NdA:
Salve
a tutti! Eccomi
a pubblicare a pubblicare per la prima volta in questo fandom. Sono
veramente
elettrizzata. Ho amato tanto Fullmetal Alchemist e tutti i suoi
personaggi e
questo altro non è che un piccolissimo tributo ad uno dei
miei personaggi
preferiti. L’ho sempre ammirata nel corso della serie e spero
qui di aver colto
almeno un po’ la sua personalità, ho voluto qui
raccontare un momento di riflessione
e tormento personale durante la guerra di Ishval e spero possa essere
di vostro
gradimento.
Scusate
il titolo orrendo ma non me ne venivano altri in
mente xD
Questa
one shot sarà seguita da una seconda, prossimamente,
incentrata invece sul personaggio di Roy in quello stesso periodo.
Rimanete
sintonizzati ;)
Fate
la felicità dell’autrice recensendo ^///^
Disclaimer: I
personaggi della ff non mi appartengono né la storia
è stata scritta a scopo di
lucro ma solo perché scrivere è una mia passione J
Shadows of the Heart
One: Riza Hawkeye
Riza Hawkeye non amava mostrare in
pubblico le sue emozioni.
Non era stato sempre così, ma gli orrori della guerra
avevano alzato muri
invalicabili intorno a lei e difendersi da sguardi indiscreti era
diventato una
necessità.
Quando rimaneva sola però
niente bastava a proteggerla dagli
incubi che la tormentavano: li
vedeva,
ogni notte, i volti della gente che aveva ucciso, uomini, donne,
anziani,
bambini.
Dio, a quanti bambini aveva sparato
senza neanche chiedersi
quale fosse il loro nome? Nome, e lei che diritto aveva di portarne uno?
Le sentiva sempre nella sua testa, le
urla di terrore dopo
un colpo di cannone, i gemiti strozzati prima di esalare
l’ultimo respiro. La
chiamavano, la imploravano di risparmiarli, di avere pietà
per i bambini.
Ti prego, ti
prego! Non
farci ancora del male. Dicevano, i volti contorti dal dolore
in smorfie
mostruose, ma lei continuava a sparare imperterrita.
La cosa peggiore era sognare
continuamente i loro occhi.
Occhi ingenui, vite innocenti strappate via in un momento e poi globi
vuoti che
la fissavano condannando il suo crimine.
Assassina, era quella la parola
giusta con cui chiamarla.
Là un po’ tutti
lo erano ma preferivano essere definiti soldati,
che buffo quando la guerra che combattevano tanto animatamente non era
altro
che il sipario dietro al quale venivano commessi i più
atroci delitti.
Assassini, spietati, dannati per
sempre.
Una pallottola ben assestata era
sufficiente nella maggior
parte dei casi.
La bravura di Riza era leggendaria,
chi non aveva mai
sentito nominare l’Occhio di falco? La donna che in barba
alle leggi era stata
mandata sul campo di battaglia prima di terminare l’accademia
e uccideva come
se non avesse fatto altro nella vita.
Al mattino si appostavano in alto, il
cappuccio ben calato
sulla fronte, avvistato il bersaglio bastava una leggera pressione sul
grilletto.
Ancora una volta, e
un’altra, e un’altra ancora.
Alcuni cadevano subito, non si
rendevano conto di essere
morti finché non erano distesi ormai al suolo, incapaci di
respirare, muoversi.
A fine giornata i cadaveri
tappezzavano il campo nemico.
Non era
così che
doveva andare! si
ripeteva ogni
notte dopo la fine del turno di guardia, prima di concedersi qualche
ora di
riposo, prima di tornare ad essere una macchina assassina.
Ah no? Non sembrava ti importasse molto di quelle
persone.
Eccola che ritorna, la vocina
petulante nella sua testa,
sperava fosse andata via una volta per tutte ma si era rivelata tenace
come
pochi.
Non
è vero, non è
vero! mormorò ancora sottovoce, se qualcuno
l’avesse sentita ora sarebbe
stata certamente sottoposta a uno di quei controlli psicologici che
avrebbe
tanto preferito evitare.
Sì invece! Hai fatto la tua scelta, li
hai uccisi!
Spalancò gli occhi ora
Riza, era vero, era stata lei e solo
lei, niente avrebbe potuto cancellarlo.
Che cosa ti avevano fatto?
Io…
ho eseguito gli
ordini.
Già, che cosa le avevano
fatto? E che diritto aveva lei di
togliere loro la vita?
Ti nascondi dietro ai tuoi superiori, ma gli ordini
possono essere
rifiutati, e poi
chi è stato a premere
il grilletto? Chi?
Io! Io
maledizione! E
ora taci!
Le sembrò di udire una
risata. Che stesse diventando matta?
Poi tutto tacque. Finalmente
silenzio, si risistemò sulla
branda, usando il braccio destro come cuscino.
Sperò di addormentarsi in
fretta, la ronda della mattina
toccava a lei l’indomani e si sarebbe dovuta svegliare molto
presto per cui era
stata mandata a riposare un po’ insieme ad altri commilitoni,
ad un tratto però
la vocina tornò all’attacco.
Scommetto che non riesci a dormire eh?
Ancora tu!
Lasciami in
pace. Strinse i denti cercando di scacciare ogni altro
pensiero.
Non essere permalosa, in fondo sai che ho ragione. Continuò
quella, divertita.
Noi
combattiamo per la
salvezza del paese. Disse all’improvviso. Non
voleva dargliela vinta.
Bugiarda!
Non puoi mentire a te stessa Riza: guarda le tue
mani, non le vedi?
Sono lorde di sangue, del sangue degli Ishvalan che hai ucciso senza
pietà.
Le sfuggì un sussulto, si
portò una mano alla gola, il caldo
soffocante le rendeva difficile respirare.
Non rispose.
Era vero, tutto quanto. Aveva ucciso,
pensando fosse facile
dimenticare che quelle persone la guerra non sapevano neanche cosa
fosse.
Guerra, no, sterminio, puro e
semplice.
Aveva ucciso, tante persone erano
morte e lei era viva.
Viva! Era ancora viva. Non era giusto.
Le si mozzò il fiato in
gola.
Mostro
Lo sono.
Non cercò di ribattere
stavolta.
Un ultimo soffio e la voce scomparve
per quella notte.
Era ancora agitata e le tremavano le
mani.
Sentì l’impulso
di sciacquarle, ma per quanto facesse il
rosso non andava via. Non sarebbe mai andato via davvero. Le
sfregò con forza
fino a farsi male.
Sfiorò con le dita il
profilo del fucile, ancora poggiato a
terra vicino alla branda, sarebbe stato così semplice anche
allora, così
dannatamente semplice, un colpo solo e tutto il dolore e il senso di
colpa
sarebbero svaniti, per sempre, nessuno avrebbe pianto per lei, e presto
anche
il suo ricordo sarebbe scomparso.
Improvvisamente un rimbombo fuori
catturò la sua attenzione,
la voce del generale li richiamava tutti all’attenti, i
nemici avevano teso un
agguato ed era necessario elaborare una strategia di contrattacco.
Afferrò l’arma,
assicurandosi che fosse carica e scostò con
un braccio un lembo della tenda prima
di
uscire.
Alzò gli occhi al cielo,
il sole aveva iniziato la sua
parabola discendente.
Così bello e sconosciuto,
lo vide colare a picco nel mare di
sabbia, lento, inesorabile.
E
desiderò annegare con esso.
I wish for this
night-time to last for a lifetime
The
darkness around me
Shores
of a solar sea
Oh
how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With
you
(Sleeping
Sun- Nightwish)
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