
sono sentita subito meglio, come se fossi accolta da un abbraccio amico.
“Le scarpe le puoi togliere, se ti fano male i pieji” ha
sottolineato Doralis sedendosi al posto di guida “Ma se devi ricominciare col
rosario e le lacrimanji, non mi imbratare i sedili.”
“No, basta lacrime.” ho mormorato io rannicchiandomi sul
sedile.
Era bello guardare Doralis mentre guidava: la sua guida era
sicura, anche se un po’ scattosa.
“Così, se non ho capito male… ti sei presa una sbandanji per
Li?” ha chiesto Doralis in tono salottiero.
Ormai che avevo aperto il libro e confessato la mia
vergognosa sfiga, che male poteva fare dire la verità, tutta la verità e
nient’altro che la verità?
“Sì” ho ammesso in un soffio “Ma mi passerà presto” ho
aggiunto, mandando tutta la verità a farsi benedire per recuperare una parvenza
di dignità.
“E, se non ho capito ancora pejjo… Li è un polisioto?”
Ho lanciato uno sguardo vagamente perplesso a Doralis.
“Beh, sì. Credevo… io credevo che lo sapessi.”
“Oh, no” ha chiocciato lei con leggerezza “Ansi, non avrei
mai capito che scentrava la polisia se non me lo avesi deto tu, joia. Mi
lavoravo Li da setimane e setimane e non ho mai sospetato nienji. Che scema!
Però disciamoscelo, chi sci crede che un polisioto posa esere così
incredibilmenji sexy?”
“Ehm… eh già.”
Era acceso il riscaldamento? Cominciavo ad avere freddo…
“Sai, joia, devo ametere che c’ero rimasta un po’ male
quando stamatina ho capito che Li avrebe portato te al’incontro con… come l’hai
chiamata? La delegasionji?”
Doralis ha riso buttando indietro la testa e io d’un tratto
ho sentito le ossa trasformarsi in stalattiti di ghiaccio.
“Ero jà d’acordo con Li che se non avese trovato un’altra
sarei andata io con Ekekazo. Avrei jurato che ormai era cosa fata… Sai, sono
piutosto brava come balerina di samba. Non sapevo che Li stese scercando
proprio me! Sono stata così brava a mimetisarmi che ho fregato l’infiltranji
anche sensa volere. Ala fine, il fato che sci abia scambiate mi ha salvato il
culenji. Non è da scompisciarsi dal ridere?”
“Oh.” ho ragliato a voce bassissima.
Non avrei dovuto essere così rigida, ma quando Doralis aveva
riso avevo notato un particolare… un piccolo, insignificante particolare che mi
era sfuggito fino a quel momento perché i capelli di Doralis, abbondanti e
ricciuti, avevano sempre impedito una visuale completa.
“Ho creduto che mi avesero rimpiasato e che avessero dato
l’incarico di Ekekazo a te. Ero così jelosa di te che quasi quasi ti avrei
strapato i capeli uno per uno! E inveji… mi sa che sci siamo sbaliati tuti, eh?
Ora se non ti spiace smetto di usare questo accento sudamericano del cazzo, che
mi ha un po’ fiaccato dopo due mesi che mi tocca sciropparmelo a ogni frase.”
Ha riso di nuovo e io non ho potuto farne a meno: come
calamitati da una forza invincibile, i miei occhi sgranati si sono puntati sul
collo di Doralis. Un collo abbronzato, liscio, velato dai capelli ricciuti… e
indiscutibilmente fornito di un piccolo, perfetto pomo d’Adamo.
*
* *
Alvaro. Il nome mi è balenato in testa con tanta potenza che
per un attimo mi è sembrato di avere un’insegna lampeggiante sulla testa.
Doralis era Alvaro. Alvaro era il killer. Doralis era il killer.
“D-Doralis?” ho gracidato spalmandomi contro lo sportello
dell’automobile “O-ora avrei d-davvero l’impellente urgenza di andare a casa.
S-sai, quella camomilla… c-credo che tu abbia ragione, ne ho d-davvero
bisogno.”
“Certo, certo” ha annuito Doralis materna “Con la giornata
del cavolo che hai passato, povera stella… facciamo solo un giretto qui
intorno, giusto per fare due chiacchiere tra amiche.”
