9- Your
happy ending
Occhiaie
pronunciate, capelli arruffati e ginocchia strette al petto, Emily
stava chiusa
in casa, all’angolo, spalle appoggiate ai due muri.
Ciondolava
avanti ed indietro e guardava freneticamente le finestre, sprangate.
Il suo viso, rimasto ormai tutto occhi, era scarno, incavato, triste.
Il suo
cuore batteva ancora all’impazzata e muoveva tutto
quell’esile corpo insieme
con il rapido alzarsi ed abbassarsi della cassa toracica.
Il
coltello lo aveva lasciato fuori dalla casa, prima di chiudercisi
dentro e
sprangare bene porte e finestre. Si era poi ritirata in
quell’angoletto, con le
ginocchia strette al petto, abbracciando le gambe.
Accanto
a lei i colori acrilici che aveva usato per tappezzare quei piccoli
pezzi di muro che erano alla sua portata.
Quando
Emily avvertiva che Sasha era in procinto di prendere il sopravvento,
scaricava la rabbia scrivendo, disegnando, imprimendo se stessa sui
muri
circostanti, per ricordare a se stessa chi lei veramente fosse.
E’
il mio corpo. È la mia vita, lei non
può portarmela via. Sono io che l’ho creata.
Continuava
a rassicurarsi del fatto che sarebbe riuscita a controllare
Sasha da sola, non voleva più coinvolgere nessun altro.
Le
immagini della dottoressa Marys erano ancora vivide nella sua memoria
ed il
senso di colpa la divorava dall’interno.
Nuove
lacrime affiorarono sul volto della ragazza, ma non aveva
più nemmeno la
forza di asciugarle, e le guardò infrangersi a terra, come
le sue speranze di
tornare una persona normale.
Sasha
non si era più fatta viva da quando l’aveva
abbandonata in mezzo al
sangue della psicologa.
Sasha
non si era più fatta viva da quando aveva deciso di smettere
di aiutare
Emily.
Ma
Emily temeva una sua vendetta. Verso di lei.
Dentro
la sua testa sentiva rimbombare la voce del suo alter ego, ma sapeva
che
era solo un’impressione. Ogni volta che quella voce rideva,
con quella sua
risata così malvagia, le mani di Emily correvano alla testa
e scuoteva
quest’ultima vigorosamente, arruffando ancora di
più i capelli sporchi, che non
curava più da ormai due settimane.
Per
ogni passo avanti che Emily pensava di fare, ecco che poi ne faceva due
indietro.
Ormai
la sua non era più vita, presto le sue scorte di cibo
sarebbero finite (
non che ne attingesse più di tanto…) e sarebbe
morta di fame.
Non
era mai stata particolarmente forte, e l’idea di suicidarsi
invece che
morire di fame le sembrava troppo difficile.
Che
devo fare?
Chiedeva
a volte, non sapeva più se a se stessa, ad un qualche dio in
cui
non credeva, o, quello che temeva di più, alla persona che
fino ad adesso aveva
preso le decisioni più importanti per entrambe, la stessa
Sasha.
Sul
suo corpo c’erano i segni del suo autolesionismo, ma stavolta
non si
trattava più di tagli netti fatti col coltello, no, quello
lo aveva lasciato
fuori, lontano dalla portata di Sasha, si trattava di graffi profondi
fatti con
le poche unghie che le erano rimaste. Se le strappava, se le mordeva,
le
raschiava sui muri come fosse un gatto.
Ormai
la concezione di tempo era andata a farsi benedire e Emily non sapeva
più
quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva
dormito, che aveva
mangiato… non sapeva più da quanto tempo fosse
chiusa in casa.
Si
può sapere che ci stai facendo?
Eccolo.
Terrificante. Orribile. Spaventoso ai limiti del possibile.
Emily
non aveva dubbi, questa era Sasha. Si era rifatta viva. Stavolta non
era
un’illusione.
-Vai
via!
La
poveretta prese la testa fra le mani e la scosse vivamente.
Si
può sapere che diamine stai facendo?
Chiese
ancora l’altra.
Emily
cercò di muovere la mano verso i colori, ma aveva
già perso il potere su di essa.
-Vai
via ti prego…
Già
le lacrime cominciarono a scendere.
Sei
patetica… Avevo quasi intenzione di
vendicarmi del tuo tradimento, ma a vederti così…
Come ti sei ridotta. Mi fai
abbastanza schifo…
-Allora
vai via! Lasciami in pace…
Senza
fatica, Sasha prese il controllo del corpo e cominciò a
mangiare.
