II ciclo di Fheriea - La Missione di Jel

di TaliaAckerman
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- Cominciata?- ripeté Gala, alzando gli occhi colmi di lacrime per la prima volta. - Che cosa vuol dire?
Ellanor sospirò e spiegò:- Per quanto le truppe avessero ricevuto l'ordine di non attaccare, le circostanze lo hanno reso impossibile. Più o meno numerosi gruppi di Ribelli praticano razzie nei villaggi presso il confine... La gente ne ha paura. Il compito dell'esercito è quello di proteggerli tenendo lontane le milizie nordiche... ma abbiamo già contato una decina di morti.
Dio mio... pensò Jel sconcertato. Dunque la storia si ripeterà... un'altra volta come ai tempi di Will...
- Ora se non erro, avete altro a cui pensare - disse il maestro che nel frattempo si era rialzato. - Affiderò a due Guerriere il compito di accompagnarvi fino alla pietra e alla Custode.
Il mago porse una mano a Jel, il quale la strinse con decisone. L'uomo sorrise tristemente:- Faremo tutto il possibile per ritrovare il maestro Camosh. So che teneva molto a voi... - guardò in particolare Gala e la rassicurò:- Andrà tutto bene. Voi pensate a portare a termine il compito che vi è stato assegnato.
Jel notò immediatamente che il Consigliere non pareva affatto convinto delle parole pronunciate, ma d'altronde che cos'altro avrebbe potuto fare? Far loro notare che le possibilità di trovare Camosh vivo erano praticamente ridotte a zero?
- Forse è meglio che tu resti qui... - si ritrovò a dire alla compagna mentre entrambi venivano accompagnati da Ellanor verso l'ampio ingresso. - Dopo quello che è successo... devi riprenderti un attimo.
- Non è morto - replicò la ragazzina con decisione senza guardarlo, tenendo dritto lo sguardo di fronte a sé. - Non è morto e pertanto io vengo con te a riprendere la Pietra.
Vorrei tanto che fosse così, Gal, pensò il giovane con amarezza, ma non lo disse. Non c'era bisogno di infierire ancora sul dolore dell'amica. E neanche sul tuo... aggiunse poi mentalmente.
Quasi senza accorgersene venne presentato alle altre due Guerriere che sorvegliavano l'ingresso della scalinata che portava ai sotterranei. Ellanor si congedò da loro con un semplice:- Prudenza, Consiglieri. Da voi dipende molto -, giusto per appesantire ulteriormente l'atmosfera, e ancora una volta il mago si ritrovò distrattamente a scendere la ripida scala a chiocciola che conduceva alla cripta. La sua mente era rimasta in quella candida sala dei consigli, alle parole di Ellanor, alla guerra, e soprattutto al suo maestro, a Camosh, il quale - ne era terribilmente consapevole - al momento era sicuramente morto. Morto... Jel sussultò nel formulare quella parola. Non poteva credere che uno dei più grandi maghi di Fheriea, l'uomo di cui più si fidava al mondo fosse scomparso a quel modo, senza lasciare traccia.
La sua mente rimase dolorosamente assorta persino dopo che ebbe messo piede nella piccola cripta, persino mentre l'anziana Custode affidava la Pietra d'Ariador alla loro protezione. Ciò che era appena accaduto segnava l'indiscutibile termine della sua vita per come l'aveva conosciuta fino a quel momento.

                                                                        ***

- Che cosa sono quelle facce da funerale? L'avevo detto che non vi avrebbero fatti entrare... - li accolse Ftia sardonica non appena ebbero rimesso piede in casa sua, ma Jel scosse la testa cercando di convincerla a lasciar perdere.
- Le Pietre non c'entrano niente - ringhiò Gala, che per tutto il tragitto dal palazzo alla via di Ftia non aveva ancora pronunciato parola. - Tieni quella bocca chiusa, per una volta!
- Uh-uh - fece la cacciatrice senza ombra di disagio, ostentando un sorrisino strafottente. - È successo qualcosa di grosso allora. Ditemi, chi è morto?
A quelle parole, la ragazzina la fissò con qualcosa di simile al disgusto negli occhi, e prima che Jel potesse replicare qualsiasi cosa per confortarla, scoppiò in lacrime e corse a rifugiarsi nella propria camera, sbattendo la porta.