Chiacchiere tra amiche? Io e Alvaro il killer? Per poco non
sono scoppiata in una grassa risata isterica.
“G-guarda, se non ti spiace, io p-preferirei…”
“Sì, mi spiace.” ha tagliato corto Doralis con voce
improvvisamente secca.
Io sono ammutolita di colpo mentre Doralis, strattonando
elegantemente il volante, ha diretto la macchina verso stradine buie sempre più
vuote, sempre più sconosciute. Io tacevo immobile: Doralis si è girata un attimo
a guardarmi e nel vedere la mia faccia è scoppiata a ridere di nuovo di gusto.
“Cielo, joia, che faccia! Ti si legge tutto quello che
pensi, compresi i punti esclamativi!”
“I-i-io…”
“Non ti scusare: sembri quasi simpatica, così. Ho fatto
proprio bene a venire alla centrale: ancora non sapevo se eri davvero il mio
rimpiazzo o no, ma ce l’avevo lo steso a morte con te per il fatto che Li ti
guardava in quel modo… Sono stata un po’ gelosa, lo ammetto. Ho capito subito
che era meglio farti fuori comunque.”
Le mie dita si sono aggrappate alla maniglia della portiera
mentre pensavo alacremente a quando avrei potuto finalmente togliermi la
parrucca…
“E’ inutile che tenti di scappare” mi ha avvisato Doralis
quasi con aria di scuse “Non puoi arrivare da nessuna parte.”
Io annaspavo guardando dappertutto: il cruscotto lindo, il
contachilometri, l’orologio che segnava le undici e mezza, la maniglia della
portiera a cui ero aggrappata… lo specchietto che rimandava l’immagine di una
faccetta stravolta col trucco colato, il naso rosso, la parrucca storta e
l’espressione angosciata di un vitello al macello. Sembravo proprio in tutto e
per tutto una vittima, vestita di lustrini e con il trucco da sposa cadavere.
Vittima, come sempre… ma non più sola.
“Ehm… Do-Doralis…”
“A questo punto puoi chiamarmi Alvaro, joia.” mi ha sorriso
Doralis frenando bruscamente.
*
* *
Eravamo nel parcheggio di un distributore di benzina, buio e
disabitato: non c’era anima viva nel raggio di chilometri. Ogni tanto sulla
strada passava una macchina, ma l’assenza di dossi e/o autovelox nella zona
rendeva la velocità media simile a quella di un Concorde in volo. Io ho
continuato a fissare Doralis (Alvaro?) a bocca spalancata e espressione ebete,
paralizzata fisicamente e psicologicamente, come una lepre abbagliata dai fari
di un treno merci pronto a travolgerla. Doralis (Alvaro!) ha girato
graziosamente il busto verso di me e mi sono accorta che aveva in mano una
pistola.
“In confidenza, joia, voglio che tu sappia che non ce l’ho
con te personalmente” ha spiegato quasi con tenerezza “Anche se grazie a te
sono andati in vacca tutti i miei progetti. Se penso a quanto mi è costata
l’operazione per rifarmi le tette, il culo e il naso! Senza contare tutti gli
ormoni che prendo, roba da stendere una stalla intera di cavalli. Ora devo
ricominciare da capo con Ekekazo e i miei clienti non mi vogliono pagare fino a
lavoro concluso… un bel casino, joia, lasciatelo dire. E poi Li… che delusione!
Pensare che ci avevo fatto anche un pensierino, con quella bocca da letto che
ha e quel sederino sodo…”
Mi ha strizzato l’occhio con aria complice mentre io
continuavo con impegno a imitare l’immobilità di un blocco di pietra lavica.
“Insomma, joia, devo spararti davvero.”
Spararmi. Oddiodelcieloetuttigliangelieicherubinieiserafini!
“S-senti, Do-Doralis… o A-Alvaro… non p-possiamo
p-parlarne?”
Doralis (Alvaro!!) ha inarcato un sopracciglio, impaziente.
“Possiamo parlare tutta la notte, joia, ma non voglio che ti
faccia illusioni: il risultato sarà sempre te con un buco in testa.”
