Tulipani
-Io
non ti merito-
La
mia coda ondeggiò bruscamente mentre mi voltavo verso
Shikamaru. Era una giornata estiva, piena di sole, e le cicale
riempivano il silenzio di una città intorpidita
dall’afa. Avevamo deciso di passare il pomeriggio sdraiati
sotto l’ombra fresca dei ciliegi, così che lui
potessi riposarsi in santa pace e io potessi godermi la sua presenza in
tutta tranquillità. Non mi aspettavo uno sviluppo di questo
tipo, però, e prima che potessi parlare, mi ritrovai il suo
capo appoggiato al petto e le sue braccia attorno alle spalle. Teneva
la fronte bassa, come un bambino in cerca di conforto.
-Cosa
dici?- gli domandai piano, ancora sorpresa per la sua reazione, ma nel
frattempo cominciai ad accarezzargli i capelli.
-Ino,
io sono uno schifo, me ne rendo conto-
-Di
cosa stai parlando, Shikamaru?- gli chiesi, cominciando a preoccuparmi.
Non è che mi ha tradita? Pensai tra me e me. In quel caso
non l’avrei mai perdonato.
-Di
quanto sia difficile starmi accanto-
Non
mi aveva tradita. Tirai un sospiro di sollievo.
Gli
alzai il capo, prendendo il suo viso tra le mani, e trovai i suoi
profondi occhi castani pieni di tristezza. Non mi guardò, ma
continuò a evitare il mio sguardo. Non l’avevo mai
visto così provato.
-Perché
dici questo?-
-Perché
è vero- rispose, poi sospirò sonoramente
–tu meriti qualcuno migliore di me. Tu mi dai così
tanto e io ti do così poco, non è giusto-
-Tu
mi ami?-
-Certo
che ti amo-
Il
modo in cui lo diceva, tutte le volte, quasi con una nota di dolore
nella voce, ma faceva capire che il suo cuore era più grande
della sua mente. Poi cercò il mio abbraccio e io glie lo
diedi, e rimanemmo uniti tra i fili d’erba per minuti interi,
in silenzio. Sinceramente, mai avrei detto di desiderare
così tanta pace; pensavo che sarei impazzita a non aver
niente da fare, ma con Shikamaru era diverso, era lui che mi faceva
sentire in pace, e non avevo bisogno di nient’altro.
-Non
sono stupido- esordì dopo un po’ e io risi: tra
gli idioti era il più idiota. –Scherzi a parte-
continuò –Ino, se tu non sei felice con me, allora
non è giusto che io ti trattenga-
Rimasi
in silenzio. Non era stato un periodo felice, nemmeno un po’.
Shikamaru era stato così impegnato che non avevamo potuto
vederci per settimane, facendomi arrivare a pensare che mi stesse
evitando. Perché lo so, sono un tipo piuttosto ossessivo,
sempre in cerca di attenzioni e desideroso di sentirmi apprezzato.
Questo
è il mio difetto.
-Io
sono felice quando sono con te- risposi. Ed era vero, quando eravamo
insieme mi sembrava di vivere in un sogno e tutta l’amarezza,
il rancore e i dubbi scomparivano.
-E
il resto del tempo?-
-Non
può essere sempre rose e fiori-
-Ti
sto facendo soffrire-
Non
negai. Il mio cuore soffriva le pene dell’inferno al pensiero
che tutta l’attenzione di Shikamaru era verso altro e non
verso di me. Sì, desideravo di più. Con lui,
però.
-Tu
impegnati di più e io ti annoierò di meno-
-Ci
sto provando, Ino-
-Telefonandomi
ogni sera? Lo sai che non è lo stesso che rotolare tra le
lenzuola, tutti accaldati ed eccitati-
-Stupida-
mi disse, sorridendo divertito –vorrei non essere
così, non avere questa maledetta mente. A volte vorrei che
si spegnesse e non si riaccendesse più. A quel punto sarei
abbastanza ebete da accompagnarti a fare shopping-
-Mi
farai morire- gli dissi, dopo aver smesso di ridere, ripensando a tutto
il dolore che avevo dovuto sopportare per arrivare ad avere un
pomeriggio con lui. E se sarà così per tutta la
vita? Me lo chiedevo, ogni tanto, ma accantonavo la domanda.