Il gelo calò sui due giovani. Jel guardò Ftia con una leggera aria di rimprovero e le chiese:- Non potevi cercare di trattenerti una buona volta? Ha appena saputo che il suo maestro... che è stato anche il mio... da qualche giorno è scomparso.
Scomparso. Ancora quella parola. Perché diavolo non si decideva ad usare il termine appropriato? Morto. Questo era Camosh in quel momento.
- Oh. Mi dispiace - Ftia pronunciò quelle parole di circostanza, ma il suo tono rimase freddo. Il Consigliere soppesò su quali fossero le informazione che poteva confidarle, quali fossero abbastanza discrete da non infastidire Gala. - Era come un padre, per lei - disse alla fine. Davvero discreto. Complimenti.
- Ha insegnato a me tutto ciò che sapeva sulle arti magiche, e dopo che io sono entrato nel Consiglio ha addestrato anche lei. Gala...lei gli voleva molto bene. Ora probabilmente è morto.
- Anche mio padre è morto - gli fece notare la donna cupamente. - Quando avevo sedici anni. Ma io di certo non ho passato i giorni successivi a piangere come una bambina.
Jel provò una punta di fastidio pensando al dolore dell'amica, eppure anche una sorta di ammirazione verso l'autocontrollo che Ftia pareva mantenere in ogni momento, e per un attimo desiderò che anche Gala fosse fredda e pragmatica quanto lei.
- Mi dispiace - si ritrovò a dire a sua volta, lo sguardo rivolto al tappeto; alzò gli occhi e incontrò quelli della donna. Sentiva di dover in qualche modo difendere le ragioni di Gala. - Lui era tutta la sua famiglia.
Ragioni? Ma quali ragioni, idiota? Camosh è morto, ha tutto il diritto di piangere!
E allora perché in quel momento avrebbe desiderato che la strega riuscisse a dimostrarsi forte e ruvida come Ftia?
- E tu, Jel? Tu hai pianto per il tuo maestro? - la voce della cacciatrice, improvvisamente più morbida, lo colse completamente alla sprovvista. - No - rispose il mago. - Da quando è morto mio padre non piango più come si deve.
Ftia Elbrik sorrise. E per un momento, un bagliore di bellezza illuminò il suo volto di solito ombroso, una traccia di comprensione, o forse compassione che le donava molto. - Sapevo di avere ragione su di te... - affermò un poco divertita, e anche quella volta nella sua voce si lesse un pizzico di ilarità. Inaspettatamente Jel si ritrovò a sorridere, nonostante il dolore ancora vivissimo dentro di lui, così come la paura, l'incertezza... Eppure in quell'istante una sorta di sensazione anomala lo avvolgeva, la necessità di evadere da quel mondo almeno per un po'...
- La stessa cosa vale per me - rispose spontaneamente. Era proprio quello che si sarebbe aspettato da lei... pensò mentre Ftia faceva un passo verso di lui. Jel non arretrò. La necessità di evadere da quel mondo almeno per un po'...
Ci fu un attimo di silenzio e Ftia fece scorrere lentamente le dita lungo la cicatrice sulla nuca del giovane, ricordo del suo primo incontro con Mal e Sephirt. - Mi dispiace per il tuo maestro - mormorò con voce roca. Pochi secondi dopo le sue labbra erano su quelle del giovane.
D'apprima Jel si irrigidì, lievemente impacciato. Aveva avuto un paio di fidanzate, ragazze, a Grimal: una vecchia amica, una vivace ragazza ariadoriana... ma tutto quello era accaduto prima, prima che l'addestramento fosse diventato più intenso, prima che il suo ruolo di Consigliere lo estraniasse quasi completamente dalla vita quotidiana. Da anni e anni non gli capitava una provare una cosa del genere...
Le labbra di Ftia erano sottili e screpolate, ma anche morbide, esperte, e in un attimo Jel si ritrovò completamente a suo agio. Almeno per poco, le cupe emozioni che lo avevano avvolto parvero affievolirsi, sostituite da un piacevole calore. Avvolse le spalle della donna con un braccio, inspirando profondamente il vago profumo di menta ed erbe aromatiche che la avvolgeva. Lei gli mordicchiò piano il labbro inferiore, per poi separarsi e sorridergli maliziosamente. - Sì, avevo ragione... - ripeté un'ultima volta, e poi riprese a baciarlo, moderata e sensuale. Il mago non oppose resistenza, anzi, si lasciò beatamente andare al tocco della cacciatrice per quelli che gli parvero infiniti secondi, finché...
