Scacco matto

di Alsha
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- STORIA RISCRITTA  IL 21-12-2020 -


SCACCO MATTO

Il dolore arriva un attimo dopo il freddo dell’acciaio.

Dura per giusto un secondo, prima superi il limite di ciò che il suo corpo può percepire. Quasi non sente la spada di Suzaku che scivola fuori dal suo corpo, un centimetro dopo l’altro, o l’impatto con la piattaforma quando il suo unico amico -e il suo peggior nemico- lo lascia cadere in avanti.

Di quello che lo circondava, rimane solo l’immensa distesa del cielo davanti ai suoi occhi annebbiati, il sapore di rame sulla lingua e l’odore acre del sangue attorno a lui.

Nunnally sta piangendo, forse per il terrore, forse per pietà verso quello che un tempo era suo fratello. Le sue parole sono un brusio lontano, perso tra le grida della folla.

Grida di gioia, ne è certo.

È andato tutto come doveva andare, il suo compito è stato portato a termine.

Un compito doloroso e sanguinario, ma necessario. Spera soltanto ne sia valsa la pena.

Non si sarebbe mai detto estremamente attaccato alla vita, Lelouch, ma per un attimo riesce quasi a comprendere cosa dovevano aver provato le persone sacrificate all’altare dei suoi piani nei loro ultimi istanti.

Un ultimo attimo di auto preservazione, di attaccamento al relitto sanguinante che è il suo corpo, lo strumento per eccellenza, l’ultima pedina da sacrificare sulla scacchiera.

Crederanno di avere vinto, di aver purificato il male del mondo incarnato in un’unica persona, senza sapere che la loro vittoria era lo scopo della sua intera strategia.

Lelouch, che non aveva mai perso, si era fatto giocatore e pedina per la vittoria di qualcun altro. Ha indossato la corona del re ed è sceso sulla scacchiera per mettersi sotto scacco da solo.

Spera che sia servito a qualcosa, essere diventato il male incarnato per esorcizzarlo dal mondo con un singolo fendente. Spera che il fine valesse i mezzi.

Spera che Nunnally capisca, che accenda una candela per lui. Magari, persino, che riesca a ripensare a lui come suo fratello che amava giocare a scacchi, e non al tiranno che aveva scambiato gli esseri umani per pedine.

Spera come non ha mai sperato prima, tra gli ultimi spasimi del suo cuore stremato e gli ultimi fremiti delle sue sinapsi.

Non vede più il cielo, non sente più l’odore del sangue, né il suo sapore che gli riempie la bocca. In lontananza, sente appena sua sorella piangere.

Addio.



Ad eventuali lettori di passaggio su questa vecchissima storia,
ho riscritto tutto ciò a quasi sette anni di distanza dalla sua pubblicazione, dopo essere stata spinta dalla quarantena a navigare nei meandri oscuri delle mie storie più vecchie.
Ho cercato di mantenermi abbastanza vicina al testo originale (in senso lato, come tema non era originalissimo) ma aggiustandone un po' tutto il resto. Difficile, soprattutto considerando che non rivedo Code Geass da altrettanto tempo, ma sono certa che il salto di qualità sia comunque evidente.
Una via di mezzo tra chi ero come scrittrice e quello che sono adesso.
E una sorta di grazie ai lettori di allora che, sostenendomi e commentando, mi hanno fatto rimanere la voglia di continuare a scrivere.

Alsha



 




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