Un addio difficile da pronunciare
Sanzo entrò nella sua camera
sbattendosi violentemente la porta alle spalle. Si diresse immediatamente verso
il tavolo in prossimità della finestra, dove aveva lasciato le sigarette e dopo
averne estratta una dal pacchetto cominciò a guardarsi intorno per vedere dove
quello stupido kappa pervertito avesse lasciato l’accendino.
Fu allora che udì un rumore di
passi. Passi decisi, pesanti, che salivano le scale rimbombando pesantemente su
ogni singolo scalino, quasi a voler scandire la distanza che li separava dalla
loro meta.
Continuò a guardarsi intorno,
imprecando contro il kappa, le sigarette, l’accendino e contro quella persona
che presto – ne era sicuro – avrebbe fatto irruzione nella sua camera. E
soprattutto, imprecò contro se stesso.
La luce della luna decise di
fargli trovare il tanto agognato accendino, facendo rimbalzare i suoi raggi
sull’oggetto metallico nascosto in un angolino del
davanzale della finestra, il posto più ovvio dove avrebbe potuto trovarsi. E
lui non ci aveva pensato.
Si accese la sigaretta e ne
aspirò profondamente una boccata, sperando che il fumo, oltre che ad
intossicargli i polmoni, questa volta avesse davvero un effetto rilassante così
come cercava di convincersi ogni volta.
Effetto che non arrivò mai.
SBAM.
La porta si aprì violentemente,
quasi come se, chi era stato ad aprirla, avesse avuto l’intenzione di buttarla
a terra.
Sanzo non si mosse di un
centimetro. Le spalle rivolte alla porta e alla persona che ora si stagliava
all’interno della sua camera. Immobile. Impassibile. Con gli occhi rivolti
all’esterno, mirati ad un punto imprecisato oltre la finestra. Una gamba
piegata su cui poggiava la mano con la sigaretta, che sembrava essere l’unica
cosa animata nell’intero complesso grazie al fumo che si sprigionava da essa, ed un’altra gamba lasciata penzolare dal davanzale.
SBAM.
La porta era stata chiusa. Ancora
più forte di come era stata aperta.
“Che diavolo ti è preso?!”
Lui rimase in silenzio, nella
stessa identica postura e nello stesso identico atteggiamento.
“Ci sono rimasti male tutti questa volta, non solo Goku! Quel dannato harisen
primo o poi te lo rompo! Ma è possibile che tu debba comportarti sempre così??”
Ancora silenzio. La sigaretta si
stava consumando lentamente nella sua mano, così decise di aspirarne un’altra
boccata.
“Sanzo!! Guardami quando ti
parlo! CHE DIAVOLO TI È PRESO??”.
“Taci!”.
Risposta secca, diretta, una di
quelle che non ammettono repliche.
Lei rimase interdetta. Si sarebbe
aspettata che lui le avesse sbraitato contro ogni tipo
di cosa. Che doveva impicciarsi degli affari suoi, che non doveva
intromettersi, che quella stupida scimmia se l’era meritata. Si sarebbe
aspettata anche di veder comparire, come spesso accadeva, il famoso ventaglio
che sembrava accompagnarlo ovunque.
Ma non accadde.
Non accadde nulla di quel che si
era immaginata.
Quel suo modo di parlare… era
tempo ormai che non glielo attribuiva più. Almeno non nei suoi confronti. Era
anche vero che il modo di parlare di Genjo Sanzo Oshi poteva essere interpretato
svariatamente. Perché Ganjo Sanzo Oshi sapeva, sì, parlare, ma non certo comunicare.
Per cui c’erano delle volte che
diceva ciò che non intendeva dire, e volte che invece diceva ciò che
esattamente voleva dire.
E quella era una di quest’ultime.
- Sanzo… - la voce di lei era ora
più morbida, gentile, delicata. Pronunciò il nome dell’uomo che le dava le
spalle quasi in un sussurro.
Gli si avvicinò piano, come a
volergli dare tutto il tempo per abituarsi alla sua intromissione nei suoi
pensieri. Lui non parve nemmeno sentirla… la sua mente era avvolta da un
agitarsi frenetico di pensieri.
