"Uh...
che diavolo..." furono le prime parole che uscirono dalla bocca di
Byakuya Togami prima che una fitta di dolore gli attraversasse la
fronte, costringendolo a interrompersi.
Gli
ci volle qualche secondo per raccapezzarsi e capire di avere la testa
appoggiata sulle braccia incrociate di fronte a sé. E di
essere seduto.
Aveva
una spiacevole sensazione di deja-vu, ma cercò di scacciarla
nel retro del suo cranio.
Muovendo
le dita, nell'attesa che il dolore alla testa si attenuasse,
scoprì che pareva star toccando un tavolo di legno. E qui
cominciò a farsi strane domande, tipo "Perché
cacchio quei cinque plebei mi hanno depositato su un tavolo? E
soprattutto, dove l'hanno trovato un tavolo se...". Poi una seconda
frustrata lo ridusse al silenzio anche mentale.
Ci
mise una manciata di minuti per riassestarsi definitivamente. Quando
finalmente ce la fece... beh, quello che scoprì non gli fece
particolarmente piacere.
Era...
in quella che appariva un'aula. Un'aula familiare, fra l'altro.
Perché
c'erano le telecamere, le finestre sigillate...
Che...
che cosa? Sono... dentro la Kibougamine?
Di
nuovo?
Con
estrema calma, cercando di evitare traumi al suo corpo indebolito, si
alzò e cercò di farsi un'idea. E sì,
non ebbe più alcun dubbio: era di nuovo dentro l'accademia.
Questo...
questo non è possibile.
Ero...
eravamo usciti. Usare
il plurale gli dava ancora uno strano senso di vertigine.
Io,
Byakuya Togami. Naegi. Kirigiri. Asahina. Fukawa. Hagakure.
Noi
sei eravamo i superstiti di quella carnevalata da psicopatici. Gli
altri non erano stati all'altezza e si erano fatti sopraffare dal gioco
crudele inscenato da quella pazza isterica di Junko Enoshima. Chi per
debolezza come Oowada e chi per calcolo come Celestia, ma tutti loro
erano caduti.
Era
finita. L'avevamo smascherata e, dopo un lungo batti e ribatti in
tribunale, obbligata a sottoporsi alle sue stesse esecuzioni che,
peraltro, aveva accettato con un sorriso davvero inquietante. E
quell'odiosa risata. Ho sempre odiato quel fastidiosissimo
"upupupupupupupu".
Che
diavolo mi è successo, si può sapere?
Si
avviò con passo tremebondo verso la porta e la
aprì. Destinazione... non ne aveva la minima idea. Si
sentiva gonfio d'aria e insulsaggine per quello che stava vivendo... o
forse sarebbe più corretto dire rivivendo.
È
assurdo.
Inspirò,
reprimendo a forza la voglia di prendere a calci qualcosa - un modo di
fare per niente consono a qualcuno del suo rango. Cercò di
riflettere sul da farsi, ma più ci provava più
non riusciva a non pensare che tutto fosse senza senso: erano riusciti
ad uscire dall’accademia, di questo era sicurissimo; avevano
ricordato la loro promessa, avevano visto come il mondo, lì
fuori, era cambiato.
E
allora perché sono di nuovo qui dentro?
Si
sforzò di ricordare ancora… ma non ci
riuscì. Sembrava che i suoi ricordi si fermassero a quei
pochi passi oltre la soglia della Kibougamine.
Che
Enoshima ci abbia fatto qualcosa? Un gas di qualche tipo?
Eliminò
subito quella possibilità dalla lista delle ipotesi
plausibili, semplicemente perché non era nello stile di
Junko Enoshima. E poi, quando la porta dell’accademia si era
finalmente aperta, lei era già morta.
Decise
infine che rimanere imbambolato in corridoio non avrebbe portato a
nulla, così fece l’unica cosa sensata al momento:
dirigersi in palestra.
È
lì che tutto è cominciato. E se ho ragione,
è lì che tutto sta per ricominciare.
“Togami,
tu non hai nulla da dire?”
“Lascialo
perdere, se quello apre bocca è solo per sputare veleno su
di noi! Meglio che stia zitto!”
Alzando
gli occhi al cielo, Togami si sforzò di tenere a freno la
lingua. Non era proprio il momento di mettersi a litigare con Oowada e
Maizono, né con tutti gli altri.
Si
stupì non poco di questo pensiero, anche se ovviamente
mantenne la sua faccia stoica.
Aveva
appena pensato che non era il caso di litigare con qualcuno. Non era
cosa che gli capitava frequentemente, e mai come primo pensiero che gli
balenasse in testa.
"Cosa
devo dire? Siamo appena stati messi di fronte a un gioco al massacro,
in cui solo chi è furbo e abile abbastanza può
sperare di riuscire" commentò con noncuranza.
Per
il momento meglio non dire nulla del fatto che io... so tutto.
Sì,
io so tutto.
Conosco
l'ordine degli omicidi e conosco i loro colpevoli. So che la tizia dai
lunghi capelli rosa, qualche passo avanti a me, non è Junko
Enoshima ma sua sorella Mukuro Ikusaba. So che Sakura Oogami
è sotto ricatto. So che a tutti noi sono stati sottratti due
anni della nostra vita.
Tutto.
Alla perfezione.
Ci
impiegò tre secondi cronometrati a capire una cosa di
fondamentale importanza: qualunque sua mossa che differisse da
ciò che ricordava avrebbe finito, invariabilmente, col
cambiare lo scenario. Rischiava di trovarsi di fronte a degli
imprevisti, a delle variabili diverse, a delle schegge impazzite.
Da
buon uomo d'affari inorridì all'idea. Se hai un progetto e
sai che funzionerà perché hai pianificato
perfettamente il breve termine, perché andare a toccare
qualcosa che va benissimo così com'è?
Tanto
a lui cosa interessava, onestamente? Sapeva che sarebbe uscito vivo di
lì. Lui e gli altri cinque.
Al
diavolo gli altri. Sono stati deboli una volta, lo saranno di nuovo.
Non
cambiò il suo comportamento di una sola virgola.
Andò tutto esattamente come lo conosceva.
Leon
Kuwata, in un eccesso di autodifesa, uccise Sayaka Maizono.
Mondo
Oowada, in un raptus di cieca ira, colpì a morte Chihiro
Fujisaki.
Celestia
Ludenberg e Hifumi Yamada escogitarono un piano malefico per incastrare
Yasuhiro Hagakure per l'omicidio di Kiyotaka Ishimaru, salvo che poi
lei tradì il suo complice e lo ammazzò.
Sakura
Oogami si suicidò col veleno.
Tutto
esattamente identico.
Tutto
a posto, si disse soddisfatto, mentre Naegi e Kirigiri aprivano il
portellone che sprangava l'accesso dell'accademia.
Tutto
come doveva andare. Questo strano scherzo è durato sin
troppo.
Ora
posso tornarmene fuori e...
Non
hai capito niente, Byakuya-chan.
Furono
queste le fastidiose parole che ridestarono Togami dal suo sonno
innaturale. Nella stessa aula della Kibougamine.
Impossibile!
Senza
pensarci due volte si fiondò fuori dall’aula e si
diresse di nuovo verso la palestra.
E
quando entrò, si ritrovò di
nuovo
quattordici facce che lo fissavano stupite.
Non
ci credo!
Riacquistò
velocemente contegno, ma pensare lucidamente gli riusciva difficile.
Perché
era ricominciato tutto daccapo per la seconda volta? Aveva fatto
attenzione a non interferire negli eventi, lasciando che tutto andasse
come previsto. E di nuovo era arrivato vivo alla fine insieme a Naegi,
Kirigiri, Asahina, Hagakure e Fukawa… cos’era
andato storto?
Forse
è proprio questo il punto, Byakuya-chan.
E
di chi diamine è questa voce fastidiosa che osa rivolgersi a
me con tanta confidenza?
Tuttavia
la voce aveva sollevato una questione interessante: che il suo non aver
cambiato il corso degli eventi avesse causato il ripetersi di tutto.
Che
sia questa la motivazione? E cosa dovrei fare, quindi? Cambiare le cose?
Si
guardò attorno, studiando i volti conosciuti dei suoi
compagni di sventura.
Dovrei…
salvarli tutti?
Impossibile,
si disse.
Non
aveva la garanzia di poter salvare tutti quanti, né che
salvando uno di loro non morisse qualcun’altro dei primi
superstiti, per esempio. Come Naegi, o Kirigiri - perdite che, per
uscire di lì, non poteva permettersi. O che addirittura
morisse lui stesso.
Non
sono così idealista da credere che una cosa del genere sia
fattibile.
Si
sistemò gli occhiali sul naso.
Io
non sono Naegi.
Si
guardò ancora attorno, mentre Monokuma ancora una volta
abbaiava le sue stupide regole.
Quindi
ti arrendi, Byakuya-chan? Li lasci morire tutti senza batter ciglio?
Ringhiò,
maledicendo mentalmente quella voce irritante.
Se
davvero doveva cambiare le cose per riuscire a interrompere quel loop,
forse salvarli tutti era la chiave.
Forse,
si disse, poteva tentare.
Quando
si risvegliò di nuovo nell’aula prese a pugni il
banco, mandando al diavolo le buone maniere.
Aveva
provato a cambiare le cose.
Aveva
provato a salvarli tutti.
Aveva
fallito.
Maledizione!
Era
riuscito a salvare Maizono e Kuwata, e persino la falsa Junko Enoshima.