Pensi
forse che mi possa andar bene, l’idea
di morire di fame?
Emily
non sapeva più cosa rispondere. Sasha sembrava aver ripreso
completamente
il controllo di se stessa. Non era più la Sasha impazzita
che voleva ad ogni
costo salvarla da tutto e tutti.
Sai,
in questi anni ho imparato ad
odiare il genere umano. Ho vissuto con la convinzione che noi, io e te
sole,
fossimo diverse da questo ammasso di merda che abbiamo il coraggio di
chiamare
umanità. Ma non è affatto così, e ora
l’ho capito. Noi facciamo parte di questo
complicato mondo.. Di queste complicate, patetiche, ridicole e schifose
pustole
che popolano il pianeta Terra, e siamo come loro.
Mi sono resa conto che per tutta la durata della mia vita non ho fatto
altre
che cercare insistentemente di permettere ad una pustola patetica come
te, di
continuare a popolare il pianeta. Poi mi sono resa conto
dell’errore. Ho preso
del tempo, sai, per calmarmi.. per pensarci un po’
su… e mi sono calmata, e ci
ho pensato. Il genere umano è solo un ammasso di
opportunismo. Ti ho fatto
comodo per un po’ di tempo, ed ero felice di aiutarti, ma poi
ti sono venuta a
noia e hai cominciato ad odiarmi. Sono cresciuta dentro di te, vivendo
in un
ambiente ostile, vivendo in simbiosi con l’odio. E
quest’odio si è ribaltato su
di me. Sulle mie azioni. Inizialmente non avevo altro scopo se non
quello di
aiutarti, ma poi mi sono sobbarcata tutto il TUO odio e ho iniziato a
fare cose
sbagliate. Cose delle quali in fin dei conti nemmeno mi pento,
perché ho solo
contribuito a liberare il mondo dalla terribile feccia che lo popolava,
ma che
comunque non avevano nessun fine pratico, se non quello di liberarmi
dal
terribile fardello che Tu avevi fatto sì che portassi. Poi
mi sono chiesta,
perché? Perché dovevo scaricare il TUO odio?
Perché non lo facevi da sola? E mi
sono resa conto che la risposta era molto semplice: Tu non lo sapevi
fare.
Ora, come allora e come sempre, tu non sei in grado di fare nulla senza
di me.
Nonostante tutto, io ti amo ancora.
So cosa vuoi, e so come ottenerlo.
Sasha
smise di mangiare e si avvicinò alla finestra. Tolse le
spranghe di
legno e guardò il suo riflesso. Emily piangeva, tanto per
cambiare.
Diede
un pugno alla finestra e questa si infranse in tanti pezzettini
più
piccoli, lasciando sulle sue nocche del sangue rosso vivo.
Emily
sussultò.
Sasha
scavalcò ciò che rimaneva della finestra e si
avvicinò al coltello che
ancora giaceva vicino alla porta.
Era
un po’ arrugginito e sporco di terra.
Guarda
che gli hai fatto…
Lo
prese comunque, e tornò in casa.
Emily
piangeva.
Sasha
provò a passare l’indice sulla lama.
Una
stiletta di sangue uscì dal dito della ragazza.
Oh,
che meraviglia, la lama funziona
ancora!
Emily
piangeva.
Sai,
una volta qualcuno disse che amare
una persona vuol dire mettere la sua felicità prima della
propria. Pensare
prima ad essa che a noi stessi… Concordi?
Emily
piangeva.
Va
bene, ho capito, fai anche la muta,
non fa niente… Ci penso io.
Sasha
portò la lama al collo.
Con
un colpo secco la ragazza recise la giugulare ed il sangue
cominciò a zampillare
fuori.
Solo
una cosa riuscì a percepire prima che tutto diventasse buio.
Grazie…
sapevo che avrei sempre potuto contare
tu di te…
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Saaaaaaaaaalve
a tutti ^_^
Come potete ben vedere l'editor continua a farmi storie e per questo
son diiiiispeeeeeraaaataaaaa!!!! T.T
Se qualcuno sa come mai questo coso si rifiuta di farmi rimettere il
carattere come quello delle storie precedenti, per favore let me
knowwwwwwww!!!!
Detto ciò, la storia è finalmente finita, finale
banale? Scontato? Penso proprio di si purtroppo :( ma è
inutile portarmela troppo per le lunghe, questo è il solo ed
unico finale che questa storia poteva avere.. ma
chissà...non mi sento ancora pronta a lasciare Sasha ed
Emily per sempre, magari.....
Vabbè, io vi saluto ^_^
Spero che anche questo ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento :D
Ciao ciao <3
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