Non
poteva essere così.
Mentre camminavo in
fretta, facendo poca attenzione a dove andassi e a chi incontravo sulla
mia strada, mi resi conto di essere arrivata di fronte alla casa di
Shikamaru. Rimasi paralizzata. Avevo rovinato tutto, lui non sarebbe
più stato mio e io non sarei più stata sua.
Avevo bruciato il
nostro noi, mettendolo al rogo con crudeltà estrema.
Cominciò a
piovere, ma io non mi mossi. Sentivo i tuoni sopra la mia testa
esplodere minacciosi, ma la tempesta più violenta era quella
dentro di me. Il mio cuore stava cadendo a pezzi, martoriato,
dilaniato, in attesa del colpo di grazia.
-Che stai facendo qui
fuori?-
Era la sua voce.
Lentamente, come se avessi il terrore di vedere uno spettro, mi voltai
verso di lui. Non aveva aperto l’ombrello, nonostante
l’avesse in mano. Troppa fatica opporre resistenza alla
pioggia tenendo un braccio alzato in continuazione, avrebbe detto.
-Stai bene?- mi
chiese. Io mi resi conto che non vedevo il suo viso da più
di un mese ed ebbi la sensazione gelida che fosse un estraneo.
-No- mormorai, senza
riuscire a distogliere lo sguardo da lui –ho fatto una cosa
orribile-
-Cosa?- mi chiese. Non
lo sospettava nemmeno, era chiaro come il sole. Il suo viso era
preoccupato, sì, ma non teso né cupo. Possibile
che il suo cuore fosse così ingenuo quando la sua mente era
così acuta? Aveva davvero così tanta fiducia in
me? A quel punto mi chiesi se tutti i problemi me li fossi inventati
io.
-Ino, cosa succede?-
mi domandò, assottigliando lo sguardo come tutte le volte
che è alla ricerca di una risposta –stai bene?-
-Io … - non
riuscii a dirlo.
Shikamaru a quel punto
aprì l’ombrello e me lo mise sopra la testa. Uno
sforzo enorme, considerando il soggetto, e facendolo venne ancora
più vicino. Fui invasa dalla sensazione di pace che solo la
sua presenza sapeva darmi e mi sentii a casa. Tutti i miei problemi
trovavano una soluzione quando stavo con lui, ma non questa volta.
-Non farlo- lo fermai
prima che si piegasse in avanti per baciarmi. Desideravo quel bacio
cento volte di più che quelli di Kiba. In quel bacio
c’era amore, non solo passione.
-So perché
sei qui- mi disse poi, lasciandomi di stucco. I miei occhi azzurri si
allargarono a dismisura, completamente confusi. –Per
lasciarmi-
-Allora?
Quali sono i tuoi sogni per il futuro?-
Avevamo
appena fatto l’amore approfittando dell’assenza di
qualche ora dei suoi genitori. Io ero ancora nuda, lui aveva indosso
solo i boxer e si appoggiava alla mia schiena accarezzandomi i fianchi
con le dita. Amavo quel momento, il più intimo che due
persone possono avere.
L’eccitazione
ancora nell’aria, l’animo sconvolto da tanta
intensità e dal pensiero di potersi unire fisicamente
all’unica persona in grado di completarci.
Una
magia, una reazione chimica, la neve d’estate.
-Non
ne ho molti- rispose con voce bassa –so solo che voglio avere
una casa in cui vivere con mia moglie e due bambini al massimo, una
femmina e poi un maschio. Quindi l’unica cosa che so
è che ci sarai tu-
-E
saresti disposto a passare l’intera vita sopportando i miei
sbalzi d’umore?-
-L’idea
è quella-
Io
risi e mi girai, lasciandomi avvolgere delle sue braccia forti.
