Half: You call upon god

di Vanoystein
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Alec scattò in avanti, cominciò a correre fulmineo seguito da Vincent e Cameron. – Jill! – Gridò con tutta la voce che aveva in corpo.
Nessuna risposta.
Era tornato a regnare il silenzio spezzato solo dal rumore dei loro passi.
- Fermo! Non hai idea di dove andare! – Gridò Vincent continuando a corrergli dietro.
Alec diminuì la corsa fino a che non si fermò, stringendo i denti. – E che dovremmo fare? Lasciarla chissà dove e chissà con chi o cosa? – La voce di Alec si fece preoccupata ma accusatrice. Se fosse successo qualcosa a Jill sarebbe stato rovinato.
- No, però…-
- Come la troviamo? – Esordì Cameron interrompendo Vincent, fregandosi dell’ovvia esitazione e incertezza di quest’ultimo.
- Potrebbe essere ovunque. Noi potremmo anche perderci. – Ribattè Vincent.
- E tu ti definiresti anche suo fratello? Alla prima occasione la molli da sola invece di aiutarla solo perché ti fotti di paura? – Sbottò Cameron, pungente.
Lui diceva sempre quello che pensava, sempre.
Infischiandosi dei giudizi altrui, non aveva peli sulla lingua.
Tutto quello che gli passava per la testa, lo diceva.
Era impulsivo, non riusciva quasi mai a controllarsi.
– Beh, qui nessuno ha chiesto il tuo parere. – Ringhiò Vincent sulla difensiva.
Per un attimo Alec ebbe la sensazione che Cameron gli avrebbe dato contro, mollandogli un pugno in pieno viso.
Capì infatti che quell’idea gli balenò in viso ma comunque, non fece nulla.
Finalmente poi Cameron parlò. – Dividiamoci. – Propose lanciando un’occhiata fulminea a Vincent.
– Sì, grandiosa idea. – Disse Vincent con cupa ironia. – Poi come ci ritroviamo? –
Era già evidente che quei due non si sopportassero.
- Tu, genio, hai sempre il tuo cellulare. Io e Alec abbiamo i nostri metodi. – Sibilò l’altro di rimando.
- Va bene, muoviamoci. – Alec smussò la tensione.
Tenne stretto il pugnale nella mano, prese la direzione opposta dei due, proseguì dritto mentre Vincent imboccò la galleria a destra, Cameron quella a sinistra.
Alec camminò con passo svelto, passando davanti a celle e celle.
Uomini e ragazzi che speranzosi chiedevano il suo aiuto.
Lui se ne restò zitto osservandoli uno ad uno, gli occhi azzurri pieni di disprezzo e disgusto.
- Morirai. – Bisbigliò una voce dall’interno di una piccola cella. Alec si fermò di scatto, voltando lo sguardo verso la ragazza rinchiusa in quella cella.
Corrugò la fronte appena riconobbe quel viso. – Cosa ci fai qui? – Domandò lui assumendo un’aria stranamente soddisfatta.
- Hai ucciso mia sorella. – Bisbigliò ancora la ragazza scostandosi una ciocca di capelli biondi dal viso.
Gwen, identica a sua sorella. Ginevra.
Ad Alec infatti ricordava sempre in tutto e per tutto quest’ultima. Aveva gli stessi lunghi capelli dorati, gli stessi occhi scuri e grandi, lo stesso temperamento forte ma arrogante, la stessa capacità di dargli sui nervi.
- Quindi sei restata aggiornata anche se ti hanno chiuso in questo sudicio posto. –Ridacchiò Alec. – E’ stato divertente ucciderla. –
Fece subito per andarsene, non aveva certo tempo da perdere, soprattutto non con lei.
Ma prima che potesse finalmente andare via, diede un’ultima occhiata alla bionda che sicuramente, se avesse avuto il potere di ucciderlo all'istante, lo avrebbe fatto.
Alec aveva più nemici di quanti se ne potessero immaginare.
Qualsiasi creatura, in qualsiasi posto.
Alla fine lui la ignorò, se ne andò, scomparendo nel buio.

Vincent procedette lentamente. Ogni tanto gridava il nome della sorella ma nessuna risposta arrivava come sperava.
Non aveva camminato tanto, teneva la guardia alta e procedeva cautamente.
Infatti si impuntò appena avvertì un sibilo alle sue spalle.
Si voltò velocemente. Non c’era nessuno. Il silenzio era calato di nuovo, assordante.
Improvvisamente sentì un altro sibilo, questa volta più acuto, più vicino.
Il braccio cominciò a sanguinare, un taglio si aprì sulla sua pelle.
Strinse i denti soffocando un gemito. – Chi c’è?! – Gridò tamponandosi la ferita con la mano.
Un altro sibilo gli passò accanto.
Si voltò ancora, non c’era niente.
O almeno, niente che lui potesse vedere.
D’un tratto avvertì qualcosa di pungente conficcarsi nella sua gamba, dei denti affilati gli solcarono la carne.
Sobbalzò urlando dal dolore a squarciagola.
Il sangue cominciò a scorrere. Il morso bruciava e pulsava in una maniera impressionante.
Cominciò subito a girargli la testa, si dovette appoggiare al muro per non perdere l’equilibrio.
Tutto attorno a lui cominciò a diventare sfocato, il cuore batteva come non mai, tirandogli martellate che quasi gli facevano male.
La temperatura corporea cominciò ad alzarsi di colpo, il viso gli divenne rosso improvvisamente tant’è che iniziò a sudare e ad avvertire un calore enorme espandersi in tutto il corpo.
Gli occhi azzurri si spensero mentre un altro giramento di testa gli fece subito perdere i sensi facendolo cadere pesantemente a terra.
Quel morso, era velenoso.

