cronologi
Tekken: Dead
World
Cronologia.
Anno 2149. La popolazione mondiale ammonta
a 13 miliardi.
L’intero mondo è in ansia a causa del contrasto
fra le grandi potenze nucleari.
In tutto il pianeta comincia la corsa per la costruzione di giganteschi
bunker
antiatomici in grado di ospitare milioni di persone e i dati genetici
di
migliaia di esseri viventi.
Anno 2150. L’equilibrio fra le
potenze militari si infrange:
scoppia la Guerra Nucleare che colpisce gran parte del mondo. Una parte
della
popolazione riesce a rifugiarsi nei bunker sotterranei.
Anno 2151. Fine della Guerra. Coloro che,
rimasti in
superficie, sono miracolosamente sopravvissuti alle esplosioni
raggiungono i
rifugiati nei bunker. In seguito molti muoiono per le radiazioni
assorbite. La
popolazione mondiale è ridotta a 1 miliardo di persone. Nubi
di polveri
radioattive ricoprono il cielo impedendo ai raggi solari di passare:
è l’inizio
dell’inverno nucleare.
Anno 2152. Fine dell’inverno: il
sole torna a illuminare il
pianeta ridotto a un deserto di macerie radioattive. Le escursioni
termiche e i
residui radioattivi impediscono la ricrescita della vegetazione. I
superstiti,
guidati da un team dei migliori scienziati, iniziano ad organizzarsi.
Comincia
la costruzione di sei grandi megalopoli sulle rovine di quelle che
prima erano
le città maggiori: nascono Nuova Edo, New York II, La
Ciudad, New London,
Al-Qahirah 2 e Bombay II.
Anno 2155. La costruzione delle
città è velocemente completata
al 100% grazie all’uso delle moderne tecnologie. Comincia
l’esodo dal
sottosuolo: coloro che erano rimasti nei rifugi, divisi in gruppi in
base a
etnia e provenienza, vanno ad occupare le megalopoli a loro assegnate.
Anno 2156. Dopo un breve periodo di
anarchia viene stabilita
una data per le elezioni governative, che avvengono lo stesso giorno in
tutto
il mondo. Nelle città di New York II, New London, Al-Qahirah
2 e Bombay II nascono
governi di tipo repubblicano o
monarchico-moderato. La
Ciudad e New Edo
subiscono un colpo di stato che porta alla nascita di dittature. I
rapporti fra
le i governi democratici e le dittature si incrinano: i primi
compongono un
decreto di alleanza mentre La Ciudad e New Edo vengono lasciate a se
stesse.
Anno 2191. Quarant’anni dopo
lo scoppio della Guerra Nucleare il
pianeta Terra è ancora un deserto radioattivo. La
popolazione superstite si è
adattata a vivere al riparo delle immense cupole delle
città. La vita sul
pianeta dipende più che mai dalla tecnologia.
To see the
last survivor fall
To
see their bastards sons against the wall
To
see the emptiness as we decay
I
see the world is dead, I am betrayed.
Dead
heart in a dead world
Nevermore
– Dead Heart in a Dead World
1.
Risveglio
5
Marzo 2191
Ore
8:00 am
Macchie
bianche su fondo grigio volteggiavano davanti ai suoi occhi. La testa
le girava
come quando, da bambina, giocava a girare su se stessa
finché non cadeva a
terra, ridendo per la buffa sensazione mentre la stanza ondeggiava
attorno a
lei. Ad un tratto nella sua mente confusa si fece strada un pensiero:
doveva
essere su una nave! Ma no, ci rifletté, era impossibile:
aveva sentito parlare
di navi solo nei racconti del nonno, che gli aveva parlato di quei
tempi
lontani in cui il mondo non era ancora un arido deserto. Non sapeva
come doveva
essere viaggiare su una nave.