Oh, che bello. Il groppo nello stomaco aveva raggiunto le
dimensioni di un piccolo pianeta e per domarlo ripetevo tra me e me, come un
mantra propiziatorio: non più sola, non più sola, non più sola…
“M-ma io non ti ho fatto niente…”
“Nemmeno Ekekazo, joia, ma anche lui è già morto, solo che
non lo sa.”
“Ch-Chi è che lo vuole morto? A-alla centrale mi hanno detto
che è un uomo o-onesto!”
“Onestissimo” ha sospirato Doralis impaziente “Ma Bonanno
non la pensa così…”
Bonanno?!?
“Bonanno?”
“Ops, questa non la dovevo dire” ha ridacchiato Doralis
garrula “Ma d’altronde, joia, a chi mai lo andrai a raccontare in Paradiso?”
“Se ti p-pago?”
“Per Ekekazo mi hanno offerto cinquecentomila. Ne hai
qualcuno in più?”
Cinquecentomila! E chi l’avrebbe mai detto che fare il
killer rendeva così bene?
“S-se ti giuro su m-mia m-mamma che non aprirò b-bocca con
n-nessuno?”
“Credo che potrei sbadigliare.” ha risposto Doralis
annoiata.
“Se sp-sparisco dalla faccia della terra e giuro di non
mettere mai più piede in Italia?”
“Senti, posso solo dirti che mi dispiace” ha sospirato
Doralis “Avevi proprio ragione, la tua sfiga non ha pari né confini! Cercherò
di fare un lavoro pulito e indolore, ok?”
Ancora una cosa. L’ultima.
“Posso togliermi la parrucca?” ho mormorato esausta “Non
voglio morire da bionda.”
Doralis ha sorriso materna e mi ha fatto un regale cenno
d’assenso. Io allora ho tolto la parrucca, lentamente.
A quel punto non c’era più niente da dire: Alvaro il killer
era definitivamente davanti a me, pronto a uccidermi. Sapevo chi l’aveva
ingaggiato, sapevo quanto l’avevano pagato…
Togliermi la parrucca è stato il segnale convenuto: meno di
un battito di ciglia e la macchinina rossa fiammante di Doralis/Alvaro è stata
abbagliata da un milione di fari puntati mentre un milione di voci hanno
cominciato ad urlare in perfetta sincronia, come a un concerto rock.
“Fermi tutti! Mani sopra le testa!”
*
* *
E’ stato un perfetto dejà-vu: non fosse stato per la faccia
completamente abbacinata di Doralis e la mancanza di Labbrona, sarebbe sembrata
una copia carbone dell’intervento della Polizia al Corda Tesa. Questa volta,
però, niente show vomitifero e niente manette: prima ancora che potessi
strizzare gli occhi, qualcuno aveva spalancato la portiera, mi aveva infilato
con decisione le mani sotto le ascelle e mi aveva strappato dal sedile, come se
pesassi due etti. Mi sono trovata con le mani di Li addosso che mi palpavano
dappertutto, come per accertarsi freneticamente che avessi tutti i componenti
al loro posto.
“Stai bene?” mi ruggiva addosso con Mister Sopracciglio
fremente di furia “Ti ha fatto del male? Sei tutta intera? Sei… ti ha… insomma,
stai bene?”
“Sto bene.” ho pigolato io, incerta: non avevo mai visto Li
così platealmente scomposto ed è stata una piacevole sorpresa intuire che è
stata la sua preoccupazione per me ad arruffargli il britannico aplomb. Ho
continuato quindi a guardarlo in devoto silenzio mentre lui, pallido e con la
bocca imbronciata faceva un accurato inventario delle mie membra e, verificato
che c’era ancora tutto, si scostava da me sospirando pesantemente. Sono
arrivati anche Santamaria e Marcello, esagitati e corrucciati anche loro come
Li: hanno anche loro fatto l’inventario, in maniera un po’ meno rude di Li, a
dire il vero, e poi mi hanno balbettato qualcosa di vagamente incomprensibile;
brava, bel lavoro, non metteremo a verbale… Non ho capito molto, ma essere viva
e avere Li davanti agli occhi mi bastava.
