The Training.

di annasophia evans
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The Training.

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PROLOGO.

Steve.
La casa è in ordine, forse perché è completamente vuota. Solo io e il mio letto, qualche raggio di sole che cerca di infiltrarsi tra la tendina perennemente chiusa, e i miei pensieri che si rincorrono, che giocano a rimbalzare su i muri monocromatici. Questa è la mia vita, da qualche mese a questa parte. Completa solitudine, completo vuoto.
Da quando Natasha è partita, le mie giornate sono più lunghe, e tutto ha meno senso. Lo S.H.I.E.L.D ha meno bisogno di me e tutto ciò è invivibile. In tutta la mia vita, ho sempre pensato il mondo avesse bisogno del mio aiuto.
Ma ora che il letto ha preso la mia forma e la stanza si è adattata al mio odore, penso che fare davvero qualcosa è praticamente vitale.
La faccenda di Bucky mi ha distrutto, e certe volte mi arrendo al pensiero che lui sia davvero cambiato. Non è più come quando eravamo nell’esercito, ‘qualche anno fa’ e sembra stupido avere la sensazione di averlo perso per sempre. Ma lui è lì dentro, da qualche parte. Nel suo cuore, so che qualcosa è rimasto. I miei occhi li ricorda, l’ho visto.
Continuo a volergli bene come ho sempre fatto, ma mi è difficile. Tremendamente difficile. Ora che non riesco a salvare lui, credo di non volere salvare nemmeno me stesso.


Jess.
Il finestrino del treno riflette la mia figura esile, e per la prima volta da un po’ riesco a guardarmi il volto senza girarmi dall’altra parte dopo pochi secondi. Poco dopo, il mio sguardo passa dalle mie ciglia ben allungate ai binari del treno che passano veloci, scattanti, pur restando immobili.
Immagino già Washignton, grande, chiassosa, allegra. Immagino il grattacielo enorme che si estenderà avanti ai miei occhi una volta entrata nella mia nuova abitazione, che forse tra qualche settimana riuscirò a chiamare ‘casa’.
L’addestramento dello S.H.I.E.L.D. mi fa paura. Io non sono come loro, io sono tremendamente normale. Nessun dono. Sono solo un esperimento riuscito male. La materia che mi gira nelle vene al posto del sangue era solo qualcosa che poteva, doveva essere letale, ma che io sopporto da dodici lunghissimi anni.
Ferro liquido, acciaio che scorre. Non hanno mai capito cos’è. Nessun dottore, nessuno scenziato. Io sono solo un grandissimo enigma da risolvere. Come un fottutissimo indovinello.
E diciamocela tutta, non voglio nemmeno farla, questa cosa. Sono così bassa e magra da far schifo, e l’unico potere che ho è quello di far incazzare la gente.
Ma forse è questo, ciò che sto facendo. Sto cercando di imparare quali potrei avere, e come usarli. E lo S.H.I.E.L.D. vuole me e nessun’altra diciannovenne sbandata che vive dall’altra parte del pianeta.
Non so cos’è ciò che mi sveglia da i miei pensieri, in questo momento. Forse il fatto che siamo appena arrivati nella mia nuova città, o forse il fatto che la terra sotto il treno si è completamente fermata.
Mi guardo le scarpe sudice un’ultima volta, e sono pronta ad alzarmi, a rinascere.
Così mi alzo, ma l’unica cosa che riesco a sentire è un insostenibile mal di testa.
 




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