Lì, sul suo petto, avrei passato tutte le notti della mia
vita. Ero certa, e anche lui lo era, che prima o poi sarebbe arrivato
il giorno in cui saremmo stati liberi di farlo.
-Sei
bellissima-
Lo
so! Avrei esclamato con qualsiasi altra persona ma Shikamaru non era
solito fare questo tipo di complimenti e quando accadeva, avevo la
certezza che lo pensasse veramente. Arrivava a farmi arrossire.
-Anche
tu non sei male- risposi, facendolo sorridere. I nostri nasi si
sfioravano e i suoi occhi scuri mi scrutavano con attenzione. Io gli
afferrai le guance con le dita e le strinsi, ridendo della sua
espressione buffa.
-Sei
terribile- mi disse.
-Ma
come sei carino!- lo presi in giro.
-Non
cambiare mai Ino-
Non vedevo Shikamaru
da due mesi. Sotto una pioggia di lampi e grandine, avevo trovato il
coraggio di confessare il tradimento. Fino alla fine avevo creduto che,
grazie alla sua mente, avrebbe affrontato la situazione con
razionalità e sarebbe andato avanti senza troppa fatica.
Invece
l’avevo completamente distrutto.
Tradendo la sua
fiducia avevo reciso ogni suo sogno. Il nostro
“noi” lo salvava dallo sprofondare
nell’apatia, dalla piattezza dei giorni tutti uguali, dalla
pesantezza di vivere solo di doveri. Choji era l’unico che
riusciva ancora ad avvicinarsi a lui, tanto da tenermi informata su
come stesse.
-Fa la solita vita- mi
disse –lavoro e casa-
-Non uscite qualche
volta?-
-Quasi mai. A volte
vado a trovarlo a casa sua, ma se ne sta zitto quasi per tutto il
tempo-
-Non va più
ad allenarsi?-
-Non alza un peso da
settimane-
-Non che prima si
sforzasse molto di più- commentò a bassa voce
Sakura. Lei aveva sempre sostenuto che, all’origine del mio
errore, ci fosse stata una grave mancanza da parte di Shikamaru, quasi
come se lo meritasse. All’inizio questo suo comportamento mi
era stato di grande aiuto, ma ora era diverso. Dopo due mesi passati da
sola, senza alcun contatto con lui, avevo capito che invece di provare
rancore avrei dovuto parlarne più chiaramente. Forse, in
quel modo, le cose sarebbero andate diversamente.
-Mi detesta?- chiesi
con timore.
-Non ti ha
più nominata-
Era anche peggio.
Li lasciai, quel
pomeriggio toccava a me aprire il negozio di fiori. Le nostre belle
rose erano morte tutte improvvisamente e i miei genitori ancora si
chiedevano come fosse potuto succedere. Io mi ero sentita molto meglio
vedendole appassite, secche e inaridite. Era così semplice
far morire dei fiori.
Non avevo
più rivisto nemmeno Kiba e non avevo intenzione di
rivederlo. Mi attraeva, era vero, ma non era quello che volevo. Lui
aveva provato a contattarmi più volte, dicendomi che ero
importante e che voleva di più. Di fronte ai miei rifiuti il
suo carattere egoista e arrogante era magicamente risorto e ora lo
odiavo dal profondo del cuore.
Avevo rovinato tutto
per un idiota del genere.
Finii di comporre un
mazzo di tulipani e lo avvolsi nella carta velina. Mi voltai solo un
attimo, per porlo in un vaso d’acqua, e quando tornai al
bancone, lui era di fronte a me. Sentii il petto esplodere, in una
marea di sentimenti ed emozioni.
Perché
Shikamaru era lì? Perché mi guardava con quello
sguardo pieno di nostalgia? Non l’avevo mai sentito dire una
parola cattiva verso di me. Forse era qui per sfogarsi, finalmente, e
io me ne sarei stata zitta prendendo ogni insulto com’era
giusto che fosse.
-Puoi chiudere il
negozio per qualche minuto?- mi chiese, mettendo le mani in tasca. Era
più magro e aveva profonde occhiaie scure. Ero stata io a
fargli quello?
