Qualche nota:
- Le Case, su Gallifrey, non sono semplici edifici, sono creature
senzienti che crescono, ricordano, conservano ed esternano i sentimenti
dei loro abitanti.
- Per millenni, a causa di una maledizione (chiedete alla Sorellanza di
Karn) i Telai genetici in dotazione ad ogni Famiglia sono stati l’unico
modo in cui i Signori del Tempo si potevano riprodurre.
- La Rete Panatropica è una sezione della Matrice, dove sono registrate
le esistenze passate e presenti dei Signori del Tempo.
- La storia ambientata su Atrios è “The Armageddon Factor” e fa parte
della saga “The Key to Time” con il Quarto Dottore e la prima
incarnazione di Romana.
- Sei sicuro che sia tutto qui? - Le dita nervose a ravviarsi i radi
capelli sulla nuca, Drax si avvicinò al cumulo di rottami.
- Pezzettino per pezzettino, recuperati entro un raggio ragionevole. Ho
dovuto, ehm, riscuotere dei favori e non mi piace questa segretezza, ma
in fondo non abbiamo cattive intenzioni… Comunque. ciò che rimane della
TARDIS del Dottore è in questa stanza - gli assicurò Damon, un po’
intimidito dal suo cipiglio. Aveva sottratto già troppe ore ai suoi
doveri di tecnico agli Archivi della Rete Panatropica per aiutare Drax
in quella folle impresa, e di lì a poco avrebbe dovuto presenziare ad
un evento importantissimo, ma non riusciva mai a dirgli di no. Proprio
come quando erano stati studenti insieme e non aveva mai trovato il
coraggio di chiedergli se potesse unirsi al gruppo così elitario di cui
facevano parte lui e Jelpax, che poi era diventato il suo principale.
- Bene - Drax schioccò la lingua, preparandosi ad una ricerca
minuziosa. Non voleva avere altro per la testa: soprattutto, non voleva
pensare al matrimonio della beneamata Lady Presidente. - Vai, sei stato
invitato, no? È un grande giorno.
Damon non era in grado di apprezzare l’ironia, per sua fortuna. -
Grandioso, sì! Sei stato invitato anche tu - sorrise.
- Già, ma non sono esattamente dell’umore adatto.
La prima volta che Drax aveva incontrato Lady Romana era stato su
Atrios, quando con l’aiuto del Dottore aveva trovato il coraggio di
liberarsi dall’influenza dell’Ombra - uno scagnozzo del Guardiano Nero,
aveva scoperto in seguito - e a sua volta l’aveva aiutato a distruggere
Mentalis. C’era da dire che Mentalis, tecnicamente, era stato il suo
capolavoro, ma era anche una macchina malvagia e da allora aveva
cercato di evitare le cattive compagnie; sperava sempre di rivederla e
di fare bella figura per una volta. La ricordava giovanissima, bruna e
bella come un sogno. Era tornato qualche volta su Gallifrey per
chiedere di lei nelle bettole dei quartieri malfamati di Arcadia, che
erano dai tempi dei Fondatori le più affidabili fonti di pettegolezzi,
ma le notizie erano state via via più sconcertanti: attualmente si
trova nell’Esospazio, sì, l’hanno eletta Presidente ma poi l’hanno
rapita i Dalek, i Servizi Segreti la vogliono deporre, dopo la sua
ultima rigenerazione assomiglia a Penelope Gate, sarà un po’ innamorata
del Dottore?
Si era rassegnato. Cosa potevano avere da spartire un Rinnegato senza
ambizioni e la più alta carica del pianeta? Lui… ecco, lui non era mai
cambiato molto, da una rigenerazione all’altra: tendeva a stempiarsi e
a mantenere un volto anonimo, che si dimentica in fretta. Non sperava
di averle suscitato una viva impressione, all’epoca, e nemmeno adesso,
anche se le aveva giurato fedeltà e aveva racimolato un posto fisso
all’Accademia e un laboratorio tutto per sé, non riusciva a guardarla
se non con deferenza e un sottile ma tenace rimpianto.
- Ma certo, ti capisco. Anch’io sono in pensiero perché il Dottore non
si è ancora ripreso.
