Kibougamine
Gakuen, un giorno
imprecisato successivo all’inizio della Vita Scolastica
Improntata
all’Omicidio.
C’è silenzio totale per i
corridoi e le stanze. Non un rumore, non una voce, niente di niente.
Ci manca giusto la balla di fieno e il quadro è perfetto.
Questo succede perché gli ultimi
due abitanti dell’edificio non sono avvezzi a fare casino se
non ce
n’è la più estrema
necessità, e pure in quel caso tentennano.
Voliamo in caffetteria, perché è
lì che li troveremo.
Eccoli. Seduti uno davanti
all’altra, stanno entrambi sorseggiando da una tazza.
Probabilmente
royal the al latte per lei, più facilmente
caffè nero per lui.
Accanto a ognuno di loro un
coltello, precedentemente prelevato dalla cucina.
Seduto sul tavolo, le zampe
incrociate di fronte a sé, un perplesso Monokuma li osserva.
“Certo che voi due siete proprio
strani.” dice l’orso senza particolare entusiasmo.
Sembra davvero
che qualcosa gli sfugga, ma cosa non ci è dato saperlo.
Non si prendono la briga di
commentare. Non ne hanno bisogno.
“Ripetetemelo ancora una volta,
su. Voglio poter ridere ancora un po’ della vostra dubbiosa
capacità decisionale.”
Silenzio.
“E va bene. Per qualche motivo del
piffero ce l’avete con me, l’ho capito. Allora
facciamo che lo
dico io e voi mi correggete se sbaglio, ok?”
Non un muscolo delle loro bocche si
muove.
“Lo prenderò come un sì. Quindi
vediamo se ho capito bene il vostro machiavellico piano: alla fine di
tutto, arrivati finalmente a questo punto, vi siete accordati per
affrontarvi in un duello all’ultimo sangue...
perché ci può
essere un solo vincitore, dico bene?”
Nulla.
“Rinuncio a capirvi. Giunti dove
siete ora è stupido fare quello che volete fare. Avete vinto
il
gioco. Siete riusciti a mettere nel sacco tutti gli altri,
guardandoli sogghignando mentre li spedivo al macello. Inoltre, se mi
è concesso sottolinearlo, siete stati a dir poco diabolici
nel
vostro disegno. Un doppio omicidio così ben congegnato,
capace di
superare ogni ostacolo posto dalle regole. Brillante. E il
processo... mamma mia, sembravate due furie scatenate. Avete condotto
quei poveri bastardi in una corsa matta, disperatissima e senza
uscita. Davvero, fino a quel momento non mi ero eccitato
così tanto
durante un Class Trial come mi è successo lì.
Splendidi ragazzi
miei, splendidi.”
“I tuoi puerili complimenti non mi
toccano.” risponde finalmente lui, poggiando la tazzina sul
piattino. È vuota e ciò vuol dire che, per quanto
gli riguarda,
possono cominciare. Pertanto afferra il suo coltello e si alza, pur
attendendo cavallerescamente che lei abbia finito.
“Anche questo non capisco”
riprende Monokuma “Se davvero avete deciso di ammazzarvi a
vicenda,
perché ora stai aspettando? Saltale addosso e
sbudellala!”
“Sei una forma di vita troppo
inferiore per capire e rispettare un patto fra un gentiluomo e una
gentildonna.”
“Devo concordare con il mio
compagno.” esordisce lei prendendo le ultime sorsate di
the “Ma
d’altronde cosa potevamo aspettarci da questo urside fatto di
transistor?”
“In effetti è al di là delle sue
possibilità. Sperare che un ammasso di fili elettrici possa
comprendere cos’è l’onore... ingenuo da
parte mia, lo ammetto.”
“Mi state facendo incazzare! Vi
devo uccidere seduta stante, per caso?”
“Finiscila. Secondo le tue stesse
sacre norme, io e lui siamo liberi dal tuo giogo. Non ce ne siamo
andati, pur potendo farlo, perché abbiamo ancora questo
piccolo
conto da sistemare.”
“Esatto. E ora, se volessi
gentilmente farti da parte, io e la signora avremmo un
impegno.”
“Mpf. Fate come volete, coglioni.
Cercate solo di non sporcarmi i tavoli, che poi è un
lavoraccio
scrostarli dal sangue rappreso. Tornerò per aprire il
portone al
vincitore del vostro scontro fra fighette isteriche.”
Così dicendo
svanisce, lasciandoli con loro stessi.
Nel suo quartier generale il mastermind si sfrega le mani. Questa è una delle migliori
conclusioni
che poteva ottenere. Non vede l’ora di assaporare la
disperazione
sulla faccia dello sconfitto, a tanto così
dall’ambito premio che
però gli sarà negato per la propria inettitudine.
Naturalmente non
esiterà a rigirare il coltello nella piaga, anche
fisicamente se
necessario, e non mancherà di farglielo pesare nei suoi
ultimi
istanti di vita.
“Oh cari miei, non sapete quanta
angosciante soddisfazione mi state regalando. Sono un preside
fortunato, già già.”
Dopo pochi secondi lei finisce. A
sua volta prende il coltello e si alza.
Sono a circa tre metri l’uno
dall’altra. Sembrano calmi e come da copione non tradiscono
il
minimo accenno di emozione. Anche se, ci potete scommettere, nessuno
dei due è realmente la maschera di cera che appare.
Perché, contrariamente a quanto
esternano, entrambi toccano in maniera per loro concreta la
possibilità di andar finalmente fuori da
quell’incubo da
psicopatici insonni.
Hanno fiducia nei propri mezzi e in
cuor loro credono di essere quello (o quella) che unico (o unica) si
ergerà sopra i cadaveri di tutti gli altri. Inclusa
l’altra metà
della loro accoppiata di novelli Bonnie e Clyde.
Non hanno rimpianti. Non hanno
rimorsi. Tutto è andato come doveva andare e quella che
stanno
vivendo è la logica, scontata, giusta conclusione.
Questo avevano escogitato, sin da
quel giorno. E questo hanno conseguito. Non avrebbero voluto niente
di diverso. E d’altronde, quando due simili elementi uniscono
le
forze, il risultato è al 99% quello che hanno progettato.
“Ebbene, vogliamo iniziare?”
“Certo. Siamo qui apposta.”
“Sarò felice di uccidere un
magnifico partner come te, Togami.”