Ma che cosa sto facendo?
Jel si separò di scatto dalle labbra e dal corpo della giovane donna, che parve sorpresa quanto lui dal suo gesto. - Non posso... - biasciò il mago, un attimo prima di rendersi conto che quelle non erano le parole giuste da utilizzare. Non voglio.
- Io... mi-mi dispiace Ftia - fece un passo all'indietro. Lei lo guardò sbattendo le palpebre, poi ridacchiò con un pizzico di amarezza. - Già. Avrei dovuto pensarci. Troppo moralmente integerrimo per concederti distrazioni, eh?
- Proprio così - confermò il giovane, lieto che la donna avesse capito. Si unì al suo sorriso, anche se in quel momento non avrebbe dovuto ostentare alcuna ragione per farlo. Ftia lo guardò di sottecchi, poi disse a mezza voce:- Tu mi piaci Jel. Sei un brav'uomo. Spero che tu e la tua amica ve la caverete, a Nord.
- Grazie - il mago apprezzò la sincerità in quelle parole. Poi indicò con un cenno la porta alle sue spalle. - Vado a a parlare con Gala - annunciò e, mentre Ftia annuiva lentamente, si voltò verso le camere da letto.
Idiota. Idiota. Ma che credevi di fare, eh?
Scosse la testa, combattuto e infastidito; non doveva più permettersi di fare una cosa del genere. Non che ci fosse poi nulla di male, ma mai come in quel momento aveva bisogno di mantenere la testa sulle spalle. Preferì non pensare a quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe potuto permettersi di pensare a tal genere di cose, e così - inspirando profondamente - spinse in avanti la porta della stanza di Gala e vi entrò. La ragazzina era stesa sul piccolo letto, anche se forse "stesa" non era il termine più adatto; buttata avrebbe reso meglio l'idea. Abbandonata a faccia in giù, il viso sprofondato nel cuscino, aveva le unghie affondate del materasso e le gambe piegate con un'angolatura strana. Sembrava essersi svestita solo per metà: il mantello che Ftia le aveva prestato, insieme alle brache e i calzini, giaceva sul pavimento come un mucchietto di stoffa, mentre la strega indossava ancora la propria casacca e la biancheria intima.
Ci sarebbe mancato solo quello... pensò stizzito, avanzando lentamente e poggiando il sacchetto chiuso delle Pietre sul piccolo mobile di legno. - Gala - chiamò. Lei grugnì, ma non proferì parola. Aveva il volto girato dall'altra parte. Jel non poteva vederlo, ma avrebbe giurato che le sue guance fossero ancora rigate di lacrime. Mentre tu eri di là a spassartela con Ftia lei deve aver sofferto come mai prima d'ora...
- Gala - ripeté pacato, anche se alzando leggermente il tono della voce. Ancora nessuna risposta. Anche se al momento il mago avrebbe desiderato scuoterla e mollarle almeno un paio di schiaffi per darle una mossa, doveva sforzarsi di essere conciliante. Ricordava ancora il giorno in cui suo padre era morto, e allora la sua reazione non era stata tanto diversa. Aveva rifiutato di parlare con chiunque per un'intera giornata, giornata trascorsa a piangere, prendere a pugni il cuscino e rigirarsi impotente in quell'agonia senza fine. Era da allora che il rapporto con sua madre Lys si era incrinato: la confidenza e l'affiatamento si erano trasformati in freddezza, a volte disagio, anche se in fondo in fondo l'affetto fra madre e figlio era rimasto immutato. Onestamente Jel sperava che le cose non andassero così fra lui e Gala, in quanto in quel caso avrebbero potuto direttamente dire "ciao" alla missione e alle loro vite, anche.
- So come ti senti.
Doveva pur seguire un copione, no?
- Non lo sai - mugolò lei con voce rabbiosa. - Non lo puoi sapere.
- So che ora sei distrutta - il giovane non si soffermò sulla superficialità di quelle parole. - Ho sofferto anch'io per la morte di Camosh. Era anche il mio maestro.
Ma ti stai sentendo? Che vuoi fare, la gara a chi soffre di più?
- Quello che voglio dire è... - si affrettò ad aggiungere. - Che capisco quanto tu stia male, è comprensibile. Ma voglio aiutarti, se posso.
