A Taste of Honey

di SakiJune
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Questa fanfiction è una sfida. Una sfida con me stessa, perché è una longfic - in un periodo in cui scrivevo solo drabble e flash. Ma anche un rischio di per sé, per via di quell'OC che potrebbe facilmente trasformarsi in una Mary Sue. Se lo è, o lo diventerà, mi scuso in anticipo.
I protagonisti, inizialmente, sono il Dodicesimo Dottore, Clara e una nuova companion che apparirà virtualmente già in questo capitolo e di persona nel prossimo. Ma la TARDIS ospita anche altri personaggi che ben conosciamo...

Qualche nota:
"Brenda" è un'app per smartphone di incontri tra ragazze, l'equivalente del social network gay "Bender".
Il "libro medievale con strane date" è un omaggio alla trilogia di Glenn Cooper.
Il titolo, infine, è ispirato ad una canzone degli anni '60, resa famosa dai Beatles.

.........................

- Apalapucia. E questa volta nessuna epidemia, ho controllato due volte. L'epoca più fiorente del pianeta, prima che diventasse una meta turistica ma dopo la sventata invasione dei Cybermen. Sarai deliziata, Clara.

Il Dottore, perfettamente immobile tranne che per le mani impegnate a rilasciare lentamente la leva, aveva pronunciato queste parole con una flemma insopportabile.

Forse anche questa volta arriveremo nel posto programmato, pensò Clara. Da quando l'equipaggio della TARDIS era raddoppiato - il puffo in scatola non contava, a quel fine - succedeva sempre meno spesso di atterrare in un luogo totalmente inaspettato e invaso da orde di guerrieri di sabbia o di ghiaccio o dall'aria irrespirabile. C'era sempre qualcuno da aiutare e il Dottore riusciva puntualmente a risolvere la situazione... ma lei non poteva fare a meno di paragonare le avventure dei primi tempi, quando erano soli e contavano l'uno sull'altra in una simbiosi estrema e lui era alto e buffo e il suo sguardo senza sopracciglia riusciva ad elettrizzarla, con i viaggi fin troppo organizzati di quello che era ormai un gruppo di amici a dir poco eterogeneo.

Era cambiato davvero.

E non in meglio.

Lui le piaceva com'era allora, esattamente com'era... dinoccolato e con quel grosso mento, pieno di energie, infantile, folle.

Si era ritrovata a vivere con l'equivalente di un vecchio professore universitario, con l'aggiunta di una siluriana divorziata e malinconica, un Sontaran con la fissa degli esplosivi e una testa blu brontolona.

Voleva molto bene a Vastra, beninteso. E anche con gli altri andava d'accordo, sì, persino con Dorium, anche se qualche volta le era venuta voglia di shakerarlo stile cocktail o bussolotto dei dadi.

E non aveva smesso di amare il Dottore, non con il ricordo, non nel profondo del cuore... ma gli occhi non si posavano più su ciò che aveva desiderato, non le avrebbero più restituito quell'immagine, e ciò rappresentava una frattura che le sembrava insormontabile.

 

In fondo, ma nemmeno troppo in fondo, Clara sperava che la TARDIS facesse i suoi comodi e ignorasse completamente le coordinate di quel pianeta superlusso e superchic. Forse Vastra si sarebbe un po' distratta dalla sua depressione, più probabilmente avrebbe desiderato di vedere quei panorami mozzafiato (magari non letteralmente, visto che il Dottore aveva assicurato un'atmosfera ottimale) a fianco della sua ex moglie. Clara aveva conosciuto Jenny e non aveva mai pensato che potesse prendere una decisione tanto drastica; a posteriori, però, aveva riflettuto che lei stessa, in quella situazione, si sarebbe comportata in modo analogo.

La questione era: se ami una creatura meravigliosa, antica e quasi eterna, come puoi sopportare che ti veda invecchiare?

Come puoi accettare che ti veda morire?

Jenny era tornata alla sua epoca, Vastra alla sua solitudine.

Perché la TARDIS era un luogo dove potevi sentirti molto, molto solo.

Bastava sgattaiolare fuori dalla sala di comando e prendere un corridoio, uno qualsiasi.