“Ludenberg, difficilmente troverò
ancora qualcuno alla mia altezza e ciò susciterebbe ridicole
crisi
di pianto in qualcuno di meno valore. Ma a me non
succederà.”
Si sorridono come iene, soddisfatti.
Due
settimane prima.
Sono... impressionata, lo ammetto.
Stiamo uscendo lenti dalla stanza
adibita ad aula processuale e i miei occhi non riescono a staccarsi
dalla figura di Togami, che si trova qualche passo avanti a me. Spero
di non essere troppo palese.
Abbiamo appena mandato a morte quel
rifiuto umano di Oowada, colpevole di aver ucciso Fujisaki in uno
scatto d’ira. Motivazione banale, realizzazione grossolana e
nessunissimo stile.
La noia.
Eppure c’è stata una ragione di
divertimento, per mia fortuna. Qualcuno ha ben pensato di mettere in
piedi una sceneggiata, facendo apparire il tutto come opera di
Genocider Sho. E quel qualcuno è, chiaramente, la persona
che sto
seguendo di sbieco mentre saliamo sul montacarichi per tornare di
sopra.
Senza alcun presupposto. Solo perché
gli andava e, esattamente come me, si annoiava.
Sento una strana affinità.
Incomprensibile dati i differenti background e le posizioni sociali
discrepanti, ma comunque presente.
Stavo escogitando qualcosa ma ora,
con questo sviluppo, i miei piani potrebbero cambiare. Mi sta
frullando in testa un’intenzione che probabilmente mi
condurrà a
una pessima fine, ma ho voglia di giocare con il fato. E poi sono
molto brava in queste cose, no? Mal che vada morirò di mia
iniziativa e non perché questo branco di incapaci si
sarà fatto
infinocchiare. Se invece andrà bene come credo
avrò il cimitero
pieno, il socio ubriaco e un lasciapassare per la libertà.
Mi spiace Yamada, non avrai l’onore
di essere manovrato come un burattino. È un privilegio per
pochi e
tu hai appena perso il tuo treno. Condoglianze.
“Pfah! Anche stavolta ce la siamo
cavata in qualche modo.”
“Fujisaki-san, Oowada-san... ce la
faremo anche per voi, ve lo prometto...”
“Kyōdai! Kyōdai!”
“Oowada-dono si è macchiato di un
delitto orribile.”
Senti ‘ste galline quanto
starnazzano.
TOC TOC.
“Cosa vuoi, Ludenberg?”
“Mi fai entrare o hai intenzione
di lasciare una dama a mendicare dieci minuti della tua attenzione
nel corridoio?”
Non risponde, in compenso comincia
ad allungare le mani e a tastarmi il vestito. Alzo le braccia,
comprendendo il suo desiderio di perquisirmi.
È vero che non ho intenzioni
bellicose, ma capisco come una visita a tu per tu possa trasformarsi
in un bagno di sangue.
“Sei pulita. Vieni.”
Lo seguo nella sua stanza. Austera
come la immaginavo, riflette alla perfezione l’anima del suo
proprietario.
Ordine asettico e nulla di
superfluo.
Sì, ho idea che io e te andremo
molto d’accordo.
Mi fa accomodare al tavolo e si
siede proprio di fronte a me.
“Dunque, cosa ti ha portato da
queste parti?”
“Dopo averti visto mettere in
piedi quel delizioso spettacolino con il corpo di Fujisaki... penso
di poter dire che ho trovato in te il mio partner ideale.”
“Partner? Se si tratta di qualche
giochetto sessuale squallido mi tocca declinare, deve ancora nascere
la donna meritevole di deflorarmi.”
Sbuffo, un poco disgustata. Guarda cosa va
a pensare ‘sto depravato.
“Non mi bastava la volgarità standard di
Monokuma, serve anche quella extra quando ho intenzione di discutere
di faccende serie.”
“Va bene, va bene. Ritiro.”
“Sarà meglio. E ora, se volessi
lasciarmi spiegare in santa pace...”
“Prego.”
“Sto progettando un omicidio.”
Prendo una pausa per studiare la
reazione e, esattamente come sospettavo, la sua espressione neutra
non muta. Non vedo perché avrebbe dovuto, considerate le sue
azioni
e le sue parole.
“E la cosa mi riguarda perché...”
“Perché, prima di deragliare su
frivolezze senza senso, ho accennato a un partner. Ho... diciamo
voglia di sperimentare, e soprattutto un aiuto mi farebbe
comodo.”
“Quindi mi stai chiedendo di
collaborare con te?”
“Esattamente.”
“Rifiuto. Un comprimario non
ottiene niente di concreto, ammesso e non concesso che il piano vada
a buon fine.”
“E chi ha parlato di essere un
semplice comprimario? Ti sto offrendo una business partnership, roba
seria.”
L’aver usato una terminologia a
lui sicuramente familiare cattura la sua attenzione. Lo vedo molto
più focalizzato rispetto anche solo a dieci secondi fa.
“Al cinquanta e cinquanta?”
“Al cinquanta e cinquanta. Saremmo
soci alla pari.”
“Questo però crea un ostacolo.”
“Che genere di ostacolo?”
“Se davvero non sei qui solo per
sfruttarmi, e voglio sperare per te che sia così, come
eludiamo
quella regola?”
La domanda è legittima e
onestamente ancora non ci avevo pensato.
Ci guardiamo in faccia per un paio
di minuti, entrambi a corto di parole. Il problema è
più grosso di
quanto avrei potuto prevedere, e questo non mi aiuta ai suoi occhi.
Certo che neppure lui è saltato su istantaneamente con una
soluzione, a riprova che l’arcano è complesso.
Non sono io a rompere l’impasse:
“Beh Ludenberg, se non trovi una maniera per sbrogliare la
matassa
temo che la nostra joint venture debba dichiarare fallimento ancora
prima di essere varata.” dice alzandosi.
“Potresti darmi anche una mano,
mio svogliato cavaliere.”
“Primo: non sono il cavaliere di
nessuno. Secondo: sei stata tu a venire a disturbarmi con questa
bislacca proposta, sta a te farti carico dell’appianamento di
ogni
problema a monte.”
Poi l’illuminazione.
E se... facessimo così?
“Togami, non con tutta questa
fretta. Credo di aver appena avuto la trovata vincente.”
Mi guarda male, forse pensando che
sto cercando di guadagnare tempo o qualche stupidaggine simile. Poi
si risiede e mi invita a esporre.
