CAPITOLO
IV
Dicono che il tempo sana tutto,
e che col passar degli anni
ogni
cosa tu ti puoi scordar.
Dopo la morte di Yuri, chiudere gli occhi e cercar di dormire
tranquillamente cominciò a divenire sempre più
difficile.
Era proprio durante la notte, quando la schiena poggiava su quel
materasso rigido come la pietra, che la mia mente, circondata dal
silenzio più assoluto, diveniva preda dei più
oscuri pensieri.
E subito dopo, nel sonno, veniva letteralmente divorata dai
più terrificanti ricordi.
A volte si ripetevano nella mia mente scene appena vissute, anche
durante il giorno stesso; altre volte ricordi più remoti:
quelli sembravano i più veri.
Era persino doloroso dormire, anche se il vero incubo cominciava nel
momento stesso in cui riaprivi gli occhi.
Era assurdo, ma delle volte era difficile distinguere tra sogno e
realtà.
Sembrava tutto uguale.
Un ciclo che si ripeteva giorno e notte, notte e giorno, mai un attimo
di pace, di tranquillità,
Un incubo senza fine.
E a volte desideravo seriamente non riuscire a svegliarmi e rimaner
intrappolato all'interno di uno di quei sogni, in cui capitava che
qualcuno avvolto nell'ombra mi stringeva le mani al collo, sino a
togliermi l'ultimo respiro.
Mi ripetevo che forse Yuri aveva preso la decisione giusta.
Che senso aveva continuare a vivere sapendo di non possedere
più nulla?
L'orgoglio, il rispetto, la dignità, e la libertà.
Parole oramai vuote, prive di qualunque significato.
Molti avevano definito Yuri un debole, ma si sbagliavano.
E' vero, forse Yuri aveva compiuto un gesto folle, ma così
facendo aveva dimostrato il coraggio di opporsi ad una forza che lo
teneva racchiuso dentro un pugno.
Ammetto di aver pensato, non poche volte, di seguire il suo esempio:
chiudere gli occhi e per una volta riuscire a pensar a nulla, per
gettarmi nel vuoto e divenire io stesso il Nulla.
Solo allora ogni sofferenza sarebbe stata eliminata, ogni dolore fisico
rimosso.
Ma c'era qualcosa che me lo impediva.
Qualcosa mi suggeriva che prima di riconciliarmi al Nulla avrei dovuto
eliminare ogni conto in sospeso, per stare in pace con me stesso.
Quel qualcosa aveva ragione.
A differenza mia Boris, oramai il mio unico compagno di cella, era
sempre riuscito ad addormentarsi nel momento stesso in cui poggiava la
schiena anche nel più scomodo dei letti, ed era sempre stato
l'unico ad avere problemi ad aprire gli occhi ed alzarsi.
Tuttavia, anche lui, dopo la scomparsa di Yuri, divenne preda di un
qualche turbamento.
Un
assordante cigolio era penetrato nelle mie orecchie, e mi constrinse ad
aprir gli occhi, che erano finalmente riusciti a chiudersi
qualche minuto prima.
"Yuri, Yuri...".
Sentivo mormorare dall'altra parte della stanza Boris, che continuava
ad agitarsi sul letto.
Era proprio lui a causare quel rumore, che nel cuore della notte, era
alquanto fastidioso.
Che cosa aveva da mormorare nel sonno?
Alzai la schiena e mi strofinai gli occhi assonnati per osservare
meglio cosa stesse facendo, e cercare di capire, soprattutto, cosa
stesse dicendo.
Era strano, non lo avevo mai sentito parlare nel sonno, al massimo
russare.
E la cosa mi sembrò talmente strana ed insolita che la
curiosità mi spinse ad alzarmi e avvicinarmi a lui.
Era molto agitato, sudato e pallido.
Stava male?
Istintivamente la mia mano andò a poggiarsi sulla sua fronte
ed avvertì un forte calore.
