Episodio 5 -
Troppo studio
Era impossibile. Facendo del suo meglio aveva imparato i
domini, le
derivate prime, le derivate seconde, che cos'erano i punti di massimo,
di minimo, di flesso... Era stato tremendamente complicato!
Adesso non le si poteva chiedere di studiare anche la funzione
di 'e' elevato alla x! Lei non sapeva da dove cominciare!
Sollevò gli occhi dal foglio.
Oltre il tavolo Mamoru studiava sereno. Si fidava.
Lei non poteva arrendersi senza aver nemmeno
cominciato. Le risposte stavano nel libro, no?
Poteva consultarlo, quello era solo un esercizio. Poteva
saltare fuori
all'esame di ammissione, e se lei non scriveva neppure mezza parola...
Rabbrividì e cominciò a sfogliare le pagine.
«Va tutto bene?»
Si morse un lato della bocca. «Solo un ostacolo.
Adesso lo
supero.»
«Se vuoi un aiuto, sono qui.»
Evitò di guardarlo. Quando vedeva gli occhi gentili
di lui
aveva
sempre voglia di buttarsi tra le sue braccia, per chiedergli di
risolverle tutti i problemi che aveva.
Era sbagliato, all'esame sarebbe stata sola.
Se non capiva nulla dell'esercizio, era chiaro che doveva
ricominciare
dal principio.
Da qualche parte c'era scritto sicuramente qual era il dominio di
quella brutta lettera 'e'.
... forse aveva sbagliato a saltare dei pezzi nelle scorse
settimane,
ma non aveva tempo. Oltre a matematica, aveva un'enormità di
materie da studiare per essere ammessa alla Todai.
Ce la stava mettendo tutta, ma non era ancora in pari.
«Usako?»
Respirò a fondo. Come avrebbe fatto a dirgli che
non lo
aveva
ascoltato quando lui le aveva spiegato la funzione
esponenziale? Si ricordava qualcosa del logaritmo naturale,
che forse era il
contrario, però...
«Usa.»
Lo guardò. «Voglio farcela da
sola.»
Mamoru strisciò attorno al tavolo, raggiungendola.
«Che esercizio è?»
«Quello che mi hai spiegato l'altra
volta.»
Lui vide la funzione. «Ah, sì. Te lo
rispiego?»
Gli stava facendo perdere tempo, anche lui aveva da studiare.
«Cosa c'è?»
«Forse... forse mi serve trovare... un mio metodo?
Per
ricordarmi
come si procede in questo caso. Adesso leggo per bene il libro e
faccio
degli schemi, come mi hai insegnato tu.»
Pregò che non insistesse, ma Mamoru la conosceva
abbastanza
da capire che era nervosa.
«Non vuoi che ti aiuti?»
«Non voglio disturbarti.»
«Sei venuta a casa mia per studiare.»
Sì, e lo faceva tutti i giorni, da quasi un mese.
Alcuni
pomeriggi erano migliori di altri, imparava di più. In altri
momenti invece guardava il cielo e pensava solo... 'Voglio uscire da
qui.'
Lo studio le stava annebbiando la testa, ma arrendersi era
fuori
discussione. Aveva fatto troppi progressi.
La prima volta che aveva completato un esercizio complesso da
sola, si
era sentita così fiera. E Mamoru? Lui le aveva sollevato le
braccia per aria. 'Verrai ammessa!'
Non poteva deluderlo, assolutamente no!
«Usagi, non ragionarci su per un'ora.
Così perdi tempo. Adesso ti rispiego tutto,
tranquilla.»
«Okay.» Si arrese e cominciò ad
ascoltare.
Prestare attenzione la portò solo a confondersi.
Perché
un tizio di nome Euler si era inventato quel numero? E
perché
equivaleva a 2,71 qualcosa? Che significava 'irrazionale'?