“La questione è: come possiamo
operare se uccidiamo una sola persona. Inevitabilmente uno dei due
verrebbe considerato l’omicida materiale e l’altro
solo un
complice, invalidando quindi le fondamenta di questo nostro patto.
Ebbene, in realtà l’escamotage è
semplice: uccidiamone due. Uno a
testa.”
Per la prima volta da che lo conosco
assume un’espressione meravigliata. Devo aver colpito nel
segno, a
quanto pare.
“Messa così potrebbe funzionare,
sì. Perché a quel punto...”
“...saremmo entrambi colpevoli
effettivi di una morte. Hai capito bene, caro Monokuma?”
chiedo
alzando la testa verso la più vicina telecamera. Voglio che
questo
messaggio arrivi forte e chiaro: io, Celestia Ludenberg, e Byakuya
Togami siamo parimenti artefici di tutto questo, allo stesso livello.
Guai a te se ti azzardi a cambiare le carte in tavola, orsetto di
pezza.
Perché sbattersi fino a questo
punto, potrebbe chiedersi qualcuno di malfidente. Perché non
giocare
sporco anche con lui, come volevi fare con Yamada, e metterti in una
posizione non esattamente dominante nel vostro sodalizio? Beh, come
specificato prima ho voglia di prendermi qualche rischio non
necessario. Ultimamente, prima di finire segregata in queste quattro
mura, la mia vita da giocatrice d’azzardo era piatta come una
tavola da surf.
Vincevo. Vincevo. Vincevo.
Non c’era brivido, non c’era
neanche un lontano spettro di sconfitta all’orizzonte.
Niente. Il
tedio più assoluto.
Ho bisogno di una scarica di
adrenalina. E solo la persona in questo momento seduta davanti a me
è
in grado di darmela, perché sono sinceramente convinta che
non
potrei ottenere nulla di meglio associandomi a quei caproni
là
fuori.
Insomma, va bene il brivido ma non
ho tempo da perdere con tentativi patetici fatti con gente patetica.
Inoltre sono sicura che solo espormi
così mi rende certa della sua assistenza, avendo lui
dimostrato
pochissimi secondi fa che non si muove per niente di meno. A ben
vedere, dato il soggetto.
“E dimmi” riprende a parlare,
distraendomi dalle mie considerazioni “avevi per caso
già
adocchiato delle possibili vittime?”
“Credo ti troverai concorde se
dico che i nostri bersagli più appetitosi sono senza dubbio
Kyouko
Kirigiri e Makoto Naegi. Quei due sono troppo svegli per lasciarli
scorrazzare in libertà a raccogliere prove e ascoltare
testimoni.”
“Ne convengo. Fermo restando che
volevo solo sollazzarmi un po’ e che quindi non ho badato
troppo
alla verosimiglianza, quello lì ha smantellato la mia
messinscena
con disarmante facilità. Mentre lei... lei sembra nata per
questo.
Ha una mente analitica e una capacità intuitiva incredibili,
che non
devono esserci nel dibattito su un omicidio di cui sono il
responsabile. Soprattutto Kirigiri non può mettere piede in
tribunale.”
Sapevo mi avresti capita, Togami.
“Però aspetta, stiamo accelerando
i tempi.” dice lui all’improvviso, con un tono di
voce
preoccupato.
“Uh? Cosa intendi? Non è
necessario mettersi all’opera subito, specialmente senza
ancora uno
straccio di programma e...”
“No. Parlo di te.”
Non ti seguo, caro.
“Chi mi assicura che non cercherai
di pugnalarmi alle spalle alla prima occasione utile, Regina dei
Bugiardi?”
Oh. Oh.
In effetti non gliene posso fare una
colpa, è normale volersi premunire quando si ha a che fare
con una
menzognera compulsiva come me medesima. Sono la prima a non fidarmi.
Ma per fortuna sono stata
previdente. Perciò, senza scompormi, estraggo dal vestito un
foglio
di carta e la mia penna prediletta.
Poi, sotto il suo sguardo vigile,
provvedo a scrivere quello che devo.
All’attenzione di
chi legge.
Io sottoscritta
Celestia Ludenberg, nel pieno possesso delle mie facoltà
mentali,
dichiaro formalmente di essere la seconda mente dietro il piano che
Byakuya Togami stava portando avanti. Se state leggendo questa
lettera vuol dire che lui è morto e io sono ancora viva, e
conoscendomi sto ridendo alle sue spalle. Questo va contro lo spirito
della nostra iniziativa, pertanto la presente ha lo scopo di fungere
da garanzia per il mio correo.
In fede,
Celestia Ludenberg
Lo
firmo e glielo mostro.
“Cosa dovrebbe rappresentare
questa fesseria, Ludenberg?”
“Non ci arrivi? Mi stupisci. Te lo
spiegherò in parole comprensibili: nel caso abbia dei
ripensamenti e
decida di tradirti, questo appunto servirà senza
l’ombra di alcun
dubbio a incastrarmi essendo stato scritto e firmato di mio pugno. E
se andasse così stai pur sicuro che essere incastrata
sarebbe
l’ultima cosa che vorrei veder accadere. Quindi bada a
nasconderlo
in qualche posto dove non possa mettere le mie mani artigliate e
vedrai che non ti succederà niente. Anche se non
è mia intenzione
deviare dal solco di una coabitazione pacifica, capisco benissimo la
tua diffidenza.”
Lo studia ancora un po’, poi
sembra concedere la propria approvazione: “Sì,
penso di potermi
ritenere soddisfatto. Naturalmente conto che non si debba arrivare a
tanto, sarebbe... sconveniente.”
“Ma ci mancherebbe. Però ecco, se
ora volessi cortesemente ricambiare il favore...”
“Prego?”
“Io non sono uno stinco di santo e
lo sappiamo entrambi, ma lo stesso vale per te e lo sappiamo
entrambi. Allora ti chiedo ufficialmente di redigere a tua volta una
confessione in piena regola.”
“Questo... questo è offensivo.”
“No, è solo non mostrare
stupidamente il fianco a chi non vede l’ora di squarciarmelo.
Suvvia, si tratta giusto di una saggia precauzione per evitarci
spiacevoli colpi bassi. Come hai visto io non ho esitato, cosa ti
blocca dal farlo?”
“Bah. E va bene.” Così dicendo
si alza e si procura un altro foglio. Una volta trovato torna ad
accomodarsi, afferra la penna e comincia.
