–Xiaochen!
Xiaochen, dove sei?
Chissà dove sarà andata a finire quella benedetta
ragazza. Ogni volta che la
cerco per un lavoretto in casa sparisce nemmeno fosse uno dei trucchi
di magia
di Mousse. Ah, quella piccola peste! Ma se la prendo, questa volta
passo alle
maniere forti e una bella sculacciata con la canna di bambù
non gliela toglie
nessuno!
Con lo sguardo scruto il paesaggio davanti a me, aspettandomi che
d’improvviso salti
fuori una bambina alta quanto un piccolo sacco di riso. Passano i
minuti e
tutto ciò che interrompe la quiete del luogo sono una lepre
che, vedendomi,
rizza le lunghe orecchie e muove il musetto color crema per poi
riprendere a
saltellare tra le colline, e il vento che passa tra le foglie dei
tassi. Respiro
il vento che scarmiglia i miei capelli e il profumo che proviene dalle
piante
di ginepro e di tasso. Chiudo gli occhi e mi immergo in
quell’aria così
estranea e così familiare allo stesso tempo. Era tanto che
non sentivo la
natura sulla mia pelle, nei miei capelli, nei miei polmoni.
“Sono a casa” mi
ritrovo a pensare e quel pensiero mi fa sentire stranamente bene, come
mai mi
era accaduto prima.
Piccoli passetti sull’erba attirano la mia attenzione
facendomi tornare con i
piedi per terra. Sorrido. Non c’è bisogno di
chiedere chi sia. D’un tratto la
mia vista si offusca e la schiena si ritrova a sostenere qualche grammo
in più.
–Indovina chi sono?- dice una vocina squillante.
Sospiro. I miei propositi di sgridarla, metterla in punizione e
picchiarla con
il bambù sono già andati al vento.
–Oh, fammi indovinare…sei una piccola
peste che quando la mamma chiama per qualche lavoretto in casa schizza
via come
un leprotto!
E mentre dico questo la afferro per i fianchi e con una capriola
comincio a
farle il solletico. E’ il suo punto debole, ormai
l’ho imparato: fianchi, piedi
e pancia. La sua risata fresca e infantile è come il
tintinnio di uno
scacciapensieri. Resto incantata a guardarla: la pelle bianca come
latte di
soia, i lunghi capelli color lavanda e gli occhi acquamarina la fanno
assomigliare ad una bambola di porcellana, di quelle che tante volte,
quando
ero piccola, vedevo con mia madre nelle botteghe giù in
paese.
Affondo il viso in quella massa glicine e mi lascio inebriare dal
profumo di
fresco, di lavanda e di erba bagnata.
–Papà, papà aiuto!- grida la piccola
tra le risa.
Dietro di me sento passi cadenzati e pesanti. Mousse posa in un angolo
della
nostra casa la legna raccolta, dopodiché scarica il resto
dalla groppa del mulo
.
–Papà, la mamma mi fa il solletico! –
protesta Xiaochen.
–Ah sì? – chiede Mousse con un sorriso
senza però mostrare troppo interesse. –Allora
vorrà dire che… avrà bisogno di una
mano!
In un attimo ci ritroviamo tutti e tre a rotolare giù per
collina, con i nostri
corpi a far da scudo alla piccola. Arrivati in fondo, il respiro
è pesante, i
capelli sono arruffati e piani di foglie e fiori e le mie condizioni a
di poco
impresentabili. Ma rido. Prima impercettibilmente, poi a singhiozzi,
infine senza alcun freno. Rido
e la mia risata contagia anche Xiaochen e Mousse. Se qualcuno ci
vedesse in
questo preciso istante penserebbe di certo che siamo matti da legare.
Eppure,
non mi importa. Per la prima volta in
vita mia mi sento bene, in pace con me stessa…mi sento
semplicemente io. I miei occhi si voltano istintivamente alla
mia destra e noto con sorpresa che Mousse ha smesso di ridere e mi sta
osservando sorridente. E innamorato.
Arrossisco.
–Perché mi guardi? Ho qualcosa sulla faccia per
caso? – sbotto sulla difensiva.
Beh, d’altronde com’è che si dice: il
lupo perde il pelo ma non il vizio. E così io,
sebbene con il tempo mi sia
addolcita parecchio, questo non vuol dire che abbia rinunciato al mio
lato
fiero e combattivo. Discendo comunque dall’orgogliosa stirpe
delle Amazzoni,
non dimentichiamolo.
–No, no, non hai niente che non va. E’ che sei
bellissima, tutto qui.