La teoria matematica per lei era come la scienza
aerospaziale,
roba da geniacci ultraterreni. Riusciva a fare solo gli esercizi,
perciò le interessava esclusivamente il trucco
per risolverli in fretta.
Mamoru non se ne rendeva conto.
Ovviamente, aveva ragione lui. Al livello a cui era arrivata,
oramai le toccava capire decentemente anche la teoria. Le serviva per
fare i
disegnini sul grafico, no? Le piacevano i disegni. Almeno
davano un senso a tutti quei
numeri.
«Hai capito?»
Colta in flagrante, deglutì. «Ho...
bisogno di una
pausa.»
«Devi andare in bagno?»
«... No.»
«Ci siamo messi a studiare da dieci
minuti.»
Ecco il tono che la faceva sentire male. Lui lo aveva usato ai
tempi in
cui
lei si era trovata ad un livello completamente diverso dal suo, nei
panni
della studentessa ignorante che a stento avrebbe preso il
diploma. Quasi si mangiò un'unghia.
«Mamoru...
Oggi posso
andare a casa?»
Lo sorprese. «Non devi chiedermi il permesso.
Però...»
Non voleva sentire l'obiezione. «Allora vado a
casa.»
«Usa.» Si sentì afferrare un
braccio.
«Usa.»
Dovette fermarsi mentre si alzava.
«Sì?»
«Perché non mi stai guardando?»
Aveva paura di tradirsi. Ma poteva dirgli una parte
della verità.
«Quando non capisco le cose, mi innervosisco.»
Incontrò i suoi occhi, per non farlo preoccupare.
«Oggi le
parole mi entrano da un orecchio e e mi escono dall'altro.»
Ridacchiò come una stupida. «Ho la testa
vuota!»
«... Sei stanca?»
Sì, ma non perché aveva sonno. Aveva
bisogno di
una giornata senza aprire libri. L'indomani si sarebbe
pentita, però...
«Puoi rimanere a dormire qui, se vuoi.»
No. Al risveglio se lo sarebbe trovato accanto, con un sorriso
incoraggiante che la invitava a una sessione di studio
pre-cena.
Lui le lasciò la mano. «Non vuoi
restare.»
Lo stava ferendo. «Non voglio studiare.»
Si
sentì enormemente bene nel dirlo.
«In effetti è da un mese che...
Già,
prenditi un pomeriggio. Così domani sarai in
forze.»
Per studiare di nuovo. Giusto, inevitabile.
Ma era sbagliato da parte sua volere più di
ventiquattro
ore? Voleva una settimana intera di vacanze, anzi, un mese!
Era una stupida ragazzina: sapeva benissimo di non poter
chiedere a nessuno tanto tempo, neppure a se stessa. La data dell'esame
non si sarebbe spostata per far spazio ai suoi bisogni.
Mamoru la stava valutando. «Sei sotto stress. Okay,
prenditi
il tempo che ti serve.»
«Può essere solo questo pomeriggio. Non
abbiamo
ancora
iniziato con Fisica. Non so niente di Fisica.» A scuola non
aveva ancora
smesso di prendere sufficienze rosicate. Se anche si impegnava
a
studiare le basi, il programma scolastico era molto più
avanti,
e lei ancora incredibilmente indietro. Solo con matematica
aveva avuto qualche successo, ma alla
fine, anche
lì...
«Usa...»
Tratteneva a stento le lacrime.
«Perché ora piangi?» Mamoru
provò a tirarla giù, ma lei resistette.
Le veniva da piangere perché, anche dopo mesi di
sacrifici,
non aveva smesso
di sentirsi un'incompetente. Più andava avanti e imparava,
più la massa di cose da sapere faceva un balzo in avanti,
aprendole
interi mondi che lei non era in grado di capire, che non voleva
capire.
Era solo una sciocca ragazza a cui interessavano i manga, i
drama, le
canzoni... Ma da un mese a stento guardava la tv!
