"Il mio
nome è
Aléxandros e sono il Re dei re.
Quando
sono nato, quarantasette anni fa, a Pella, in Macedonia, nessuno
avrebbe potuto immaginare quale futuro sfolgorante mi attendeva.
Allora la potenza persiana sembrava impossibile da sconfiggere, e non
era neppure certo che sarei salito al trono di Macedonia. Ero il
primogenito maschio, è vero, ma quasi mai nella mia terra
natale la successione aveva seguito un ordine preciso. Mio padre
Filippo II ad esempio doveva essere solo il reggente in attesa che
suo nipote Perdicca raggiungesse l'età adatta, ma siccome
governava bene nessuno pensò più al giovane, il
quale
decise saggiamente di tenersi fuori dalla lotta per il potere. Ma il
saper governare bene non salvò Filippo da una morte
violenta.
Una delle sue guardie del corpo lo pugnalò in mezzo
all'arena
dove si stava festeggiando il suo ultimo matrimonio e nessuno
scoprì
mail il perché. Proprio quel matrimonio poteva essere un
rischio per me poiché la sposa era una nobile di sangue
macedone e non una straniera come mia madre, Olympias, sorella del re
d'Epiro, terra selvaggia e bella come lei. La sposa era già
incinta. Anche se fosse nato un maschio sarebbe stato troppo piccolo
per governare, ma il padre della ragazza, il potente Attalo avrebbe
potuto mettere le mani sul trono. Ciò non accadde
perché
poco dopo il parto morirono sia la madre che il bambino. C'è
chi dice che Olympias li avesse fatti uccidere, ma ella non mi
confessò mai nulla. Fui quindi incoronato re, ma i pericoli
per me non erano finiti. Due anni prima avevo combattuto al fianco di
mio padre a Cheronea contro una lega di città greche:
quattromila morti e il Battaglione Sacro dei Tebani, composto dai
migliori combattenti della Grecia, distrutto. Il rullo dei tambuti di
Cheronea echeggiava ancora come un'eco minacciosa, ma i Greci sono
orgogliosi. Così fieramente indipendenti che non erano
neppure
stati capaci di alleanze durature tra loro, e le poleis erano quasi
impossibili da governare. Avere il comando dei Greci non era comunque
quello che io desideravo. Volevo solo che la loro lealtà
fosse
assicurata, per non rischiare di essere colpito alle spalle una volta
partito per l'Asia. Ero re solo da poco tempo e già Tebe si
rivoltava. Avevo mandato avanti Parmenione, e, una volta ricordato ai
rivoltosi chi comandava, sarei partito per la mia più grande
impresa. L'impero persiano, irriducibile nemico, dalle risorse
apparentemente illimitate, quindi impossibile da sconfiggere. Con
trentamila fanti e cinquemila cavalieri a mia disposizione avrei
affrontato Dario, Gran Re di Persia. Granico, Mileto, Alicarnasso,
Isso, Tiro, Gaugamela... Un'impressionante serie di vittorie che mi
aveva reso una leggenda vivente, e aveva dato il via al culto
dell'Alessandro
invitto. Ricordo, e i
miei pensieri seguono un filo confuso. Ero sempre in testa alla
carica, sempre nel centro della mischia, dov'è
più
forte l'odore del sangue e il rumore delle armi, dov'è
più
grande il rischio, ma anche la gloria. All'inizio ero sembrato quasi
un pazzo ad affrontare certe sfide, come quando decisi di far
attraversare ai miei uomini il Granico, col rischio di essere
bloccati sull'argine dal nemico. Scelsi di correre un rischio e il
mio coraggio fu ricompensato; la Vittoria fu al nostro fianco..."