All’attenzione di
chi legge.
Io sottoscritto
Byakuya Togami, nel pieno possesso delle mie facoltà
mentali,
dichiaro formalmente di essere la seconda mente dietro il piano che
Celestia Ludenberg stava portando avanti. Se state leggendo questa
lettera vuol dire che lei è morta e io sono ancora vivo, e
conoscendomi la cosa mi lascia del tutto indifferente. Questo va
contro lo spirito della nostra iniziativa, pertanto la presente ha lo
scopo di fungere da garanzia per la mia correa.
In fede,
Byakuya Togami
“Così
ora siamo legati da un
patto di sangue.”
“Non essere melodrammatica, mi fai
venire mal di testa.”
“Ma dai, Togami. Un po’ di verve
ogni tanto. Non affogare solo nei freddi numeri da
magnate della finanza.”
“...sto riconsiderando il nostro
accordo, sappilo.”
“Ops. Va bene, va bene. Taccio.
Adesso ognuno di noi, prima tu e poi io, prenderà il proprio
foglio.
Con calma e senza mosse azzardate, ok?”
“Ok.”
Percepisco tensione nell’aria. Se
deve succedere qualcosa di brutto questo è il momento.
Ma tutto fila liscio. Tempo trenta
secondi e stringiamo nella destra il nostro rispettivo pezzo di
carta.
“Ora che tutti e due abbiamo la
nostra assicurazione” concludo, sfoggiando un sorriso
“direi che
possiamo cominciare ad architettare qualcosa. Che conoscendoci sarà articolato, astuto e senza
possibilità di
risoluzione per quei poveri mentecatti. Propongo una stretta di mano
per suggellare l’avvenuta alleanza.”
“Sei proprio teatrale quando non
serve, tu.” commenta con una punta
d’acidità mentre allunga la
sinistra.
“Se non conosci i capisaldi delle
tragedie e dei patti faustiani non è colpa mia.”
replico
ricambiando la presa.
“Dicevi di cominciare ad
architettare qualcosa, giusto?”
“Sì. Perché? Ripensamenti non
richiesti dell’ultima ora?”
“No. Intendevo solo dire che per ora nessuno ci
morde la
coda e possiamo prendercela comoda, tenere un profilo basso e vedere
come si sviluppa la situazione senza un nostro intervento.”
Uhm. Sì, quel che dice è giusto.
In effetti non c'è fretta, e più informazioni abbiamo in
mano e
meglio possiamo metterci in moto quando sarà il momento.
“Sono d’accordo. Avremo più
tempo per studiare il modo migliore di muoverci. Diciamo che ci
aggiorniamo a... mh, quattro giorni? Cinque?”
“Facciamo cinque. Dopo il
coprifuoco. Da te.”
“Va bene. Allora arrivederci, mio
caro compagno di scorribande.”
“...esci da qui. Ora.”
Mi alzo ridacchiando e lo lascio da
solo a macerare nella sua seriosità.
Sette
giorni dopo.
“Finalmente. Finalmente è giunto
l’attimo.”
Sento Celestia che, in preda a una
sovrabbondanza di eccitazione, non riesce a rimanere seduta in
maniera composta di fronte a me.
Certo che la sua camera è kitsch da
far spavento. Seppur non sia la prima volta che ho la sfortuna di
visitarla, continua a colpirmi per l’orrida scelta dei
soprammobili
e dei vari pezzi d’arredamento che la ornano. Anche se dir
così è
un complimento non meritato.
“Si può sapere a cosa è dovuta
tutta questa frenesia, Ludenberg?”
“Ma come, Togami caro? Non
vedi l’occasione che ci si sta presentando?”
Dovrei?
“No. Non lo faccio. Ti spiacerebbe
spiegare anche a me, socia?”
“Cioè, fammi capire: tu difetti
così tanto di capacità di interazione sociale e
di empatia? Al
punto di non renderti conto che quanto successo ieri ci spalanca le
porte per il successo?”
Ieri il bifolco chiamato Ishimaru ha
posto fine alla vita di quella nociva, detestabile, puzzolente ladra
di ossigeno che rispondeva al nome di Touko Fukawa. Se quel che
è
saltato fuori nel processo è vero, pare che la causa della
discordia
siano stati dei rimarchi offensivi da parte di lei
all’indirizzo
del fu Oowada, provocando nel suo inseparabile amico di incontri
omoerotici la sua stessa identica reazione con lo stesso identico
risultato.
“Nel mio mondo queste ridicole
nozioni ti aprono solo le porte per una bancarotta immediata. Quindi,
dall’alto della mia posizione, ne sono pietosamente
risparmiato.
Toccherà a te ragguagliarmi in simili, ridicoli passatempi
da
plebei.” le rispondo.
“Bof. Quanto fiato mi tocca
sprecare. E va bene, ora ti faccio capire quel che avresti dovuto
capire da te.”
Ho uno strano formicolio alla mano.
Bizzarro.
“I punti fondamentali sono pochi e
di facile comprensione, ma cerca comunque di seguirmi con attenzione
perché mi piace paragonarmi a un noto violinista italiano.
Innanzitutto abbiamo meno ostacoli fra i piedi, ma questo è
lapalissiano anche per te. La cosa davvero importante è la
seguente:
c’è stato un evidente, addirittura imbarazzante
avvicinamento fra
Kirigiri e Naegi.”
“E la cosa ci avvantaggia
perché...”
Sospira. Com’è il termine per
definire questo stupidissimo stato d’animo che la sta
permeando, ma
che non mi può e non mi deve competere? Frustrazione?
“Perché così sarà
più facile
condizionare lei, che del loro duetto delle meraviglie è
indubbiamente la più chiusa a riccio. Un po’ come
te in un certo
senso, anche se sicuramente i motivi e gli intenti sono
diversi.”
“Oh no, non azzardarti a
cominciare una seduta di psicoterapia con me. Anche perché
non
potresti pretendere l’astronomica parcella del mio vero
analista.”
“Quindi persino tu vai dallo
strizzacervelli. Interessante.”
“...passiamo oltre, prego.”
“Ok, ok. Non scaldarti, non è
necessario. Darò per buono che la tua memoria sia migliore
della tua
sensibilità, evitando quindi di ricordarti come
l’accorata difesa
di Naegi verso la sua... come la devo chiamare, fiamma? Va beh, non
è
importante. Dicevo, il fatto che lui si sia lanciato anima e corpo
nel giustificarla nonostante la mancanza di alibi ha causato, nella
nostra prode ficcanaso dai capelli lavanda, una reazione di... anche
qui, come definirla? Ha scongelato la regina del ghiaccio? Ha
risvegliato in lei ancestrali sentimenti sepolti? Ha...”