Mosse
la testa a fatica. Non era su una nave ma nel suo minuscolo
appartamento, eppure
non riusciva a capire perché diavolo la testa le girasse
così tanto. Si accorse
di avere qualcosa di freddo nella mano destra, lo portò
vicino agli occhi per
osservarlo e quando finalmente riuscì a metterlo a fuoco si
rese conto che si
trattava di un flacone di pillole. Si alzò lentamente a
sedere, nauseata e con
la vista un po’ annebbiata, e scaraventò il
flacone contro il muro. La boccetta
non si ruppe, ma in compenso cadde un altro largo pezzo
d’intonaco.
Un
senso di oppressione e disgusto la assalì. Quelle maledette
pillole erano
l’unica cosa in grado di restituirle quel senso di
tranquillità che la vita le
aveva sottratto, ma allo stesso tempo le stavano togliendo giorno per
giorno la
forza di reagire. Ogni mattina si alzava ed era un po’
più esausta e un po’ più
vuota.
“Devo
smetterla” pensò “ Solo
perché questo mondo fa schifo non è un buon
motivo per
andarsene all’altro…”.
Guardò
fuori dalla piccola finestra e vide un occhio enorme: era
l’immagine raffigurata
su un pannello elettronico gigante appeso sulla facciata del palazzo di
fronte;
uno dei tanti ritratti di Heihachi Mishima che si trovavano in ogni
angolo
della città.
“Buongiorno
vecchio decrepito” è quel che disse alla
gigantografia che la scrutava dalla finestra.
Lasciò
cadere il braccio appesantito accanto a sé,
afferrò la maschera da volpe e se
la posizionò sul volto.
Un
altro duro giorno era iniziato, un altro giorno nel caos, un altro
giorno a
Nuova Edo.
*
La
campanella di inizio lezioni cominciò a trillare, e subito
una folla di
studenti schiamazzanti si riversò nel portone di vetro e
acciaio
dell’Università di N.E., facoltà di
Scienze. Nel folto gruppo di persone
avanzavano due ragazze: una si chiamava Ling Xiaoyu, indossava un
vestito blu
con simboli cinesi e portava i capelli neri legati in due codine,
l’altra si
chiamava Miharu Hirano, portava un vestito alla marinara e aveva i
capelli
castani scalati.
-Hai
studiato i capitoli sugli innesti meccanici?- chiese Miharu.
-Sì,
ma non ho capito un granché. La prossima volta che andremo
alla Biotech mi farò
spiegare meglio dalla dottoressa Julia- rispose Ling.
Ling
rimase un attimo impalata guardando davanti a sé, poi
balzò dietro la schiena
di Miharu esclamando -Guarda! Guarda lì!
C’è Takeshi Kawamura!
Nascondimi!-.
L’amica sghignazzò, notando che una ventina di
metri di fronte
a loro camminava un ragazzo alto e muscoloso, con i capelli neri
sparati all’indietro
dal gel e lo sguardo serio. Takeshi Kawamura era il nome con cui tutti
lo
chiamavano, era il nome che si trovava sulla sua carta
d'identità e negli
archivi della scuola, dei negozi in cui faceva acquisti e nella
cartella
clinica dell’ospedale; e, cosa più importante di
tutte, era il nome scritto
molte volte sul diario segreto di Ling Xiaoyu. Ma il suo vero nome non
era
questo: il suo vero nome era Jin Kazama.
Sembrerebbe
un’impresa impossibile andare in giro con una falsa
identità in una città sotto
dittatura, ma per ora ci era sempre riuscito senza farsi scoprire.
L’identità
di Takeshi Kawamura gliel’aveva data, insieme a una certa
quantità di soldi e a
una sistemazione sicura, sua madre Jun prima di morire in circostanze
misteriose.
Jin/Takeshi
non sembrava altro che un normale ragazzo che studiava alla scuola di
Biotecnologia e che era stato cresciuto da una benestante famiglia
adottiva,
quando in verità era il nipote del Leader Supremo Heihachi
Mishima. Ma questo
non era a conoscenza di nessuno, nemmeno di Jin.
