Capitolo
1: Demoni
Loki aprì gli occhi e si guardò intorno con
circospezione. Il brillante oro che rivestiva la sala del trono di
Asgard quasi lo accecava. Come aveva fatto ad arrivare lì?
Dall'alto della scalinata che portava al trono stesso, Odino gli fece
segno di avvicinarsi e il dio salì le scale con passi
incerti. Lanciò un'occhiata confusa a Thor, che se ne stava
in piedi, sorridente, accanto al padre. Odino mise le mani sulle spalle
del dio, spingendolo delicatamente a sedersi sul trono.
«Sarai un ottimo Re, figlio mio» gli disse, poi,
con sguardo affettuoso. Loki stiracchiò un sorriso incerto e
lo guardò con aria smarrita: Odino non si era mai rivolto a
lui con parole così amorevoli, mai aveva mostrato di riporre
così tanta fiducia in lui.
«Congratulazioni, fratello, sono felice che nostro padre
abbia scelto per il meglio» aggiunse Thor, scendendo le scale
per poi inchinarsi al cospetto di Loki assieme ai suoi guerrieri.
Loki li osservò tutti con aria divertita e, improvvisamente,
scoppiò in una fragorosa risata.
«Ho capito dove sono finito! Il regno dei desideri e delle
illusioni, Ønskenheimr. Mi chiedo perché non ci
sono mai venuto prima» si disse, senza far caso agli sguardi
sconcertati dei presenti. Poi, si alzò e uscì
dalla sala: doveva trovare Hermione.
Loki incominciò ad attraversare il palazzo, le cui stanze
sembravano essere infinite, sia in ampiezza che in numero. Dopo averne
attraversate almeno un centinaio, il dio si fermò.
Desiderava veramente il trono così tanto? Tanto da
ostacolare il suo unico rapporto alla pari con una persona che amava?
Con quei pensieri, la sala cambiò. Le due porte della stanza
iniziarono a moltiplicarsi, riempiendo completamente le pareti.
Loki si guardò intorno, fiero di essere riuscito a
dominarsi. Si avvicinò ad una porta e la aprì,
pronto ad uscire, ma si trovò davanti un muro. Un muro
solido, che non avrebbe ceduto nemmeno alle sue magie. Tentò
un'altra porta e un'altra e un'altra ancora, fino a provarle tutte, ma
dietro ad ognuna di esse vi era un muro.
Richiuse l'ultima porta con rabbia. Come avrebbe fatto ad uscire?
In quel momento, apparve davanti a lui, inciso sul legno dorato della
suddetta porta, un breve testo che recitava:
Posso
vivere solo dove c'è luce,
Ma muoio se questa splende su di me.
Cosa sono?
Un'indovinello?
Sul serio sono così scontato?, si chiese. Con
un sospiro, rispose «L'ombra», e la serratura
scattò sonoramente. Loki aprì la porta, oltre
alla quale sembrava non esserci nulla, ma il dio avanzò
comunque con sicurezza. Una volta oltre, nell'oscurità prese
forma una figura conosciuta, dalle forme femminili e i tratti gentili.
«Madre!»
Frigga, sorridente, si avvicinò, tendendo una mano verso il
volto del dio «Figlio mio...» disse, scostandogli i
capelli dalla fronte. Poi, fece un paio di passi indietro. Loki
tentò di trattenerla, ma le sue dita sembravano fatte di
fumo sfuggente.
«Ci
sono tre fratelli.
A volte sono brutti, mentre altre
volte sono belli.
Il primo non c'è
perché sta uscendo, il secondo non c'è
perché sta arrivando, c'è solo il terzo che
è il più piccolo dei tre, ma quando manca lui
nessuno degli altri due c'è.
Chi sono?»
«Passato, presente e futuro» disse il dio
automaticamente e quasi se ne pentì: non appena ebbe
pronunciato le parole, Frigga svanì, lasciando al suo posto
un arco in pietra che portava all'esterno. Uscì, e
immediatamente venne investito da un'ondata aria fresca dall'odore
fruttato. La sua attenzione venne poi catturata da una risata che
suonava come una campanella, proveniente da un punto indefinito tra gli
alberi e un'ombra indistinta si mosse.
Poi, una ragazza uscì correndo, avvicinandosi a Loki. Aveva
un vestito color cielo, lungo fino alle caviglie, in stile asgardiano.
I capelli ricci erano ornati da alcune trecce sottili, che si vedevano
a malapena tra le ciocche voluminose.
«Tanto non mi prendi!» ridacchiò,
schioccandogli le dita sul naso dispettosamente e allontanandosi
nuovamente.
«Hermione, ferma!» chiamò, ma la ragazza
continuò a correre. Il dio fece per seguirla, ma poi si
fermò.
No, non è
lei. È solo un'altro scherzo della mia mente.
Con questo pensiero, tutta la vegetazione si trasformò in
roccia e crollò a terra, l'erba rinsecchì e il
terreno si fece duro e impervio.
Loki sbuffò.
«Ma perché?» chiese a sé
stesso «Perché non posso avere una carrozza o
almeno un cavallo?»