Per
un po’ erano riusciti a sopravvivere e a non uccidersi tra di
loro… finché Monokuma non si era stancato. E
all’alba del settimo giorno aveva fatto trovare loro i
cadaveri di Maizono ed Enoshima.
Da
lì all’escalation il passo era stato breve.
Fujisaki
morì per mano di Celestia, che aveva visto in lui la vittima
ideale e più facile da uccidere; durante il processo si era
scoperta la complicità di Yamada - non esattamente una
sorpresa, e Celes venne condannata. Quella stessa notte il corpulento
otaku venne ucciso da Oowada per vendicare Chihiro; non ci fu bisogno
di un processo perché confessò tutto, e
accettò la sua esecuzione senza fiatare.
Poco
a poco caddero tutti, chi per mano di Monokuma, chi nel tentativo di
salvarsi - perché
credevano ancora all’utopia di poter uscire da lì
seguendo le regole di Enoshima, quegli stupidi!
Persino
Naegi, alla fine, era morto.
Non
era riuscito a fare nulla per salvarlo, anche se lui e Kirigiri avevano
voluto credere alla storia del loop.
Perché
le cose erano andate diversamente, e non c’era stato Alter
Ego a salvare Naegi dalla sua esecuzione.
E
questo, Kirigiri non era riuscita a perdonarglielo.
Se
la ricordava, la faccia di lei, mentre lo squadrava malissimo. Erano in
caffetteria, lui seduto comodo e apparentemente imperturbabile e lei
che si avvicinava alla sua posizione a grandi falcate.
Com'era
facile da prevedere non stava urlando, né dando spettacolo
in alcun modo.
Ma
quella faccia...
Gli
aveva fatto seriamente paura. Era la faccia di qualcuno pronto a
uccidere.
L'aveva
vista più di una volta, in passato. Sui volti di un po'
tutti loro, a ripetizione. Un po' l'uno e un po' l'altro, in un
simpatico gioco a chi sfoderava il peggior sorriso da serial killer.
Dovette ammettere a se stesso che Hagakure, al contrario di qualunque
possibile previsione, era molto bravo in questo.
Lo
voleva morto, era evidente.
Erano
rimasti solo loro due. Il gioco di Monokuma era andato fin troppo a
gonfie vele e ormai ogni regola su processi e pinzillacchere del genere
era saltata come una miccetta.
"Togami!
Io e Naegi abbiamo dato credito alla tua fantasticheria del loop, del
fatto che ripeteresti le stesse esperienze in continuazione... e questo
è il risultato? Un massacro? La morte... di Naegi?"
sibilò, la stessa gioia di vivere di una mantide religiosa
se potesse parlare.
Lui,
per non venir meno alla sua immagine di uomo che non deve chiedere mai,
non mosse un muscolo. Si concesse solo una stilla di sudore,
pressoché invisibile. La guardò sprezzante e le
rispose: "Kirigiri, quel che ti ho detto è vero. Tutto vero.
Io ho vissuto tutto questo, la scuola, Monokuma, gli omicidi...
più di una volta. Non mi aspettavo che la tua mente non
fosse in grado di afferrare un concetto in fondo così
banale".
"Banale?
Mi staresti accusando di essere tarda? Oltre al danno la beffa?".
"Perché
ti scaldi tanto? Naegi è un... caso particolare per te?".
"I
fatti miei non ti riguardano".
Gli
arrivò davanti. Solo che, invece di prenderlo per la
collottola come lui si aspettava, gli strinse le mani alla gola.
Sapevo
che eri arrabbiata, ma non credevo così tanto.
"Tu...
tu...".
Era
inopinatamente tranquillo, Togami. Il suo intuito da affarista gli
diceva che quello non sarebbe stato altro che un contrattempo. Avrebbe
riso di fronte all'ironia della cosa: una persona ti sta strozzando e
tu non reagisci perché sei intimamente convinto che il tutto
si risolverà in una bolla di sapone.
Convinzione
confermata dal suo risveglio sul banco.
Solo
in quel momento buttò fuori la frustrazione del fallimento.
Non
capiva. Non capiva perché continuava a ripetere. Continuava
a ritrovarsi lì, nella stessa sudicia classe. All'inizio di
quella tortura.
E
dire che ho scelto te, Byakuya-chan, perché a parte i due
Supermen ti credevo il più sveglio del lotto. Mi stai
deludendo, lo sai?
E
questa malnata voce. A chi appartiene, si può sapere?
La
mia identità non è importante. Quel che conta
è che tu impari la tua lezione. E finora sei stato un alunno
a dir poco ottuso.
Adesso
basta, sgorbio. Pretendo che tu mi dica chi sei e cosa vuoi da me.
Te
l'ho già detto, chi sono non conta nulla. E per quanto
riguarda cosa voglio... beh, se ti dico tutto non c'è
più divertimento. Rifletti Byakuya-chan, rifletti per bene.
Uno stupido non avrebbe fatto fuori decine di fratellastri e
sorellastre per diventare l'erede Togami, suvvia. Metti in piazza un
po' di ingegno e di materia grigia, sappiamo tutti e due che sei
fornito di entrambi in abbondanza.
La
butti sull'orgoglio personale, tizio invisibile? E sia.
Il
fato o chi per lui, però, sembrava essere sempre un passo
avanti.
Aveva
perso così tanto tempo a decidere come comportarsi stavolta
che non era riuscito a impedire la morte di Sayaka Maizono.
L’avevano
trovata nel bagno della camera di Naegi, come la prima volta.
Maledizione...
Quando
aveva deciso di non intervenire e lasciare che le cose si svolgessero
come previsto, il loop era ricominciato.
Quando
aveva cercato di cambiare il corso degli eventi, il tutto si era
concluso in una strage, suo omicidio compreso. E tutto era ricominciato
un’altra volta.
Rifletti
Byakuya. Cosa ti sfugge?
Di
quando in quando qualcuno lo apostrofava in malo modo - Oowada il
più delle volte, altre invece era Ishimaru che
fastidiosamente gli ricordava che rimanere in disparte senza
contribuire alla risoluzione dell’omicidio di Maizono era
immorale e inumano. Ancora una volta si trattenne dal rispondere a tono
o urlare a tutti che il colpevole era Kuwata - non gli avrebbe creduto
nessuno sul momento, e lui non poteva rischiare altri passi falsi.
Continuò
a ignorare Ishimaru e tornò alle sue riflessioni.
Dove
ho sbagliato?
Ammettere
di aver commesso un errore era per lui uno smacco incredibile, ma
dovette ingoiare il rospo e accettarlo: era chiaro come il sole che
entrambe le volte le cose erano andate male a causa di una sua scelta,
attiva o passiva che fosse; il suo istinto continuava a dirgli che
cambiare gli eventi era la chiave di tutto, nonostante
l’esito disastroso della scorsa volta lo facesse dubitare
parecchio di quell’idea.
D’altro
canto non ho molte alternative a disposizione.
Era
talmente concentrato che quasi non si accorse di Enoshima/Mukuro che
inveiva contro Monokuma.
Era
stato un attimo.
No!
Troppo
tardi.
Si
ritrovò a guardare il corpo di Mukuro Ikusaba trafitto dalle
lance.
E
adesso?
Lasciare
che le cose si svolgessero allo stesso modo o provare comunque a
salvare gli altri dodici? Ne valeva la pena?
Che
pensiero disumano, Byakuya-chan.
Sta
zitta!
Proprio
non vuoi capire, eh?
Scosse
la testa come a voler scacciare un pensiero fastidioso, ma la voce non
lo lasciò in pace.
Questo
tuo egoismo ti ha già portato alla morte per mano di
Kirigiri. Quante volte pensi di farti uccidere - o di lasciar morire i
tuoi amici, prima di venire a patti con te stesso?
Non
sono miei amici.
...come
preferisci, Byakuya-chan.
Al
diavolo quella pazza di Enoshima, al diavolo la voce.
Avrebbe
provato a salvare i superstiti, a costo di impazzire.
Adesso
era davvero
una
questione personale.
Byakuya
Togami non si fa prendere per il culo da nessuno, tantomeno da una voce
incorporea che si permette di chiamarlo "Byakuya-chan". Avrebbe ucciso
per molto meno.
Al
processo prese inaspettatamente il centro del palcoscenico per
sé, non appena Naegi finì di spiegare come lui e
Maizono si fossero scambiati di stanza: tirò fuori la storia
del coltello e chi lo aveva preso, fece confermare a uno stupefatto
Naegi la questione della serratura della sua doccia, rivelò
istantaneamente il significato del messaggio che Sayaka aveva lasciato
sul muro del bagno, spiegò senza fatica la sfera di
cristallo rotta nella sala dell'inceneritore.
La
condanna di Leon Kuwata arrivò in un lampo.
Non
mancò di notare una perplessa Kirigiri che lo guardava di
sbieco. La sua faccia era l'usuale maschera di cera, ma lui aveva
capito subito che lei si era terribilmente insospettita da questo
sfoggio.
Prima
o poi gli avrebbe chiesto spiegazioni in merito, probabilmente
spalleggiata dal suo fido scudiero. E a lui stava bene.
È
vero che, l'ultima volta, rivelare il suo piccolo problema personale
aveva portato a conseguenze disastrose, ma razionalizzò che
questo era stato dovuto al fatto che si era scoperto troppo tardi.
Lì invece aveva intenzione, non appena avessero avuto
accesso a un posto senza telecamere -sia resa grazia allo stupido
pudore di Enoshima- di spifferare tutto al duetto delle meraviglie.