-Certo- gli dissi e
dovetti passargli accanto per girare le chiavi nella serratura. Poi mi
sfilai il grembiule, ma lui non era più dietro di me. Stava
guardando i tulipani del bouquet, sfiorandoli con le mani.
-E tutte le rose che
avevate?-
-Morte-
-Tulipani ora?-
-Sono i miei fiori
preferiti-
-Non lo sapevo-
Mi guardò
solo per un attimo, ma riuscii a cogliere il dolore che c’era
nel suo sguardo. Rimase in silenzio, accarezzando i petali rossi e
gialli con tenerezza.
-Come stai?- mi
chiese. Era a disagio, era evidente. Io non risposi, che domanda era?
Anche lui lo capì e tornò a guardare i tulipani.
-Avrei dovuto sapere
che sono i tuoi fiori preferiti-
Quella frase mi colse
di sorpresa. Di nuovo la sua mente era un passo avanti alla mia e non
riuscivo a capire dove volesse arrivare.
-Non è
certo un’informazione essenziale- risposi, non sapendo che
altro dire.
-Certo che lo
è- mi contraddette e sembrò prendere coraggio.
Inspirò profondamente e si mise di fronte a me.
–Io voglio sapere tutto di te, e avrei dovuto sapere anche
questo. Siamo stati insieme tre anni, e non so qual è il tuo
fiore preferito. Capisci?-
No che non capivo. La
sua frase era senza senso, che cosa avrei dovuto capire? Probabilmente
lui lo intuì dalla mia espressione perché si
avvicinò e piegò il capo leggermente in avanti.
Lo faceva sempre, prima di baciarmi.
-Scusa- disse, la voce
bassa, un sussurro solo per me –per tutte le volte che ti ho
trascurata-
-Shikamaru- riuscii a
dire –non farmi questo … -
Mi voltai, stavo per
piangere. L’odio verso me stessa crebbe come uno tsunami e mi
investì con violenza, sradicando ogni difesa che avevo
eretto contro il dolore. Mi coprii il viso con le mani, vergognandomi
della mia debolezza, e desiderando che Shikamaru mi lasciasse sola.
Invece mi
abbracciò.
-Non farlo
… - mormorai con un singhiozzo, mentre il suo odore tornava
a inebriarmi e il suo calore avvolgeva le mie spalle.
-Dimentichiamo quello
che è successo- continuò e io smisi per un attimo
di respirare. Mi staccai da lui quel tanto per riuscire a guardarlo in
viso. Era serio, ma anche provato e ferito. Quegli occhi, quanto mi
erano mancati. –Ti prometto che non commetterò
più gli stessi errori. Tu vieni prima di tutto, e non voglio
che qualcun altro … -
Non riuscì
a finire la frase. Chiuse gli occhi, poi alzò il capo e
m’impedì di vedere la sua commozione. Le sue
braccia divennero rigide e deglutì, come per ritrovare il
controllo.
-Non ho mai desiderato
nessun altro se non te- gli dissi, sapendo bene che rischiavo di
mandare tutto all’aria, ma a quel punto era
d’obbligo espormi –credevo che non mi amassi
più, ma non avrei dovuto … -
-Lo so- mi
abbracciò forte. Non voleva sentire, voleva solo
dimenticare, e anch’io lo volevo. Mi lasciai andare, non
riuscendo ancora a credere di trovarmi stretta a lui. Eravamo uniti
abbastanza per riuscire a ricominciare? Dentro di me la speranza
rinacque, come una fenice dalle sue ceneri, con la
convinzione che Kiba non aveva mai realmente occupato il suo posto.
Perché
nessuno è speciale come Shikamaru.
Ringrazio
Ayumu 7, giudice del contest “Tre è il numero
perfetto”, per avermi dato una fonte di ispirazione, e
nickdelnord per la recensione al capitolo “Rose”.
Spero che anche quest’ultimo sia stato all’altezza
delle aspettative! In ogni caso, una recensione è sempre ben
gradita!
A
presto,
Dryas
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