Una futura regina non si poteva permettere di restare
ignorante.
Mamoru riuscì a farla sedere. «Usagi. Fai
un bel
respiro.»
Accolse il consiglio solo quando anche lui inspirò
a fondo,
per farsi imitare.
Espirando l'aria, Usagi rise piano
e si stropicciò una guancia umida.
Mamoru annuì. «Se non vuoi studiare,
possiamo non
studiare. Basta dirlo.»
Non era così semplice, per troppe ragioni.
«Ti
faccio
perdere tempo quando mi aiuti. Se non devi assistermi con lo studio, mi
sento ancora più in colpa a distrarti dai tuoi
libri.»
Mamoru era perplesso. «Pensavo che fossi tu a voler
studiare
tanto. Stavo seguendo i tuoi ritmi.»
Che voleva dire? «Non posso studiare di
meno!»
«La cosa più importante è uno
studio di
qualità, Usa. Lascia perdere i tempi. Se devi scegliere, il
tuo motto dev'essere 'Poche
cose, ma buone'.»
Ahh, quelli erano i consigli che la facevano
sprofondare! Quando lui parlava così aveva l'aria
del
professore, e al
suo cospetto lei era solo una somara.
Mamoru la guardava, attento. «... Non devo
più
parlare di studio?»
Sì. No. «È meglio se vado a
casa.»
Venne stretta in un
abbraccio. «Aspetta.»
Non si staccò.
«Stiamo litigando?»
Sospirò contro il suo collo.
«No.» Era
lei il problema: si sentiva come una corda tesa, pronta a spezzarsi.
Mamoru non parlò più. La
sistemò
meglio contro di sé, sopra le proprie gambe, e Usagi si
appoggiò a lui, in cerca di parole che non aveva.
Sul viso percepì dei piccoli respiri.
Poiché lo conosceva, sorrise a occhi chiusi: a
volte anche
Mamoru, che era tanto intelligente, non sapeva cosa dire.
Adagiò la testa sulla spalla di lui.
Cominciò a permettersi di riposare, di sentire.
La camicia di Mamoru era soffice contro la sua guancia.
Profumava come
le lenzuola del letto di quella casa - di lui e di serenità.
Le poche volte che lei si svegliava lì, si arrotolava tra le
coperte, per prolungare il momento. Guardava la luce del giorno
attraverso le lenzuola bianche e sorrideva, cercandolo. Si accucciava
contro il fianco caldo di lui, a volte si addormentava di nuovo.
Erano i suoi attimi di gioia infinita, piccoli e continui,
forse meno
frequenti di un tempo.
Da quanto non assaporava un abbraccio come quello?
Non ebbe subito una risposta e, mesta, lo strinse un poco
più
forte.
«Ti sono cresciuti i capelli.»
«Hm?»
Si senti prendere una coda.
«Ti arrivano alle ginocchia...»
Sorrise. «Può darsi.» Si era
dimenticata
quando era stata l'ultima volta che li aveva tagliati.
Mamoru continuava a strofinare una ciocca con le dita.
Lei si girò. «Cosa
c'è?»
«Niente.» Lui li portò alla
faccia.
«Mi ricordavo che fanno il solletico quando stanno sul
naso.»
Si agitò sotto i fili biondi, facendola ridere.
Mamoru le lasciò andare la coda. La
guardò
e
posò la fronte sulla sua.
Avvicinandosi ancora, Usagi mischiò i loro respiri.
«A volte, non ti sembro... io, vero?»
Lei si scostò, per capire.
Lui pensava. «Ti comporti come se io fossi una
persona che
può dirti qualcosa che non ti piace.»
Suonava - pensò Usagi - tremendamente vero.
«Mi conosci. Che cosa potrei dirti, Usa?»
«Sei molto più studioso di me.»
Mamoru non capì se era un problema. «In
questo
mese mi hai superato.»
«Per me è uno
sforzo così
grande. Mentre... a te piace.»