Non
sapeva se fosse una mossa saggia, né che tipo di conseguenze
avrebbe portato. Ma l'immobilismo totale non era la soluzione,
così come non lo era il supereroismo senza talento.
Aveva
bisogno di una giusta via di mezzo. E di poter far affidamento su
qualcuno che, questo ormai lo riconosceva senza eccessive remore,
avrebbe sicuramente fatto fruttare al meglio quelle informazioni.
Per
quanto fosse Byakuya Togami, il meglio del meglio del meglio con lode,
neanche lui poteva farcela da solo. Le ultime due debacle lo
dimostravano dolorosamente.
Le
sue previsioni vennero pienamente confermate.
Non
appena si liberò l'accesso al bagno, Kirigiri lo
convocò d'urgenza lì.
Come
aveva predetto la trovò in piedi, accanto all'ingresso. Al
suo fianco il fido Naegi che, tanto per cambiare, tradiva uno
spaesamento disarmante e non mancava di rimbalzare il proprio sguardo
fra gli altri due.
"Kirigiri"
esordì, piuttosto freddo "a cosa devo il dispiacere di
questa chiamata?".
“Non
fingere di non sapere, Togami” rispose lei, pacata
“sai perché ti ho convocato. Hai dimostrato di
essere a conoscenza di troppe cose, oggi.”
Naegi non proferì parola, ma si limitò ad
osservarlo perplesso.
Togami
sorrise, un ghigno soddisfatto.
Come
previsto.
“In
effetti sono molto… informato” rispose, mentre
sorpassava i due per poi sedersi su una panca dello spogliatoio,
“e se ti conosco so che mi hai chiamato qui proprio per
questo motivo.”
Kirigiri sgranò gli occhi, un movimento appena percettibile,
ma che Togami colse subito.
“Hai
capito bene, Kirigiri: ti conosco. Come conosco te, Naegi, e conosco
Hagakure, Fukawa e tutti gli altri disgraziati rinchiusi qui. So molte
cose di cui voi siete ancora all’oscuro.”
“Togami-san,
cosa—” esordì Naegi, ma venne interrotto
da Kirigiri che, con un cenno della mano, gli intimò di
tacere.
“Sarebbe
il caso di condividere queste tue informazioni con noi, soprattutto se
possono essere utili alla risoluzione del nostro problema”
disse lei, sempre con quel tono tranquillo che quasi rasentava
l’apatia.
Togami
sorrise di nuovo, poi rispose: “Sì, direi che
è il caso che vi renda partecipi di ciò che
so.”
A
giudicare dalle loro espressioni, la sua reazione li aveva
evidentemente presi in contropiede, cosa che non mancò di
divertirlo - anche se non lo diede a vedere.
Così
raccontò loro tutto: i segreti della Kibougamine, la loro
prigionia, gli omicidi, il suo continuo rivivere
quell’incubo. Non tralasciò nulla. Dopo un
iniziale scetticismo Kirigiri e Naegi si mostrarono propensi a
credergli, benché quest’ultimo sembrasse piuttosto
sconvolto. Non che potesse dargli torto.
Quando
finì il suo racconto i due ragazzi accettarono di
collaborare con lui, convenendo che fosse la scelta migliore.
“Bene,
se non c’è altro direi che mi ritirerò
in camera” concluse, dirigendosi verso la porta dello
spogliatoio.
“Aspetta
un momento, Togami.”
Aveva
già la mano sulla maniglia quando Kirigiri lo
fermò. Non rispose, ma si limitò a voltarsi verso
di lei.
“Tra
le cose che ci hai raccontato” proseguì la
ragazza, “c’è il fatto che hai aspettato
a parlarci perché sapevi che, dopo ogni processo, una nuova
area dell’accademia diventava accessibile - e in particolare
avremmo avuto accesso al bagno, che sapevi essere privo di telecamere.
È corretto?”
Togami
annuì.
“Se
le cose stanno così, allora significa che hai volutamente
lasciato morire Kuwata.”
Sgranò
gli occhi, colpito da quell’accusa - anche se non ne capiva
il motivo.
Naegi
lo guardò con quegli occhioni da cucciolo che non riusciva a
sopportare, così sinceri e pieni di speranza - concetti a
lui ormai estranei.
“To…
Togami-san, è vero?” chiese. “Non puoi
averlo fatto, dì’ a Kirigiri-san che si
sbaglia!”
Tutta
l’ingenuità contenuta in quella frase
riuscì ad irritarlo.
“Era
una pedina sacrificabile” rispose, mentre apriva la porta.
“Non si vince una guerra senza mettere in conto delle
perdite.”
“Una
pedina sacrificabile…” gli fece eco Kirigiri.
“Probabilmente è per questo che hai
fallito.”
“Cosa
vuoi saperne, tu?”
“Ti
rifiuti di capire, a quanto vedo.”
Come
osi… borbottò
mentalmente, ritrovando in quella frase cenni della voce fastidiosa.
Infuriato,
sbatté la porta del bagno alle sue spalle e si diresse verso
la sua stanza.
Non
ne capiva il motivo, ma quell’accusa nei suoi confronti lo
irritava maledettamente.
Eppure
sapeva che non aveva speranze di uscire vivo da lì senza
preventivare altre vittime.
Non
siamo tutti idealisti come te, Naegi.
Fece
una piccola smorfia mentre pensava che, dall'inizio di questa folle
avventura, era già la seconda volta che si paragonava a
Naegi. Tutto da solo fra l'altro, senza il minimo bisogno di
istigazione esterna.
Entrambe
le volte lo aveva fatto per negare che si assomigliassero, ma la cosa
era comunque bizzarra.
Va
beh, non ho tempo da perdere con 'ste stupidaggini.
Giunse
in camera propria e si sdraiò sul letto, più
stanco di quanto avrebbe voluto. La situazione stava cominciando a
pesare su di lui psicologicamente, sebbene facesse di tutto per
smentirlo in primis a se stesso. Il "semplice" processo della Scuola
delle Uccisioni avrebbe messo a dura prova chiunque, figurati il
riviverlo una seconda e una terza e una quarta volta.
Gettò
un'occhiata veloce alla telecamera che svettava sulla sua testa.
Trattenne a stento l'impulso di puntarci un dito contro e urlare: "So
che sei tu, Enoshima, e prima o poi la faccio rotolare per terra quella
tua testa coi boccoli rosa". Sarebbe stato un suicidio in piena regola.
Chiuse
gli occhi. Voleva riposare un po', anche se era solo metà
pomeriggio. Di che giorno? Non ricordava, stava pian piano perdendo la
cognizione del tempo a furia di rivivere le stesse giornate.
"Upupupupupupupupupu...
sei un soggetto interessante, Togami".
Uh?
Cosa? Mi metto anche a sognarlo adesso, quell'odioso orso?
"Apri
gli occhi, su. Non ho tutto il pomeriggio da dedicarti. Anche se, devo
ammetterlo, hai stuzzicato la mia curiosità con la tua
piccola scenata da Rambo del Kansai...".
Schizzò
in piedi, pur rimanendo sul letto.
Si
girò alla sua destra.
Monokuma
lo osservava con sguardo interrogativo.
...
...
...
Sto
impazzendo, è evidente. O forse, più
semplicemente, quel che ho immaginato di volerle dire... gliel'ho detto
davvero.
“Upupupupupu!
Sentiamo Togami, cosa ti fa pensare che dietro tutto questo ci sia la
defunta Enoshima?”
Si
trovò con le spalle al muro. Rivelare tutto a Kirigiri e
Naegi gli garantiva qualche probabilità di salvezza, ma dire
ad Enoshima che sapeva tutto del suo folle piano… era un
suicidio. Junko Enoshima non era certo il tipo di criminale che va in
preda al panico se qualcuno la smaschera, anzi! Ricordava fin troppo
bene il sorriso a trentadue denti con il quale aveva accettato la sua
esecuzione. Ma in quel caso era stato fatto un processo ed erano sei
contro uno; ora invece si trovava solo con lo stupido orso meccanico, e
nulla impediva a quella pazza di ucciderlo all’istante e far
ricadere la colpa su uno studente a caso.
“Allora,
Togami-kun? Upupupupupu?”
Quello
stupido verso irritante…
“Diciamo
che ho… molte informazioni” tergiversò,
cercando di guadagnare tempo e pensare in fretta a come uscire da
quella situazione.
“E
quali sarebbero queste informazioni?” trillò
Monokuma, avvicinandosi a lui.
“Che
stratega sarei se te le rivelassi?” rispose, sfoggiando un
sorriso strafottente. “Ti basti sapere che so che ci sei tu
dietro tutto questo, Enoshima. E che riuscirò a
smascherarti.”
Monokuma
non rispose, ma rimase in silenzio qualche secondo; evidentemente anche
Enoshima si era presa tempo per pensare ad una contromossa. Poi
l’orso meccanico riprese a muoversi e fece qualche piroetta,
per poi fermarsi davanti a Togami.
“E
sia, upupupupupu!” annuì, facendo lampeggiare
l’occhio rosso. “Se vuoi giocare accetto la sfida,
Togami-kun! Ma lascia che ti dia un suggerimento,
upupupupu…”
“Sarebbe?”
“Fai molta, molta attenzione ai tuoi compagni, da ora in
poi” lo minacciò, “più del
solito, upupupupu! Che non scorra buon sangue tra te e loro
è cosa nota, ma qualcuno potrebbe… avere nuovi
motivi per farti fuori, upupupupu!”