Per la prima volta la ragazzina si voltò e, guardandolo dritto negli occhi, rispose:- Non eravamo con lui. Jel, non eravamo con lui. Non potremo aiutare gli altri a cercarlo. Non saremo noi a... a trovarlo... - così dicendo, scoppiò di nuovo in lacrime. Il mago si sentiva terribilmente affranto, impotente, a disagio anche. Senza sapere bene che fare, mollò all'amica un paio di colpetti sulla spalla. - Io... mi dispiace, Gal. Ora ti lascio in pace. Quando starai meglio... vieni di là, va bene?
Fa' in modo che sia il più presto possibile...
- Aspetta - quella parola lo colse completamente alla sprovvista. - R-rimani un po' qui per favore. Non... non voglio stare sola.
Un sorriso amaro si disegnò spontaneamente sulle labbra del Consigliere, mentre con calma si sedeva sul bordo della brandina. Strinse forte la mano di Gala ma, non avendo più idea di cosa dire per rincuorarla, rimase in silenzio. Capì che non c'era bisogno di parole per spiegare tutto ciò che stavano provando in quel momento. Pian piano, il respiro della strega divenne più regolare, i singhiozzi cessarono e la presa sulla mano di diminuì leggermente. Solo dopo che fu sicuro si fosse addormentata, il giovane sciolse l'abbraccio fra le loro dita e si rialzò, facendo scricchiolare leggermente il pavimento di legno.
- Jel...?- la testa di Ftia fece capolino da dietro la porta. - Io esco, d'accordo? Vado a cercare qualcosa da cacciare... - dal modo disinvolto in cui gli parlava, pareva completamente dimentica del bacio che si erano scambiati poco prima. Da parte sua, lui si sentì sollevato: preferiva che la donna non vedesse per troppo tempo Gala in quelle condizioni. - D'accordo - rispose con calma. - Ti aspetteremo per cena, allora.
- Forse sarebbe meglio di no... - replicò lei e, notando lo sguardo interrogativo di Jel, spiegò:- A volte le cose vanno decisamente per le lunghe. Non so quando... potrei fare tardi...
Mentre la cacciatrice richiudeva la porta e si preparava ad uscire, Jel non riuscì a celare un pizzico di irrequietezza. Ftia aveva bisogno di lavorare (ergo, cacciare) per sopravvivere, questo era ovvio. Eppure, qualcosa nel suo tono di voce era risultato in qualche modo... precario, richiamando nel suo animo una lieve sensazione di minaccia. Insomma... Ftia aveva davvero intenzione di uscire per andare a caccia? Come potevano loro sapere quale fosse il suo reale intento? E sopratutto, c'era la remota possibilità che la donna avesse deciso di tradirli? Per esempio... rivelando la loro posizione a qualche Ribelle?
Piantala Jel! per l'ennesima volta il giovane si ritrovò a smentire i propri pensieri diffidenti. È uscita per andare a far fuori qualche stupido Shirin, o Limbos, o magari qualche Letjak troppo lontano da una foresta. È il suo lavoro, è normale...
Sarà meglio stare all'erta comunque...
una volta entrato nella sua mente, il sospetto si rivelò molto arduo da allontanare del tutto. No, si disse poi. Non può essere una Ribelle. Non avrebbe mai attaccato Mal, altrimenti...
La constatazione era inequivocabile: Mal e Sephirt erano stati incaricati di ucciderli fa Theor in persona, a nessun Ribelle sano di mente sarebbe venuto in mente di far fuori uno di loro. No, in effetti, la fedina di Ftia pareva pulita. Devi imparare a fidarti... delle persone giuste, si disse il mago mentre si decideva ad uscire dalla camera di Gala. Arrivato nel salotto, si sedette su una delle sedie che contornavano il tavolo da pranzo. I vimini del piano scricchiolarono.
Solo in quel momento Jel si rese conto di essere molto stanco. La conversazione con Ellanor, la notizia della "scomparsa" di Camosh... lo avevano provato parecchio. A tal proposito, ancora una volta il Consigliere si chiese se avessero davvero fatto bene a tacere al maestro di Tamithia l'argomento Mal e Sephirt. Ormai quel che è fatto è fatto.