-Mio
re?- un servitore interruppe il flusso dei miei pensieri -Il
chiliarca è tornato dal suo viaggio e desidera parlarvi
privatamente-
-Digli
che sono pronto a riceverlo- Era ora! Già un messo mi aveva
avvertito dell'imminente ritorno di Efestione dall'Egitto, ed io lo
aspettavo con impazienza. Era consuetudine che il chiliarca riferisse
al sovrano sull'amministrazione delle province in un'udienza
ufficiale. Ovviamente non avrei atteso il giorno successivo per
riabbracciarlo, poiché mi era mancato molto. E di certo
Efestione avrebbe avuto molte cose da raccontarmi. Avevo amato molto
l'Egitto, una terra splendida, ma non mi recavo lì da molto
tempo. Avevo viaggiato per quasi tutto il mio impero, percorrendo
distanze inimmaginabili. Dapprima conquistando e pacificando sempre
nuove zone, poi visitando anche le regioni più remote. Poi
mi
ero fermato, o quasi: l'impero persiano aveva quattro capitali, ed io
le avevo mantenute tutte; mi spostavo quindi fra Susa, Persepoli,
Babilonia ed Ecbatana. Ritenevo però che presto sarei
ripartito per accompagnare mio figlio Alessandro a visitare l'impero
che un giorno sarebbe stato suo, e a mostrargli come si governa anche
da lontano. Ormai aveva quindici anni, e aveva imparato molto; ero
certo che quando avrebbe preso il mio posto sarebbe stato un grande
sovrano. Mi somigliava molto, ma purtroppo aveva ereditato anche i
lati negativi del mio carattere. Tutto il contrario di sua sorella
Cleopatra, che d'aspetto era identica a sua madre, Roxane, ma
caratterialmente era così diversa da tutto il resto della
famiglia: calma e modesta; sin da quando era piccolissima non aveva
mai fatto capricci o litigato con la sorellina Sisigambi. Sua madre
Statira era morta dandola alla luce, sei anni prima, e morendo aveva
chiesto di chiamare sua figlia Sisigambi, come la madre di Dario,
morta da qualche anno. Mai nome fu più appropriato,
poiché
mia figlia si avviava a diventare una ragazza, e poi una donna,
dignitosa, fiera, orgogliosa e affascinante come la sua bisnonna.
Ovviamente però questa scelta provocò le ire di
mia
madre. Dopo la morte di Statira Roxane si era presa cura di Sisigambi
come se fosse stata figlia sua, lasciandomi assolutamente stupito:
era stata ferocemente gelosa della sua rivale, l'altra,
come la chiamava sprezzantemente. Ma per quanto a volte fosse
insopportabile la mia sposa era anche capace di strepitosi slanci
d'affetto. Era anche per questo che un tempo l'avevo amata
moltissimo. Eppure Roxane sapeva bene che avevo sposato Statira solo
perché era la figlia di Dario; non era di lei che doveva
essere gelosa.
Entrò
Efestione, con un'aria così soddisfatta da farmi pentire di
non averlo seguito in Egitto. Mi osservò per un momento con
sguardo sornione, poi si inchinò in maniera esagerata -Come
sta il Gran Re?-
-In
questo momento è assente, c'è solo
Aléxandros,
che è molto felice di rivederti, vecchio mio- risposi,
dandogli uno spintone -Eh, gli anni passano per tutti! Noto forse
qualche ruga in più sul tuo volto?- sghignazzò
-Tu
ridi, ma il governo di un impero pesa sulle mie spalle. Ma ora
dimmi,- lo esortai mentre prendevamo posto su un divano -voglio
sapere tutto dell'Egitto, e del nostro amico Tolomeo-
-Governa
splendidamente una terra... più bella persino di quanto la
ricordassi. E' inoltre un gradevolissimo ospite ed ha organizzato per
me molti intrattenimenti-
-L'ho
detto io che tu pensi solo a divertirti!- a quel punto Efestione
notò
le carte che avevo sparse sul mio tavolo da lavoro e si
avvicinò
per dare un'occhiata, lasciando cadere la mia provocazione
-Interessante...- borbottò -Vuoi scrivere le tue memorie?-
-Era
solo un abbozzo, qualche appunto. Da qualche tempo ho iniziato a
pensare che non voglio rischiare di dimenticare tutti gli
straordinari avvenimenti che ho vissuto-
-La
trovo un'ottima idea! Anche Tolomeo stava lavorando a qualcosa di
simile, ma è già a buon punto-
L'arrivo
di uno schiavo che portava due coppe di vino e della frutta ci
distrasse dai ricordi e per un po' discutemmo su quali vigneti
producessero il vino migliore, tra la Grecia e l'Asia. Poi
però
il discorso tornò nuovamente sulle nostre imprese passate
-Di
certo gli dei ti amano molto:- sosteneva Efestione -eri sempre in
prima fila e ti esponevi ad ogni sorta di pericoli... ed eccoti qua,
ancora vivo e senza danni. Ti ricordi ad esempio quando combattemmo i
Malli?-
-Un
inverno di diciassette anni fa- annuii. Avevo conservato memoria
perfetta di tutte le mie battaglie; anche la conclusione dell'assedio
alla capitale dei Malli, potevo vederla con gli occhi della mente
come se l'avessi avuta davanti. Ero salito per primo su una delle
scale d'assedio ed ero giunto sulle mura. Dietro di me però
talmente tanti soldati tentavano di arrampicarsi che la scala si
spezzò ed io rimasi solo, fatta eccezione per il valoroso
Peucesta. Eravamo circondati dai nemici e stavamo rischiando
più
di quanto non sarebbe stato opportuno. Infatti uno fra i difensori
della città scagliò verso di me un giavellotto
con mira
perfetta. Mi avrebbe trapassato un polmone se Peucesta, che non se
n'era accorto, non mi avesse dato inavvertitamente una spinta.