“Se sono finito in una brutta
lezione di drammaturgia shakespeariana rivorrei i soldi della mia
iscrizione.”
“Oh santo cielo però, non ci si
può neanche prendere delle licenze poetiche con te. Sei di
vedute
ristrette e la tua vita ruota attorno al denaro, te l’ha mai
detto
nessuno?”
“Mettiti in fila e ricevi il
numeretto. Ora prosegui.”
“Ho percepito chiaramente come
Kirigiri ora si fidi un po’ del suo cavaliere in armatura
scintillante che non ha esitato a mettersi contro l’intero
corpo
studentesco pur di sostenere la sua innocenza. Parlando di lei si
tratta sempre di qualcosa di appena abbozzato, ma è un
ottimo inizio
per noi. Qualcosa che possiamo sfruttare.”
“Vorresti colpire lui e sperare
che lei giunga in suo soccorso?”
“Sì, l’idea era quella. E, allo
stato attuale, è molto più fattibile di quanto
potesse essere anche
solo qualche giorno fa.”
Mi gratto il mento, perplesso.
Ammetto che il ragionamento di Ludenberg non fa una grinza, e se davvero
i due ora hanno rapporti interpersonali più profondi capisco
come
sia possibile usarne uno per far muovere l’altro come ci
è più
congeniale. Resta però che si parla sempre di Kyouko
Kirigiri, la
ragazza monoespressione. E questo l’ho capito io che
perlomeno
vario fra l’irritato, l’annoiato e il compiaciuto.
“Sei proprio sicura che
funzionerà? Non abbiamo nessuna certezza che quella si sia
rammollita fino a correre disperata al fianco del suo scudiero
ferito.”
“È vero, non abbiamo certezze. Ma
preparati, sto per darti una flash news devastante: nel mondo al di
fuori del Nikkei 225 funziona così. Non
c’è quasi mai la certezza di nulla, in special modo quando si tratta di prevedere le risposte emotive di una persona riservata e fredda come Kirigiri. Capisco che a te possa infastidire, abituato come sei a programmi ben delineati e senza possibilità di sgarro, ma l’interazione
umana è un’arte imperfetta.”
“Non sono per niente persuaso alla
prospettiva.”
“Ormai siamo troppo immanicati
l’uno con l’altra per tirarci indietro, Togami.
Ognuno di noi
custodisce la confessione dell’altro cinquanta per cento. Non
ti
puoi permettere un passo a ritroso, non più.”
“Non ho manifestato alcuna
intenzione in tal senso. Sto solo sottolineando che la cosa non
è di
mio particolare gradimento.”
“Se ti può essere di conforto, ti
assicuro che questo è il momento adatto. La parte
più coriacea
della loro accoppiata si è indebolita, sebbene solo
leggermente, e non avremo più la possibilità di
affondare le nostre
zanne avvelenate in lei se non ne approfittiamo adesso.”
Mi fermo a riflettere.
Voglio davvero rischiare il tutto
per tutto, di questo si tratterebbe a conti fatti, pur di vincere il
gioco della Kibougamine? Perché è azzardato,
più delle mille
operazioni borsistiche che ho condotto finora.
Mi tocca ammetterlo: posso
rimetterci la vita. Si tratta di fare i pagliacci con il fuoco e fra
le mie pur innumerevoli qualità non vi è
l’essere ignifugo.
Soprattutto se il nostro adorabile preside ha intenzione di essere
scenografico nelle esecuzioni come lo è stato con quegli altri
idioti.
Però, per quanto mi scocci glielo
devo concedere, Celestia mi sembra piuttosto convinta della
bontà
della sua intuizione. E indubbiamente ci sa fare meglio di me in
materia.
Potrebbe valerne la pena. Anche
se...
“Continuo a rimanere della mia
opinione. Ma sono disposto a
collaborare con la tua balzana trovata. A una condizione.”
“Quale condizione?”
“La mia condizione è semplice: quando tutto sarà andato a buon fine, rimasti io e te...
ci sfideremo a duello.”
“Che cosa?”
“Mi hai sentito bene, Ludenberg.
In questo gioco non è prevista la possibilità di
due vincitori, ce
ne dev’essere uno solo. E voglio essere io.”
“...quindi mi staresti dicendo
che, anche in caso di piano ben riuscito, ci sarebbe la concreta
possibilità che io non esca viva di qui?”
“Esattamente. Ho fatto il mio
prezzo, prendere o lasciare.”
“Ti stai divertendo da matti, vero
birbantello di un Togami?”
“Non sai quanto.”
La vedo mordersi un labbro. Appare
contrastata. Incredibilmente posso immaginarmi il perché.
“Tu hai presente la stupidità di
quanto hai proposto, vero?”
“No, non ce l’ho presente. Non
c’è niente di stupido, è solo
pragmatismo e rispetto delle
regole. Un unico trionfatore che si eleva su una schiera di
sconfitti, incluso il proprio partner.”
“Giochi troppo con le azioni, tu.”
“Forse. O forse ti stai
dimenticando che anche nel poker funziona così e che non
è
contemplato il pareggio alla fine della partita. E poi, nel caso ti
fossero uscite di mente le parole che tu stessa mi hai rivolto pochi
istanti fa, ti ricordo che non è fra le opzioni dire di no a
questo
punto.”
Colgo distintamente che il mio
riferimento al suo gioco d’azzardo prediletto cambia qualcosa
nel
suo volto. Qualcosa che la porta a sorridere.
“Inoltre, ricordo male o eri tu
quella che andava cercando un brivido? Cosa c’è
di più
eccitante del vedere il proprio diabolico progetto andare in porto
con il rischio comunque presente di fallire? Non ti si scaldano tutte
le fibre corporee alla prospettiva?”
“Togami, se hai imparato la fine
astuzia della retorica negli ultimi sette secondi... complimenti,
vivissimi.”
“Gracias,
señorita.”
Un attimo di pausa, in cui mi studia
meditabonda.
Poi finalmente apre la bocca: “E
va bene, d’altro canto quel che affermi ha senso. Avrai il
tuo
showdown finale. Mi rimane oscuro il motivo che ti ha spinto a tirar
fuori una clausola così assurda...”