Scendevi scale, attraversavi saloni e cantine e ponti sospesi, fino ad arrivare ad uno dei guardaroba. C'era sempre una giacca o una vestaglia in cui ti veniva spontaneo avvilupparti, il cui odore ti era subito familiare, senza riuscire a dare un nome a quella particolare sfumatura di nostalgia che veniva ad assalirti. E restavi per ore a sognare luoghi ormai bruciati o cancellati dal tempo, svegliandoti poi con un grido strozzato e giurando di non allontanarti mai più.

Oppure... potevi chiedere al Dottore di accompagnarti, tenendoti per mano, e raccontarti lui stesso i segreti di ogni stanza, di ogni oggetto, di ogni frammento di quel passato che ancora aleggiava nel labirinto della nave. Cercare quel libro che ricordavi di aver letto in sogno. Ma sarebbe stato un errore, Clara ne era certa. Era giusto che lui andasse avanti, che andasse oltre... lei aveva assistito soltanto all'ultima delle sue rigenerazioni ed era stato devastante. Se avesse potuto ricordare ciò che avevano vissuto le sue eco, ognuna con la propria inconsapevole missione, e riunire quelle coscienze... sarebbe stata perduta, e di questo ne era ancora più sicura.

Perduta nella contemplazione dell'uomo che ora le stava davanti con lo sguardo azzurro e l'espressione assorta di chi si spinge verso l'orizzonte per fermarsi lungo la sua linea, e non più oltrepassarlo in corsa.

 

- Dottore, cosa succede?

Stava succedendo qualcosa, ollallà.

Qualcosa di grosso.

Qualcosa di...

- Impossibile!

Clara non ricordava di aver mai sentito il Dottore gridare, non con quella voce. Nei momenti più caotici, era spesso stata costretta a chiedergli di ripetere ciò che diceva, tanto il suo tono era estremamente pacato, per quanto quella tranquillità fosse apparente e nascondesse un nervosismo palpabile.

Perciò, anche se non sapeva ancora in che situazione si trovavano, concordò sull'assoluta improbabilità dell'evento che l'aveva spinto a proferire un'autentica esclamazione.- Non atterreremo su Apalapucia, giusto?

- Non atterreremo in questa dimensione, Clara. O meglio, siamo già in un'altra dimensione. E questo può significare soltanto due cose: o il tempo si sta nuovamente frantumando... ma no, non può essere, avremmo avuto altri segnali, profezie, allarmi... no, no, no, no, no! Dev'essere successo nel futuro! Qualcosa di talmente grande, potente, fantastico che ha spezzato il blocco, ha lasciato liberi gli universi come puledri in una prateria! Oh, Clara, mi sento vivo!

La TARDIS ebbe uno scossone talmente forte da far sbattere la scatola di Dorium contro il soffitto (il lamento di dolore che ne uscì non è riproducibile) e far cadere Clara tra le braccia del Dottore, che la tenne stretta mentre girava su se stesso, in preda all'eccitazione. Vastra si limitò a controllare che Strax, rotolato pesantemente dalle scale, non avesse riportato danni permanenti.

- Siamo... siamo arrivati?

Il Dottore si fermò e sorrise. Clara, la testa che turbinava ancora e quasi senza fiato per la sorpresa, lo fissò e si scoprì a sorridere di rimando.

- L'atmosfera è identica a quella terrestre, la gravità... un momento, - Vastra strabuzzò gli occhi davanti allo schermo - siamo sulla Terra!

Strax caracollò, dolorante, fino alla console e si unì alle considerazioni generali. - Oh, tanto per cambiare.

- No, non è la mia Terra, capisci? Siamo in un'altra dimensione, magari qui hanno tutti due teste o Roma non è mai stata fondata oppure...

- Oppure è abitata da Sontaran - ipotizzò Strax, anche se non sembrava gongolare eccessivamente all'idea.

Il Dottore si rabbuiò dopo aver controllato più volte le coordinate e l'archivio. - Non siamo mai stati qui, non è vero vecchia mia? - Sembrava essere tornato cauto e imperturbabile, ma un tic alla mano lo tradì ai suoi stessi occhi.

No, non erano mai stati in questa dimensione e lui sapeva che era meglio così, era giusto così, che se questo fosse stato il mondo di Pete - il mondo dove viveva Rose, la Terra dei Cybermen, la Terra di Ricky e della sua nonnina cieca - sarebbero dovuti fuggire a gambe levate, perché interferire con quel mondo sarebbe stato pericolosissimo, non soltanto per la sua salute mentale. Eppure si sorprese a provare un senso di delusione, o un riflesso del riflesso di un senso di delusione. Si frugò nelle tasche e trovò una caramella balsamica; iniziò a succhiarla lentamente per scacciare quel sapore di rimpianto, perché non ne aveva bisogno e non lo desiderava, non ora che gli universi avevano ripreso a trottare e galoppare come nei tempi fulgidi della sua giovinezza.