“Cosa
intendi?” chiese Togami, ora seriamente inquieto.
“Oh,
chi lo sa! Magari qualcuno
potrebbe
spifferargli qualcosa sul tuo conto per far scattare la scintilla,
upupupu!”
“Sarebbero
fandonie.”
“E
chi ha detto che dev’essere la verità,
upupupu?”
Detto
questo, Monokuma sparì nel nulla.
Togami
rimase solo a rimuginare sulla sua situazione.
Adesso
avrebbe dovuto persino guardarsi le spalle da… praticamente
chiunque dentro l’accademia, per colpa di Enoshima.
No,
non era colpa di Enoshima. Non nello specifico di questa cosa, almeno.
Capiamoci,
tutto questa pagliacciata senza senso è indubbiamente colpa
sua. Non sono di certo io quello ossessionato dalla disperazione,
capace e desideroso di mettere in piedi un simile colpo da teatro solo
per soddisfare i propri perversi desideri.
Ma
di questo la colpa è solo mia. Mia è stata la
lingua che si è lasciata sfuggire nozioni compromettenti, a
questo punto del gioco.
Oh
beh, ormai la frittata è fatta. Adesso non posso proprio
permettermi di star qui a disquisire su chi ha la colpa di cosa. Non
è il momento.
Chissà,
Byakuya-chan. Potrebbe essere l'occasione che ti serviva per fare
finalmente un passo in avanti sul tuo percorso di maturazione.
Ecco,
mi sembra giusto. Prima Enoshima, con quel suo verso che se potessi
glielo farei ingoiare, e poi il mio stalker mentale personale.
"Cosa
intendi, intruso?" disse ad alta voce. Non aveva nessuna voglia di
giocare a quello che sostiene una discussione nella sua testa. E poi,
dopo quello che aveva già combinato, che quella pazza lo
vedesse pure parlare da solo. Peggio di così era difficile.
Intendo
dire che adesso sei con le spalle al muro. E forse è proprio
da questa scomoda posizione che devi imparare a muoverti, non sempre
dalla cima della collinetta che ti dà una visione perfetta
del campo di battaglia e delle forze in gioco.
Ti
metti a fare il tattico guerrafondaio, eh?
“Non
è posizione che mi compete, lo sai”.
Non
è questione di competenza. È questione che,
volente o nolente, lì ora sei. E potresti dover imparare a
uscirne.
"E
se non volessi?".
Libero
di fare come vuoi. Ma ricorda, non sempre hai le vite infinite come in
un videogioco.
"Non
perdo tempo con quegli svaghi da plebeo".
Lo
vedo. Sei terribilmente ingenuo, in queste cose.
"Come...
come ti permetti? E chi diavolo sei, si può sapere?". Si
lasciò un po' andare e alzò la voce, provato dal
susseguirsi degli eventi.
Bye
bye, Byakuya-chan. Ci risentiremo presto, non temere.
Mezz'ora
dopo erano tutti e dodici in palestra, convocati dal loro delizioso
preside fatto di microchip.
"Bene,
piccoli bastardi. Vi ho fatti venire qui perché ho un
annuncio per tutti voi" canticchiò fuori tempo mentre
roteava su se stesso, inusualmente lieto.
Byakuya
percepì subito che era qualcosa inerente il loro precedente
discorso. Si preparò mentalmente all'impatto.
"Dovete
sapere che uno di voi è una mia spia. Già
già, ce l'ho a libro paga... anche se non lo pago. Ma lavora
per me. È il mio servo. Il mio lacchè. Quello che
mi porta il caffè a letto. Quello a cui chiedo, ottenendole,
prestazioni XXX che diavolo, mi fanno sudare tutta la pelliccia solo a
ripensarci".
Enoshima...
sei disgustosa.
Naturalmente
l'annuncio fece scalpore fra i presenti, che presero a guardarsi
spaventati. Bastò una zampa alzata dell'animaletto e poche
parole per farli fermare: "Potete anche smetterla di adocchiarvi
sinistramente, non serve. Sono qui, difatti, per rivelarvi la sua
identità".
Tutti
si zittirono e seguirono con lo sguardo mentre Monokuma indicava
Byakuya Togami.
"Ecco
la vostra spia, servita su un piatto d'argento".
Co-cosa?
I
suoi compagni lo guardarono sconvolti, alcuni troppo increduli per
parlare, altri pronti a saltargli al collo alla prima occasione.
“Io
lo dicevo che non c’era da fidarsi di quel
quattrocchi!” tuonò Oowada, pronto a dargliele di
santa ragione.
Asahina
e Fujisaki lo guardavano con sguardo da cerbiatti terrorizzati, mentre
Fukawa strillava: “No! Non può essere! Non il mio
Byakuya-sama!”
Maledetta
Enoshima…
Un
po’ in disparte, Oogami lo osservava in silenzio, piuttosto
sorpresa e al contempo allarmata: la vera spia di Enoshima era lei, e
ovviamente un cambio di programma del genere doveva averla presa in
contropiede lasciandola interdetta sul da farsi.
“Togami-san,
è vero…?” chiese Naegi, sospettoso.
Kami,
smettila di guardarmi con quegli occhi speranzosi…
“Trovi
più credibile me o quello stupido orso meccanico,
Naegi?” rispose Togami, stizzito; Naegi non rispose, ma
sembrava piuttosto convinto della sua innocenza.
Kirigiri
invece non disse una parola, ma si limitò ad osservarlo e
studiarlo con la sua solita maschera impassibile.
Togami
si guardò attorno, sforzandosi di rimanere calmo.
Una
mossa qualunque poteva costargli la vita.
“Quindi
mi confermi che non sei tu la spia.”
“Ovvio
che non sono io! Quella maledetta di Enoshima si sta solo
vendicando.”
Kirigiri
osservò in silenzio Togami che, in preda alla rabbia,
camminava su e giù dentro il piccolo spogliatoio. Era
stupefacente come Enoshima non sospettasse il vero uso di quella stanza
senza telecamere… o forse lo aveva sempre sospettato,
fregandosene totalmente. Cosa molto, molto plausibile.
“Certo
non è stata una grande idea accusarla sapendo di poter
essere visto dalle telecamere…” intervenne Naegi,
irritando Togami ancora di più.
“Ma
non mi dire, Naegi!”
“Adesso
calmatevi entrambi” li zittì Kirigiri,
“ormai il danno è fatto. Ora dobbiamo solo pensare
al da farsi, chiunque adesso è un potenziale
assassino.”
“Qual
è la tua idea, Kirigiri, farmi da bodyguard
ventiquattr’ore al giorno?”
“Non
sarebbe una buona idea, poi mi crederebbero tua complice.”
Quella
velata frecciatina non mancò di infastidire Togami, che
comunque non lo diede a vedere.
“E
allora sentiamo, cosa suggerisci?”
Il fastidio di Togami crebbe esponenzialmente vedendola portarsi la
mano al mento, strusciarlo un po’ come a darsi
un’aria sofisticata e poi rispondergli: “Al momento
niente. La situazione è troppo complessa e delicata e
qualunque mossa sarebbe pericolosa”.
Quindi la roboante risposta di Kyouko Holmes era non
fare nulla e aspetta che qualcuno ti sfasci un oggetto grosso e pesante
sulla testa.
Cioè, sapeva che non intendeva esattamente dire
così ma il risultato finale non sarebbe stato diverso, se
davvero era questo il piano d’azione che portava sul tavolo.
Già
l’incredibile ingenuità di Naegi lo aveva spinto
verso il limite del proprio autocontrollo, che mai come in quel momento
rischiava di sfuggirgli. Quando arrivò l’arguto
suggerimento di Kirigiri avvenne l’impensabile: Byakuya
Togami esplose.
“Ma
dici sul serio o stai cercando di guadagnarti un posto come
cabarettista fallita? Mi stai praticamente chiedendo di lasciarmi
ammazzare dal primo di quei barboni! Non succederà Kirigiri,
fossi costretto ad andare fuori adesso e tirare il collo a tutti
loro!” urlò, fuori di sé.
Gli
altri due furono sinceramente stupiti da questa perdita di flemma. Da
che lo conoscevano Togami non aveva mai, mai lasciato cadere la sua
aura di superiorità per scendere al livello della gente
comune che si permetteva comportamenti non consoni come, orrore,
l’alzare la voce.
Ma
bene, adesso mi metto pure a dare spettacolo. È
che… diamine, tutto questo sta seriamente cominciando a
pesarmi…
Io
lo vedo come uno sviluppo positivo, Byakuya-chan.
“Ti
pare questo il momento adatto per venire a farmi la
paternale?” commentò ad alta voce, alzando gli
occhi al cielo e attirandosi ulteriori sguardi perplessi da parte dei
suoi due compagni.
“Togami-san…
tutto bene? Con chi stai parlando?” chiese Naegi con un filo
di voce.
Byakuya
recuperò l’aplomb che aveva così
disgraziatamente smarrito pochi istanti prima, si sistemò
meglio gli occhiali che rischiavano di scivolargli via dal naso e
disse: “Questo è un particolare di cui non vi
avevo fatto parola, ma a quanto pare ho una voce in testa che mi
perseguita e vorrebbe farmi da cicerone verso non so quale traguardo.
Evitate di guardarmi come se fossi ammattito, non ho bisogno della
vostra pietà”.
“Io
ti credo. Stranezza più, stranezza
meno…” commentò Kirigiri, onesta.