Ricevetti invece una ferita non grave, dalla quale mi ripresi
velocemente.
-Anche
tu però non sei mai stato un codardo. E comunque,- aggiunsi
scherzosamente -combattevi al mio fianco: ti tenevo d'occhio!-
sbuffò
-Non avevo certo bisogno di essere controllato da una balia per
mostrare il mio valore! E anch'io sono certo di avere la mia dose di
protezione divina. Ad esempio quando ad Ecbatana mi ammalai. Un
oracolo ci avvertì di tenere d'occhio il nuovo medico,
Glauco:
mi credeva guarito e si allontanò, e poco dopo mi sentii
male
di nuovo. Per fortuna avevi fatto chiamare Filippo, che era molto
più
capace- a ripensarci sospiravo ancora di sollievo. Avevo... confesso
di aver avuto paura in quei giorni. -A volte però sembrava
che
tu volessi sfidare il destino. Ora sono certo che sapevi quello che
facevi-
-Ti
riferisci per esempio a Gaugamela?- sbottai
-Erano
tanti più di noi che non si potevano contare, e Parmenione
ti
aveva dato un saggio consiglio: attaccare a sorpresa, di notte-
Parmenione era stato, è vero, un ottimo generale e le sue
proposte derivavano dall'esperienza e non dalla vigliaccheria. Poi
però suo figlio aveva tradito... -Aéxandros
non ruba le sue vittorie-
mi fece il verso con quel suo insopportabile irresistibile sorrisetto
-E comunque anche tu eri preoccupato.- aggiunse -Dei dell'Olimpo che
strana notte! E' stata la prima e l'ultima volta che hai sacrificato
alla Paura-
-Non
volevo che prendesse i cuori dei miei uomini, ma di quelli di Dario.
Direi che è stata una vittoria splendida, epica. Quel giorno
catturammo anche le spose e la madre di Dario, la sua tenda e molte
ricchezze-
-Ma
ora,- interruppe Efestione alzandosi -non stiamo qui a rimuginare sul
passato come se fossimo decrepiti. Piuttosto, stasera non ci saranno
le celebrazioni in onore di Eracle?-
-Ci
sarà un banchetto strepitoso, te l'assicuro, e una
processione
grandiosa prima dei sacrifici. Verrà anche Clearco?-
-Lo
costringerò. Mio figlio sta diventando un solitario, e la
cosa
non mi piace affatto. E poi non ama la vita di corte-
-Io
credo di sapere perché: non va affatto d'accordo con
Alessandro-
-Già...-
assentì -E' un vero peccato che i nostri figli non abbiano
un
buon rapporto-
-Non
si può essere amici di tutti, io non me ne preoccuperei. Ti
ricordi quand'eravamo ragazzi noi? Io non sopportavo Clito, ma mio
padre insisteva sempre perché rimanesse tra gli
hetàiroi,
poiché un re deve imparare ad essere diplomatico anche con
chi
gli è ostile-
"Così,
conquistata l'Asia, e parte dell'India, regnavo su terre prospere e
ricche. Avevo unito l'Est e l'Ovest e sconvolto i confini del mondo
conosciuto. Dopo di me la Storia non sarebbe più stata la
stessa".
P.S. Scusate lo spudoratissimo happy ending *_* ma non ho resistito all
possibilità di donare un po' di pace ai nostri eroi...
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