*
Dati
e numeri scorrevano sul computer, davanti ai suoi occhi, mentre
digitava
velocemente sulla tastiera: stava archiviando i vecchi progetti dei
Laboratori Biotech, un lavoro noioso e di routine che quel
giorno era toccato a lei.
La
dottoressa Julia Chang alzò gli occhi dal monitor e se li
strofinò,
sbadigliando stancamente.
-Lavoro
noioso, vero?-.
Julia
si girò: a parlare era stato un anziano minuto, un
po’ curvo, con pochi capelli
sulla testa, gli occhiali, e un volto amichevole.
-Oh,
scusi dottor Boskonovitch…- esclamò Julia
-Riprendo subito a
lavorare-.
-Faccia
presto dottoressa Chang- disse il dottore, sorridendo -Ho bisogno della
sua assistenza per quest’ultimo esperimento sulla
riforestazione…-.
-Non
si preoccupi- sorrise Julia in rimando -Finirò in un lampo-.
*
Appartamento
1560, 30° piano, Edificio Abitativo 27, Blocco 6, Quarto B,
Zona Rossa.
Il
ragazzo coi capelli arancioni, immerso in una nuvola di fumo, spense un
mozzicone di sigaretta nel portacenere a terra. Solo poche persone
conoscevano
il suo vero nome, gli altri lo chiamavano solamente Hwoarang, uno
pseudonimo ricavato dall’arte marziale che aveva appreso: il
Tae-kwon-do.
Guardò
l’orologio a muro con aria schifata e insieme rassegnata;
mancava un minuto
alle 8 e fra poco la televisione si sarebbe accesa automaticamente per
trasmettere il notiziario di N.E. Television.
Si
girò sul divano sfondato su cui stava sdraiato
scompostamente e diresse gli
occhi sulla tv che si era appena accesa. “Chissà
che cazzate inventeranno oggi”
pensò.
La
sigla del telegiornale, una musichetta che Hwoarang aveva imparato ad
odiare,
iniziò e poi comparve un mezzobusto di colore con in mano
dei fogli. Sulla sua
scrivania c’era una targhetta con sopra scritto il suo nome:
Bruce Irvin,
speaker.
-Benvenuti
all’edizione delle 8 di Information, il notiziario di NE
Television. Iniziamo
subito con una notizia scottante-.
“Voglio
proprio vedere. Parlerà dell’esplosioni che sono
avvenute stanotte nel centro
della città?” pensò Hwoarang.
-Proprio
così! È in cantiere un nuovo film della
grandissima star Christie Monteiro!
L’attrice ha rilasciato ieri un’intervista in cui
ci svela alcuni segreti sul
suo prossimo film. Vediamo!-.
Sullo
schermo apparve una donna seduta in poltrona con le lunghe gambe
accavallate,
avvolta in una pelliccia bianca e con indosso un vestito corto e
argentato. Si
passò una ciocca di capelli castani dietro
l’orecchio e sorrise civettuolamente
alla telecamera prima di iniziare a parlare del suo film.
Hwoarang
restò un momento a guardare la bella attrice, poi volse lo
sguardo verso il
soffitto, scoraggiato.
“Che
schifo” pensò il ragazzo corrugando il volto in
una smorfia “Quando succede
qualcosa che potrebbe turbare l’ordine della città
non si fanno nessun problema
ad ignorarlo. Tutto ciò che non va viene cancellato come se
non fosse
mai accaduto. Stanotte deve esserci certamente stato qualcosa di
grosso… e
questo giornalista del cazzo ha il coraggio di parlare del nuovo film
di una
pupattola!”. Si portò le mani sulla faccia e poi,
pieno d’ira, si afferrò i
capelli. Restò qualche attimo immobile, con uno sguardo che
avrebbe perforato
l’acciaio, poi afferrò il telefono e
digitò un numero.
-Pronto?-.