Ebbene sì, avevo fatto da esca per catturare Alvaro il
killer. Col senno di poi, la lavata di testa di Marcello e Santamaria che mi
aveva fatto sentire un perfetto esempio di escremento equino, aveva inciso
molto sulla mia decisione di accettare l’offerta dell’Interpol. Un’offerta
assolutamente illegale, studiata da Santamaria e Marcello e fortemente
osteggiata da Li: infatti, avevano aspettato che fossi fuori dal commissariato,
lontano dalle orecchie indiscrete della legge per propormi l’improponibile. A
dire il vero, quando Li mi aveva seguita per farmi la proposta, l’avevo visto
abbastanza sicuro che avrei rifiutato. L’ho lasciato letteralmente di sasso
accettando al volo. Mica perché fossi particolarmente coraggiosa, o ligia al
dovere, o santa: semplicemente, collaborare avrebbe voluto dire rivederlo
ancora, e nella mia mente disfunzionante quella era l’unica cosa che contava. E
lui, il poliziotto tutto d’un pezzo, non lo aveva nemmeno capito: probabilmente
pensava che mi mancasse una rotella, o l’ingranaggio completo, chissà.
“Sei una pazza scatenata” ha detto infatti corrucciato
quando Santamaria e Marcello si sono allontanati “Alvaro è un pericoloso killer
senza scrupoli, un criminale! Poteva ammazzarti in qualsiasi momento, lo sai?
Meriteresti… avrei voglia di darti un ceffone, dannazione.”
E questa assurda filippica, da dove saltava fuori? Che aveva
intenzione di fare quell’altezzoso cinonipponico, pigliarmi per il sedere?
“Guardi che me lo ha chiesto lei di fare da esca.” ho
risposto sostenuta.
“Non io” ha berciato lui aggressivo “L’Interpol.”
“Beh, a me lo ha chiesto lei.” ho specificato leggermente
aggressiva.
“Ma rappresentavo l’Interpol in quel momento.”
“E io rappresentavo lo zelante cittadino medio che fa di
tutto per aiutare le forze dell’ordine nell’adempimento del loro dovere.”
“Lo zelante cittadino medio se la sarebbe data a gambe
strillando di terrore alla prospettiva di fare da esca ad un pericoloso killer
internazionale” ha borbottato Li amaramente “Ma tu no. Pazza scatenata.”
L’ha detto in una maniera strana, sempre indeciso tra il
cavalluccio e gli sculaccioni. Adoravo che mi parlasse così: adoravo ogni cosa
di lui, compreso quell’antipatico di Mister Sopracciglio.
“Insomma, non le va mai bene niente di quello che faccio” ho
ribattuto con leggerezza “Mi dice di intrattenere Ekekazo, io lo faccio e lei
si arrabbia; mi dice di fare da esca per catturare Alvaro il killer, io lo
faccio e lei si arrabbia. Che devo fare per farla contenta?”
Il suo sguardo si è acceso di qualcosa che metteva i
brividi… o forse era ancora l’adrenalina da scampato pericolo che mi faceva
vedere tutto rosa?
“Potresti cercare di stare fuori dai guai.” ha concluso Li
leggermente ammansito.
“Impossibile” ho sospirato affranta “Ci sono nata nei guai.
E oggi poi… da quando Callas non ha suonato stamattina, è andato tutto di
traverso.”
“Davvero?”
Me lo ha chiesto con una voce… un concentrato di miele,
tequila e velluto. Si è anche avvicinato di un passo e io ho alzato gli occhi
per guardarlo: sapevo che sembravo sempre di più un panda moribondo, col trucco
colato, l’aria sfatta e i capelli incollati sul cranio dalla ex parrucca, ma
essere ancora viva dopo aver incontrato da vicino Alvaro il killer mi dava un diffuso
senso di euforia e onnipotenza, lasciandomi credere per un momento che tutto
fosse possibile.
“Beh, no” ho ammesso con voce roca “Non proprio tutto.”
“E cosa c’è stato di bello in questa giornata?”
Aveva gli occhi accesi, meravigliosi.
“Prima di tutto, ora possiedo un paio di scarpe Manolo
Blahnik” ho argomentato semiseria “E un vestito da pornostar, nonché una
parrucca con un microfono dell’Interpol incorporato.”
“Quella dovremo requisirla.” si è scusato Li rammaricato.