Quel tocco lo fece svegliare di soprassalto e spazzar via la mia mano
in un rapido gesto.
Respirava affannosamente e i suoi occhi scrutavano ogni angolo della
stanza.
" Yuri sta dormendo??" mi chiese, fissandomi accigliato.
Non risposi subito.
Era una domanda assurda.
Ma il modo in cui mi guardava mi fece capire che voleva veramente
sapere se Yuri stesse dormendo.
Lo stesso Yuri che lui aveva vist...
Era impazzito?
" Boris, ti senti bene?" domandai preoccupato.
Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e poi
passo al collo, quasi come se si sentisse soffocare.
Non mi degnò di una risposta, ma scese dal suo letto
per controllare quello che stava al di sotto del suo: quello
che era stato di Yuri.
I suoi occhi si spostavano da un punto all'altro di esso.
" Dov'è Yuri? Dove è andato di notte?".
Cominciai a pensare che forse stava delirando a causa della febbre
alta, che addirittura gli aveva fatto dimenticare quello che era
successo alcuni giorni prima.
Cosa avrei dovuto rispondere?
Non era nelle condizioni di ricevere la risposta che avrei voluto dare.
" Non ricordi, Boris?" domandai con tono pacato, nella speranza di far
risvegliareil suo inconscio.
Spostò gli occhi come a voler ricordare, ma seppur
sforzandosi, non ci riuscì.
La situazione cominciò a farsi difficile anche, e
soprattutto, per me.
" Boris, forse stai male... perchè non ritorni a dormire?"
gli consigliai con calma, prendendolo per un braccio.
" No...no... devo aspettare Yuri!" disse nervosamente, liberandosi
dalla mia presa e iniziando a far avanti e indietro per la stanza.
Non mi ascoltava.
Stava giocando col la poca pazienza che avevo cercato di conservare.
" E' inutile, perchè Yuri non verrà!!" esclamai
con tono duro.
Le miei parole bloccarono ogni suo movimento e lo fecero voltare
accigliato in mia direzione.
" E perchè? Yuri deve venire, Yuri
verrà...Yuri...". Continuava a dire queste parole, come a
volersi capacitare di una cosa che forse sapeva non sarebbe mai potuta
succedere: stava decisamente delirando e anche troppo per i miei gusti.
L'istinto mi portò a prenderlo di forza per la maglietta e
sbatterlo a muro per gridargli in faccia la verità.
" Vuoi capire che Yuri NON VERRA',CAZZO, NON VERRA" le mie parole lo
avevano terrorizzato e impedito di opporre qualsiasi resistenza. " Yuri
E' MORTO! E' MORTO! come te lo devo dire!?".
Sgranò gli occhi e si lasciò andare, strisciando
la schiena lungo il muro sino a toccare terra,
Sembrava davvero la prima volta che udiva queste parole, come se
veramente non ne fosse a conoscenza.
E mi sentii quasi in colpa per averglielo detto.
Con la testa poggiata al muro mi fissava sognante per poi iniziare a
scuoterla nervosamente.
" No... non è vero...non è vero" pronunciava con
tono lamentoso.
Non volevo ripeterlo un'altra volta, mi era già costato
dirlo la prima.
Di scatto si alzò e a grandi passi raggiunse il letto di
Yuri per far volare via la coperta e scoprire, con sua grande sorpresa
, che non c'era nessuno: solo un triste e freddo lenzuolo bianco.
O meglio, questo era quello che vedevo io.
Lui sembrava vederci qualcosa sopra, visto il modo in cui continuava a
toccare quel materasso, come se stesse cercando di svegliare ...
qualcuno.
" Perchè Yuri non si sveglia! PERCHE' YURI NON SI SVEGLIA!"
gridava agitato e con tono isterico.
Sembrava, anzi... era diventato matto: vedeva cose che non esistevano.
Mi apprestai subito a raggiungerlo per bloccarlo e cercare di farlo
riprendere.