Adesso
stammi bene a sentire, coso: il momento è difficile, te ne
sarai accorto pur con le tue limitate facoltà. Non ho
bisogno anche del sussurro mentale, quindi sei gentilmente pregato di
levare le tende e, se proprio devi, ripresentarti in un momento
più tranquillo. Sono stato chiaro?
Accipigna
Byakuya-chan, sai essere terrorizzante. Te l’ha mai detto
nessuno?
Evapora.
Signorsì.
A poi, caro mio.
“Torniamo
a noi” fece poi, rivolgendosi a Kirigiri “e al tuo
sbilenco piano. O meglio, all’assenza pure di uno sbilenco
piano”.
La
ragazza lo fissò negli occhi e, lui avrebbe potuto giurarlo,
quello era… uno sguardo di sfida. Lo stava sfidando a
dubitare delle sue capacità e del suo giudizio.
“Credo sia la cosa migliore che tu possa fare al momento,
Togami”.
“Farmi
ammazzare? Ma che idea geniale, Kirigiri. Mi aspettavo qualcosa di
meglio dalla Super Detective…”.
Naegi,
al sentire il ruolo o presunto tale di Kyouko, sbiancò. La
diretta interessata, invece, non tradì la benché
minima emozione. Ma lui sapeva di aver toccato un nervo scoperto, anche
se il citare quel particolare era stato del tutto involontario.
Discussero ancora un po’, muro contro muro: Kirigiri
sosteneva come quella fosse la strada migliore che potessero battere
quantomeno nel breve termine; Togami al contrario continuava a ripetere
che non ci stava perché ci vedeva solo
dell’intento suicida.
“Se
serve prenditi del tempo per rifletterci meglio, ma sul
serio… non puoi chiedermi di rimanere con le mani in
mano!” ribadì lui per l’ennesima volta,
di nuovo alterato.
“E
io ti ripeto che…”.
Vennero
interrotti da un arrivo inaspettato.
Sakura
Oogami entrò con estrema calma nello spogliatoio,
squadrò i presenti e dichiarò con una strana
fierezza: “Quello che ha detto Monokuma è
completamente falso: sono io la sua spia, non Togami”.
Byakuya
si concesse un minuscolo sorriso. Finalmente qualcosa che andava come
doveva.
“O-Oogami-san…?”
balbettò Naegi, mostrandosi ancora una volta sconcertato
dalla scoperta. L’ingenuità di quel ragazzo era
sconfinata, così come la sua fiducia nel genere umano.
Kirigiri invece non si scompose, ma accolse la notizia con la solita
compostezza.
“Monokuma
mi ha letteralmente obbligata” proseguì Sakura,
quasi a volersi giustificare per quella situazione. “Ha preso
in ostaggio la mia famiglia e i membri del mio dojo, non avevo
scelta… e mi ha imposto di uccidere qualcuno nel caso le
cose fossero rimaste in una fase di stallo” disse tutto
d’un fiato.
“Ma
le cose sono andate come ben sappiamo, e non è stato
necessario il tuo intervento” annuì Kirigiri.
Naegi
si avvicinò timidamente a Sakura, e chiese:
“Oogami-san, posso chiederti come mai hai deciso di venire a
confessare tutto?”
“Perché nonostante tutto Togami non merita il
linciaggio a causa delle macchinazioni di Monokuma”.
Byakuya
fece una smorfia, cogliendo in quella frase un velatissimo, seppur
educato rimarco al suo carattere non esattamente solare e socievole.
“Beh,
non so come questo possa impedirmi di venire
ammazzato…” borbottò, credendo di non
essere udito, ma Sakura lo smentì: “Posso
guardarti le spalle nei momenti in cui non sei in camera, ho idea che
in pochi avranno il coraggio di avvicinarsi a te finché ci
sarò io nei paraggi. E inoltre”
proseguì “ho già parlato con Asahina.
Non sa del mio tradimento… ancora, ma si è fidata
di me quando le ho detto che eri innocente. Se parlerà con
Fujisaki saranno già due persone in meno di cui
preoccuparsi.”
Togami
si ritrovò spiazzato di fronte alla proposta di Sakura: la
ragazza gli stava dicendo che l’avrebbe letteralmente
protetto dal suo ipotetico assassino, nonostante non avesse alcun
obbligo nei suoi riguardi.
Il
ragazzo non rispose, ma si limitò a distogliere lo sguardo e
annuire.
Gli
altri tre sorrisero, consci del fatto che per uno come Byakuya Togami
quello equivaleva a un grazie
detto col cuore.
Finalmente
cominci a scioglierti, Byakuya-chan?
...taci.
Per
i successivi due giorni la situazione sembrò sotto controllo
e, tutto sommato, tranquilla.
Come
Sakura aveva previsto, Asahina e Fujisaki si comportarono normalmente
nei confronti di Byakuya, idem Fukawa, che aveva urlato ai presenti il
suo amore per “Byakuya-sama” e che nessuno doveva
osare torcergli un capello; al contrario, gli altri lo guardavano con
sospetto e sembravano attendere il momento migliore per prendere il
ragazzo di sorpresa. Nessuno comunque osò avvicinarsi,
temendo una qualsiasi reazione da parte di Sakura che, come promesso,
era diventata l’ombra di Togami nei corridoi della
Kibougamine. Durante le ore notturne Kirigiri e Naegi avevano deciso di
alternarsi nel lasciare la porta della propria camera aperta e
intervenire in caso di rumori sospetti. Togami si era interrogato
più volte sul motivo delle loro azioni: agendo in quel modo
rischiavano la loro stessa vita. Era un concetto a lui assolutamente
oscuro.
Ma
nonostante lo spiegamento di forze, non tutto andò per il
verso giusto.
Togami
era in biblioteca, il suo luogo preferito, e Sakura si era allontanata
un secondo per raggiungere Asahina, che sembrava avere bisogno di lei
per qualcosa.
Qualcuno
aprì la porta, e Byakuya sollevò lo sguardo dal
libro che stava leggendo.
“Togami.”
“Tu?”
fece lui, un poco sorpreso. Non si aspettava proprio di vedere quella
persona lì, di fronte a lui.
“In
carne ed ossa. La sola e unica Celestia Ludenberg”.
In
quell’occasione tutta l’esperienza delle precedenti
ripetizioni venne utile a Togami, che riconobbe subito il sorriso.
Era
il sorriso di chi sta per uccidere.
Senza
perdere tempo gettò il libro a terra e afferrò la
lampada, pronto a brandirla come una casereccia clava.
“Fammi
indovinare, Ludenberg. Hai convinto quell’ottuso di Yamada a
distrarre Oogami per farti avere la strada spianata. Però
non ti vedo armata. Pensi di farmi fuori con la tua vocina stridula,
per caso?”.
“Quanta
sicumera, Togami. E devo proprio dirlo, ho fatto bene a scegliere te
come bersaglio. Stai dimostrando una preparazione e un acume che mi
impensieriscono. Ci hai azzeccato, in pieno. L’ovvia
conclusione è che sei scomodo e devi sparire”.
La
porta, lasciata socchiusa da Sakura, venne richiusa. A chiave.
Ad
occhio questo le può dare venti, forse trenta secondi di
vantaggio prima che la mia corpulenta guardia del corpo riesca a
tirarla giù.
Una
zuffa, per quanto si sentisse avvantaggiato dal punto di vista fisico,
non era di certo quello che più bramava. E poi si sa, quando
prendi qualcuno per i capelli e rifili pugni e calci a
casaccio… beh, possono succedere brutte cose.
“Se
davvero sono così scomodo” fece poi, nel tentativo
di guadagnare un po’ di tempo “dovrai rimuovere
l’ostacolo di forza, visto che non ho nessuna intenzione di
cadere morto per te”.
“Non
ne dubitavo. Sono qui apposta, infatti”. Finì di
pronunciare quella frase e dai ricami del suo vestito spuntò
fuori un coltello.
Era
lo stesso usato da Leon per uccidere Maizono. C’erano ancora
delle piccole macchie di sangue incrostato. Da quella distanza, per uno
strano gioco di luci, a Byakuya sembrarono rosa. Bizzarro.
“E
allora fatti sotto, giocatrice di poker della domenica. Ma lascia che
per un istante rubi il mestiere a quel ciarlatano di Hagakure: prevedo
che questa volta perderai. Vedo il tuo bluff”.
“Bluff?
Tu pensi che io abbia preso questo gingillo per bluffare? Oh suvvia
Togami, mi annoi con tutta questa banalità”.
“Dimostrami
che mi sbaglio, allora”.
“Volentieri”.
Gli
si gettò addosso. E in quei pochi istanti che le servirono
per farlo, a lui balenò in mente che quella situazione di
estremo pericolo era, in realtà, una specie di scherzo. Nel
senso che, a meno di variazioni sul tema, in teoria non gli sarebbe
successo nulla di definitivo.
Non
che ci tenga particolarmente ad appurarlo.
I
due si diedero parecchio da fare. Volarono spintoni, tentativi di
sgozzamento da parte di lei, tentativi di trasformare la lampada e il
cranio di Celes in una poltiglia da parte di lui, gomitate, calci nei
testicoli e quanto di peggio seppero esprimere dal loro repertorio di
persone per nulla avvezze a simili sforzi.
“Togami!
Togami!” arrivò ad un certo punto
dall’esterno della stanza. Era la voce di Sakura.
Byakuya
non era in condizione di rispondere. Tendenzialmente, quando ti stai
rotolando per terra avvinghiato a una persona che sta cercando di farti
la festa, le tue priorità sono altre.
