16 Un nuovo inizio per la Montagna Solitaria
16 Un nuovo inizio per la Montagna Solitaria
Da settimane l’intera Montagna tratteneva il respiro,
in attesa che il principe tanto atteso si decidesse a venire al mondo.
Tutti i preparativi erano stati fatti, e a quel pensiero Kili
scosse il capo.
Non avrei mai creduto che ci fossero tante tradizioni e tante formalità intorno alla nascita di un bimbo!
Aveva interrogato Dìs in proposito, ed aveva scoperto che le tradizioni erano state rispettate anche in esilio.
“Certo, Kili. Anche quando sei nato tu. Sono state
scelte con grande anticipo le tre dame Durin di alto lignaggio, la
levatrice e l’assistente, che era Darlis, e per poco anche
l’annunciatrice.”
“Come, per poco?” Aveva chiesto il giovane Re. Dìs aveva ridacchiato.
“In effetti, il Consiglio degli Anziani stava per
sceglierla, ma tu hai mandato tutto all’aria. Hai deciso di
venire al mondo con ben due settimane d’anticipo, e per giunta a
gran velocità, spiazzando tutti. Tuo zio Thorin e Dwalin
andarono a prendere le due dame che vivevano più vicine; sono
arrivate arruffate e scarmigliate, nonché oltremodo scosse, dopo
una cavalcata a rotta di collo, ed in realtà si ripresero solo
quando fu tutto finito. La terza non giunse mai, e fu sostituita al
volo dalla madre di Dori, la quale, sebbene di lignaggio discutibile,
era l’unica Durin a portata di mano. In effetti, abbiamo fatto
tutto la levatrice ed io; Darlis era al mercato ed arrivò giusto
in tempo per farti il bagno.”
Kili era affascinato dal racconto. Non aveva mai pensato di chiedere.
“E papà?”
“Tuo padre aveva portato Fili a pescare, quel giorno,
ma nessuno sapeva dove. Andarono a cercarlo, ma prima che lo trovassero
tornò per conto suo con cinque belle trote e Fili sulle
spalle.”
“E l’annunciatrice?”
“Non ce ne fu bisogno. Fili ti osservò da ogni
lato, mentre strillavi a pieni polmoni; poi tuo padre lo fece sedere
sul letto e ti mise tra le sue braccia, e tu smettesti istantaneamente
di piangere e chiudesti gli occhi. Eravamo curiosi di sapere cosa
avrebbe fatto; lui lo sguardo e mi disse: ‘Mamma, fatellino fa
la nanna. Mettilo nel suo lettino’; quando ti vide sistemato,
uscì dalla stanza e gridò a tutti quelli che sostavano in
attesa: ‘Zitti, fatellino fa
nanna!’ E questo fu l’annuncio formale della tua nascita.
Ah, quella sera festeggiammo mangiando trota alla griglia.”
La voce di Dìs si era fatta sommessa, al ricordo; ma
Kili aveva una richiesta più importante. E la risposta fu un
assoluto, immediato, scandalizzato no.
All’inizio, incredulo, aveva protestato con Balin e tutti gli anziani.
“Perché non posso stare con mia moglie?”
La domanda era stata accolta da esclamazioni inorridite e qualche ululato.
“Non sai cosa chiedi, Kili!” sentenziò
Glòin, dall’alto della sua esperienza. Kili pensò
che non doveva saperne molto nemmeno lui, visto che era stato
allontanato.
“Il parto è una faccenda da donne,
ragazzo,” spiegò Balin in tono ragionevole. “E poi
la confusione potrebbe dare fastidio a Miralys.”
“Ma in quella stanza ci saranno almeno sei
persone,” obiettò il giovane Re; “la levatrice,
l’assistente, le tre dame Durin di alto lignaggio,
l’annunciatrice… che differenza fa una persona in
più? Miralys potrebbe aver bisogno di me!”
Altro coro di ululati.
“Dicono,” bisbigliò Nàr con aria cospiratoria, “che potrebbe perdere il latte!”
Kili lo fissò. Non poteva credere alle sue orecchie. Come accidenti la presenza di un Nano maschio potrebbe causare un simile disastro?
Oìn intervenne con aria saggia.
“E cosa pensi che potresti fare, dimmi?”
Stringerle la mano, parlarle, baciarla… come posso lasciare che affronti da sola una prova del genere?