“Diamine. Mi dovrò far bastare le scarpe. Oh, ho anche
vomitato su una mitraglietta carica… era il mio sogno ricorrente da sempre. E
ho imparato che sì in polacco si dice tak.”
“Effettivamente, tutto sommato è stata una giornata molto
istruttiva per te.”
“Ci può giurare. Signor Li?”
“Che c’è?”
“Potrebbe abbracciarmi di nuovo, per favore?”
Ho visto gli occhi di Li accendersi di luce divertita. Gli
ho sorriso e lui ha sorriso a me: lo ha fatto per davvero con tutta la faccia e
dai suoi occhi caldi è sparita la voglia di sculacciarmi. Ma il cavalluccio è
rimasto, oh, sì!
“E’ già la seconda volta che me lo chiedi, oggi” mi ha
rimproverata burbero, avvicinandosi ancora “Rischia di diventare un evento
ricorrente.”
“Lo so, sono terribilmente abitudinaria.”
Mi ha abbracciata e strinta a sé senza troppa delicatezza:
ho appoggiato di nuovo al testa alla sua spalla e ho dedotto che quello lì era
esattamente il posto dove dovevo stare. Gli ho mugugnato qualcosa contro il
collo mentre mi accomodavo meglio sulla sua clavicola e Li ha sospirato
leggermente.
“Non dovresti darmi confidenza” mi ha rimproverata semiserio
“In fondo ti ho costretta a diventare una prostituta, un killer uomo e un’esca
per un assassino tutto nello stesso giorno.”
“Giusto” ho approvato con vigore “Ha intuito subito che non
avrei mai potuto essere una ballerina di lap dance.”
Li ha sorriso di nuovo, malizioso.
“Chissà.”
Da brivido.
“Dobbiamo andare alla centrale” ha berciato qualcuno
passando rasente “Serve la dichiarazione, la deposizione, le prove…”
Li, distratto, mi ha cullato un po’, come se nemmeno si
rendesse conto di farlo.
“Dobbiamo andare al commissariato.” ha sospirato poi.
“Ho sentito.”
“Dovremo interrogarti, farti firmare le dichiarazioni…
dovrai passare un sacco di tempo con la polizia di stato. E con me.”
Me lo ha detto con le labbra contro la mia tempia. Un
attentato al pubblico pudore, parola mia!!
“Ok. Ho un sacco di tempo libero visto che mi hanno
licenziato.”
“Non hai paura che succeda qualche altro disastro ecologico?
Io e te insieme sembriamo fatti per combinare guai.”
Io e te. Lu e Li. Terribilmente giusto e meraviglioso, sotto
ogni punto di vista! Ho sollevato il viso, le mie labbra a un respiro dalle sue
imbronciate e bellissime.
“Non è colpa sua” ho sospirato rassegnata “Sono io che porto
sfortuna.”
“Uhm. Magari le cose cambiano se ti decidi a darmi del tu,
che ne dici?”
Ho buttato un’occhiata pigra al cielo, dietro gli occhi
scintillanti di Li, e ho pensato con soddisfazione che oramai dovesse essere
mezzanotte passata: questo terribile venerdì 17 era finito, finalmente…Tutto
sommato, ora era anche possibile che le cose mi andassero bene.
“Tak.” ho risposto allegra e Li finalmente si è deciso a
baciarmi.
FINE
NOTE DELL’AUTRICE:
Ordunque: giunti alla fine, siamo. No, non mi è partito un
embolo siciliano, è che tento di scrivere la parola FINE senza commuovermi,
quindi faccio la scema. Mi viene molto bene, tra l’altro. Che drivi, gente, non
ci sono sufficienti parole sul dizionario per dirvi grazie: siete stati
carinissimi tutti e avervi avuto come lettori è stato un privilegio per cui
sono davvero profondamente onorata.
Quindi, ringrazio come sempre la mia insostituibile ROMINA,
la mia consulente di giapponico NISIBELLA, la mia disegnatrice ufficiale di
copertine BLACK, il SOMMO RIk per il sito di cui allego l’indiriss e su cui
troverete news e stronzate varie.