Cominciarono
ad arrivare colpi alla porta.
“Togami, per l’amor del cielo! Apri!”.
Sarei
leggermente impegnato, io.
Poi,
senza neanche aver capito bene come, Byakuya Togami si
ritrovò nella mano sinistra il coltello.
Celes,
che era stata momentaneamente allontanata, impallidì.
Quando,
dopo un paio di tentativi a vuoto, Sakura riuscì a sfondare
la porta…
Avrebbe
piantato un urlo se non fosse stata abituata a spettacoli anche
peggiori.
Il
sangue gocciolava imperterrito dalla gola di Celestia, perforata da
parte a parte. Sopra di lei, che stava avendo gli ultimi spasmi nervosi
della sua vita, un ansimante Togami ne stringeva ancora il manico.
“To-Togami…”.
“C-chiama
Naegi e Kirigiri…” rispose con voce rauca, quando
cominciò a sentirsi strano.
Co-cosa…?
La
schiena di Sakura Oogami fu l’ultima cosa che vide, prima che
la vista si offuscasse e tutto diventasse buio.
“Maledizione!”
Prese
a calci il banco, per poi accanirsi sulla sedia e sul banco vicino.
Cos’è
andato storto, stavolta? Cosa?!
Quel
maledetto incubo era ricominciato per l’ennesima volta, ma
più andava avanti e più gli sembrava di impazzire.
Ma
sei davvero così cieco, Byakuya-chan? Non credevo dipendessi
tanto dagli occhiali che porti…
“Sta
zitta, maledetta!”
Quella
voce lo stava seriamente facendo uscire dai gangheri. Non bastava dover
rivivere il peggior periodo della sua vita all’infinito,
doveva pure vedersela con una voce misteriosa che veniva da
chissà dove.
Non
sono una voce qualunque. Magari sono la tua coscienza, per quel che
puoi saperne.
Togami
non si premurò di rispondere, continuando invece ad
accanirsi sui banchi dell’aula.
Sai,
cominci a farmi un po’ pena, Byakuya-chan. E va bene, ti
darò un aiutino, o qui andiamo avanti in eterno.
Togami
smise di prendere a calci il mobilio, ora improvvisamente interessato a
ciò che la voce aveva da dire.
Lasciati
andare, Byakuya-chan.
...eh?
La
tua freddezza non porterà a nulla di buono, sappilo.
Riflettici Byakuya-chan!
Aspetta!
Che diavolo vuol dire?
Ma
la voce non rispose.
Tutto
quello che riuscì a fare fu sfogare la sua frustrazione sui
banchi rovesciati per terra.
Mentre
tutti, in caffetteria, erano impegnati ancora una volta a parlare di
Monokuma e decidere il da farsi, Togami continuò a
riflettere su quanto gli aveva detto la voce.
Lasciarmi
andare… cosa diamine vorrebbe dire?
Osservò
i suoi compagni di sventura, e i suoi occhi si posarono su Asahina, che
sul momento era intenta a consolare un terrorizzato Fujisaki.
Dovrei
forse diventare una specie di crocerossina come lei, dispensando
sorrisi e mangiando ciambelle?
No,
saresti uno spettacolo inquietante. Ma il fatto che tu ti sia ricordato
la passione di Aoi per le ciambelle significa che forse cominci a
capire, Byakuya-chan.
Capire
cosa, esattamente?
Ma
la voce di nuovo non rispose, lasciandolo da solo coi suoi pensieri.
Che
tu sia dannata…
Tuttavia
il tarlo aveva cominciato a scavare, e continuò a rimuginare
su quel bizzarro suggerimento.
Lasciarmi
andare.
Mentre
rifletteva, non mancò di notare come al momento fossero
ancora tutti vivi.
Forse
vuole che provi di nuovo a salvarli tutti?
Eppure
il suo istinto continuava ad urlargli che una cosa simile, nella loro
situazione, era impossibile. Anche volendo tentarci si trovava davvero
a corto di idee - quantomeno di un’idea che potesse
funzionare.
Non
puoi salvarli tutti, Byakuya-chan.
E
allora perché tutto questo?
Perché
è ora che tu scenda dal tuo piedistallo.
L’unica
cosa che gli sembrò sensata fu parlare nuovamente con Naegi
e Kirigiri.
Stavolta
ci volle un po’ di più perché i due
ragazzi decidessero di fidarsi di lui, ma alla fine cedettero. Neanche
a dirlo, Naegi propose di usare le informazioni che Togami aveva
fornito per studiare un piano che potesse salvarli tutti quanti; mentre
parlava Byakuya si ritrovò improvvisamente a pensare che purtroppo
era
una cosa impossibile.
...purtroppo?
Non è da me parlare di loro in questi termini.
Tuttavia
dimenticò subito quel pensiero quando Kirigiri
esordì con: “Forse un modo
c’è”.
“No,
non c’è” fu la sua secca risposta,
ancora prima che Naegi potesse fare qualcuno dei suoi stupidi commenti
da campione mondiale di ingenuità.
“P-Perché
dici così, Togami-san?”.
“Perché
è così e basta. Ad esempio credo sia decisamente
fuori dalla nostra portata, oltre che risultare piuttosto pericoloso in
sé e per sé, salvare la vita
di…” si guardò attorno per assicurarsi
che nella caffetteria ci fossero davvero solo loro tre “...
Mukuro Ikusaba”.
“Cosa
ti porta ad affermarlo, Togami?” chiese Kirigiri,
apparentemente molto interessata dal discorso appena imbastito. Mica
tutti i giorni fa un versetto prima di rivolgerti la parola.
“Rifletteteci
un secondo. Ikusaba è il Super Soldato ed è in
combutta con Enoshima. Secondo voi quanto ci può mettere per
ucciderci tutti?”.
“Ma…
ma se noi ci mostriamo benevoli nei suoi confronti io sono sicuro che
lei…”.
“Io
no, non ne sono sicuro. Naegi, potresti davvero mettere la mano sul
fuoco e giurare oltre ogni dubbio che Ikusaba non proverebbe, salvo
forse con Oogami riuscendoci, a sterminarci tutti per ordine della
sorella?”.
“Certo…
certo che sì! Ne sono intimamente convinto!”.
Togami
sbuffò. Questo suo essere cieco di fronte ai fatti lo
infastidiva davvero molto.
“La
tua convinzione può essere ammirevole per qualcuno, certo
non per me… ma la realtà è
un’altra. E temo sia più vicina alla mia
descrizione che alla tua”.
“Continuo
a non capire perché non vuoi fare almeno un tentativo,
Togami-san”.
…
hai proprio il ferro in testa, tu.
Decise
di cambiare approccio. Si voltò verso Kirigiri, che durante
questo scambio era stata in religioso silenzio, e le chiese la sua
opinione.
“Dimmi,
secondo te sbaglio? Quel che dico ha un senso o mi sto incaponendo in
qualcosa di falso?”.
Qualche
secondo di silenzio. Sembrava che stesse raccogliendo le idee per
rispondergli al meglio delle proprie possibilità.
Si
scostò una ciocca di capelli dal viso e poi disse, in tono
solenne: “Per quanto non mi faccia piacere… temo
che Togami abbia ragione, a grandi linee”.
La
faccia di Naegi assunse un’espressione ferita, da cucciolo
che ha appena messo il piede in una tagliola: “Ma…
ma come…”.
“Quelli
che porta sono argomenti convincenti, non lo si può negare.
Inoltre non sappiamo il suo grado di coinvolgimento personale nel piano
della sorella e nessuno può assicurarci che non potrebbe
provare a sfruttare la situazione a loro vantaggio. Capisco il tuo
discorso, Naegi, lo capisco davvero. Ed è bello. Nobile. Ma,
nella nostra situazione, un po’ troppo utopico”.
Sentendosi
in inferiorità, Naegi ripiegò sulla tattica
Gattino con i Sentimenti Offesi: abbassò la testa e si
disegnò sulla faccia una smorfia intristita. Prima di
chiudersi a riccio nel suo dolore trovò appropriato dire
un’ultima cosa: “Togami-san… sei crudele
a pensarla così…”.
Ora
sono io quello crudele, già. Mi sembra corretto.
“Sai
almeno perché faccio questo tipo di ragionamento?”.
“N-No…”.
“Vorrei
cercare di evitare cadaveri inutili, ecco perché. Se la
morte di una persona può evitarne altre dieci…
voto per la morte singola”.
Bravo
Byakuya-chan, adesso sì che ci stai piacendo.
Vai.
Via. Ora.
Proprio
adesso che ti stai girando dalla parte giusta? Oh su, non essere
cattivo con me.
Sei
irritante e sono sicuro che puzzeresti, se avessi un corpo.
Non
confondermi con la tua dolce Fukawa.
Il
dibattito mentale nella testa dai biondi capelli venne interrotto.
Quello e qualsiasi altro dialogo.
E
venne interrotto da una cosa brutta.
“Upupupupupupupupu.
Voi tre bastardelli non lo sapete che è poco salutare avere
discussioni compromettenti in un posto pieno di telecamere e microspie?
Non avete mai visto un film di James Bond? Q sarebbe così
poco orgoglioso di voi”.
Gli
sguardi dei tre ragazzi si riempirono di orrore nel vedere
quell’odioso orso avanzare placido e tranquillo verso di loro.
“Allora,
non avete proprio niente da confessare? Upupupupu?”
Pensa
in fretta, Byakuya. Pensa!