La
donna con la maschera di volpe, Kunimitsu, si spaventò della
voce rauca e afona
uscita dalla sua bocca.
-Kunimitsu?
Ma sei
te?-.
-Sì,
Hwoarang. Sono io…-. Kunimitsu si sdraiò
stancamente sul letto.
-Ma
che hai? Ti senti
male?-
chiese la voce di Hwoarang, al di là della cornetta.
-Lascia
perdere… Piuttosto come mai mi hai chiamato a quest'ora? Ci
sono novità?-.
-Beh,
più o meno- il tono era profondamente
ironico -I giornalisti di Information
non hanno nemmeno accennato ai fatti di stanotte-.
-Ai
fatti di stanotte?- la ragazza si rialzò di scatto -Che cosa
è
successo?-
-Come,
non ne hai saputo niente?!
Pare che stanotte ci siano state delle esplosioni nell’Inner
Core della
città!-.
-Chi
te l’ha detto?-
-È
stato il vecchio
Marshall, ma non so da chi l’abbia saputo lui. Gira voce che
siano stati
colpiti alcuni degli Edifici Amministrativi principali, ma non si sa se
sia
stato un incidente o meno. Io spero che siano stati dei ribelli e che
non si
facciano beccare, altrimenti…-. La frase di Hwoarang si perse nel
vuoto di parole
di chi aveva sentito già troppe brutte notizie.
-…altrimenti
la Mishima li farà sparire come ha fatto con gli altri-.
-Sì…-.
Kunimitsu
rimane un secondo in silenzio, pervasa da una profonda amarezza, poi
aggiunse -Altre notizie?-.
-No,
ma ho bisogno che
questo pomeriggio alle 3 tu passi dal White Crow a vedere se il mio
socio ha
portato la roba-.
-Ti
ho detto mille volte che non ho nessuna intenzione di entrare nel tuo
merdoso
giro!-.
-Kuni,
ti prego… è
importante! Se non la vendo non posso fare soldi, e in questo momento
ne ho
davvero bisogno. In fondo si tratta solo di un semplice lavoretto,
niente di
rischioso!-.
-Ma
Hwo… non mi reggo in piedi! E poi sono affari tuoi,
perché non ci vai tu?-.
-Non
posso spiegartelo
adesso. Ho avuto qualche contrattempo e perciò per oggi
è meglio che io rimanga a casa.
Io… davvero, non ho tempo di passare dal White Crow-.
Kunimitsu
corrugò la fronte, preoccupata. Da quando si erano
conosciuti molti anni prima
il suo amico si era già messo migliaia di volte nei guai,
nascondendo ogni
volta le sue disavventure dietro eufemismi del tipo "qualche
contrattempo". Ma stavolta il tono della sua voce la preoccupava. -Hwo,
si può sapere che cosa è successo?-.
-Ti
giuro che te lo
spiegherò più tardi, non appena questa faccenda
sarà risolta. Adesso devo
andare. Pensi di potermi fare il favore che ti ho chiesto?-.
-Uff…
e va bene: andrò io, ma spera di non avermi sulla
coscienza!-.
-Non
ti succederà niente,
Kunimitsu. Te lo prometto-.
*
Lei
Wulong sedeva alla scrivania nel suo ufficio privato. La sua attenzione
era
rivolta a vari fogli su cui si posava a strisce la luce che filtrava
dalle
tapparelle. Sul computer c’era una pianta della Zona Rossa su
cui si muovevano
un sacco di piccoli puntini blu: le volanti della polizia in pattuglia.
Quel
giorno, a causa degli eventi della notte, tutta la CyberPolizia era in
completo
subbuglio e la sorveglianza sulla ZR, che era sempre strettissima, era
stata
triplicata; non per niente la Zona Rossa era sede di lavoratori, ma
soprattutto
culla della peggior feccia di NE: assassini, ladri, spacciatori,
banditi,
drogati, prostitute e altra gentaglia di quella risma. Non era dunque
illogico
pensare che se i responsabili degli attentati notturni fossero nascosti
da
qualche parte, quell'inferno sarebbe stato il rifugio più
ovvio.