Che avrebbe dovuto dirle?
- Sanzo… - ripetè lei ancor più
delicatamente, una mano ad avvicinarsi lentamente alla folta chioma bionda di
lui. Movimento che fu troncato da due ametiste ostili ridotte a fessure. Lei
bloccò la mano a metà strada.
Non poteva crederci.
Quegli splendidi occhi suadenti
viola che tanto amava, ora sembravano volessero…
minacciarla? No, non poteva essere.
Sanzo si alzò, tornando a
ignorarla completamente e si diresse di nuovo verso il pacchetto di sigarette
sul tavolo.
Questa volta fu lei a non muovere
un minimo muscolo.
Dopo un periodo di tempo che
sembrò dilungarsi all’infinito per entrambi, lei si decise a riavvicinarglisi.
- Sparisci - .
Di nuovo. Di nuovo quel tono. Di
nuovo le sue spalle rivolte contro.
Decise di tagliare quel maledetto
spazio che li divideva e andò a cingergli il torace con le braccia. La testa a
contatto con la sua schiena, in modo da poter ascoltare i battiti del suo
cuore. Quel cuore che aveva sentito accelerare e decelerare negli ultimi mesi,
ora sembrava aver subito una sorta di scossa. Batteva all’impazzata.
“Dannazione” pensò Sanzo,
rimaledicendo se stesso. Doveva agire. O non ne avrebbe avuto più il coraggio.
Si girò di scatto, afferrandole i
polsi e facendola andare a sbattere contro un muro.
Lei chiuse gli occhi, quasi come
se fosse stata colpita in pieno volto. Ed era stata colpita in pieno, solo a
che farne le spese era stato altro.
- Perché fai così?- le chiese
lei, continuando a tenere
gli occhi chiusi. I polsi ancora imprigionati nelle mani di Sanzo, gli occhi di
lui coperti dai capelli che gli ricadevano sulla fronte.
- Mi era sembrato di averti detto
di andartene – sibilò lui, stringendo ancora di più i suoi polsi e andando ad
incontrare finalmente i suoi occhi, occhi che andarono finalmente ad aprirsi,
scontrandosi con le fredde ametiste.
- Ma che ti è preso?? – inveì lei, uscendo dalla sua sorta di trance e cercando
di divincolarsi dalla stretta di lui, stretta che non sembrava voler cedere.
- Mi stai facendo male, Sanzo – .
Lui allora le
si avvicinò, il viso a pochi centimetri da quello di lei, occhi negli
occhi.
- Te lo ripeto per un’ultima
volta… sparisci – disse lentamente, andando a calcare l’ultima parola, poi si
allontanò, liberandole i polsi e andò a recuperare la sigaretta che aveva
abbandonato sul tavolino.
Lei non sapeva più che pensare.
Com’era possibile? Com’era possibile che l’uomo che aveva imparato a conoscere
fosse stato soppiantato di nuovo dall’uomo che all’inizio l’aveva indotta ad
odiarlo? Com’era possibile che quegli splendidi occhi viola fossero diventati di nuovo impenetrabili, non lasciando trasparire alcuna
emozione? Com’era possibile che quelle calde mani nivee che l’avevano toccata e
accarezzata amorevolmente per tutto quel tempo fossero state risostituite a
quelle fredde e offensive, che per giunta le avevano fatto del male?
- Perché Sanzo? …cosa ti ho
fatto? -.
Già. Cosa gli aveva fatto? Nulla.
Anche se non era del tutto corretto.
Lui era Genjo Sanzo Oshi. Un
sanzo che di sanzo non aveva nulla, se non un chakra scarlatto sulla fronte, a
dimostrare di essere l’uomo più vicino ad un dio, ed una tunica bianca, a
dimostrare la sua venerabilità.
Poi c’era il sutra ereditato dal
suo maestro, Komyo Sanzo Oshi, che pesava ora sulle sue spalle come un fardello
che gli ricordava perennemente la morte del suo maestro, l’incarico non
meritato che aveva ricevuto e il sangue di cui si era macchiato per
proteggerlo.
Aveva vissuto tutta la vita
egoisticamente, non curandosi di nessuno e vivendo solo per se stesso, così
come gli era stato insegnato da Komyo.