Mentre
Monokuma saltellava verso di loro, Togami pensò che le cose
stessero per degenerare e che lui avrebbe ricominciato daccapo
quell’incubo, quando Kirigiri si fece avanti e prese in mano
la situazione: “Cosa dovremmo confessare,
esattamente?”
“Quello
che vi siete detti, upupupupu!”
“Se ci stai chiedendo di ripetertelo”
proseguì lei, la calma personificata “significa
che prima non ci hai sentiti?”
Monokuma arretrò, apparentemente in difficoltà.
“Ho…
ho sentito che parlavate di lasciar morire una persona in favore di
salvare tutti gli altri! State forse pianificando un omicidio, upupupu?
Questa è una grande notizia! Certo non mi aspettavo proprio
che tu e Naegi decideste di—”
“Quindi
avevo ragione, non ci hai sentiti. Non benissimo, almeno”
concluse Kirigiri con l’ombra di un sorriso soddisfatto sulle
labbra.
L’orso
meccanico ringhiò, e puntò loro contro una zampa.
“Fate
attenzione alle vostre chiappe, bastardi, perché vi
farò pagare cara la vostra insolenza!”
E
sparì così com’era arrivato.
I
tre si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo; Naegi stava per dire
qualcosa ma Kirigiri lo precedette e parlò a bassa voce:
“Meglio fare attenzione da ora in poi. Ora che ha capito che
in questo punto l’audio è pessimo non ci
vorrà molto perché prenda
provvedimenti.”
“E
non dimentichiamoci della sua minaccia” sussurrò
Togami, aggiustandosi le lenti sul naso “prevedo una ripicca
da parte sua in tempi brevi.”
“In ogni caso dobbiamo trovare un modo per
comunicare” bisbigliò Naegi “visto che
usare quest’angolo è ormai
rischioso…”
“Beh, ci sarebbe la sauna che è priva di
telecamere, come vi avevo accennato…”
replicò Togami.
“...ma
sarà disponibile solo dopo il primo processo.”
Naegi
si irrigidì a quella frase di Kirigiri ma non
replicò, conscio del fatto che non avevano molta scelta.
“E
la questione comunicazioni è ancora in sospeso...”
incalzò Byakuya.
“Beh”
sussurrò Naegi, un po’ imbarazzato. “Io
un’idea ce l’avrei…”
“Io
comunque continuo a non approvare l’idea di lasciar morire
qualcuno solo per avere una stanza priva di telecamere. È
disumano! Dovremmo almeno cercare di evitarlo!
Makoto
Naegi”
Togami
sbuffò e nascose il biglietto in tasca.
Biglietti.
Questa
era stata la brillante idea di Naegi per sopperire alla mancanza di
altri mezzi di comunicazione.
Quando
l’aveva proposta il suo primo istinto era stato quello di
insultarlo fino a rimanere senza voce, che un’idea tanto
stupida e infantile non l’aveva mai sentita.
Eppure…
Gli
costava doverlo ammettere, ma quell’idea si era rivelata
piuttosto funzionale: si scambiavano i bigliettini in caffetteria, o
con la scusa di passarsi qualche oggetto, o altre trovate simili.
Ovviamente evitavano di passarsene troppi per non destare sospetti,
limitandosi solo a comunicazioni strettamente necessarie. Monokuma
sembrava non avere idea del loro giochetto, almeno in apparenza, idem
gli altri studenti; qualcuno aveva cominciato a credere che ci fosse
qualcosa tra Naegi e Kirigiri, e Fukawa non vedeva di buon occhio che
il suo “Byakuya-sama” passasse tanto tempo con
certa gente… ma sembrava andare tutto liscio, per il momento.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”
Ma
cosa…?
Togami
sollevò lo sguardo dalla sua tazza di tè, e vide
Asahina sulla soglia della caffetteria.
“Asahina,
perché hai urlato così?” chiese subito
Sakura, allarmata.
“O-omicidio…”
Dovevo
aspettarmelo, prima o poi. Le cose sono andate sin troppo
tranquillamente in questa ripetizione.
A
tal proposito, Byakuya-chan…
Ancora
tu, pseudo-coscienza. Cosa vuoi adesso?
Sono
stato incaricato di riferirti dalle alte sfere che, dati i tuoi recenti
progressi, questa sarà l’ultima volta.
Ultima
volta? Cosa intendi dire, mio sgradevole compagno di viaggio?
Basta.
I tuoi gettoni sono finiti. La prossima volta che comparirà
Game Over sulla schermata… sarà definitiva.
Uhm.
Beh, ok.
…
tutto qui?
Ti
aspettavi che saltassi su disperato e cominciassi a strapparmi i
capelli, per caso? Anzi, se devo dirla tutta ero stufo di questo
continuo andirivieni. Bisogna tirare dritto nella vita, non fare le
inversioni a U.
…
Che
bello sentirti ridotto al silenzio. E adesso lasciami andare a
controllare.
Si
alzò e seguì Sakura e Asahina mentre
quest’ultima faceva loro strada. Li portò nella
sala dell’inceneritore.
Lo
spettacolo non era bello. Eppure lui si era abituato a vedere gente
morta.
Questo,
però, gli lasciò una disgustosa sensazione
di… qualcosa.
Touko
Fukawa era stesa per terra, a pancia in giù. I capelli
completamente zuppi di sangue, così come il pavimento
circostante e parte del muro. Nessuna traccia di una possibile arma del
delitto.
Fukawa…
che ti succede, Byakuya? Non sei contento di vedere questa puzzolente
guastafeste… cadavere?
…
Vuoi
saperne una? No, non lo sono.
*DLIN
DLON*
“È
stato scoperto un cadavere. Da ora si dà ufficialmente
inizio alla fase investigativa, che porterà voi bastardi a
fronteggiarvi in un’aula di tribunale per decidere chi si
è reso responsabile di questo indecente atto di disturbo
della quiete pubblica. Buona fortuna, marmocchi”.
*DLIN
DLON*
A
Togami l’annuncio mortuario di Monokuma non era per nulla
mancato. E si scoprì stupito nell’accorgersi che
non era solo perché così doveva alzare le sue
chiappe d’oro e darsi da fare. Non solo per quello.
Era
evidente, anche senza la pur apprezzata consulenza professionale di
Kirigiri, che la morte era stata causata da un violento trauma alla
testa. Solo che, stranamente, lì non vi era traccia di un
possibile oggetto che potesse essere stato usato per questa cosa. Il
peso dello spogliatoio di Fujisaki e Oowada era al sicuro al secondo
piano, così come i martelli di Celes lo erano al terzo.
Peculiare.
Di solito, per l’omicidio al primo piano, viene usato un
coltello dalla cucina.
Questo
particolare mise Togami in una strana fretta. Era particolarmente
desideroso di trovarla.
Più
di una persona assistette, invero piuttosto sconvolta, al suo correre
per tutti i corridoi e le stanze a loro disposizione. Sembrava come
posseduto, incapace di sedersi e rifiatare anche solo un attimo.
Non…
non me la starò prendendo un po’ troppo a cuore?
Era solo Fukawa…
…
No,
non me la sto prendendo troppo a cuore. Me la sto prendendo a cuore il
giusto.
CLAP
CLAP CLAP CLAP CLAP.
Ecco,
arriva tu a prendermi per il naso dopo che lo faccio benissimo da me.
Mi sento un po’ ridicolo, in certi momenti, anche senza la
tua non richiesta presenza.
Byakuya-chan,
piccolo. Stai andando benissimo. Il mio applauso voleva solo
manifestare quanto sono orgoglioso di te.
Sì,
va bene. Quando avrai finito di dare aria alla bocca che non
hai…
Non
ti si può neanche fare un complimento. Sei impossibile
quando fai così. Cosa ti costa ammettere che… sei
dispiaciuto per quel che è successo?
Scosse
la testa nel tentativo di scacciare via la voce, tuttavia quel pensiero
rimase lì.
Non
credeva fosse possibile, eppure… era dispiaciuto per la
morte di Fukawa. Ironico per uno che, all’inizio di quel
crudele gioco al massacro, l’aveva ritenuta
nient’altro che un fastidio; ricordava di averla minacciata
più volte lui stesso, e in generale di non averla mai
trattata con un minimo di riguardo.
Forse
mi ero solo abituato alla sua presenza, ad averla attorno. Non
è nemmeno una questione di affinità caratteriale,
o interessi simili, non potevamo essere più diversi - di
sicuro a me non interessa ammazzare ragazzi a colpi di forbici.
Nemmeno
la sua doppia personalità era riuscito a turbarlo, non
più di tanto. Nella situazione in cui erano Genocider Syo
non era nemmeno la cosa più bizzarra; inoltre la cotta che
la ragazza aveva per lui si era rivelata utile per tenerla a bada ed
evitare altri omicidi.
Adesso
basta rivangare il passato, ho altro di cui occuparmi.
Ma
come, eri tanto carino mentre pensavi a lei!
Dammi
tregua.
Perché?
Perché ti stavi finalmente lasciando andare, concedendoti di
pensare a Fukawa come a qualcosa di più di un fastidio?
Togami
si morse un labbro, sforzandosi di non cedere alle provocazioni della
voce.
Ignorami
pure quanto vuoi, tanto sai che ho ragione, Byakuya-chan.
Al
diavolo!
Non
aveva tempo di perdersi in simili discorsi, aveva un omicidio da
risolvere. E per risolverlo necessitava non solo di indizi - di cui si
stavano occupando Kirigiri e Naegi, ma anche di un’arma.