A presto, spero, un bacio, un sentito ringraziamento e un
abbraccio a tutti.
http://elfiefanclub.freeforumzone.leonardo.it/
Lauraroberta87: Buongiorno! Allora, bella bottega…
scusi, fornaio? Com’è che si chiama, Ahmed, Skifid, un nome così… Thaib! Senti,
dammi, due pagnotte, un litro di latte e due etti di crudo. E un pezzo di
Taleggio, Cademartori però, eh…. Metti in conto, che adesso sto ancora cercando
un acquirente per il rene, quando lo trovo ti pago. Ora vado, salutami quella
fulminata di LR87 e dille che la amerò per sempre. A presto!!!
Moonwhisper: Eh, ogni cosa deve finire, e questa
storiellina è durata anche più delle previsioni. Ma mi ha divertito, e spero
abbia divertito voi. Fortuna che io e te continuiamo a sentirci sulla “TUA” ff…
sul tuo romanzo, voglio dire: scrivi troppo bene per chiamarlo diversamente.
Quindi… arrivederci, liebe!
Momob: Grazie, carissima! Anche tu fatti sentire
presto!!
Ellemyr: Dolcezza!! Alla fine non ho avuto cuore di
umiliare Luana al palo della lap dance. Come sono buona. E come sei buona tu
con quei complimenti: sigh, sob, come farò senza?!?!? Ci sarai, alla prossima?
Speriamo di si, ti aspetto! SMACK!
Chocolate fairy girl: E così, mia piccola fatina
cioccolatosa, siamo giunti alla fine:visto che no ci si sente più, mi dici
quando li vedi i Lost? EPrchè io l’11 luglio sarò a Modena e i Lost sono il
gruppo di supporto di quattro crucchi… chissà che no nci vediamo lì!! Bacioni
Ainat: Wow, che devo dirti, grazie!! Sapessi che
piacer che fa ricevere recensioni così entusiastiche, fanno decuplicare la
voglia di scrivere! Scus,a ma posso prendere a prestito la tua “medaglia di
sterco” e usarla nelle prossime storie? Mi ha fatto rotolare dal ridere… a
presto, ciao!
DarkFairy: Ciao!!!! Wow, che bello il tuo nick, molto
gotico. Giusto per rispondere alla domanda “si può sbavare per un tizio che non
esiste” la risposta è ovviamente sì! Ho iniziato io da piccolissima a sbavare
per Capitan Harlock… se vuoi Li comunque te lo mando impacchettato e
infiocchettato: la storia è finita, non mi serve più e io preferisco i biondi…
he he he!! Grazie del commento, a presto!
Lady Elizabeth: Ma no, che butti alle ortiche!! Coi
tempi che corrono, bisogna conservare tutto che dopo un po’ torna di moda
come vintage. Se penso a quel maximaglione a pois rosa e grigio che ho
buttato via nel 1989… Grazie dei complimenti,c omunque: sono un piacere immenso
per cui mi sento col cuore di dover ringraziare… grazie, insomma, a presto!
Diana Riddle: Ehi, una niuentri!! Ma grazie, come si
fa a non rimanere entusiasti dopo complimenti del genere? Peccato che siamo
alla fine… comunque, sappi che ho apprezzato ogni parola, e che spero di
sentirti presto!! CIAO!
Hebe: Moi karas!! Certo che hai detto bene (tanto
nemmeno io so il finlandese, solo giusto ciò che serviva alla storia… e
savusilakka, che è rimasto negli annali!!). Ufficialmente, grazie per il
commento su Geometrie, sono davvero felice che la storia ti sia piaciuta.
Sapessi quanto mi sono divertita a scriverla!! Grazie a te di tutto cuore,
smack!
Krisma: Sob! Coem farò senza te che mid ici bocciolo
ogni settimana? Ti prego, mandami un po’ di fertilizzante, ogni tanto: spero
che il tuo pollice verde funzioni spero anche alla prossima fioritura di essere
ancora qui!! Un bacio, che dico, mille baci dal bocciolo a un fiore vero, a
tutti gli effetti!!