Rimase lì, fermo e seduto, per quelle che gli parvero ore, a riflettere su tutto quello che era accaduto nelle ultime settimane. E, per la prima volta dopo giorni, il suo pensiero si soffermò nuovamente su Sephirt. Sephirt, che era ancora viva. Sephirt, che non avevano più rivisto da quando Ftia aveva pugnalato Mal. Sephirt che, ne era sicuro, presto sarebbe tornata per esigere la sua vendetta.
- Jel... Dov'è Ftia? - la voce era quella lieve e malferma di Gala.
Lui si voltò di scatto a guardarla, e notò che aveva ancora gli occhi rossi e gonfi di pianto. Ma, almeno per ora, le lacrime parevano essersi fermate.
- È andata a caccia nei dintorni della città, credo. È uscita... - già, quanto tempo prima era uscita? - ... circa un paio di ore fa. Mi pare.
- Ah - la parola risuonò atona, nel cucinotto deserto. La ragazzina si sedette lentamente su una delle sedie e Jel udì di nuovo i vimini sotto di le scricchiolare, trattenendo a stento una risata priva si allegria. Praticamente, la casa di Ftia cadeva a pezzi.
Rimase a fissare la compagna che, assorta, teneva lo sguardo sul piccolo vaso di fiori in mezzo al piano di legno. Una ciotola di terracotta, tra l'arancione e il marroncino, colma di terriccio, dal quale spuntavano alcuni piccoli fiorellini dorati. - Non ricordo il nome... - mormorò Jel, rivolto più a se stesso che alla strega. - Ma mi pare di averli già visti... in qualche campo, a Grimal...
Gala taceva; Jel capì che in quel momento non erano molti gli argomenti che avrebbero potuto interessarle, tantomeno il nome di qualche stupido fiore giallo. Era una delle prime volte che, in presenza dell'amica, avvertiva uno strano senso di disagio e imbarazzo. E così, quasi inconsapevolmente, tentò il più freddo e sconveniente degli approcci.
- Presto dovremo ripartire per Città dei Re - annunciò dopo qualche secondo. Gala parve ignorare quelle parole, e dopo essersi schiarito la voce lui continuò:- Per... prendere la Pietra Gialla.
- Già - concordò la ragazza a mezza voce, e Jel si sentì un poco sollevato. Se non altro, Gala non aveva completamente dimenticato la missione, anche se in realtà avrebbe avuto tutti i motivi per farlo. Ma nonostante questo, al giovane pareva di essere in presenza di un'estranea, non la la strega allegra e disinvolta che conosceva da tanti anni.
La voce dell'amica lo colse di sorpresa:- Sei sempre troppo ligio al dovere per concederti un po' di tregua, eh?
Finalmente un pizzico di ironia - o forse sarcasmo - che sapeva di Gala molto più di quel pesante silenzio. Jel la guardò tristemente. - Mi conosci, Gal.
Lei gli prese la mano. Il mago poté distintamente notare le lacrime che lottavano per uscire dai suoi occhi, ma altrettanto nitidamente vide il forte tentativo della ragazza di frenarle. Un'ondata di profondo affetto lo travolse: in realtà era sempre lei, la sua Gala, così immatura, così fragile e bambina ... Ma anche fortissima. La sua amica. La sua compagna. La persona con cui aveva condiviso tutto negli ultimi mesi. Se da una parte era addolorato per l'inferno in cui aveva trascinato la ragazzina, d'altra parte era infinitamente grato che lei fosse con lui lungo quel viaggio così pericoloso e impegnativo, perché ora lei era la persona di cui si fidava si più al mondo.
Ricambiò la stretta e giurò a se stesso che, in un modo o nell'altro, avrebbe fatto in modo che la morte di Camosh venisse vendicata.








Note: finalmente sono riuscita a postare questo capitolo! C'ho messo giorni e giorni per scriverlo, sapete, ci sono stati anche un po' di giorni al mare di mezzo e per un attimo ho temuto di non riuscire a pubblicarlo entro la fine di luglio ToT E invece eccomi qui. Lo so, come capitolo è po' più corto del solito, ma spero che vi sia piaciuto comunque... e soprattutto che il momento di feeling fra i nostri Jel e Ftia non sia stato troppo mieloso >.<
Ciao a tutti e grazie ai lettori :D

Ps: la bambina viziata che è in me mi spinge a chiedere a tutte le persone che da un po' seguono la mia serie di farsi avanti dopo tutti questi mesi: suvvia, solo una piccola opinione, una mini-recensione... Grazie :P




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