 

 

Rimasero sulla Terra, o meglio su quella Terra, più a lungo di quanto avessero programmato. Non vi erano guerre nucleari in corso, anche se i detentori di reali o fantomatiche armi di distruzione di massa si mostravano i denti a vicenda sui notiziari catastrofisti delle reti nazionali. Non c'erano mai stati contatti ufficiali con gli alieni, anche se a quanto pare esisteva una base militare negli Stati Uniti che conteneva una creatura ben poco umana, o forse un libro medievale con strane date, o qualcosa di ancora più misterioso - perciò Vastra e Strax dovettero restare sulla nave per tutto il tempo.

Clara si tuffò nella vita normale come in una piscina tiepida - lesse giornali, dormì in albergo e flirtò su Brenda con una ragazza bionda e bruttina, almeno dalla foto le sembrò così, che rispondeva al nickname di Ada Harkness. Il Dottore l'accompagnò dal parrucchiere e insieme controllarono nei libri di storia in biblioteca qualche ipotetica incongruenza. Niente di niente. Nessun accenno a Cybermen o astronavi a forma di Titanic, ma Napoleone era andato in esilio come da programma, Greci e Persiani se le erano date di santa ragione e via discorrendo.

Constatò che in quanto a tecnologia e avvenimenti storici e mondani non vi era alcuna differenza con la sua Terra. Era uscito un nuovo album del suo gruppo preferito e le vetrine mostravano modelli di smartphone a lei sconosciuti, ma questo era dovuto al fatto che fossero passati alcuni mesi rispetto all'epoca da cui era stata prelevata. Persino il sapore dei muffin ai mirtilli era identico. E gli orari delle corse della metropolitana, la stagione operistica di Covent Garden...

- È più difficile delle vignette "Aguzza la vista". O forse non c'è davvero niente di diverso, siamo qui per caso.

Si rese conto di aver detto una sciocchezza ancora prima di aver terminato la frase, perciò abbassò lo sguardo sul suo tè. Decise di rispondere all'ultimo messaggio di Ada, anche se era palese che non avessero nulla in comune.

 

[Ada Harkness: L'ultima puntata è stata EPICA, 12 è troppo chic e chi dice che Smith era meglio non capisce un tubo!!]

 

Clara storse il nasino. Chiaramente Ada era infognata con una qualche sciocca serie televisiva ed era convinta che anche lei la seguisse. Perché, poi?

 

[ClaraintheTARDIS: Non ho capito, scusa]

 

Rimise il telefonino in tasca e finì il tè. Un paio di ragazzini, al tavolo a fianco, li indicavano parlottando tra loro.

- Ti sei già fatta degli amici, vero?

 

Clara rialzò gli occhi, allarmata. Forse era così che il Dottore abbandonava i suoi compagni. Li convinceva che non avessero bisogno di lui, in un modo sottile e subdolo e disarmante, e poi ripartiva lasciando il vuoto.

Sarebbe stato meglio, forse, fare il primo passo prima che lui la gettasse nel mucchio?

 

- Non è un'amica. È una tizia, chattiamo.

La coerenza non è il mio forte, rifletté. Aveva appena catalogato Ada come una nerd irrecuperabile che viveva fuori dalla realtà, ma lei era forse migliore? La sua realtà era quanto di più fantastico e incredibile si potesse immaginare, eppure il suo entusiasmo iniziale era ormai un ricordo. Un insieme di ricordi ancora vividi, ma distaccati dal presente, come un aquilone dal suo filo dopo una folata troppo violenta. E il Dottore aveva ragione, tornare alla normalità del suo pianeta e della sua epoca la stava rilassando e non le sarebbe dispiaciuto conoscere un po' di gente, non necessariamente Ada Vattelapesca...

 

[Ada Harkness:  La puntata con la Paternoster Gang, non dirmi che non l'hai ancora vistaaaaaaa!! Certo che la moglie di V è stata una stronza a mollarla]

 

Realtà aliena e fantasie terrestri diventarono all'improvviso una cosa sola nella sua mente, non più due alternative ma un unico, enorme mistero che non poteva e non voleva certo tenere per sé.

