DL - 1 - Senza memoria [da revisionare]

di Ghost Writer TNCS
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Prologo

L’oscurità era totale. Non riusciva a vedere nulla e la paura si insinuava silenziosa nel suo cuore.

Un grido improvviso: «Prometheus[1]

Il mondo esplose di una luce abbagliante e il frastuono di una battaglia lo scosse fin nel midollo. I suoni lo schiacciarono: il tuonare delle esplosioni, il fragore delle armi da fuoco, il crepitio degli incantesimi, ma soprattutto lo straziante dolore sfogato nelle urla. Urla che chiamavano il suo nome.

«Prometheus!»

«Prometheus!»

«Pro!»

«Prometheus!»

«Prometheus!»

«Prometheus!»

Cadde in ginocchio, le mani premute sulle orecchie. Quelle erano le voci dei suoi compagni, avevano bisogno di lui, ma lui non riusciva a fare niente. Era completamente inerme, impotente.

Di colpo piombò il silenzio. La battaglia era terminata e anche le grida erano svanite.

Si alzò e si guardò intorno. Ogni spietato dettaglio parlava di distruzione e non sembrava esserci più anima viva nel raggio di chilometri. Solo lui.

Fece un passo, incerto, poi un altro più sicuro. Ma cos’era successo? Perché c’era stata quella battaglia?

All’improvviso incespicò e per poco non perse l’equilibrio. Il suo piede aveva urtato contro una mano, ma non riusciva a capire a chi appartenesse perché il cadavere era stato schiacciato da un’hoverbike mezza distrutta.

Il suo cuore perse un colpo. Quella era la mano di un rettile antropomorfo.

Con un gesto scaraventò via l’hoverbike e ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene. Si trattava del cadavere di una squamasiana[2], una specie di rettili umanoidi imparentati con lucertole e serpenti, e il suo sguardo era perso nel vuoto.

Ogni briciolo di energia lo abbandonò e cadde in ginocchio. I suoi occhi si fecero lucidi. «Brïa… No…»

Allungò una mano e le sue dita sfiorarono appena la guancia gelida della squamasiana. Con il viso rigato dalle lacrime provò ad usare una magia curativa, ma il suo corpo era completamente svuotato e non accadde nulla.

«No… Questo non può essere reale… Questo non può essere reale!!!»

Gettò indietro il capo e dalla sua gola esplose un grido disperato.

Si svegliò urlando e ansimando. I suoi occhi colmi di terrore spaziarono su tutta la stanza, ma non trovò nulla di insolito. Meno male, era stato solo un sogno.

Si mise a sedere. Il suo corpo sudato era ancora scosso da un vago tremito.

Un uggiolio attirò la sua attenzione. Era Bit, il suo overpet, una biomacchina pensata per svolgere numerose funzioni utili per la vita di ogni giorno, come ad esempio proiettare ologrammi, elaborare file come fosse un computer, inviare e ricevere dati come un comunicatore e molto altro. Il suo overpet inoltre era in grado di cambiare forma, trasformandosi in una vasta gamma di strumenti e armi.

Gli accarezzò il muso per rassicurarlo. «Sto bene, sto bene…»

Si colpì le guance per cercare di svegliarsi e poi andò verso il bagno. Si sciacquò il viso e, mentre si asciugava, i suoi occhi incrociarono l’immagine riflessa dallo specchio. Come struttura fisica era pienamente nella media, non era né alto né basso e aveva un corpo in forma anche se non propriamente muscoloso. I capelli grigio scuro avevano alcune ciocche nere sul davanti ed erano tutti in disordine, gli occhi erano di un giallo ocra piuttosto acceso e spiccavano assonnati sulla pelle scura. Il naso non era come quello delle altre specie strettamente umanoidi, ma formava un arco quasi continuo dalla base della fronte alle narici, che quindi erano quasi verticali come quelle degli anfibiani[3]. Sbadigliò, rivelando così degli aguzzi denti da squalo: non c’erano dubbi che fosse un carcarodon[4]. Qua e là aveva i segni di alcune cicatrici, indizi del suo essere un guerriero di lunga data.

Il suo stomaco brontolò e la cosa gli fece sorgere una strana domanda: da quanto non mangiava?

Con movimenti automatici si infilò la tuta e gli stivali, quindi si annodò intorno al collo il suo fazzoletto bianco dai bordi blu tutti consumati. Uscì dalla sua stanza e con passo sicuro raggiunse la mensa.