“Non soffermarti su simili
banalità.”
“Non è una banalità. Sembra
quasi che tu non capisca quanto è pericoloso quanto hai
proposto.
Capisci o no che potresti essere tu quello a soccombere?”
“Ho fiducia in me e nei miei
mezzi.”
“La tua non è fiducia, è
arroganza. E spesso chi è così arrogante fa
più rumore del dovuto
quando cade.”
“Cosa ti ho detto sullo
psicanalizzarmi, Ludenberg?”
“Permaloso che non sei altro.”
ridacchia, per poi aggiungere “Ah, visto che non ti reputo in
grado
di manipolare un elemento difficile come Kirigiri, mi
accollerò io
quella responsabilità. In compenso, giusto per mantenere
equi e ben
distribuiti i compiti nella nostra associazione a delinquere, tu
dovrai fare altrettanto con Naegi. Confido che almeno per questo non
abbia da ridire.”
“No, niente da ridire”.
“E hai preferenze sulla vita che
intendi estinguere?”
“Messa così ci è più
conveniente ammazzare la nostra preda primaria. In altro modo sarebbe
inutilmente complicato.”
“Concordo.”
“Bene, qua abbiamo concluso
allora. O c’è altro che devi dire o fare per
arrecarmi ulteriore
stizza?”
“Puoi anche andartene. Quando
avrai in mano qualcosa fammelo sapere. Arrivederci, Togami.”
“Arrivederci, Ludenberg.”
Mi alzo e con estrema calma mi avvio
verso l’uscita.
...sbaglio o ha sussurrato Scion
di ‘Staceppa?
Sei
giorni dopo.
Tempo di mettere in atto il piano e
sperare che i kami, o chi per loro, ci assistano. Perché
persino due
assi come me e Togami non possono, proprio non possono prevedere
senza il minimo margine d’errore il modus operandi di
un’anima
libera come Kirigiri.
Indubbiamente l’annuncio di oggi
di Monokuma, in cui ha rivelato a noi tutti la presenza di una spia
nelle nostre fila, ci semplifica il compito. Più sospetti
reciproci,
meno abbracci di gruppo. E soprattutto la possibilità di
prendere
Naegi all’amo e, una volta acchiappato lui, trascinare anche
lei
dentro al retino.
Ucciderlo è compito di Togami,
quindi non mi interesserò più di tanto del come.
Mi serve solo
sapere quando e dove ha intenzione di farlo, in modo da... cavolo, ci
vuole più coordinazione di quanto mi piacerebbe.
D’altronde
funziona così, nel caso di omicidi in tandem. Maledetta me
quando
l’ho messo nel mirino, potevo davvero sbrigarmela da sola.
Va beh, va beh. Inutile recriminare.
Il dado è tratto, il Rubicone è dietro di noi e
se allunghi lo
sguardo più che puoi si intravede Roma dietro le colline.
Per quanto mi riguarda ho scelto
come arma del mio delitto una boccetta di tetrodotossina, una di
quelle che stanno nell’armadietto del laboratorio chimico al
quarto
piano. È il veleno contenuto nei pesci-palla, pare ne siano
sufficienti pochi milligrammi per portare una persona prima alla
paralisi e poi alla morte.
Intingervi la capocchia di uno
spillo dovrebbe bastare ed avanzare. Molto affine a me e al mio modo
di essere, che rifiuta sdegnato coltelli e urla e sangue che macchia
i vestiti. Che barbarie.
A quel che mi ha riferito, pure il
mio beneamato socio ha optato per la tetrodotossina. La cosa non mi
meraviglia, esattamente come me non lo vedo particolarmente
desideroso di sudare come un maiale solo per avere un cadavere ai
suoi piedi. Meno male che me l’ha detto, almeno ci siamo
risparmiati spiacevoli episodi di “Ehi,
dov’è finito il mio
veleno? Non ho più il veleno per commettere il mio omicidio!
Mannaggia!”
Teatro della tragedia: camera di
Makoto Naegi. Quindi sarà affar mio fare in modo che Kyouko
Kirigiri
ci metta piede. Me l’ha comunicato ridacchiando, lo
stronzetto.
Sicuramente un po’ godeva nell’avermi lanciato
quella che crede
una palla curva, ma è evidente come non sappia quanto mi
merito il
mio titolo di Regina dei Bugiardi.
Va bene, è ora ormai. Secondo il
suo progetto doveva muoversi appena dopo il coprifuoco e, stando ai
tempi di funzionamento della tossina e per come sono stata informata,
il momento giusto era almeno un paio d’ore dopo. Sempre
presupponendo che lui non abbia fatto danni o commesso errori. Ma mi
fido abbastanza da immaginare, e sotto sotto sperare, che tutto sia
andato liscio.
Esco da camera mia e prendo posto
nel punto che avevo adocchiato nell’atrio fuori dalla
caffetteria,
non prima di essermi assicurata che non ci sia nessuno a spasso e che
la porta della camera di Naegi sia socchiusa. Bravo Togami.
Mi siedo contro il muro, la testa
sulle ginocchia.
E ora, piccola mia, è tempo di
quella cosa là.
Dovete sapere, cari sorcini, che il
metodo Ludenberg per mentire è a prova di bomba
perché, esattamente
come lo Stanislavskij, prevede l’immedesimazione totale fra
attore
e personaggio.
Quindi, per le successive ore, io
sarò davvero una ragazzina spaventata perché ha
visto un suo
compagno di classe steso per terra con la bava alla bocca.
Sì,
spiacevoli effetti collaterali del pesce-palla.
Se Kirigiri non mi dovesse credere
non sarà per mancanza di impegno da parte mia, su questo ci
metto la
mano sul fuoco.
Ora silenzio, ho bisogno di
focalizzare.
...
...
...
“Ludenberg? Cosa ci fai qui nel
corridoio?”
Alzo la testa verso la nuova voce,
non rendendomi conto di quanto tempo è passato
dall’orrida
scoperta. Di fronte a me, come ampiamente prevedibile, Kirigiri.
“Tutto bene? Hai un aspetto...
tremendo.”
Oh? Lacrime?
“N-No, non va bene... sono
atterrita... a morte. Ho assistito... a una cosa...”
“Quale cosa? Non tenermi sulle
spine.” esclama con forza, afferrandomi per le spalle e
scuotendomi.