Arrossisco maggiormente. Un giorno o l’altro
gliela farò pagare: deve piantarla di uscirsene con queste
frasi romantiche e
sentimentali… va bene che mi sono
“ammorbidita” un po’ negli ultimi anni,
ma detesto arrossire come una ragazzina infatuata
alla quale viene rivolto un complimento dal ragazzo che le piace.
-Papà, guarda, la mamma è diventata tutta rossa!-
esclama Xiaochen puntando il ditino e battendo i piedi
divertita. –Beh,
credo che sia ora di andare, forza!
Mi alzo in tutta fretta e comincio ad avviarmi su per la collina.
–La mamma ha ragione. – sento dire a Mousse
– Dobbiamo andare, è quasi ora di
pranzo.
Qualche minuto dopo Mousse mi raggiunge in casa, mentre io sono
già indaffarata
a tagliare le carote e le erbe speziate da preparare come contorno al
manzo
bollito.
–Xiaochen, lavati le mani prima di toccare la verdura!
Ma quando mi volto per prendere la pezza per pulire il coltello mi
accorgo che
Mousse è da solo.
–Xiaochen è fuori a giocare con Qi Bai.
–Kami benedetti! Quand’è che quella
bambina si metterà in testa che deve
diventare una donna?
–Shan Pu è solo una bambina, l’hai
appena detto tu stessa! Ha appena due anni,
tutti i bambini alla sua età non pensano che a giocare!
–Sì, ma Xiaochen non è una bambina
qualunque. E’ un’Amazzone e che come tutte le
bambine amazzoni deve apprendere
fin dalla più tenere quale ruolo le spetta in questo mondo.
Ben presto dovrà
imparare a cucinare, a svolgere i servizi in casa e a combattere, se
vuole
sperare di cavarsela lì fuori. E’ quello
che è stato insegnato a me e amia volta io lo
insegnerò a mia figlia e così
sarà per tutte le generazioni a venire.
–Vuoi davvero che lei cresca come sei cresciuta tu?
–Intendi forte, fiera, orgogliosa e indipendente? Certo che
lo voglio!
–Intendo… infelice.
Mi zittisco. Diavolo, Mousse quando ci si mette sa davvero colpire nel
segno.
–Guardati, Shan Pu. Oggi per la prima volta hai riso, hai
riso sul serio, di
cuore, spontaneamente. Non per fingere interesse, non per educazione.
Hai riso perché
lo volevi. Ed è stato come se mille colombe si fossero
librate in volo dopo
esser state tenute per tanto tempo in una gabbia troppo stretta.
Sì, non potevo dargli torto. E’ stata una
sensazione magnifica, non so come spiegare…
unica.
–Guardala, Shan Pu. Guardala per un solo, lungo istante: vuoi
davvero che lei
cresca come la più fiera delle Amazzoni? Vuoi realmente che
lei rinunci alla
sua vita spensierata da bambina per diventare una guerriera?
I miei occhi seguono la direzione del braccio di Mousse e si soffermano
sulla
finestra: fuori una bambina seduta a cavalcioni sul collo di un mulo
tormenta
le lunghe orecchie dell’animale, il quale senza scomporsi se
ne sta sdraiato
all’ombra, assopito.
–Al galoppo Qi Bai, al galoppo!- urla divertita, ma il
quadrupede si limita a
rispondere con un sonoro sbadiglio.
“Che cosa sto facendo” mi ritrovo a pensare. Senza
che io possa fare qualunque
cosa per impedirlo le lacrime iniziano a scorrere copiose
giù per le guance,
poi si trasformano in singhiozzi, infine in un pianto irrefrenabile.
Crollo per
terra e subito Mousse si accascia accanto a me e mi avvolge in un
tenero
abbraccio. –Sono un’insensibile- piagnucolo
infantilmente – Una pessima madre.
Stavo per far condurre a mia figlia la stessa vita che mia madre e mia
nonna hanno
fatto condurre a me. Non capisco niente di bambini. Non capisco niente
della
vita.
Mousse prende ad accarezzarmi dai capelli fin giù alla
schiena. –Tu sei una
madre e una moglie eccezionale, Shan Pu.- mi conforta – Solo
che ti hanno istruito
troppo sull’orgoglio e sull’onore e troppo poco
sulla felicità e i veri valori
della vita. Tutto qui.