Lui provò a capire qual era il nodo da districare.
«Mi sento... come quando ci siamo
incontrati.»
Usagi cercò di spiegargli. «Tu intelligente, io
stupida.»
Mamoru si adombrò. «Non lo penso
più.»
Lei apprezzò che non la smentisse sul passato.
«Il
problema è tutto quanto, non solo tu. Mi impegno a studiare
e capisco, ma...»
«Hai fatto passi da gigante. Sono fiero di
te.»
Questo le dava un mondo di felicità. Al contempo...
«È una responsabilità. Ora mi vergogno
molto di più quando vengo a dirti che, in alcune materie,
non ce la faccio proprio, anche studiando.» Era in imbarazzo
con lui più che con i suoi genitori: loro si erano
rassegnati, non si aspettavano più niente da lei, a
differenza di Mamoru.
Lui stava scuotendo la testa. «È normale,
hai-»
«-delle lacune» terminò lei.
«Ho delle voragini. In dieci anni non ho mai studiato bene.
Ora devo recuperare tutto in pochi mesi.»
«Devi solo fare del tuo meglio.»
L'incoraggiamento le metteva tanta pressione.
«No, Usa. Devi fare del tuo meglio, ma questo non
significa
che devi
riuscire a tutti i costi. Scegli tu qual è il tuo meglio.
Con calma, coi tuoi tempi.» Il sorriso di lui fu amaro.
«Mi sembrava che stessi andando troppo in fretta, ma... Non
è necessario impressionarmi. Sono già
impressionato.»
Per forza,
bofonchiò lei.
«Cosa?»
Parlò a voce alta. «Rispetto al disastro
che ero
agli inizi, per forza ora ti sembro...»
«Una persona che si impegna.» Lui le
sfiorò la guancia con le dita. «Agli inizi mi
sembravi irraggiungibile, sai?»
«Eh?»
Mamoru quasi sorrise. «Tu eri normale rispetto a me,
Usa. Per
te era facile vivere.
Io dovevo pensare a ogni parola, a ogni mossa. Mi chiedevo se, standoti
vicino, sarei migliorato.» Le accarezzò la testa.
«Mi chiedevo se un giorno ti sarei sembrato meno
strambo.»
Lei provò a protestare, ma si zittì.
Come lui,
non sarebbe stata disonesta, ma non era piacevole.
Mamoru annuì. «Oggi mi guardavi nello
stesso
modo.»
«No.»
«Sì. Come se fossi troppo strano per te,
e
perciò tu non potessi starmi vicino.»
«Era senso di inferiorità!
Perché sei
troppo intelligente.»
Mamoru la osservò. «Non so tante cose.
Quella di
cui voglio essere sicuro è che... ti faccio sentire bene. La
prossima volta, dimmi in faccia cosa c'è che non
va.»
Suonò come un rimprovero. Usagi si sentì
in colpa.
Mamoru abbassò le braccia. «Non ti
riconosco.» Sorrideva. «In passato, quando ti
sentivi così non mi davi contro?»
In passato non le era importato dell'opinione di lui. Ora era
tutto per
lei.
«Dammi contro, Usa. Crea un bel match.»
Eh?
«Li trovavo divertenti.»
Anche lei. «Adesso?»
Mamoru scosse la testa. «Affrontami quando senti di
nuovo che
ti sto dando fastidio, in qualunque cosa. Preferisco lo scontro alla
fuga.»
Ah. «È solo che ho paura di farti male.
Sei
diventato così delicato quando si tratta di me...»
Lo colpì sul vivo, e si guadagnò un
sorriso
incredulo.
«Mai quanto la tua pancia» disse lui.
In che sen-?
Usagi saltò in aria. Il solletico no!
Si dimenò, ma non riuscì a scappare.
«Basta basta ba-!»
Si appoggiò sul tavolino e sgusciò via.