Cerca di aiutarmi a rialzarmi, anche se non faccio nulla per
contribuire scossa come sono. E vorrei anche vedere, porca miseria.
“Avanti, spiegami cos’è
successo!”
“Ero... ero preoccupata... per
questa faccenda... della spia... e... e allora stavo... facendo un
giro per...”
“Arriva al sodo, non ho tutta la
notte.”
Faccio un passo indietro,
intimorita. Non l’ho mai vista così aggressiva. Il
rispetto per la
gente traumatizzata non fa parte del suo carnet, a quanto pare.
“N-Naegi... non so cosa sia...
ma... ma... sta male... è come svenuto in camera sua... o
qualcosa
del genere, non so... temo sia... sia stato attaccato...”
Nei suoi occhi un lampo, forse di
preoccupazione. Subito sostituito dal suo consueto autocontrollo.
“Io dovrei credere che Celestia
Ludenberg, alias la Super Gambler fatta di gelo, titanio ed egoismo...
venga
sconvolta fino a questo punto da un’aggressione? Come se
fosse la
prima a cui assistiamo, fra l’altro. Cosa mi
nascondi?”
“Niente... forse sono
semplicemente... stufa di tenere in piedi... la maschera... di quella
che non deve chiedere... mai. Non puoi riuscire... a
crederlo?”
“Mi risulta francamente difficile,
già.”
Ci guardiamo per un per me
interminabile istante di tempo. E più mi colpisce con la sua
diffidenza, più sento di venire lacerata come un bambolotto
rotto.
Mi asciugo il pianto con il dito
artigliato. Manifesto ad alta voce quello che chiunque nella mia
situazione troverebbe giusto dire: “Guardami... ti sembra
che... io
stia fingendo? Con... che coraggio... e che bravura... potrei...
potrei... oh santo cielo, stava male! Invece... invece di perdere
tempo... con le tue stupide obiezioni... dovremmo
soccorrerlo...”
Con la coda dell’occhio colgo la
sua mano sinistra che si chiude a pugno. Corruga la fronte. Stringe
le pupille fino a ridurle a due fessure.
Voglio sperare di poterla ricondurre
alla ragione. Quel poveretto non stava per niente bene e
probabilmente ha bisogno di cure immediate.
“Vorrei solo capire com'è
possibile che ti sia ridotta così. In questo momento tu non
sei
Celestia Ludenberg come l'abbiamo sempre conosciuta, sei... un
cucciolotto impaurito. O almeno è quello che vuoi farmi
pensare.”
Scosto lo sguardo, ferita da tanta
incredulità. Sto davvero solo cercando di essere utile!
In realtà avrei un sistema per
essere sicura che 'sta testona si smuova, e cioè l'accennare
al loro
rinnovato rapporto di cameratismo. Se fossi maliziosa anche qualcosa
di più. Ma sarebbe un colpo basso e non voglio
infliggerglielo.
“Vai...
vai a controllare da te, allora! Io... andrò a frignare...
da
qualche parte... e cercherò di recuperare... la mia
compostezza...
non posso mostrarmi... debole... con gli altri, sarei... sarei la
prossima...”
“Tu
mi stai prendendo in giro, Ludenberg. Lo so. Non è da te
piantare una
farsa del genere.”
“Proprio
perché... voglio sembrare... ciò che in
realtà non sono... che ho
messo in piedi... la facciata... da donna spietata... ora
però...
però... troppe picconate al muro protettivo...”
butto fuori tutto
d'un fiato, travolta dalla tensione emotiva. Mi lascio cadere sulle
ginocchia, trattenendo rumorosamente nasi che perdono e altri rumori
non esattamente signorili.
E finalmente, in
un impeto improvviso di bontà, capisce che non le sto
giocando
nessun tiro mancino: mi offre la mano per aiutarmi, un'espressione un
po' meno inquisitoria.
“Sia
chiaro questo: io non ti credo. Però il dubbio, in tutta
onestà, me
l'hai messo e quindi, per una e una sola volta, cercherò di
non
ringhiare più del necessario. Avanti, alzati.”
Alleluia.
Sorrido
nell'accettare la sua offerta.
“Riesci
a camminare da sola?”
“P-Penso
di s-sì. Sono solo... dai... corri da lui a vedere... come
sta...”
“Ti
accompagno per un pezzo, non c'è problema. Almeno non ti
darò le
spalle.”
Mpf. Guardinga
sempre e comunque. Anche se ho chiaramente percepito il suo desiderio
di schizzare via per sincerarsi delle condizioni di lui.
La precedo
mentre ci avviamo.
Passiamo davanti
alla camera di Naegi. La porta è appena aperta, proprio come
l'ho
lasciata quando sono fuggita via in preda al panico.
La sento
fermarsi.
“Vai”
la esorto “io starò bene.”
“Sei
una serpe, Ludenberg.”
“Non
è vero. Sono molto più fragile di quanto cerco di
dare a vedere,
come ti sei accorta da te questa sera.”
“O
forse sei un'attrice da Oscar.”
“Ti
giuro di no. E adesso muoviti, era ridotto male.”
Esita. Sta
combattendo contro qualcosa che la trattiene e le impedisce di
lasciarsi andare.
Proseguo
imperterrita nella mia opera di convincimento.
Vai a vedere
com'è messo il tuo bellimbusto, su. Non devi temere nulla da
me.
Alla buon'ora si
avvicina alla porta. Mi sta dando le spalle.
...
...
...
Rieccomi in
plancia di comando.
Senza perdere un
solo istante estraggo dalla tasca lo spillo e, più veloce
che posso,
glielo conficco in profondità nel collo.
Mi sa che ho
esagerato con la dose, perché crolla a terra come un albero
abbattuto da un boscaiolo. In teoria gli effetti del veleno
dovrebbero manifestarsi dopo una qualche decina di minuti, non
istantaneamente.
Oh beh, tanto di
guadagnato.
“M-Maledetta...
maledetta... bastarda... lo sapevo che...”
“Lo
sapevi e ci sei cascata lo stesso. L'aura di invincibilità
di
Kirigiri è appena rimasta schiacciata sotto il mio tacco
dodici. Ma
lascia che ti dica questo, per non farti morire in un immeritato
disonore: prima non stavo mentendo.”
“Cosa...
cosa vuol dire?”