Lei
Wulong detestava la malavita e la criminalità sin da quando
era un bambino,
motivo per cui era entrato nella CyberPolizia: in centrale era
probabilmente
quello più sveglio, più intelligente,
più diligente, più impegnato di tutti;
doti che in breve tempo l’avevano portato alla carica di
detective. Aveva
risolto brillantemente casi difficilissimi e incastrato assassini e
mafiosi.
Ora si stava dedicando da tempo al traffico di droga nella Zona
Rossa…
praticamente una missione impossibile! Il narcotraffico in quella zona
era come
un vasto meccanismo di cui non se ne vedeva un motore, ma solo gli
elementi
piccoli dell’ingranaggio: viti, ultime ruote del carro che se
anche venivano
arrestate, subito erano sostituite da altre.
Nessuno
era mai riuscito a capire quale fosse il nucleo di questo meccanismo,
nemmeno
Lei Wulong, ma si era promesso che un giorno sarebbe riuscito a
scoprirlo.
La
concentrazione di Lei fu interrotta quando la mappa della ZR scomparve
dal
monitor lasciando spazio a un volto arcigno.
-Detective
Wulong-
disse la voce proveniente
dal computer.
-Mi
dica, comandante- rispose prontamente il detective.
-Wulong,
ho deciso che
dirigerai la squadra
investigativa che
si occupa delle esplosioni di stanotte.
Si pensa che sia un attentato. Lascia da parte le indagini sul traffico
di droga, questo è più importante-.
Lei
si morse la lingua. Dopo tutto il tempo che aveva speso per questa
indagine ora
doveva mollare ogni cosa e passare l’incarico ad un'altra
persona, rischiando
di rendere inutili tutti i progressi che aveva fatto in questo periodo.
Sospirò.
-Certo,
comandante-.
-Bene.
L’agente Hinagawa
ti illustrerà la situazione-.
Il
volto del comandante venne sostituito da quello di un giovane
poliziotto.
-Le
bombe hanno colpito
gli Edifici Amministrativi 3, 4 e 7 mentre un numero non precisato di
persone
facevano irruzione nel caveau della Banca Centrale di NE. Tutti i
sistemi di
sicurezza, telecamere comprese, sono stati disattivati per la durata di
10
minuti perciò non abbiamo nessuna informazione sui
terroristi. L’unica immagine
che siamo riusciti a trovare proviene dalla postazione di un rilevatore di smog che
scatta foto ogni 15
minuti. La faccio comparire sul monitor-.
L’agente Wulong
si avvicinò allo schermo strizzando gli occhi per osservare
l’immagine di
pessima qualità. Per un momento non vide altro che una
grande massa di fumo
bianco, probabilmente causato da un fumogeno, poi riuscì a
stento a distinguere
alcune figure umane che correvano nascoste dalla nebbia. Solo una
figura
risaltava un po’ meno indistintamente, ma non abbastanza da
permettergli di
capire se si trattasse di un uomo o di una donna. Riuscì a
vedere chiaramente
solo una cosa: una maschera giapponese.
*
In
effetti un po' d'aria pulita non poteva farle male, pensò
Kunimitsu mentre
usciva dal portone cadente dell'Edificio Abitativo 2 del Blocco 5,
anche se a
dire il vero chiamarla pulita era un po' azzardato: l'aria che si
respirava
nella città, infatti, era sempre la stessa che da anni
veniva filtrata e
rifiltrata e arricchita di ossigeno.
Kunimitsu
si sentiva ancora la testa pesante e lo stomaco di pietra, ma non ci
fece caso.