Non avere nulla.
Se incontri un budda, uccidilo.
Se incontri un tuo antenato,
uccidilo.
Non avere legami, vivi solo per
te stesso.
…E poi era arrivata lei. Con la
sua risata cristallina, il suo sguardo fiero e allo stesso tempo dolce, la sua
grinta, la sua determinazione… il suo amore.
Era riuscita perfino a dare
un’altra interpretazione all’insegnamento del suo maestro…
“Sei tu che hai interpretato il tutto in modo sbagliato e inverosimile.
Vivere SOLO per se stessi? E come le gestisci tutte le persone che ti entrano
nella vita? Gli spari contro minacciandoli di ucciderli? Non funziona così,
Sanzo ^ ^ Le
persone tessono continuamente rapporti tra di loro, il tuo stesso maestro, che
ti ha tramandato questo insegnamento, non è forse morto per salvarti la vita?E
il “non avere legami” dov è andato a finire? Io direi piuttosto che
l’insegnamento ti consigli di essere forte e di credere solo in te stesso. Poi dice
di “non avere legami”, ma mica indica quali tipi di
legami. E se si riferisse ai brutti ricordi?”
E così aveva fatto.
Si era innamorato di lei. Dopo
aver perso la persona a lui più chiara, ne aveva trovata un’altra per cui continuare a vivere…
- …ti prego parla, dì qualcosa!
Cosa è successo? Cosa ti ho fatto? -.
Doveva essere passato molto tempo
da quando aveva cominciato a ricordare tutto quello,
perché ora lei lo stava abbracciando, piangendo a dirotto.
- Sanzo… -.
Doveva finirla lì, prima che il
sentir pronunciare il suo nome di nuovo da lei lo uccidesse.
Così si staccò dal suo abbraccio,
le afferrò le spalle e la inchiodò col suo gelido sguardo.
- COSA VUOI ANCORA?? – le urlò.
- PERCHÉ?? PERCHÉ FAI COSì?? PERCHÉ MI STAI MANDANDO VIA? – urlò di rimando lei. Le
lacrime non accennavano a
volersi fermare.
Che doveva dirle?
- Non ti voglio più tra i piedi,
sei una seccatura – le sibilò lui. Gli occhi di nuovo coperti dai capelli, a
nascondergli lo sguardo.
- Cosa?...ma…
- le morirono le parole in bocca.
- Non mi servi più, puoi tornare da dove sei venuta – continuò imperterrito lui.
Lei rimase zitta. Il respiro
trattenuto. Le mani che prima afferravano la veste di Sanzo, ora avevano
allentato la presa.
- Cosa significa?...- ebbe il coraggio alla fine di chiedergli.
- RAZZA DI IDIOTA! IN CHE ALTRA
LINGUA VUOI CHE TE LO RIPETA? – le urla di Sanzo arrivarono nella camera
adiacente.
Goku sobbalzò e fissò con gli
occhi sgranati il muro dal quale era provenuta la voce.
Hakkai continuò ad accarezzare
Hakuryù, lo sguardo fisso a terra, una mano a reggersi la testa.
- Dannato bonzo corrotto! – Fu
Goijo ad esplodere per primo, spezzando la sigaretta che teneva tra le dita e
continuando a imprecare contro il compagno di viaggio.
Goku sobbalzò di nuovo. La
tensione ormai era alta.
- Adesso vado a dirgliene quattro!! – ripetè il rosso, e con fare deciso si diresse verso la
porta.
- No, Goijo – Hakkai gli aveva
afferrato un braccio e si era imposto nel suo solito modo calmo, cordiale e
diretto.
- Ma Hakkai… lo stai sentendo o
sei diventato sordo? Come può trattarla così?? – gli
rispose di rimando il rosso.
Hakkai abbassò impercettibilmente
il viso, rivolgendo il suo sguardo nuovamente verso il pavimento.
- Non sono affari che ci
riguardano… purtroppo – concluse sconsolato.
Goijo rimase a fissare il
compagno. Capì cosa intendesse dire.