Ma aveva lei in mano la chiave della sua soluzione. Sentì che non era questo il giorno in cui le loro strade si sarebbero divise.

- Dottore, ho trovato qualcosa. Qualcosa di veramente grosso.

Lui si scrollò con cura le briciole dalla giacca, sorridendo educatamente. Non credeva alla grandezza della scoperta di Clara più di quanto crediamo ad un pescatore sulle dimensioni della sua ultima preda.

Non appena lesse il messaggio, però, rimase a bocca aperta. Scorse velocemente la conversazione, le pupille che guizzavano mentre formulava ipotesi a bassa voce. Aveva dita più sottili, eleganti, a cui non si era ancora abituata e forse non ci sarebbe mai riuscita...

- Noi. Siamo. In. Televisione. Siamo finzione, qui. Non esistiamo davvero. - Googlava come un forsennato. - Qualcuno ci ha inventati. Beh, è una cosa che mi lusinga, sai? Oh, guarda: hanno scritto anche dei romanzi. E storie registrate. E un film per il cinema! Sanno tutto di tutto... eppure pensano che siamo storie.

Si fermò e le restituì il cellulare, con un sospiro. - Siamo tutti storie, alla fine.

Quindi Ada l'aveva scambiata per una fan come lei. Non immaginava che fosse davvero Clara Oswald, che esistesse davvero una TARDIS e un Dottore e tutto l'universo là fuori. Aveva una voglia matta di... oh, no, questo il Dottore non l'avrebbe mai permesso.

Ma sarebbe stato divertente.

No, si sarebbe arrabbiato di brutto.

Eppure...

- Dottore, faresti meglio a tornare alla TARDIS - gli consigliò, con aria noncurante. - Se c'è questo attore famosissimo che ti somiglia, potrebbero scambiarti per lui e subissarti di richieste di autografi. Io sbrigo un paio di commissioni, ti raggiungo tra un'ora.

Troppo tardi. I due ragazzini si erano alzati e puntavano verso di loro. Il più coraggioso si era avvicinato al Dottore con un sorriso da idiota.

- Mi... mi scusi, signor Capaldi, mi chiedevo se...

- CAPALDI CHI? - scattò il Dottore, con gli occhi allucinati e il labbro inferiore piegato verso l'interno in un'espressione terribile. Si eclissò dal locale, lasciando Clara a fare i conti con quei poveretti che avevano preso a ridacchiare estasiati per poi spegnersi come fiammiferi gettati in un bicchiere.

- Jenna, almeno lei... - la pregò il più timido dei due, reso audace dalla disperazione. Aveva afferrato un tovagliolino di carta e la penna che la ragazza dietro il bancone, perspicace oltre ogni immaginazione, gli aveva allungato con uno sguardo di compatimento.

Jenna. Quindi per loro si chiamava Jenna... e il cognome? L'aveva letto pochi minuti prima, di sfuggita, ma non aveva tempo di cercare di nuovo su Internet. Tanto valeva immedesimarsi in se stessa fino in fondo, a quei due sarebbe andato sicuramente bene.

- Vi chiamate?

- Io sono Joe... lui è David. Non Dave, David. L-lei è ancora più bella di persona. Cioè. Non possiamo sperare che il signor Capaldi torni qui, vero?

 

"A Joe e David,

con meraviglia e stupore

la vostra Clara Oswald"

 

Si fiondò a sua volta fuori dalla caffetteria, chiedendosi se il Dottore fosse rimasto ad aspettarla.

Perché, se così fosse stato, il suo piano folle sarebbe saltato. Avrebbero raccontato al resto dell'equipaggio quella mini-avventura, facendosi tutti una bella risata, e sarebbero ripartiti senza clamori né complicazioni.

Ma lui era già tornato alla nave, forse rallegrandosi che fosse diventata così saggia e prudente. Oh, non immaginava nemmeno...

Riaprì l'app, controllò la distanza e iniziò a digitare il messaggio con un sorrisetto diabolico.

 

[ClaraintheTARDIS: Ti andrebbe di vederci? Sono davanti allo Starbuck's di High Holborn. Vedo che sei ad un miglio scarso da qui, perciò mi farebbe piacere se mi raggiungessi]

 





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