Mousse mi bacia i capelli e mi stringe ancor di più a
sé. Mi lascio cullare dal
suo abbraccio e i singhiozzi a poco a poco si placano. Mi sento
protetta, al
sicuro, come in una campana di vetro. È come se fuori il
mondo non ci fosse,
come se esistessimo solo noi, noi
avvolti in un abbraccio senza fine.
–Papà, che cos’ha la mamma?
Sussulto. Ero riuscita a tal punto ad isolarmi dalla realtà
da non avvertire la
presenza di Xiaochen. La bimba si avvicina incuriosita e preoccupata e
mi
scruta con i grandi occhi verde acqua e il minuscolo dito in bocca,
cosa che fa
quando c’è qualcosa che l’attira
particolarmente. –Stai piangendo, mamma? Hai gli
occhi tutti rossi…
Maledizione. Adesso ci manca solo che faccia preoccupare mia figlia per
i miei
complessi da madre incapace. Mi asciugo in fretta gli occhi con un
lembo del
grembiule e cerco di articolare, mio malgrado, una scusa abbastanza
convincente
per spiegare la situazione. –N-no, piccolina,
no…vedi, la mamma stava solo…
–Sì, tesoro, la mamma sta piangendo- interviene
Mousse. Che diamine gli salta
in mente? Invece di negare tutto, conferma? È sempre il
solito stupido!
–E perché piange?
Bravo Einstein, adesso cosa le vai a raccontare, sentiamo un
po’!
– La mamma piange perché è
felice…
Ah beh, questa poi! Se si aspetta che si beva una sciocchezza simile
è proprio
un ingenuo!
–Ma non si piange quando uno è felice! Si piange
quando uno è triste! Quando
uno è felice sorride!
Ecco, avrà anche due anni ma non è idiota, sai,
Mousse?
–Si può piangere anche quando uno è
felice, piccola Xiaochen. E la tua mamma
adesso è così felice che si è messa a
piangere.
–Ohhh!- fa Xiaochen meravigliata e la sua espressione
è così buffa che mi
strappa una risatina.
–Vedi? Adesso sta ridendo, significa che è
contenta.
–È vero, è vero! La mamma è
felice, la mamma è felice!- esclama la bimba divertita,
balzando in piedi. –Mama shi xingfu
de!
Mama shi xingfu de! Mama shi xingfu de!
In un attimo la piccola è di nuovo fuori a
tormentare il povero Qi Bai,
saltandogli in groppa, abbracciandolo e giocando con le sue lunghe e
pelose
orecchie.
Mi alzo, mi avvicino alla finestra e osservo la spensieratezza della
piccola
Xiaochen.
–Mousse tu credi che sia questa la felicità?-
chiedo senza pensarci troppo. Lui
mi abbraccia da dietro e affonda il viso nei miei capelli, inebriandosi
del
loro profumo.
–Io penso che la felicità sia questo: una
casa accogliente, una campagna
silenziosa, la moglie dei tuoi sogni, una figlia nostra. Ecco,
sì, credo che la
felicità sia tutto questo.
Sorrido e annuisco. Oggi, dopo una vita intera passata tra
addestramenti,
esercizi, spettacoli e contorsioni, ho compreso che per essere felici
non sono
necessarie la fama, la gloria, i riflettori, gli applausi.,
bensì semplicemente
qualcuno che ti ami, che sia disposto a tutto (ma proprio a tutto) per
te, una
casa immersa nel silenzio di una campagna dove costruire una famiglia,
la tua
famiglia.
In fondo, basta poco per essere felici, no?
FINE
*Angolo
dell’autrice*:
Salve a tutti, come va? E anche questa è fatta!
Sì, lo so
che per quest’ultimo capitolo
vi ho fatto partorire, ma non credete che sia stato facile per me
portare a
termine questa storia. Ho avuto i miei impegni, la scuola, la
maturità, lo studio
e così ho potuto aggiornare solo adesso. Beh, meglio tardi
che mai, no? Spero
non vi siate dileguati tutti nonostante i lunghissimi tempi di
aggiornamento.
Ora che la storia è conclusa mi premerebbe sapere che cosa
ne pensiate: vi è
piaciuta? Quale parte avete preferito? Il finale è stato di
vostro gradimento
oppure vi ha lasciato con l’amaro in bocca? Vi aspettavate
qualcosa di diverso?
Insomma, fatemi sapere in tanti. Attendo con ansia i vostri pareri.
Grazie a tutti coloro che hanno resistito arrivando fino alla fine.
Davvero,
ragazzi, grazie di cuore.
Beh, che dirvi di più… allora, alla prossima! :-D
Un abbraccio
PiccolaEco
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