C'era un gran mucchio di fotografie sul tavolo, e un biglietto
stropicciato a terra.
Harry aveva lasciato la finestra aperta, ma aveva cominciato a piovere
di stravento e le tende cominciavano a bagnarsi.
- Dennis dovrebbe avere un po' più cura del suo gufo. Era
troppo carico, quel poveretto.
Ginny raccolse il foglietto e impallidì un poco.
- Te le ha mandate tutte? Tutte le foto di sei anni di scuola?
- No, non credo - rispose Harry, trasognato. - Solo quelle che aveva
scattato a me.
- Ci sono anch'io. Quant'ero... ridicola!
Sentivano Molly chiamarli per la cena, ma vagamente, come un'eco
lontana. I ricordi sembravano ad entrambi più vivi della
realtà.
- Gin. - Fu un sussurro.
Lei continuava a guardare il suo viso di tanti anni prima, mentre la
malinconia l'avvolgeva. L'indomani sarebbe tornata a Hogwarts, senza di
lui, senza Ron...
- Ma io ti piacevo solo perché... insomma, perché
ero quello che ero?
Prima di rispondere, Ginny ci pensò attentamente. Doveva
essere sincera con lui, sempre.
- Sì, una volta era così. Eri una leggenda, no?
Ed eri carino.
- E adesso?
Percy entrò nella stanza, e lei sobbalzò. Forse
non si sarebbe mai abituata a vederlo girare di nuovo per casa.
Continuava a ripetersi di averlo perdonato, ma una certa irritazione
era rimasta.
- Ehi, sta entrando la pioggia!
Silenzio. Imbarazzo.
- Beh, non scendete? E' un'ora che mamma si sgola.
Già, ed erano due anni che non si dava pace per colpa tua,
pensò Ginny d'istinto, stringendo i pugni senza
accorgersene. Percy colse l'atmosfera ostile e se ne tornò
da dove era venuto.
Harry aspettava ancora una risposta.
- E adesso perché stai con me?
Ginny posò la testa sulle sue gambe. Non sapeva che dire,
non esisteva una risposta semplice. Con un gesto naturale, lui le
accarezzò i capelli, poi voltò il biglietto e
scrisse una risposta.
Mi dispiace.
Lei si alzò e andò ad aprire la gabbia di Pig.
Ron non si sarebbe arrabbiato. Quando il gufo ebbe spiccato il volo dal
davanzale con il messaggio, finalmente chiuse la finestra e
trovò le parole.
- Sto con te perché non ti vergogni di piangere, e
perché non sei sempre sicuro di te.
Harry scosse la testa, no che non stava piangendo. Ma non poteva
dirglielo, perché la gola gli si era stretta
all'improvviso...
- E perché non sei più una persona leggendaria,
per me. Credo di aver cominciato ad amarti veramente solo quando ho
capito quanto fossi vero.
Per un istante gli sembrò ancora di più di non
riuscire a respirare.
Lui non l'ha mai capito invece. Che avrei voluto essere una persona
normale. Non un eroe per il quale morire.
Raccolse le fotografie e le rimise nel pacco, che mise in mano a Ginny:
- Tienile tu. Non ho saputo essergli amico... né convincerlo
a non idealizzarmi. Ora è troppo tardi.
- Ma non è troppo tardi per noi.
Non si accorse delle lacrime che gli scorrevano sulle guance, mentre la
stringeva forte al petto e quel nodo alla gola si scioglieva pian
piano. - Siamo solo all'inizio.
Pioveva ancora. Ma le tende umide ora nascondevano il cielo cupo e le
gocce che battevano contro il vetro erano piacevoli da ascoltare. Come
il presentimento di una felicità sempre più
vicina.
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