Tartis: Eh, sei stata molto assente ultimamente… hai
bruciato tutto il libretto delle giustificazioni! Ti perdono solo perché sono
molto buona di mio. Seriamente, spero che tua madre stia meglio… i problemi
familiari sono devastanti, lo so bene. Falle i miei auguri, e sappi che anche
io ti adoro!! Sbaciuzz
Miriel: Tutto è bene quel che finisce bene, no? Una
rondine non fa primavera… chi non risica non rosica… insomma, se sembra tutto
un luogo comune, è perché adoro gli happy end e non posso fare a meno di
usarli. I apologize!! Kissoni, fatti sentire, ne?
Rik Bisini: Ma dai, tutti sanno chi è Pierino!!
Perisno mia nipote, classe ’88, sa chi è Alvaro Vitali. C’è da dire che, avendo
me come zia, parte con un livello culturale di parecchio fuori dalla norma…
spero che il finale ti risulti piacevole, o Sommo. Noi, ci si sente sul forum!!
A presto!
Black_Moody: La mia flautara bionda! Sai che mi piace
la tua musica? La ascolto spesso, qui a lavorare. I miei colleghi (maschi),
quando ho detto loro che siete tutte donne sarebbero interessati alla vostra
intera discografia, me secondo me intendono qualcos’altro… mandami un autografo
(loro hanno chiesto le mutandine, ma secondo me si accontentano). Alvaro non ti
giunge nuovo? Pensi che Alvaro Vitali, l’attore storico interprete di Pierino,
ti aiuti nella tua meningo ricerca? Ti mando tanti baci e spero di vedere
presto il frutto dei tuoi sudati lombi… le copertine, che avevi capito. Solita
volgarona, tse.
Unintended: Anche a me Luana ha fatto pena nel cap.
precedente. In questo invece schiatto d’invidia!! E comunque, come si suol
dire, ognuno prima o poi ha quello che si merita e io aspetto sempre Johnny
Depp… baci bacioni, a presto!
Urdi: Adoro mescere tragedia et comicità, in fondo la
vita stessa è un garbuglio inscindibile di bene e male… e dopo questa perla (di
Guttalax) me ne vo a salutare, a presto!!
Aki_penn: Forse hai ragione, ho un po’ esagerato a
dare tutta la colpa a Luana.. ma mi serviva così, doveva raschiare il famoso
fondo dle barile. Alla fine, ne è valsa la pena, no?
Kyomi89: La superstizione, mia cara, serve a farci
credere di avere un minimo di controllo sul destino. Cosa che notoriamente non
abbiamo, ma continuiamo ad illuderci… e a sperare che al mondo esistano davvero
superfigoni buoni e bravi come Li. Altra mera illusione… bah, bacionissimi e
grazie di tutto!!
Crici_82: La sfiga non ha limiti, ma nemmeno la mia
gratitudine per voi lettori!! A risentirti presto, joia!
Zerby: Finita la storia. Sob. Come farò senza i tuoi
complimenti? Senti, me ne puoi mandare alcuni via mail, così, ogni tanto,
giusto per non farmi cadere in astinenza? Te ne sarei molto grata…
Suni: Come non hai la dentiera? Sei sicura? Mi cade
un mito. Sob. E io che pensavo avremmo potuto scambiarci il Kukident… Comunque
lasciatelo dire, se tutti i merluzzi morti avessero davvero il tuo acume,
sarebbero vivi. Un bacione, sei troppo forte!
Londonlilyt: Che ha Alvaro che non va? Un nome così
evocativo, così… “pierinesco”. Alla lebbra ci avevo pensato, ma mi era sembrata
così triviale… ti mando un vagone di sbasi, joia: a proposito, lo sai che
Doralis dice sempre joia perchè lo dici tu, vero? Dopo Londra, mi hai
contagiata… mille baci, my love, a presto!
Eilinn: Visto che è andato tutto bene? Beh, più o
meno: Doralis forse non la pensa così! Pensi ancora “povera Lu”…?
Thia: Purtroppo conosco bene la legge di Murphy… i
geni di Luana mica sono tutta invenzione, sai? Peccato: fosse vero che alla
fine arriva sempre un Li. Mah, magari a forza di scriverlo….
Lely1441: He he he, piacere di averti sorpresa! Spero
di aver continuato anche in questo ultimo capitolo… Li e Lu come Brangelina,
ohibò, che immagine inquietante! Un bacione, a presto!!