Drax scosse la testa, mentre l’invidia per l’ingenuità dell’amico si
andava trasformando in una lieve irritazione, e gli fece capire che
aveva davvero molto da fare.
Rimasto solo, si inginocchiò e si abbassò il visore sugli occhi. Alcuni
dei circuiti erano ancora utilizzabili, notò. Trovò il componente che
cercava, apparentemente intatto, e rimase a contemplarlo per qualche
minuto finché non si riscosse e decise di analizzarlo con le dovute
apparecchiature. Mentre si alzava, causò un piccolo cataclisma: fu così
che il sensore di calore si attivò e poté accorgersi della scatola ora
dissepolta dal mucchio, che a quanto pare conteneva una creatura
vivente. Più incuriosito che allarmato, bussò sulla sua superficie,
provò a forzarne l’apertura senza risultati concreti. Quando iniziò a
scuoterla con forza, però, il suo inquilino manifestò il proprio
disappunto:
- Ouch! Ma siamo impazziti? Non sono sopravvissuto a un maledetto
Guardiano del Ciufolo per farmi strapazzare così!
- E tu... chi saresti?
- Gradirei prima sapere dove mi trovo, se è possibile.
Non aveva avuto il tempo di tarare i suoi strumenti di precisione,
accidenti, e sarebbe bastato sbagliare di un microlivello nel regolare
il cacciavite ad impulsi per far esplodere tutto.
Posizionò la scatola sul tavolo di lavoro e vi si sedette davanti,
valutando lo spessore e la densità del materiale. - Questo è il mio
laboratorio, e siamo nei sotterranei dell’Accademia di Prydon, sul
pianeta Gallifrey nella costellazione di Kasterborous...
- E mi hai messo dal lato sbagliato, maledizione! Un momento, hai… hai
detto Gallifrey?
Drax la capovolse. - Scusa. - Incrociò le dita, come aveva imparato a
fare a Brixton ogni volta che varcava la soglia del cortile della
prigione. Lo strumento emise uno stridio minaccioso, ma non fece
esplodere nulla e la scatola si aprì senza danni.
- Oh, salve, tu. - Si aspettava qualcosa di molto più strano.
- Ce l’abbiamo fatta. È così. È così?
Drax sfoderò un pallido sorriso. - Già.
- Ma dov’è il Dottore? E la signorina Markham? Stanno bene, vero?
Era buffissimo avere una testa blu parlante dagli occhi sgranati sul
tuo tavolo da lavoro, o perlomeno lo sarebbe stato in un altro
contesto. Si grattò un sopracciglio, cercando di non farsi prendere
dalla commozione.
- Si trovano a Lungbarrow, al momento. Immagino che vorrai raggiungerli.
Si voltò a posare lo sguardo sui frammenti della TARDIS e si morse il
labbro inferiore. Improvvisò un altro sorriso, questa volta un poco più
convincente. - Vieni, ti porto da loro. Oh, giusto, il mio nome è
Draximilianuslinndervaspur, ma puoi chiamarmi Drax.
- Io sono Dorium Maldovar, e puoi chiamarmi signor Maldovar - replicò
l’altro, che aveva colto quel velo di malinconia dietro l’apparente
serenità del suo liberatore e aveva frenato l’entusiasmo molto in
fretta.
- Agli ordini. - Drax fino a quel momento aveva evitato accuratamente
quella Casa, ma ora aveva una buona ragione per recarvisi e scoprì di
desiderarlo più di quanto lo temesse. - Che Lungbarrow sia!
La Casa natale del Dottore era stata un tempo imponente e misteriosa,
un luogo che metteva soggezione e non suggeriva un lungo soggiorno a
coloro che vi erano stati tessuti. Questa era la sua funzione: fornire
alla società nuovi Signori del Tempo, che non si sarebbero più guardati
indietro rimpiangendo un’infanzia che di fatto non avevano mai avuto.