Questa volta, però, il paesaggio non subì
cambiamenti di alcun genere.
«Va bene, gambe in spalla» sospirò il
dio, iniziando a camminare.
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«C'è qualcosa che non va?» chiese Ron
lanciando un'occhiata a Hermione. I due se ne stavano seduti sul prato
davanti casa, protetti dall'ombra di un ciliegio in fiore «Ti
vedo strana...»
«AH! Questa sì che è nuova, quando mai
ti sei accorto di come sto?» rispose lei. Erano giorni
che lo punzecchiava, tentando di estorcergli una reazione...
una reazione che fosse da Ron! Eppure niente, lui sembrava mantenere la
calma su tutto «Tu e la tua sensibilità da
cucchiaino...» borbottò ancora. Appena arrivata,
spossata dalle torture, aveva in qualche modo accettato quella strana
ma pacifica realtà. Le sembrava di essere entrata in un
piccolo paradiso, ma ora che si era ripresa aveva iniziato a notare
numerosi particolari che non sembravano essere al loro posto. Doveva
capirci di più.
«Ti ho recato offesa in qualche modo? In tal caso ti prego di
perdonarmi.»
«Sì, mettiamoci anche il linguaggio forbito. Ron,
cos'hai tu?
Non ti riconosco!»
«Non comprendo... Ho sempre parlato in questo modo.»
«No, invece.»
Ron la guardò per un momento, e sollevò le spalle
con un sorrisetto «Sarà...» poi le si
avvicinò «Io, comunque, non capisco
perché mi eviti. Siamo sposati, ci amiamo, perché
sei così evasiva?»
«Ma non è vero! Non ci amiamo più, non
siamo sposati! Ci siamo lasciati tanto tempo fa! Perché
continui con questa farsa!»
Il ragazzo ridacchiò e incrociò le braccia, con
l'aria di uno che sta ascoltando le fantasie di una bambina
«E sentiamo, perché mai ci saremmo
lasciati?»
«Lo sai fin troppo bene.»
«Sicuro. Dai smettila con questo scherzo» disse
lui, cercando invano di stringerla in un abbraccio giocoso.
«Ti ho detto che non stiamo insieme!»
«Herm, ma hai la febbre? Stai delirando! Guarda»
disse ancora Ron, prendendo la mano sinistra della ragazza e
avvicinandola alla sua, mettendo in mostra le fedi che entrambi
portavano agli anulari «Vedi? Siamo sposati! Per quanto
riguarda il discorso dell'amore, non so tu, ma io ti amo»
sussurrò, scostandole i capelli con delicatezza dal collo e
avvicinandovi le labbra.
«No!»
strillò lei, allontanandolo con uno spintone.
Ron arretrò con aria persa, sollevando le mani in segno di
resa.
«Ne ho abbastanza di tutto questo! Dove sono? Tu non sei Ron,
questa non è la mia vita!»
«Ma di cosa stai parlando? Stiamo insieme da anni ormai! Abbiamo
casa, figli... puoi vederlo con i tuoi occhi!»
«E come faccio a sapere che non è un
inganno?»
«Non so, vuoi un pizzicotto?» chiese lui,
allungando due dita, che Hermione schiaffeggiò via.
«Levati! Dio, è anche per questo che ti ho
lasciato!»
«Ancora con questa storia...»
«Sì, ancora con questa storia!»
Ron grugnì, spazientito «Allora forza, dammi i
dettagli!»
«Cosa vuoi sapere? Come hai speso tutti i tuoi soldi al
gioco? I soldi che servivano per il nostro matrimonio?»
«Non ho mai fatto niente del genere! Inoltre, se siamo
sposati i soldi evidentemente li avevamo.»
«Smettila con tutte queste cavolate, Ron Weasley. Sei solo un
ragazzino troppo cresciuto, per questo hai speso tutti i soldi. Appena
ne hai avuti un po' per le mani il pensiero di averne di più
ti ha fatto gola ed ecco come siamo finiti.»
«Insieme in una bellissima casa?»
«Sì, che gran villa!» disse Hermione
girandosi ad indicare per un istante la modesta casa, su cui dovette
poi soffermarsi qualche attimo ancora. La casa era effettivamente una
villa molto ampia e ben curata «Ma cosa...?» la
ragazza guardò Ron, continuando ad indicare l'abitazione con
la mano «E quella
da dove sbuca?»
«Cosa?»
«Quella.»
«Quella cosa?»
«La villa, per la barba di Merlino!»
«Ehm... è... sempre stata li.»
«Ma no! È impossibile!»
«Secondo me devi stenderti un po', tutto questo sole deve
averti dato alla testa» disse Ron, alzandosi e incamminandosi
verso casa «Dai che il pranzo è pronto, Hermione
Weasley.»
Hermione sbuffò con nervosismo all'udire quel nome. In che
covo di matti era mai finita? O forse era diventata matta lei?
«Forza, si fredda!» esclamò Ron,
prendendola in braccio da dietro.
Ma da dove è
passato?, si chiese la ragazza, arrendendosi alle
smancerie del “marito”.
Quando finirà?
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