Alzò lo sguardo verso l'immensa cupola di vetro che
proteggeva la città dagli
sbalzi di temperatura, dalle nubi radioattive e dai raggi
ultravioletti. Tutto ciò
le dava un po' la sensazione di essere un pupazzo in una boccetta con
la neve
finta, roba che ormai si vedeva solo negli antiquari.
Si
guardò attorno e non vide poliziotti, ma solo dei bambini
che giocavano sul
marciapiede con dei rottami, due ceffi in un vicolo e qualche cumulo di
immondizia. Nient’altro che il solito, misero squallore della
Zona Rossa.
Il
White Crow si trovava nello stesso Blocco in cui era lei ma doveva
sbrigarsi
perché non voleva rischiare di incontrare dei poliziotti,
quindi si incamminò.
Non
si accorse che qualcuno la stava seguendo.
*
A
prima vista poteva apparire lo studio di un affarista molto ricco, ma
quel
luogo irraggiungibile situato all'ultimo piano di un immenso
grattacielo era
più che un semplice ufficio, era una roccaforte, era la sede
del comando, era
il cuore di tutto l'ingranaggio: l'ufficio del Leader Supremo Heihachi
Mishima.
Heihachi
era lì, separato dal mondo dai 10 centimetri di vetro
antiproiettile
dell'immensa finestra, e come un'aquila sulla cima della montagna
dominava su
tutta NE e una buona fetta di mondo.
Un
tempo lui era stato davvero un semplice affarista, ma la sua totale
mancanza di
scrupoli gli aveva permesso di approfittare di tutte le situazioni a
lui
favorevoli e di acquistare ricchezza, influenza e un potere che col
tempo e col
sacrificio di moltissime persone era diventato assoluto.
Molto
anni prima, in un mondo che andava a rotoli per il surriscaldamento
climatico e
per la guerra nucleare, Heihachi aveva trovato un terreno fertile per
le sue
speculazioni: prima aveva fomentato la guerra con la sua industria
bellica,
l'ARES Industries, che era diventata l'unica fornitrice di armi delle
grandi
potenze militari e in seguito, dopo lo scoppio della guerra, il suo
immenso
capitale gli aveva permesso di inglobare quasi tutte le aziende che
erano
sopravvissute alle catastrofi e di diventare uno degli uomini
più potenti sulla
faccia della terra. Dopodichè era stato davvero un gioco da
ragazzi
impadronirsi con la forza di NE, la più grande e ricca delle
6 megalopoli
rimaste sul pianeta.
Ormai
rivestiva la carica di Supremo da quasi 40 anni e sembrava che solo la
morte
avrebbe potuto mettere fine al suo potere… ma anche su
questo punto si stava
organizzando grazie a certi studi segreti del dottor Abel che nel
migliore dei
casi avrebbero portato a un cospicuo allungamento della sua vita.
Certo, un
giorno sarebbe morto sul serio, ma anche quando ciò sarebbe
successo il potere
sarebbe passato nelle mani del figlio adottivo, Lee Chaolan, che a sua
volta
avrebbe tramandato il comando di generazione in generazione. Per
Heihachi
sarebbe stato come non morire mai.
-E
il suo regno non
avrà fine…-
*
Davanti
alla porta dell’ufficio di Heihachi, Lee Chaolan camminava
nervosamente avanti
e indietro sotto gli sguardi immobili delle guardie di sicurezza. Da
quando il
padre lo aveva nominato direttore dell’ARES Industries si era
più volte trovato
a sbrigare affari delicati, ma questo era sicuramente il caso
più difficile che
gli fosse mai capitato: tre bombe e un furto colossale nel bel mezzo
dell’Inner
Core, a poche centinaia di metri dal Mishima Palace. Come se non
bastasse i
ribelli erano riusciti ad infiltrarsi nel laboratorio segreto dove
avevano
messo le mani sul Numero 9, un esperimento così top-secret
che nemmeno Lee
sapeva esattamente di cosa si trattasse.
Nessuno
era mai arrivato a tanto in 35 anni di dittatura, ogni oppositore della
Mishima
Zaibatsu era stato ucciso senza fatica e senza lasciare una
benché minima
traccia.
