Gorgoglìo.

di hiccup
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Otto luglio: prendo una tazza di tè e silenzio.
 
 
C’è il cloro che si impregna forte
nella pelle, nei capelli e persino
nelle iridi verdi slavate perché
bruciano e pizzicano, gli occhi, come le spighe
contro i palmi delle mani quando
si corre nei campi; e poi piove,
di nuovo e un po’ più forte di ieri.
Ci sono i muscoli che, intorpiditi,
si lamentano e piagnucolano nelle
grandi sale, mentre tu sei china tra
argomenti e libri e fogli e penne;
e poi c’è uno scroscio di sole e di
tiepido tepore nel quale crogiolarsi
sarebbe perfetto, l’idillio ideale.
C’è ora la stanchezza che striscia
lenta e pacata lungo i viali alberati,
che s’insinua tra le palpebre sfilacciandole
in piccoli tremori e poi cala, cala a picco,
nella tazza bollente.
E magari ci sono domande, e magari
ci sono pure delle risposte; ma non senti,
non ascolti: chiudi gli occhi e respiri.
C’è silenzio attorno a te, c’è un fragile
silenzio che ti fa sorridere innocentemente.
 
 
 
*




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