Ma non erano certo cose che poteva dire ad un consesso di Nani anziani
e tradizionalisti, la maggior parte dei quali non aveva mai visto un
neonato se non a distanza di sicurezza.
Non gli rimaneva altro da fare che rassegnarsi, anche
perché l’atteggiamento di Miralys era insolitamente
mite. Aveva accettato con sorprendente buon animo
l’organizzazione della faccenda, ed in privato aveva spiegato a
Kili che non si aspettava di essere molto lucida, nel particolare
frangente, e quindi riteneva meglio affidarsi all’esperienza
altrui. Molto ragionevole,
aveva pensato Kili; anche se qualche dubbio gli era rimasto. Ma Miralys
in quegli ultimi giorni sembrava persa in un mondo suo, come se
ascoltasse una voce che solo lei poteva sentire.
Scuotendo il capo, per l’ennesima volta, sulla
stranezza delle Nane incinte, Kili considerò chiuso
l’argomento.
In netto contrasto con la calma – almeno apparente
– della mammina, l’atmosfera nella Montagna si faceva
sempre più tesa. Le nascite tra i Nani erano state rare, fino ad
allora, anche se la tendenza sembrava essere mutata nell’ultimo
anno. Vi erano stati diversi matrimoni e diverse Nane erano in
attesa; evidentemente la ritrovata sicurezza aveva portato
frutti, anche se nessuno si aspettava fossero così
immediati. La nascita di un principe ereditario ad Erebor,
però, era una faccenda straordinaria.
Non era sorprendente quindi che regnasse una certa
agitazione; assolutamente normale l’ansia del futuro padre;
del tutto inaspettato invece, almeno per Kili, fu il fatto che
l’intera Compagnia di Thorin Scudodiquercia
perdesse completamente la testa. L’unica possibile
eccezione era Glòin, che si aggirava con l’aria vissuta
del “io-ci-sono-passato-e-so-tutto”; ma anche lui
sobbalzava ogni volta che udiva un richiamo a voce più alta del
normale.
I Compagni trovavano ogni scusa possibile per aggirarsi
intorno a Miralys; Bofur sfornava giocattoli ad un ritmo sempre
più frenetico; Bifur intratteneva chiunque gli capitasse a tiro
con discorsi tanto infervorati quanto incomprensibili; Bombur
presentava ogni giorno nuovi piatti alla Regina, sostenendo che
“avrebbero fatto bene al piccolo”; Dori confezionava
completini a maglia; Nori ostentava una superiore indifferenza, ma
Meltis aveva confidato a Dìs che si svegliava almeno tre volte
per notte e rimaneva in ascolto per un ipotetico allarme. Dwalin aveva
forgiato una spada lunga quindici centimetri! Quando Balin gli fece
notare che avrebbe potuto essere una femmina, il fratello lo
guardò con uno sguardo omicida che indusse il vecchio Nano ad
ammettere che una simile eventualità non era assolutamente da
prendersi in considerazione. Oìn e Balin non nascondevano il
loro genuino entusiasmo; ma il più sorprendente era Ori. Era del
tutto fuori di sè; non dormiva, non mangiava, aveva anche perso
la favella, e dava retta a qualcuno solo quando sentiva la parola bambino. Kili si chiedeva cosa avrebbe fatto se Gleis fosse rimasta incinta.
Il tempo previsto venne e passò; la neve continuava a
cadere sulla Montagna, e di pari passo la tensione saliva. Kili
non dormiva più: passava le notti tenendo tra le braccia la sua
amata e accarezzandole lentamente la pancia ormai spropositata. Gli
sembrava che il piccolo si calmasse sotto quella carezza, e la mammina
dormiva più tranquilla.
Era quasi l’alba, e Kili si era appena appisolato,
quando Miralys lo toccò leggermente sul braccio. Il giovane Re
spalancò immediatamente gli occhi.
“Credo che ci siamo, amore…”
La balconata era ingombra di neve, cumuli e cumuli che gli
addetti non facevano in tempo ad eliminare. Stava nevicando per
l’ennesima volta, ed il vento turbinava gelido infilandosi dentro
il cappuccio foderato di pelliccia, ma Kili non ce la faceva
proprio a rimanere dentro.