Il Dottore, nonostante si fosse mostrato palesemente diverso, deviante
e disturbante agli occhi della maggioranza dei suoi familiari, non
aveva fatto eccezione in quel senso, tagliando addirittura ogni legame
con essi ancor prima di terminare l’Accademia. Ma il Kithriarca
Quences, capofamiglia e membro rispettato della comunità, ne era
rimasto contrariato e deluso - aveva avuto per lui grandi ambizioni,
fomentate in parte dalle profezie nei riguardi di quel ragazzetto
ribelle. Gli aveva regalato un avatroide, Badger, programmato per
fargli un po’ da precettore, un po’ da maggiordomo peloso. Anche la
Cugina Innocet aveva sempre avuto un debole per lui, senza potersi
spiegare razionalmente il perché; d’altra parte le sue percezioni erano
state sempre al di là della ragione e della scienza, retaggio
dell’antico culto di Karn.
Queste attenzioni avevano provocato gelosie e rancori, culminate
nell’assassinio di Quences da parte del Cugino Glospin, un gesto vile
che aveva portato alla distruzione della famiglia stessa: la vecchia
Governante Satthralope aveva convinto se stessa e la Casa che
quell’evento non fosse mai accaduto e per quasi settecento anni essa,
senza più una guida, era rimasta sprofondata nel fianco della montagna,
con tutta la famiglia al suo interno. Il Dottore era rimasto ignaro del
destino dei suoi Cugini per molto tempo, finché la TARDIS non aveva
deciso di materializzarsi all’interno della Casa e ogni mistero era
stato svelato, portando quest’ultima al suicidio per essere stata così
a lungo ingannata dalla persona che avrebbe dovuto amarla e custodirla
come una sposa…
Innocet aveva raccolto l’eredità e l’anello di legno che la consacrava
nuova Governante di una Casa ancora neonata. Mentre la Guerra del Tempo
infuriava, lei semplicemente aveva atteso che il Dottore tornasse.
Erano rimaste così tante parole non dette.
Ricordava l’ultima incarnazione di lui che aveva incontrato: la zazzera
scura pettinata all’indietro, qualche ruga sul viso, le ossa grandi e
bassa statura, un sorriso ironico a ribadire la propria identità e la
rinuncia a qualsivoglia titolo o appellativo che non fosse Il Dottore.
E tuttavia, lei lo considerava a tutti gli effetti il Kithriarca della
nuova Lungbarrow. Aveva continuato a tradurre i libri che lui le aveva
regalato e a spiare dalla specchiera della sua stanza un segno del suo
ritorno. Aveva luminosi occhi scuri e corti capelli bruni, belle mani e
una voce calda appena arrochita dal disuso.
Ora lui era tornato davvero. Aveva liberato il pianeta dal blocco
temporale, rischiando ogni cosa che gli era cara, giungendo lui stesso
ad un passo da una morte definitiva. E lì restava, in bilico, come
quando insieme raccoglievano bacche dagli arbusti che crescevano sul
bordo del dirupo e fingevano di scivolare per spaventarsi a vicenda. E
l’eremita che viveva nella grotta, laggiù… quante volte lui era fuggito
per carpirgli risposte che non trovava né nei circuiti didattici di
Badger né, più avanti, all’Accademia?
Lo guardava, nella stanza odorosa di legno nuovo che era spuntata come
un grande fiore notturno per accoglierlo, disteso e immobile e pallido,
simile all’ologramma dell’altra luna. Già, perché entrambi i satelliti
del pianeta erano andati distrutti nel fuoco incrociato dei Dalek. La
Sorellanza, nel siglare un nuovo patto con la Lady Presidente, aveva
fatto dono a Gallifrey di una delle sue lune rosse - la nuova Pazithi,
già la chiamavano - mentre l’altra esisteva solo come proiezione dalla
Cittadella, in attesa che un nuovo satellite artificiale venisse
costruito in modo che tutto sembrasse come prima. Perché, naturalmente,
non bastava che la guerra fosse finita, che il pianeta avesse ripreso
il suo posto nell’universo e il suo tempo fosse tornato a scorrere - a
qualche incontentabile mancavano i coni d’acqua ad impreziosire
l’oceano e impazzivano al pensiero che i pinnacoli nel deserto
sarebbero crollati con la diminuzione prolungata dell’attrazione
lunare. Innocet, che già aveva trascorso secoli senza uscire dal
portone dell’ancora minuscolo giardino della Casa, la notte quasi non
si accorgeva della differenza.
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