- Ma perché Sanzo si è arrabbiato
così tanto? – chiese improvvisamente Goku, infrangendo quell’atmosfera tesa.
Gli occhi dorati innocenti lucidi. Era quello che probabilmente soffriva di più
per quella situazione.
Hakkai e Goijo si guardarono,
indecisi sul cosa dirgli, ma decisero il silenzio e
tornarono a sedersi.
- …ma io ti amo…-.
Lei non cedeva. Non si decideva a
lasciarlo andare.
Ormai aveva imparato a conoscerlo
bene, stava dando sfogo alle sue ultime risorse, voleva capire fino a che punto
si sarebbe spinto… se era vero che di lei non gli
importava nulla e che l’aveva usata solo per il suo potere, come gli aveva
urlato in faccia poco prima.
- Io no - rispose di rimando lui,
i capelli sempre a nascondergli lo sguardo.
Allora lei gli prese il volto tra
le mani, facendo in modo da incontrare le sue splendide ametiste e lo baciò. Un
bacio breve ma intenso. Un bacio a cui lui non rispose.
- Adesso – continuò lei – dimmelo
guardandomi negli occhi, dimmi che non mi ami… -.
Lui chiuse appena un po’ gli
occhi, quasi come a voler fuggire da quella situazione, quasi come a volersi
isolare un attimo. Se lo sentiva, era l’ultima goccia, doveva versarla per far
traboccar il vaso.
- Io non ti amo – disse tutto
d’un fiato, scandendo però meticolosamente le parole, guardandola fissa negli
occhi.
Non seppe dire se ciò che sentì
successivamente a quella frase fosse solo frutto della sua immaginazione oppure
se effettivamente fosse accaduto.
Sentì qualcosa rompersi e lo
associò a lei.
Ma molto probabilmente veniva da
lui… da dentro di sé… oppure da entrambi.
Fatto sta che lei fermò le
lacrime e abbassò in gesto arrendevole la testa. Dopo un attimo lui le liberò
le spalle.
Fu così che abbandonò la stanza.
Le braccia penzoloni, la testa china. Fredda, vuota, o meglio, aggiunse
successivamente Sanzo ai suoi pensieri, svuotata.
La porta si aprì e lei uscì.
Nello stesso momento, dalla
stanza adiacente, Goijo, che aveva sentito la porta
della camera affianco aprirsi, corse fuori dalla sua di scatto, giusto in tempo
per vederla… o per vedere quel che rimaneva di lei.
- Principessa! – le urlò lui, ma
lei non si voltò e scomparve poco dopo nel buio del corridoio che li separava
dalle scale. Anche Hakkai e Goku nel frattempo erano venuti fuori.
Goijo rivolse il suo sguardo
furente verso la camera di Sanzo, la cui porta, dopo l’uscita di lei, era
rimasta aperta.
Il bonzo era ritornato a sedersi
sul davanzale della finestra, in bocca l’ennesima sigaretta, tra le mani
l’accendino.
Goijo lo raggiunse poco prima che
riuscisse ad accendersela, afferrandolo per la tunica violentemente, in modo da
poterlo guardare in faccia.
- Razza di bonzo di merda dal
cuore di pietra! Come hai potuto trattarla in quel modo??
Lei ti ha amato e tu?? Cosa fai??
La tratti come una pezza rovesciandole addosso tutto
quel veleno… - non fece in tempo a finire che la mano di Sanzo lo scostò
violentemente da sé.
- Taci, kappa pervertito, fatti
gli affari tuoi o ti ammazzo! – tuonò Sanzo, tornando poi a ricomporsi e ad
accendersi la sigaretta.
- Adesso basta, Goijo! –
intervenne Hakkai, visto che l’amico accennava a voler proseguire la
discussione – Vieni… andiamo via -.
- Tsk! – esclamò furibondo Goijo,
ma diede comunque retta al compagno e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata di
sbieco a Sanzo, uscì finalmente dalla camera con Hakkai.
Fu Goku a chiudere la porta.
“Perché Sanzo? Hai detto che per
te era solo una seccatura, che l’avevi usata, che di lei non t’importava più
niente… allora perché quando Goijo ti ha costretto a voltarti, i tuoi occhi
erano lucidi?”