Le ultime ore erano state un tormento. Aveva appena avuto il
tempo di abbracciare stretta la sua Miralys, ed era stato spedito fuori
dall’ala degli appartamenti reali, diventata zona vietata ai Nani
maschi. Dìs gli aveva promesso che lo avrebbe informato di
qualsiasi novità, e lo aveva esortato a stare tranquillo…
come se fosse facile, pensava.
Il fatto di essere circondato da Nani più nervosi di
lui non aiutava; qualcuno pensò che un barilotto di birra
avrebbe fatto un mondo di bene ai nervi di tutti, e ben presto il
livello alcolico collettivo cominciò a salire. Kili, da parte
sua, non sarebbe riuscito ad ingoiare nemmeno una goccia d’acqua,
figuriamoci una birra, così si era trasferito sulla balconata,
suo posto preferito nei momenti difficili.
Si sentiva disperatamente solo.
Fee, darei qualsiasi cosa per
averti qui con me. Mi aspettavo di dividere con te tutti i momenti
importanti della mia vita. Mi avresti preso in giro per le mie
ansie, ma so che la tua mano sulla mia spalla mi avrebbe
tranquillizzato.
Se ti aiuta, fratellino, sappi che io sono qui ogni volta che pensi a me.
Mi manchi così tanto, Fee… dovevi proprio fare l’eroe, vero? Un giorno faremo i conti, per questo!
Kee, stai davvero cercando di
dirmi che tu avresti agito diversamente, al mio posto? Ognuno ha
il suo destino, e se Mahal ha voluto così, chi siamo noi per
discutere? Ah, certo, quando Lo incontrerai immagino che Gli farai le
tue rimostranze. Sarà un bel match, non vedo l’ora.
Senza volerlo, Kili ridacchiò. Ma solo per un attimo.
Mahal, ti prego. Non puoi togliermi anche lei.
La neve continuava a cadere nel suo rifugio sopra la Porta
Principale. E fu lì che, a metà mattina, lo raggiunse
Dìs.
La sua espressione era seria, e Kili si sentì il cuore in gola. Mahal, cosa sta succedendo?
“Ti prego, mamma, dimmi…”
Dìs lo guardava pensierosa, mordicchiandosi un labbro.
“Allora! Va tutto bene..?” insistette lui. La madre rispose con una domanda.
“Eri serio quando chiedevi di poter stare con Miralys?”
“Che domanda è? Certo che sì! Cosa significa?”
“Sto cercando di decidere se ad un certo punto ti
troverò lungo disteso per terra o se reggerai fino alla
fine.”
“Mamma! Cosa diavolo sta succedendo?!” Kili era
ad un passo dal prendere la madre per le spalle dandole uno scossone.
“Ci sono problemi con… con il bambino..?”
“Non proprio con il bambino,” Dìs appariva
dubbiosa. “Il problema sembra più con il pubblico
presente.”
Kili entrò a passo di carica negli appartamenti reali.
Dietro di lui, un codazzo di Nani che lanciavano a raffica domande a
cui il giovane Re non rispose. Attraversò la sala come un
turbine, seguito a ruota da un’affannata Dìs, che
richiamò all’ordine la folla piazzandosi sulla porta
della camera e fermando tutti, mentre Kili entrava senza tante
cerimonie.
Fulminati i Nani con un’occhiata imperiosa, che li
congelò sul posto, Dìs si affrettò a seguire il
figlio prima che accadesse qualcosa di irreparabile.
L’ingresso di un estraneo in pantaloni ebbe un effetto
simile all’attacco di Smaug: un iniziale breve silenzio
raggelato, seguito da strilli oltraggiati che superarono il livello
dell’udibile. Kili ignorò tutto e tutti: la sua attenzione
era solo per Miralys.
Lei era lì, seduta sul letto, pugni stretti, e occhi
socchiusi, a fronteggiare Darlis, l’anziana levatrice. Gli occhi
verdi, che mandavano lampi di rabbia, si puntarono istantaneamente sul
marito.
“Tu! Non dovresti essere qui! Non devi vedermi così!”
Kili la guardò bene, e, oltre alla rabbia, lesse sul
suo viso lo smarrimento, ed anche un po’ di timore. Il suo cuore
si sciolse di tenerezza. Sedette sul letto accanto a lei.
“Cosa fai qui! Puzzo! Sono sudata, sporca, e…”
Ignorando totalmente lo sfogo, Kili prese il viso di Miralys tra le mani.