Non c’era nessuno in giro e questo lo turbò.

No, era stato solo un sogno. Sicuramente gli altri erano occupati con qualche missione o stavano ancora dormendo.

Eppure quel silenzio era inquietante…

Senza toccare cibo uscì dalla mensa e Bit lo seguì in silenzio fino ad una grandiosa sala circolare. Il soffitto trasparente e la grande vetrata sulla parete opposta lasciavano filtrare la calda luce di un sole giallo limone e il delicato tepore del mattino attenuò il senso di intorpidimenti che sentiva nei muscoli. Superò la circonferenza formata dalle elaborate panche di legno e si fermò davanti all’albero enorme e maestoso che dominava l’ambiente. Le sue radici possenti lo ancoravano saldamente al terreno, ma la grande chioma non era più verde e rigogliosa come un tempo.

Una figura diafana era in piedi vicino all’enorme tronco. Si trattava di un bambino, o forse di una bambina, e indossava solo una veste incolore. Aveva una mano poggiata sulla corteccia bruna dell’albero e sembrava perso nei suoi pensieri.

«Cos’è successo? Dove sono tutti?»

Il bambino si voltò, rivelando gli occhi saggi e mesti di un vecchio. «Sono morti tutti, Prometheus. Solo tu sei sopravvissuto.» Tornò a contemplare il tronco vecchio e rinsecchito. «E presto anch’io li raggiungerò…»

L’uomo scosse il capo cercando di tenere a bada le emozioni. «No… Ti stai sbagliando… Era solo un sogno!»

«Quel sogno ti ha mostrato i ricordi che la tua mente aveva rimosso.»

L’aura di Prometheus crepitò. «Non può essere andata così! È impossibile che li abbiano uccisi tutti! Qualcuno deve essere sopravvissuto! Io non posso essere l’unico!»

«Tu sei l’unico tornato vivo da quel campo di battaglia.» ribadì il bambino con la voce colma di sconforto «Però sono riuscito a trovare i quattro che erano scomparsi da Fejerur. Sembra che Tremotino abbia cancellato i loro ricordi e li abbia mandati su un pianeta di nome Damar dando loro delle false identità e alterando il loro aspetto. Con ogni probabilità Midnight non sa di loro e per questo non ha ancora mandato i suoi lupi mannari, però non possiamo lasciarli lì indifesi. Devi andare da loro e far tornare loro la memoria.» Il corpo diafano tremolò mentre quattro pendenti si sollevavano da una panca per dirigersi verso Prometheus. «Questi sono gli ultimi ciondoli che sono riuscito a creare.»

L’uomo li prese. Erano tutti e quattro identici, dei semplici triangoli isosceli fatti di un metallo argenteo. Ne portava uno uguale al collo e grazie ad esso poteva utilizzare incantesimi o richiamare attrezzature durante una missione. Non era mai riuscito a capire se era l’organizzazione ad aver preso il nome dalla forma di quei pendenti o il contrario.

«Ti ho preparato un mezzo di trasporto per raggiungere il pianeta Damar, una volta lì sarai in grado di rintracciare i quattro…» Una nota di rammarico baluginò sul volto sempre più trasparente. «Perdonami per non essere stato in grado di proteggervi…»

Prometheus non riuscì a dire nulla e il corpo diafano svanì sotto i suoi occhi. Anche il maestoso albero che aveva fondato l’organizzazione e che per lungo tempo ne era stato la guida, ormai non era che un corpo esanime.

Bit emise un uggiolio colmo di tristezza e l’uomo serrò le palpebre per cercare di soffocare le lacrime. Aveva pianto abbastanza, da quel momento in avanti sarebbe dovuto essere più forte che mai se voleva sopravvivere.

Chinò il capo, osservando i quattro ciondoli che ancora stringeva in mano.

Erano rimasti in cinque… I cinque superstiti di Delta.


[1] Prometheus compare anche nella ministoria La volontà dell’incantatore.

[2] Specie originale di TNCS. Il termine deriva da Squamata, l’ordine che comprende lucertole e serpenti nella classificazione scientifica.

[3] Specie originale di TNCS. Il nome deriva da Amphibia, la classe degli anfibi nella classificazione scientifica.

[4] Specie originale di TNCS. Il termine deriva dal nome scientifico dello squalo bianco: Carcharodon carcharias.





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