Cameron correva furiosamente, aveva già attraversato una buona parte della galleria superando almeno una centinaia di celle. Ansimava come non mai.
Si fermò all’istante quando passò davanti ad una porta di acciaio che in un primo momento nemmeno aveva notato.
Indietreggiò di qualche passo poggiando la mano sulla maniglia gelata della porta che però non si aprì.
Prese un grosso respiro prima di mollare un violento calcio che spalancò la porta, facendola vibrare.
La stanza che si presentò a lui era enorme, vuota e buia rotta qua e là solamente da qualche spiraglio di luce che superava i vetri opachi delle piccole finestre poste sul soffitto.
Cameron avanzò piano, il pugnale sanguinante ancora stretto in mano.
Spalancò gli occhi appena vide un corpo posto per terra senza sensi, il corpo esile e i capelli lunghi e corvini che coprivano il viso della ragazza.
Si mosse velocemente verso di lei appena comprese che era Jill. Non era ferita, fortunatamente. C
ameron si inginocchiò di fianco a lei, tese l’orecchio per cercare di percepire il respiro che sentì subito. Era viva.
- Ti porto via di qui. – Disse in un sussurro
Ma non fece nemmeno in tempo a muoversi di un centimetro che fu travolto da una bestia che gli saltò bruscamente addosso.
Lo spinse lontano da Jill con una facilità spaventosa, facendogli strisciare la schiena contro il pavimento impolverato.
Il pugnale gli scivolò via dalla mano.
Quella bestia era un altro demone, molto simile a quello che aveva attaccato Jill in infermeria e che si era impossessato dell’infermiera Abigail all'arcata.
Enorme, con scaglie dorate e sulle zampe. I denti affilati e aguzzi. Gli occhi completamente bianchi e grandi.
Cameron assunse una calma quasi inquietante, sogghignò, posando bruscamente il palmo della mano contro il muso raggrinzito della bestia.
Si scatenò un bagliore accecante che riuscì ad allontanare la creatura che tirò un ringhio.
Il ragazzo si alzò velocemente da terra, scattando in piedi come un felino recuperò il pugnale a terra.
Si gettò immediatamente contro quel demone conficcandogli il pugnale nell’occhio aggressivamente. Un altro ringhio rimbombò nella stanza.
Cameron estrasse il pugnale vedendo il demone dimenarsi furiosamente.
Riuscì finalmente ad ucciderlo quando il pugnale gli tagliò la testa, facendola saltare di lato.
Cameron sospirò buttando l’arma a terra. Un gioco da ragazzi, almeno per lui.
Si avvicinò nuovamente a Jill tirandola su da terra, la prese stringendola tra le braccia.

Alec si fermò sospirando in mezzo alla galleria. Già non ne poteva più.
E se non avessero trovato Jill? Se fosse morta? Lui sarebbe stato fottuto.
- Jill! – Gridò ancora ricominciando a camminare.
Niente da fare, nessuna risposta ovviamente.
Si fermò poco dopo, vide Vincent a terra. – Merda! – Ringhiò avvicinandosi velocemente a lui.
Si inginocchiò per terra. – Ehi, ehi! – Ancora non aveva notato il morso che aveva sulla gamba. Appena gli diede dei leggeri colpetti sulle guance si rese conto di quanto si fosse alzata la sua temperatura corporea, scottava.
Fortunatamente gli balzò subito in testa l’ipotesi di un morso velenoso.
Lo sapeva bene, era l’unica cosa che poteva far alzare in modo elevato la temperatura.
Era velenosissimo. Causava morte certa se non veniva guarito in tempo e non si riabbassava la temperatura.
Ma come diavolo poteva far lui per aiutarlo?
Alec gli sfilò subito la giacca di pelle il più velocemente possibile, la buttò di lato assieme alla felpa grigia che gli tolse subito dopo, lo fece restare solo con una leggera maglietta a maniche corte.
Se lo caricò piano in spalla e senza il minimo sforzo si mise a correre, sfrecciando all’uscita della galleria.
A quel punto sperava solo che Cameron avesse trovato Jill.




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