Certo,
Lee non sarebbe stato costretto a sporcarsi personalmente le mani in
questa
faccenda ma il padre gli aveva comunque affidato il compito di
risolverla,
motivo per cui non poteva fare a meno di essere nervoso: un fallimento
poteva
costargli caro, Heihachi avrebbe addirittura potuto estrometterlo
dall’eredità.
Del resto non perdeva mai occasione di ricordagli che in fondo non era
lui il
suo vero figlio, cosa che Lee riusciva a stento a sopportare.
Fece
un respiro profondo nel tentativo di calmare il nervosismo,
riacquistando
l’aria gelida e sicura di sé che gli aveva
procurato il soprannome di “Diavolo
dai capelli d’argento”, dopodichè
spalancò la porta.
-Eccomi,
Padre- disse rispettosamente Lee avanzando sul lungo tappeto rosso.
Heihachi,
che stava in piedi scrutando il panorama attraverso la finestra, non si
voltò.
-Finalmente
Lee, ti stavo aspettando-. Una voce piatta, priva di
familiarità. -Hai
risolto qualcosa in tutto questo tempo?-.
L’uomo
dai capelli argentati si fermò davanti la scrivania,
ostentando tutta la sua
fierezza.
-La
Cyberpolizia se ne sta occupando. Ho fatto in modo che le indagini
vengano
affidate al più valido degli investigatori,
l’agente Wulong-.
-Sei
sicuro che questo agente sarà in grado di trovare i
responsabili? E soprattutto
sei sicuro che sia una persona fedele alla Mishima?-.
-Ho
controllato personalmente la sua scheda, Padre. È il
migliore nella
Cyberpolizia ed è una persona ossequiosa delle leggi e degli
ordini, perciò non
dovrebbe causare alcun proble…-
-”Dovrebbe”,
Lee?- lo interruppe Heihachi -Pensi che un
“dovrebbe” mi basti come
rassicurazione?-.
L’angolo
della bocca di Lee ebbe un tremito, l’unico segno
d’ira che poteva permettersi.
-Sapevo
che l’avresti detto, Padre. Per questo motivo ho
già avvertito un membro
speciale del Tekken Force perché controlli le azioni
dell’agente Wulong e lo
elimini nel caso che cominci a mostrare segni di ribellione. Inoltre ci
avvertirà quando scoprirà i colpevoli in modo che
potremo ucciderli senza
scomodare ulteriormente la polizia-.
-Stai
parlando dell’Agente W, vero?-.
-Sì,
Padre-.
Il
volto di Heihachi fu attraversato da un sorriso compiaciuto. -Perfetto-.
*
Oscurità.
Silenzio.
Caricamento
dati in corso…
Una
serie di impulsi elettrici che attraversano il sistema nervoso.
Caricamento
effettuato.
Inizio analisi…
Ricordi?
Avanzi di una vita passata?
Così
dolorosi che sembrano balenare nel buio.
Frammenti
di un’esistenza disintegrata, taglienti come vetro.
Controllo
funzioni
vitali................................................................................................STATO:OK
Chi
sono io?
Che
cosa mi è successo?
Analisi
dell’ambiente
circostante.............................................................................COMPLETATA
Dove
mi trovo, adesso?
Quantificazione
del livello
di radioattività
ambientale...................................................STATO:OK
Non
riesco a sentire il mio corpo.
Quantificazione
del livello
di radioattività
corporea.............................................STATO:CRITICO
Avverto
solo una cosa…
-ATTENZIONE: PERICOLO. LIVELLO DI
RADIOATTIVITA' IN AUMENTO. INIZIARE LE PROCEDURE DI CONTENIMENTO-
Rabbia.
Nota: il passaggio in html ha cancellato una frase nel dialogo fra Kunimitsu e Hwoarang. Ora l'ho inserita di nuovo
|