“Che
non stavo mentendo. Ero così calata nel ruolo da credere
veramente a
quel che dicevo e pensavo. Il momento in cui mi sono girata con la
faccia da bimba offesa? Ero realmente offesa. Quando ti ho giurato
che non ero un attrice degna dell'Oscar? Non lo credevo
realmente.”
Grugnisce
qualcosa, presumo la propria disapprovazione. E adesso non mi sento
neanche in grado di fargliene una colpa. La capisco.
“Era
come se fossi vittima di un episodio di dissociazione della
personalità.” riprendo mentre la trascino dentro,
ovviamente dopo
aver badato all'assenza di testimoni “Come la compianta
Fukawa con
Genocider, se vuoi. Solo che io lo faccio a comando. E quindi posso
sfruttare la situazione a mio vantaggio, come adesso. Figurati, ero
persino convinta di aver visto Naegi quando non è affatto
così,
visto che se n'è occupato il mio socio in affari.”
Ora gorgoglia,
incapace di assemblare una parola di senso compiuto. Altro che
milligrammo o qualunque sia l'equivalente liquido, devo avercene
versato sopra un ettolitro.
Ho la sensazione
che volesse protestare per aver scoperto nella maniera peggiore
possibile del nostro innocente piano e, soprattutto, del fatto che
stanotte non sarà l'unica a lasciare il mondo dei vivi.
La conduco, non
senza qualche difficoltà logistica, accanto al suo compagno
di
viaggio. Lei a destra, lui a sinistra. Non era neanche da dire che ho
saggiamente provveduto a rimuovere l'arma del delitto, facendo ben
attenzione a come la maneggiavo. E per fortuna non ho dovuto
rimediare a uno sbaglio di Togami, che da bravo ragazzo ha fatto
altrettanto con Naegi.
Awwwww. Sono
deliziosi.
La parte più
romantica e cialtrona di me mi porta a fare una serie di cose
ridicole, come girare le loro teste per fare in modo che si guardino
e addirittura congiungere le loro mani.
Sto davvero
cadendo in basso. Ma in quanto vincitrice posso permettermelo.
Giurerei che lei
lo stia fissando. Lui non è in grado di ricambiare, ormai
divorato
dal pesce-palla.
“Naegi, anche
se non puoi sentirmi. E Kirigiri, che so per certo mi stai sentendo.
Voglio solo dirvi che non è stato nulla di personale.
Eravate
semplicemente troppo intelligenti per il vostro stesso bene e
lasciarvi la facoltà di beccarci in tribunale non avrebbe
fatto bene
alle nostre spine dorsali. Messi così sembrate Romeo e
Giulietta e
siete dolcissimi, seppur capisca che sentirvelo dire da una delle
persone che vi ha ucciso suona molto come una presa in giro. Me ne
scuso, non intendo mancarvi di rispetto a questo punto del gioco. Che
abbiate un trapasso placido e senza dolore. Ciò detto,
Kyouko, ho
proprio intenzione di togliermi uno sfizio con te.”
Le sfilo il
guanto sinistro. Sono sempre stata rosa dalla curiosità a
tal
proposito.
Oh wow. Ha la
mano praticamente incenerita, tappezzata di ustioni su tutta la sua
superficie.
“Accidenti.
Una brutta esperienza, a quanto vedo. Quelle bruciature sono davvero
terribili e anche un po' disgustose, non mi meraviglia le volessi
nascondere.”
Glielo rinfilo,
non ho particolare interesse a far scoprire questo dettaglio.
Dopodiché mi rimetto in piedi, spolverando la gonna.
“E adesso,
cari miei, me ne andrò a letto. Giornata e soprattutto
nottata
pesanti. Augurate a me e a Togami buona fortuna al processo, anche se
è facile che ci vorrete entrambi dalla vostra parte per
vendicarvi.
Nella migliore delle ipotesi almeno uno di noi arriverà,
state
tranquilli. Per chiudere: Kirigiri, vai e insegna agli angeli ad
essere kuudere.”
Battuta
squallida, lo so. Ma troppe gentilezze mi guastano il sonno.
Che Yamada non
venga mai a sapere che ogni tanto anch'io leggo manga o la mia vita
è
finita.
“Upupupupupupupu.
Dei quindici piccoli indiani due ne erano rimasti, dopo che di tutti
gli altri si erano con stile e bravura sbarazzati. Poi uno dei due
una lama in gola si ritrovò e solo l'ultimo
restò. Tutto questo è
meraviglioso, emozionante, colmo di elettricità.”
trilla beato
Monokuma mentre sta aprendo il portellone all'unico superstite. Il
quale, ferito in più punti del corpo, non trova la forza o
la voglia
di commentare.
“Sicuro di non
desiderare il diploma cartaceo, miglior studente del corso? Te lo
meriteresti. Sarebbe bello appenderlo fra le rovine della tua
cameretta, magari dopo aver trovato un frammento di parete abbastanza
spazioso da ospitarlo.” insiste l'orso, continuando a sbattere
sul
suo muro di rifiuto.
“E va bene,
non ne hai voglia. Non è importante, tanto quel che conta
davvero è
che hai calpestato tutti quei luridi scarti pur di vincere la tua
libertà e il plauso di Monokuma. Vedo nei tuoi occhi...
ohibò,
dispiacere? Non mi vorrai far credere che... ti dispiace di aver
ammazzato il tuo compagno? Ma come, dopo tutti quei discorsi pomposi
sull'onore e sui patti fra gentiluomini e gentildonne? E adesso...
sei triste. Voi ragazzi non sapete proprio accontentarvi di quanto
avete di buono dalla vita, ecco la verità. Ai miei tempi il
tuo
premio sarebbe stata una sculacciata e a letto senza
cena.”
Il pupazzo
scoppia a ridere ed è troppo impegnato per evitare uno sputo
che lo
centra precisamente sul naso. Fa finta di nulla e continua a
ghignarsela.
Poi, con grande
sollievo dell'ultimo rappresentante della classe 78, la via per il
mondo esterno si schiude. Si trascina fuori lento, ignorando gli
ennesimi complimenti e rimbrotti della folle mente dietro tutto quel
casino senza senso.
“È fatta, finalmente
è fatta...” mormora una volta abbastanza lontano.
Salvo cadere per
terra, sopraffatto dalla perdita di sangue, a pochi metri
dall'ingresso.
Si ringrazia la socia Mana Sputachu per avermi dato l'idea da cui è nata questa storia. Mi ero colpevolmente dimenticato di creditarla e di questo mi scuso. |