Nebulosa di Cristallo
Prologo:
La
fatica lo stava consumando.
La
pioggia, la grandine ed il vento lo stavano per abbattere.
Il
sangue colava lentamente dalle dita e dalle nocche, dal naso e dalle
tempie; lunghe strisce rossastre si allungavano lungo la sua schiena,
cicatrici antiche, raffiguranti un passato violento.
Ma
Kyriakos era cambiato, si era ribellato agli ideali malvagi, si era
liberato del suo oscuro passato, quindi doveva porre fine al dominio
del demone, doveva in qualche modo scusarsi per tutto il male che era
stato costretto a compiere.
Così,
a mani nude, scalava l’Olimpo, roccia dopo roccia, pietra
dopo pietra; sotto di lui si estendevano da una parte la Tessaglia e
dall’altra la Macedonia.
Un
paesaggio incantevole, certo, se non fosse stato per il clima perverso
e per quell’orribile sensazione di vertigine che lo stava
attanagliando, provocandogli forti giramenti di testa.
Però
doveva farcela, la cima del monte era il suo obiettivo e lui
l’avrebbe raggiunta, ad ogni costo.
Dai
tempi della Guerra del Peloponneso, in Grecia, non si erano verificati
dei simili massacri, le Polis avevano ricominciato a combattere fra di
loro, ma con una furia innaturale, quasi cieca.
Atene,
Sparta, Micene, Argo, Corinto; tutte le città-stato avevano
dichiarato guerra alla prossima, tutti i comandanti erano stati
assaliti dalla foga nel guidare il proprio esercito alla vittoria,
tutti, compreso Kyriakos.
Quella
violenza così sadica, così diretta, non era altro
che opera del Vuoto, uno dei figli del dio della guerra, Ares.
Infondendo
la propria malvagità nei cuori dei greci aveva preso
controllo di loro, così facendo li aveva messi gli uni
contro gli altri in modo da poter creare un diversivo per il suo piano.
Approfittando
della situazione che si era creata, infatti, il demone era sceso nelle
profondità del Tartaro liberando i maggiori nemici
dell’Olimpo, coloro che già una volta ebbero
tentato di conquistarlo, invano: i Titani.
Con
i Titani al proprio fianco non c’era voluto molto per
sottomettere l’Olimpo; gli Dei, stremati dalla fatica nel
placare gli animi degli umani, non avevano più potere per
respingere gli invasori, così erano stati sconfitti ed
imprigionati, internati nell’oscurità
dell’Oltretomba.
Tutto
sembrava perduto.
Kyriakos
però, cresciuto sotto il culto del dio Ares, era stato
avvertito telepaticamente da quest’ultimo e, nonostante
l’influenza del demone fosse estremamente potente, alla fine
ebbe la volontà di riuscire a liberarsi.
Ma
pagò un prezzo molto alto.
Durante
la guerra era stato assalito da una furia così corrosiva che
lo aveva portato ad uccidere sua moglie e sua figlia, insieme a tutti i
suoi amici più cari; il dolore che provò appena
apprese di questa notizia fu come una lancia in mezzo al cuore;
però le lacrime che sgorgarono dal volto dell’uomo
si tramutarono in breve in sogni di vendetta.
Sangue
chiama sangue, e Kyriakos decise che il Vuoto avrebbe pagato con la
vita per quello che era successo.
Ancora
pochi metri e avrebbe raggiunto la cima.
In
bocca sentiva il sapore dell’acqua piovana, della bile e del
sangue, provocandogli così dei forti conati di vomito, ma
Kyriakos strinse i denti e proseguì; mancava poco,
così poco.
Ad
un tratto la roccia si sgretolò ed il giovane perse
l’appoggio, sentì un brivido percorrergli lungo la
schiena, eppure con la mano sinistra rimase attaccato alla nuda pietra.
“Merda.”
Sospirò incredulo.
Tirò
su la destra cercando un appiglio ma, proprio in quel momento, vide
qualcuno sulla cima del monte che lo scrutava da pochi metri di
distanza.
Il
viso era oscurato dal buio della tempesta quindi non poteva vedere i
lineamenti della persona, eppure, a prima vista, sembrava umano,
probabilmente un greco.
“Kyriakos.”
Disse la figura “Non pensavo riuscissi veramente a scalare
l’Olimpo.”
La
voce gli era familiare, fin troppo familiare, provò a
deglutire ma si sentì la gola serrata.
“Non
è ancora giunto il momento di dichiarare battaglia al
demone.” Disse lo sconosciuto “Adesso ci devo
pensare io, il Vuoto sarà sigillato insieme a me in un luogo
molto lontano, oltre gli astri più reconditi
dell’universo. Una volta che sarà imprigionato i
Titani perderanno il loro potere e verranno nuovamente internati nei
meandri del Tartaro. Per il momento tutto tornerà come
prima, e così resterà per diversi
secoli.” Fece una breve pausa poi riprese il discorso
“Kyriakos, devi essere consapevole che il Vuoto
tornerà prima o poi, stanne certo che ci
riuscirà. Ma tu, tu sei la chiave per fermarlo.”
“A…
Avraam, sei tu?” Domandò con un filo di voce il
giovane, che fino ad allora era rimasto incredulo nel sentire questi
discorsi.
“Tu
sei la chiave Kyriakos, rimani nell’oscurità dello
spazio a vegliare, quando sarà il momento tu risorgerai,
come la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, come la nebulosa nata
dalle polveri intenta nel formare una nuova stella.”
Proseguì l’uomo sconosciuto “Ricordati
queste parole… Fratello.”
“Avraam!
Ne ero certo, allora sei davvero tu! Ma, insomma… Eri morto!
Fermo, fratello, non andare, spiegami…”
Pronunciate
quelle parole si sentì mancare, le mani, ormai scivolose a
causa del sangue e del sudore, mollarono la presa ed egli cadde nel
nulla.
Intorno
a lui la Tessaglia e la Macedonia scomparvero, al loro posto rimase
solo il buio, lo spazio infinito dell’universo, bellissimo e
terribile allo stesso tempo.
Cercò
di rimanere con gli occhi aperti per capire cosa gli stesse succedendo
ma non ce la fece, le palpebre si fecero sempre più pesanti
fino a quando, ancora in preda alla caduta, si addormentò
per un lungo sonno.
Un
sonno che sarebbe durato anni ed anni, un sonno circondato solo
dall’oscurità e dal silenzio.
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