“… arruffata, disordinata…”
Il giovane Re baciò la sua sposa sulla punta del naso, e gli occhi verdi si spalancarono.
“… e bellissima,” terminò lui,
baciandola sulla bocca. Qualche istante, e sentì che lei si
rilassava visibilmente, rispondendo al bacio. Con la bocca su quella di
lei, sussurrò:
“Vuoi davvero che me ne vada?”
“No,” rispose lei in un soffio, “ma mandale
via tutte. Tutte tranne Dìs e Bleis.” Il lampo di rabbia
ricomparve nelle iridi verdi. “Mi trattano come una stupida oca!
Come se io non…”
Kili la interruppe con un altro bacio.
“Sssh!” sussurrò. “Non ho bisogno di
spiegazioni. Mi fido di te.” Voltò un poco la testa,
facendo cenno a Dìs di avvicinarsi.
“Manda fuori tutta questa marmaglia,” disse a bassa voce. “Restate solo tu e Bleis.”
Dìs annuì, quindi si rivolse alle presenti.
“Vi prego di uscire. La regina è molto giovane e
molto nervosa, e mio figlio cercherà di calmarla. Vi
richiamerò prestissimo.” Ed accompagnò tutte alla
porta, nonostante qualche mugugno. Kili sentì che la moglie
prendeva fiato.
“Ehi! Io non sono…” lui la zittì con un altro bacio. Sembra essere l’unico metodo che funziona…
“… giovane?” Kili sorrise; Miralys lo guardò male.
“… nervosa!”
“Vuoi discutere o vuoi che se ne vadano?” lei
sbirciò le Nane che uscivano brontolando e si azzittì
all’istante. Kili continuava a sorridere.
“Allora, cosa vuoi che faccia?”
Il viso di Miralys si contrasse.
“Sta ricominciando… abbracciami!”
Da quel momento le cose andarono molto in fretta, e
ripensandoci in seguito, Kili non riuscì mai ad avere un ricordo
coerente, solo una serie di flash. Seduto sul letto dietro le
spalle di Miralys, con lei appoggiata sul suo petto, la strinse
tra le braccia per tutto il tempo. La incoraggiava durante le
contrazioni, mentre lei gli afferrava le mani in una morsa convulsa;
nelle pause, la baciava e la coccolava, senza smettere mai di parlare.
E alla fine, come Mahal volle, il principe di Erebor vide la luce.
Per alcuni secondi il silenzio fu tale da tagliarsi con il
coltello. Poi si levò un miagolio lamentoso, seguito subito dopo
da uno strillo indignato, e solo in quel momento Kili si accorse che
aveva smesso di respirare. I due sposi, sudati ed arruffati dopo la
battaglia, si guardarono con un sorriso che divenne una risata
liberatoria.
“E’ un maschio,” disse una nonna
raggiante, e Bleis mise tra le braccia di Miralys un fagottino avvolto
in una finissima tela.
I piccoli pugni stretti, la fronte aggrottata nello sforzo di
strillare, un ciuffo di capelli neri: con un nodo alla gola e la
bocca asciutta, incapace di proferire una sillaba, Kili sfiorò
con un dito la fronte del neonato, sbalordito dalla grana sottile
della pelle. Il piccolo smise di piangere.
“Oh! Ti riconosce!” sussurrò Miralys. “Somiglia a te.”
Ora che il visetto del neonato era disteso, rivelava
chiaramente i lineamenti del padre, nel taglio degli occhi e degli
zigomi. Miralys aprì la copertina, ed insinuò le dita nel
piccolo pugno. Poi ridacchiò.
“Ho sempre trovato ridicolo che i genitori contassero
le dita dei neonati… perché lo sto facendo
anch’io?”
Kili la baciò sulla guancia. “E’ tutto a posto, fidati. Le ho appena contate io!”
Dìs e Bleis contemplavano la piccola creatura perfetta.
“Ha delle belle gambe lunghe, come te, Kili,” notò Dìs. “Diventerà alto.”
“Ha anche qualcos’altro di bello come il suo
papà,” sussurrò Miralys a mezza bocca, guardando il
marito di traverso con un sorriso malizioso. Lui nascose il viso
nella spalla.
“Guarda guarda,” bofonchiò a sua volta.