Lo tiravo per le spalle ma lui opponeva un forte resistenza.
" LASCIAMI! Perchè c'è sangue... nelle mie mani
c'è sangue!!". Gridava talmente forte che la sua voce
rimbombava per tutto l'edificio.
Urla isteriche.
Urla di disperazione.
Tutto ciò era inquietante.
Avvertii dei movimenti, rumori di passi e tentai vanamente di farlo
calmare, ma l'unico risultato ottenuto fu venir scaraventato
contro la parete opposta.
Un dolore atroce colpì la mia schiena e mi costrinse ad
arrendermi.
Nel frattempo una guardia stava già aprendo la porta chiusa
a chiave e ne fece entrare altre tre che presero di forza Boris per le
braccia , che continuava ad agitarsi, scalciare e urlare.
Dopo alcuni secondì arrivò un uomo in camicie
bianco con qualcosa in mano: una provetta ed una siringa, che dopo
avere riempito, non esitò un istante ad infilzare nel
braccio di Boris, che piano piano, nel giro di pochi secondi
iniziò a gridar sempre meno, fino a perdere i sensi.
Questo suo strano comportamento non era dovuto alla febbre alta, ma
allo shock subito in seguito a quell'evento disastroso accaduto giorni
prima.
Shock nell'aver visto morire davanti agli occhi una, anzi, l'unica
persona con cui, lì dentro, aveva instaurato un legame
particolare.
Boris era stato il primo a scoprire il corpo senza vita di Yuri,
dall'alto di un edificio.
E probabilmente lo shock era stato talmente forte da averlo portato
alla follia, a vedere per diversi giorni il corpo senza vita di Yuri
dove in realtà non c'era; vedeva sangue, e sentiva
urla che nessuno udiva.
Ci mise un po' di tempo prima di riprendersi e tornare alla
normalità.
Lo tennero sotto osservazione e in isolamento per diversi giorni.
Non gli chiesi cosa gli avessero fatto, e non volevo neanche saperlo,
tuttavia... aveva funzionato.
Quell'esperienza
lo aveva segnato e gli aveva lasciato un vuoto dentro che difficilmente
riuscì a colmare col passare degli anni.
E forse non non ci era riuscito.
Era impossibile dimenticare le atrocità vissute all'interno
di un luogo infernale, dove eravamo stati sottoposti a delle torture
terrificanti.
Io non ne avevo scordata neanche una, neanche la più
insignificante e insensata...
Faceva
freddo, tanto freddo.
Il cortile era ricoperto di neve a causa della bufera avvenuta la notte
precedente. Il vento pungente sfiorava il mio viso, e lo aveva reso
privo di sensibilità.
A fatica mi muovevo da un punto all'altro del cortile; la mia schiena
era a pezzi, le mani riportavano parecchi graffi, alcuni dei quali
sanguinavano leggermente e iniziavano a bruciare.
Ma a Lui poco o niente importava, anzi, provava piacere nel vedermi
sottoposto a queste assurde punizioni.
Tra tutte quelle da lui inventate, quella era decisamente la
più assurda e insignificante punizione a cui ero stato
sottoposto: trasportare grandi sassi da un cumulo di pietre all'altro,
a una decina di passi distanti l'uno dall'altro.
Solo da una mente malata poteva nascere un'idea talmente assurda.
E la sua lo era.
Ero esausto e riposare mi era impossibile: io stesso evitavo di
fermarmi per cercar di finire il prima possibile.
Non sapevo quante volte avessi fatto avanti e indietro, non avevo
neanche la forza per pensare, tuttavia mi resi conto che mancavano solo
tre pietre per giungere alla fine.
Stavo trasportando la penultima, ma un rumore di passi mi
avvertì che qualcuno stava arrivando.
Era Lui, che si fermò per osservarmi lavorare.
Non badai molto alla sua presenza, avevo solo un obiettivo: finire.