Arma
che sembra essere svanita nel nulla.
Cercò
di fare mente locale: al momento avevano solo un piano
dell’accademia a disposizione, e lui l’aveva
passato al setaccio. La katana che aveva usato Maizono la prima volta
era ancora nella teca dei trofei, dalla palestra sembrava non mancare
nulla, idem dalla cucina e dalla stanza delle scorte; per precauzione
aveva controllato persino l’inceneritore, nella speranza che
l'omicida fosse stato così disattento da lasciarsi dietro
qualche traccia, se non addirittura l'arma stessa, ma anche
lì non ebbe fortuna.
Eppure
ho guardato ovunque…
Mentre
formulava quel pensiero si ritrovò a passare di fronte lo
spaccio della scuola.
...forse
non proprio ovunque.
Aprì
la porta, ritrovandosi davanti uno stanzino pieno zeppo di
cianfrusaglie di ogni genere, dalle merendine più strane
agli oggetti più ridicoli mai pensati dall’uomo.
Ritengo
di non essermi perso chissà cosa, finora.
Dopo
aver trovato a fatica l’interruttore, coperto da oggetti di
varia natura appesi alle pareti, lasciò vagare lo sguardo
attorno a sé, alla ricerca di qualcosa che potesse andar
bene come arma del delitto - sperare di trovare qualcosa che
presentasse chiazze di sangue era chiedere troppo. Passò in
rassegna la roba ammassata nella stanza, prendendo mentalmente nota
delle possibili armi, quando sentì dei passi concitati lungo
il corridoio.
“Togami-san!”
Naegi?
Si
affacciò fuori dalla porta e lo vide correre nella sua
direzione.
“Togami-san!
Ti ho trovato finalmente!”
“Calmati
Naegi, cosa succede? Perché tanta agitazione?”
“Devi…
devi venire con me, è successo…”
ansimò, riprendendo fiato “è successo
un guaio!”
Togami si irrigidì appena, stranamente inquietato da quella
frase.
“Che
guaio?”
“Una…
una prova…”
“Naegi,
devo tirarti fuori le parole una per una? Non ho—”
“...una
delle prove ti inchioda come sospettato.”
...cosa?
“Mi
prendi in giro”. Non era una domanda, era
un’affermazione. Era così evidente che una parte
di lui riteneva persino offensivo il doversi giustificare.
“Vorrei,
ma non è così. Se volessi
seguirmi…”.
“Certo
che ti seguo!”.
Quanta
vivacità, Byakuya-chan. Cerca di non esagerare o potrebbe
scoppiarti un fusibile.
No,
ora no. Proprio no. Lasciami in pace.
Ooooooooooook.
Si
diressero verso la stanza dell’inceneritore, dove
c’erano quasi tutti. Mancavano giusto Ishimaru,
Yamada… e Ikusaba.
Brutto
segno. Bruttissimo segno. Non dimenticare mai, Byakuya. che fra di voi
c’è la complice di Enoshima. Per quel che ne posso
sapere, in questo momento è al cospetto del gran capo a
riferirle chissà cosa.
Kirigiri,
che come da copione era accucciata vicino al corpo per ispezionarlo, si
avvide del loro arrivo. Si voltò verso l’ingresso
e accolse i due con uno sguardo…
Kirigiri.
Sei… incupita?
“Ho
trovato questo sotto una delle dita di Fukawa” disse col suo
usuale tono da donna che vende i gelati.
Un
bottone. Che Togami riconobbe istantaneamente come appartenente alla
sua giacca.
E
io, Byakuya Togami, avrei perso un bottone della giacca senza
accorgermene? Sfioriamo il parossistico, qui.
Si
controllò velocemente le maniche e tirò un
sospiro di sollievo vedendo che non mancava nulla.
Il
suo attimo di scampato pericolo se ne andò rapidissimo
quando una voce, dal capannello di gente, non mancò di far
notare che a tutti loro erano stati gentilmente offerti dei ricambi dal
loro delizioso preside e che forse sarebbe stato il caso di controllare
nell’armadio del primo sospettato.
Mentre
il gruppone si allontanava, i tre si attardarono.
“Voi…
non mi credete colpevole, vero?” chiese Togami, e dalla sua
voce traspariva chiara una cosa che nessuno di loro, lui in primis,
pensava di sentirgli esprimere: paura.
“No!
Non dopo quello che… sappiamo” fu la fulminea
risposta di Naegi. E per la prima volta Togami lo ringraziò
di essere un irrimediabile idealista.
“Non
condivido l’entusiasmo di Naegi. Con calma, con calma. Al
momento non ti credo innocente, né ti credo colpevole. Non
mi formo un’opinione prima di aver sezionato e studiato il
caso fin nei minimi dettagli. Diciamo che però questo
bottone” e lo alzò per dargli
visibilità “al momento non fa pendere la bilancia
dalla tua parte”.
Kirigiri,
santo dio. Non farti ingabbiare dai tuoi meccanismi mentali da
detective! È così palese che sia una puerile
vendetta di Enoshima per quello che noi tre le abbiamo combinato un
paio di giorni fa. Beh, è anche vero che ancora non sai
quanto può essere meschina quella ragazza. Spero per te che
avrai l’occasione di rendertene conto da sola.
Raggiunsero
gli altri di fronte all’ingresso della camera di Togami, il
quale venne invitato ad aprire la porta per farli entrare.
“Sì,
ma non mi venite in camera tutti. Una o due persone bastano,
ok?”.
“Non
Kirigiri e non Naegi” precisò Celes, badando bene
a condire le parole col suo miglior tono da vipera.
“E
perché no, Ludenberg?”.
“Semplice:
voi tre avete fatto comunella sin dall’inizio di questa
storia e personalmente mi fido poco a lasciarvi senza supervisione. Ti
spiacerebbe seguire il padrone di casa, Oowada?”.
“Io?
Perché io? Cos’ho fatto di male?”.
“Taci
e vai, bullo decerebrato”.
“Cazzo
hai detto, zoccoletta dai capelli blu?”.
“Ha
parlato quello con una pettinatura normale”.
“Ok,
l’hai voluto tu!”. E si avventò su di
lei per darle un diretto, venendo però prontamente cinturato
da Sakura Oogami.
“Per
favore, Oowada. Non abbiamo bisogno di ulteriori litigi fra di noi. Non
essere testardo e fai come ti è stato chiesto”.
“Mpf.
E va bene, va bene”.
Togami
e Oowada entrarono, lasciando fuori tutto il resto della combriccola.
Ci
vollero trenta secondi perché i peggiori timori del Super
Erede si concretizzassero: effettivamente una delle sue giacche
presentava solo due bottoni, invece dei previsti tre, su una manica.
Stringendo
il capo per le spalle prese a tremare. E non, come magari si sarebbe
potuto immaginare, perché si sentiva preso in gabbia.
Nossignore.
Byakuya Togami era nero dalla rabbia.
Enoshima…
foss’anche l’ultima cosa che faccio in vita mia, ti
giuro che darò corso a quella minaccia di qualche
ripetizione fa: ti stacco la testa e te la prendo a calci come un
pallone. E poi ti presento il conto della lavanderia per le scarpe
sporche di sangue.
“Bene
bene bene” disse Mondo strappandogli l’indumento di
mano senza la minima creanza “guarda qua
cos’abbiamo. Una fila di bottoni incompleta.
C’è qualcosa che devi dirci, Togami?”.
Ce
ne sarebbero di cose che dovrei dirvi, Oowada. E forse…
forse…
Accarezzò
l’ipotesi di rivelare a tutti loro la verità,
anche approfittando della provvidenziale assenza di Ikusaba.
...no,
meglio lasciar perdere. C’è la
possibilità che mi prendano per pazzo, e la cosa non
gioverebbe assolutamente alla mia attuale situazione. Anzi,
salterebbero direttamente il processo e passerebbero direttamente
all’esecuzione. E non dimentichiamo le telecamere.
“Sì,
Oowada” replìcò, guardandolo con sdegno
“posso dirti che io ho molta cura dei miei abiti e mi sarei
sicuramente accorto di un bottone mancante. Al contrario di te,
direi…”
“Stai
cercando rogne, quattrocchi?” ringhiò Mondo,
afferrando Togami per il bavero della giacca.
“Oowada,
non è il caso di scaldarsi tanto” si intromise
Sakura, cercando inutilmente di separare i due ragazzi.
“Hai
ragione, Oogami, non è il caso di prendersela
tanto” rispose Mondo, con un sorrisetto sulle labbra.
“Tanto lo sappiamo tutti che è stato lui a far
fuori Fukawa!”
“E ti basi solo su un bottone?” replicò
Togami, le cui certezze iniziavano a vacillare.
“Su
questo, e sul fatto che consideravi Fukawa un fastidio! Quale modo
migliore per liberartene?” tuonò il teppista
“Non eri tu quello che diceva che non aveva problemi a
uccidere qualcuno pur di uscire da qui?! Ammettilo e basta!”
A
quella frase Togami smise del tutto di ragionare e cercò di
avventarsi su Mondo, tenuto a bada solo da una esterrefatta Sakura;
persino il resto dei presenti non riusciva a credere ai propri occhi,
quando mai Byakuya Togami aveva perso le staffe a quel modo?
“Ripetilo
se hai il coraggio!” ringhiò mentre cercava di
liberarsi dalla stretta di Sakura, “Prova a ripeterlo,
stupido gorilla analfabeta!”
Togami
non ricevette risposta a quell’insulto.
A
parte un pugno dritto in faccia.
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