La porta dell’infermeria si chiuse e nella grande stanza calò il silenzio. Neville continuava a fissare le lenzuola del letto di Ron senza avere il coraggio di dire qualcosa; Luna era intenta a leggere per l’ennesima volta un articolo del Cavillo e Ginny giocava con le frange della coperta del letto di Hermione.
Ron si schiarì la gola e quattro paia d’occhi si fissarono su di lui, come se si aspettassero che dicesse qualcosa, ma lui si limitò a distogliere lo sguardo quasi imbarazzato.
«Stavo pensando...» iniziò Hermione. «No, niente... era una cosa stupida» concluse alla fine, riprendendo in mano La Gazzetta del Profeta e rileggendo per la quarantesima volta uno degli articoli sul ritorno di Voldemort.
Madame Pomfrey entrò di gran carriera in infermeria: «Bene, l’orario delle visite è finito, siete pregati di lasciare riposare i miei pazienti. Ora».
Ginny, Luna e Neville non se lo fecero ripetere, avevano sperimentato più volte la severità dell’infermiera e non volevano riprovare tale esperienza, quindi salutarono i due amici e uscirono dall’infermeria a passo spedito.
«Ci vediamo più tardi a cena» disse Ginny con un sorriso poco dopo.
Neville e Luna si limitarono ad annuire e a guardarla girare l’angolo a una velocità impressionante.
«E rimasero in due» borbottò Neville più a se stesso che all’amica.
«Sono sicura che non siamo solo in due» disse Luna in tono vago.
Neville non disse nulla, in fondo aveva ancora soggezione di quella ragazza un po’ strana.
«Be’, io...» iniziò il ragazzo.
«Ho una cosa per te» lo interruppe lei con calma.
Le labbra di Neville disegnarono una “o” perfetta, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
«È solo un piccolo pensiero» continuò Luna mentre tirava fuori dalla tasca della veste un piccolissimo vaso con una piantina. «La professoressa Sprout non fa che dire che sei davvero bravo in Erbologia e così ho pensato di comprarti questa».
«G-grazie» balbettò Neville guardando la piantina tra le mani di Luna: era come se la Campanula Carpatica* gli restituisse lo sguardo, con i suoi piccoli fiori lilla e tutte le foglioline che si riassettavano e respiravano nuovamente aria pura, dopo essere rimaste schiacciate nella tasca della ragazza.
Era la prima volta che una ragazza gli regalava qualcosa; ed era la prima volta che una ragazza si ricordava che a lui piaceva l’Erbologia.
«Il professor Lupin mi ha detto che sei stato così gentile da riportarmi fino all’atrio del Ministero quando ero svenuta» disse ancora lei, come se Neville non avesse mai parlato.
«Be’, mi è sembrato il minimo che potessi fare, visto che ero l’unico incolume... naso a parte» rispose lui arrossendo leggermente.
«Volevo sdebitarmi in qualche modo per esserti preso tale disturbo e quando ho letto che questo fiore è molto indicato in situazioni del genere, ho subito pensato di comprartelo» disse Luna con semplicità. «Viene direttamente dalla Transilvania. Papà dice che quello è un luogo veramente magico».
Neville era ancora intento a guardare la piantina, questa volta non tanto fiori e foglie, la sua attenzione si focalizzò sul colore: lilla**. Con la sua conoscenza del linguaggio dei fiori, quel colore voleva dire una cosa sola ed era decisamente in imbarazzo.
Arrossì un po’ di più, anche perché non sapeva bene come porre a Luna la domanda che lo assillava da svariati secondi. Dal canto suo la strega lo guardò con i suoi occhi sporgenti, inclinò la testa e chiese: «Tutto bene?»
«C-cosa? C-come?» balbettò Neville preso alla sprovvista. «S-sì, tutto bene» rispose poi, cercando di sembrare disinvolto e abbozzando un sorriso.
«Sicuro di non aver bisogno di nuovo di Madame Pomfrey?» si preoccupò ancora Luna.
«No, no» rispose in fretta il mago. «Tranquilla».
Calò di nuovo il silenzio: Neville continuava a fissare la campanula e Luna iniziò a dondolarsi sui piedi.
«Si è fatto tardi» ruppe il silenzio la strega, dopo un bel po’. «Devo ritornare in sala comune prima di cena».
«Oh, sì» sussurrò Neville alzando lo sguardo sulla ragazza e guardandola negli occhi.
«Be’... ciao» disse Luna tentando di fare qualche passo verso la sala comune di Corvonero, ma fallendo miseramente, perché i suoi piedi rimasero immobili, ben piantati dove si trovavano.
«Ciao» rispose Neville con un piccolo sorriso che gli increspava le labbra. «Luna?»
«Sì?» disse lei continuando a guardarlo negli occhi.
«Mi stavo chiedendo... c’è... c’è un motivo particolare per cui i fiori sono lilla?» domandò poi tutto d’un fiato distogliendo lo sguardo dalla strega.
Lei ci pensò un po’ su, prima di rispondere e Neville ebbe l’impressione di sentire il cervello di Luna lavorare febbrilmente alla ricerca di una possibile risposta.
«Sì» rispose la strega con sicurezza tale da far rialzare lo sguardo del mago. «Nessuno si era mai preso la briga di salvarmi o aiutarmi prima d’ora. Harry, Ron, Ginny e Hermione sono stati veramente gentili a farmi entrare nel gruppo e... tu, Neville Longbottom, penso che neanche ti renda conto della persona speciale che sei».
Quelle parole lo fecero restare ancora una volta a bocca aperta: da Luna poteva aspettarsi qualunque cosa, ma non si sarebbe immaginato neanche lontanamente un’affermazione del genere. E fu allora che capì cos’era quella strana sensazione che da qualche tempo si era insinuata in lui quando l’aveva accanto e cosa l’avesse spinto ad aiutarla per prima quando era ritornato con Lupin nella stanza dove si trovavano lei, Ron, Hermione e Ginny. Fu allora che capì perché lei lo mettesse tanto in soggezione.
Neville fece qualche passo per avvicinarsi a Luna annullando così la distanza che li separava, alzò la mano libera dalla piantina e le accarezzo lentamente il viso. Sentì una piccola scarica elettrica diffondersi nelle sue dita e, ne fu certo, la sentì anche Luna perché trattenne il respiro a quel contatto.
E poi accadde: il timido e un po’ insicuro Neville Longbottom prese coraggio, da buon Grifondoro, e si abbasso a sfiorare le labbra di Luna Lovegood, stramba Corvonero, con le proprie.
Luna si avvicinò un po’ di più a Neville e rispose al bacio sorprendendolo non poco. In fondo lei sapeva che prima o poi sarebbe successo e che Neville si sarebbe accorto di ciò che provavano l’una per l’altro, aveva solo bisogno di una spintarella.
Quando si staccarono, si fissarono un attimo negli occhi per poi sorridere, non c’era bisogno di parole. Luna si accoccolò tra le braccia di Neville e restarono ancora qualche istante così, abbracciati, prima di sentire il chiacchiericcio lontano degli altri studenti che si dirigevano in Sala Grande per la cena.
Neville non seppe mai dove trovò il coraggio per passare un braccio intorno alle spalle di Luna e di dirigersi verso la scalinata. Gli era sembrata solo la cosa più semplice e naturale del mondo.