" Non ha molto senso, vero?" mi domandò con tono pungente.
In tutta risposta mi limitai a rivolgergli un'occhiata minacciosa, per
poi tornare indietro e sollevare l'ultimo sasso.
" Come il tuo comportamento di stamattina, d'altronde!" aggiunse serio,
seguendomi con gli occhi.
" Stai fermo!" mi ordinò all'improvviso, impedendomi di
poggiare a terra la pesante pietra che reggevo in mano con fatica.
L'ultima.
Cercai in tutti i modi di non cedere, ma il peso era troppo: i muscoli
delle braccia si stavano contraendo a dismisura e le gambe stavano per
cedere.
Esitante, strinsi i denti ed alzai gli occhi per fissarlo.
Nessuna pietà traspariva da quel volto malefico, solo un
ghigno di soddisfazione dipinto sulle sue labbra.
" Ricordati, che fino a quando starai qui dentro farai quello che dico
io! Mi hai dato sempre problemi, fin dall'inizio, ma piano piano sono
riuscito a domarti!".
Più parlava e più la fatica aumentava.
" Puoi posarlo adesso!" mi ordinò.
Non me lo feci ripetere due volte, e tolto dalle mie mani quel peso,
riuscii ad emettere un completo e profondo respiro di sollievo, seguito
da qualche colpo di tosse.
Fece un passo avanti e una mano si poggiò sul mio mento,
costringendomi ad alzare il viso verso di lui.
" Finchè non sarai domato a dovere, non uscirai di qui!"
affermò con voce fredda e penetrante. " Ti conviene
comportarti bene, o non vedrai mai più il mondo oltre queste
sbarre, Hiwatari!" concluse con un ghigno malefico, per poi voltarmi le
spalle ed andarsene, lasciandomi lì a respirare
affannosamente.
Priva di svanire, mi diede un'ultimo incarico.
" Ah, un'ultima cosa! Riporta le pietre dove erano prima!"
ordinò.
Non potevo crederci.
La punizione non era finita, ma ricominciava da capo.
Era semplicemente...assurdo.
Quella
fu una delle più assurde, ma meno atroci.
Molte volte Lei mi aveva consigliato di consultare uno psicologo, per
cercare di trovare il valido aiuto di uno specialista.
Io non ero d'accordo.
Cosa avrei dovuto raccontargli?
Tutte quelle assurdità, per ricevere in cambio solo sguardi
impietositi e frasette di conforto, che non mi avrebbero neanche
sfiorato?
No.
Sarei stato preso per pazzo, o addirittura lo sarebbe diventato lui, a
furia di sentire simili assurdità.
Nessuno poteva capire.
Nessuno avrebbe potuto aiutarmi a rimuovere dalla mia mente tutto
quello che avevo vissuto.
Neanche il Tempo.
Ciao a tutti ^O^
Questo nuovo capitolo è tutto un flashback, l'avrete capito
immagino v.v
Diciamo che ho messo da parte "l'incontro della narrazione principale"
(non mi ricordo se si dice tempo del racconto o tempo della narrazione,
boh, non mi viene XD) lasciato a metà nel
precedente capitolo, per fare un passo indietro e raccontare la vita
dei nostri cari protagonisti all'interno di quel luogo in cui hanno
subito molte sofferenze e soprusi.
Spero di avere reso chiara la "pazzia " di Boris, dovuta ad una serie
di circostanze e che poi la morte di Yuri ha portato al culmine.
Io ci ho messo tutto il mio essere per scrivere questo capitolo ^_^
quindi spero di averlo reso convincente e non avere commesso
particolari errori, in tal caso segnalatemi tutto ciò che vi
fa contorcere il naso XD
Grazie a Pich e Silmeria che hanno recensito i precedenti capitoletti
^*^
Spero che anche i lettori silenziosi mi facciano sapere i loro pareri.
Grazie a tutti e alla prossima!!
Henya
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