“Poco fa hai urlato che tutto questo era colpa mia e che non
saresti mai più venuta a letto con me…”
Lo sguardo di Miralys si fece ancora più luminoso.
“Ho mentito.”
“Bene, papà: vuoi prendere in braccio tuo figlio?”
“Sicura che ci riuscirò?” chiese Kili titubante. “E’ così piccolo…”
Dìs rise. “Dai, vieni.”
Kili si sfilò dalle spalle di Miralys; sedette sul
letto al suo fianco e Dìs prese il piccolo dalla mamma per
metterglielo tra le braccia.
“Puoi respirare, Kili…” mormorò la
sua sposa. Lui alzò gli occhi e la guardò con un
sorriso radioso e gli occhi lucidi di lacrime.
“E’…è un miracolo. E’ nostro…”
“Hai.. hai deciso come chiamarlo…?
Kili annuì.
“Lui è Thorin. E sarà Re sotto la Montagna, un giorno. Com’è giusto.”
Nella commozione generale, fu Dìs a riprendersi per prima.
“Oh, per Durin! E le tradizioni?” Ma Kili rise.
“Peccato. Del resto non sarà la prima volta che una tradizione viene infranta, no?”
Dìs ridacchiò con aria furba.
“Vero. Ti ho raccontato di quando sei nato
tu… ma con Fili andò diversamente. Nacque durante la
peggiore bufera di neve del secolo. La nostra casa era isolata, e
Thorin uscì per cercare almeno la levatrice, ma finì in
un fosso con il pony. C’eravamo solo io e Jeli, gli altri
arrivarono tutti a tempesta finita, e ormai… ora sai
perché ti guardavo, prima. Mi chiedevo se saresti stato
all’altezza di tuo padre, e devo ammettere che te la sei cavata
davvero bene.”
Risero tutti, finchè Dìs storse il naso.
“Puzzate, tutti e tre. Kili, vattene alle terme.”
Il giovane Re tese il bimbo alla madre, ma Miralys notò qualcosa nel movimento.
“Ehi! Cos’ha quella mano?” Kili
tentò di nasconderla dietro la schiena, ma lo sguardo di sua
moglie era implacabile. Così gliela porse.
“Ma cosa…?” chiese lei, guardando il dito gonfio e violaceo.
“Beh… ad un certo punto mi hai stretto la
mano… forse un po’ troppo forte… credo che sia
rotto.”
Miralys guardò incredula il dito fratturato.
“Io… io ho fatto questo…?”
“Eh, hai decisamente una bella presa.”
Dìs aprì la porta della stanza, proprio mentre Bleis iniziava a lavare il piccolo tra strilli indignati.
Non riuscì a proferire parola: si trovò davanti
dei larghissimi sorrisi, mentre tutti ascoltavano quel suono pieno di
promesse.
Ori la fissò con lo sguardo stralunato. Mormorò:
“Sono zio…*” e crollò sul tappeto privo di sensi.
Fu così che quella stessa sera, nella Sala di
Thròr, Kili presentò il figlio alla gente di Erebor. La
mano sinistra presentava una vistosa steccatura.
Angolo autrice.
Devo segnalare un credito. Ori
che sviene dopo aver detto "sono zio" mi è stato ispirato da un
vecchissimo (e intendo proprio vecchissimo!) musical che viene
trasmesso ogni tanto a Natale, dove c'è una scena simile. Non
ricordo il titolo, ma forse qualcuno l'avrà visto.
Bene, anche questa storia
è finita. Almeno per ora. Del resto, è necessario mettere
un punto fermo alle vicende, anche se solo provvisorio. Come avrete
visto, L’Erede di Durin
è ora una serie; non so cosa succederà ancora, ma le idee
ci sono. So già quanti figli avranno Kili e Miralys; so
perché Balin andrà a Moria, con Ori e Oìn; ho
già anche un’idea della conclusione. Ma tempo al tempo.
Per ora, spero che abbiate
gradito leggere questa storia quanto io mi sono divertita nello
scriverla. Ringrazio chi ha voluto farmi conoscere il suo
apprezzamento, LilyOok e Yavannah per prime; un grosso grazie
anche a chi ha solo letto, ogni visita è un piacere.
Ancora una volta, la parola a
Puck: “E con ciò a tutti voi felice notte; se amici tra
noi restiamo, qua la mano!”
Alla prossima
Idril
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