«Ehi! Antipatico!»
«Codarda.»
«A me?» Afferrò il
bicchiere da cui
aveva bevuto. Era ancora mezzo pieno.
«No.»
Sorrise a trentadue denti. «Paura di un po' d'acqua,
Mamo-chan?»
«Usa...»
Indietreggiare non gli servì. «Ti
prendo!»
Rinvigorita, saltò sul tavolo come una folle,
disegnando un
arco in aria. Mentre volteggiava sopra la testa di lui, gli
buttò l'acqua dritto sui capelli. Atterrò al
suolo a ginocchia piegate, in equilibrio perfetto.
Fradicio, Mamoru spalancò la bocca.
Lei pure. «Ah... io...» Guardò
il
bicchiere vuoto. Aveva usate le sue capacità Sailor
per bagnarlo!
Lui scoppiò a ridere.
Lei mollò il bicchiere sulla mensola dell'ingresso.
«Scusa!»
Mamoru la tenne lontana con un dito, muovendosi verso il
corridoio.
«Adesso so cosa ci manca! Un allenamento!»
«Mamo-chan...»
Seguì le risate di lui verso il bagno.
Lo raggiunse mentre Mamoru prendeva un asciugamano.
«Non te la sei presa, vero?»
«No, Usa. Mi rifarò quando ci alleneremo.
Preparati.»
Se la metteva così... «Come vuoi. Non
sarò clemente.»
«Brava.»
Lui la premiò con un bacio rapido, ma lei lo
premiò trattenendolo. Con le mani sui suoi capelli bagnati,
premette la bocca contro la sua, nella maniera più dolce che
conosceva.
Si staccò. «Usciamo.»
Lo aveva reso felice. «Dove?»
«In giro. Forse al cinema?» Lo
trascinò
in un girotondo. «Oggi festeggiamo!»
«Che cosa?»
«Io e te. Senza motivo.»
Lo intenerì, e per dargli un momento per
riprendersi, si
abbassò a recuperare il phon per
lui. «Tieni. E sappi che un giorno potrai fare lo
stesso.»
«Hm?»
«L'acqua sulla testa. Io non mi
lamenterò.» Si mise una mano sul cuore.
Mamoru attaccò la presa alla corrente.
Esitò ad
accendere il phon. «Scelgo oggi.»
«Impaziente.»
«Più tardi, quando torniamo.»
Che stava pianificando?
Lui indicò la vasca alle loro spalle.
«Sotto la
doccia. Siccome dovrò essere io a versare l'acqua, meglio se
ci togliamo entrambi i vestiti.»
In silenzio, lei indietreggiò verso la porta.
«Che
maniaco.»
«Parla quella che sta ridendo.»
Si finse offesa. «Ho imparato dal
migliore.»
E, siccome per quel giorno aveva deciso di mettere in pausa lo
studio -
di qualunque tipo - chiuse piano la porta. «Datti una
mossa.»
Tornò felice in salotto e mise via i libri.
Per far pace anche con loro, li baciò sulle
copertine.
«Mmuah! Non preoccupatevi, ci rivediamo domani! Questo
pomeriggio vado in giro con Mamo-chan, poi torniamo qui a fare gli
hentai insieme...» Ridacchiò. «Dedico la
giornata all'amore, capite?»
«Parli da sola?!»
Oltre il rumore del phon, gli lanciò una
linguaccia.
«Muoviti, o me ne vado senza di te!»
Sospirando di gioia, si abbandonò felice sulla
moquette.
NdA: Sono arrivata ad avere un'idea per questa raccolta, dopo anni che
non la riprendevo, per processi mentali troppo contorti per essere
spiegati :D
Spero che vi sia piaciuta. A me è piaciuto
riscoprire anche
Usagi e Mamoru, dopo tanto tempo che non mi dedicavo a loro in momenti
felici e spensierati come questi (NdUsagi: insomma!)
ellephedre