appunti
Quando
Wendy tornò a casa -e tutto ciò che ne
derivò.
1.
All'età di diciotto anni Wendy Darling si
fidanzò. Tutto
ciò che ad un lettore basti sapere su Edward può
essere
riassunto dal giudizio che ne diede Michael, dopo una lunga, accigliata
ed impertinente occhiata inquisitoria da fratello:
-Non è Peter Pan, ma immagino che possa andare.-
Una fitta al cuore. Wendy non confessò ch'era esattamente la
sua stessa opinione.
2.
Wendy ci aveva provato, a dimenticarlo. Davvero. Sul serio.
Ma com'era possibile? Com'era possibile, quando un diciassettenne John
trotterellava in corridoio, avviandosi a fare la doccia, e intanto
canticchiava compiaciuto "marciaaamo marciaaamo , seguiamo il
generaaaale, dovunque voglia andar ...", quando un dodicenne Michael se
la svignava dalle cene di famiglia con la giustificazione legna procurare, mentre
la zia Millicent borbottava che
ragazzino maleducato.
Com'era possibile dimenticare le avventure più
incredibili che avesse mai potuto immaginare? Com'era possibile
dimenticare d'essere una volta precipitata nelle storie che lei stessa
raccontava?
Com'era possibile dimenticare Peter Pan? Quel desiderio realizzato -abbandonato-
era impresso nel suo sguardo come un marchio, una tristezza
inossidabile che la consumava -insieme alla consapevolezza di tutto
quello che avrebbe potuto essere, che avrebbero potuto essere insieme, loro.
Bambini- felici. Felici?
Il silenzio, l'oblio. Come se nulla fosse successo. Nessuno avrebbe
bussato alla sua finestra per darle una seconda possibilità.
Forse, in fin dei conti, non avrebbe mai voluto -dovuto- svegliarsi
da quel sogno. Forse, in fin dei conti, quello era solo un prezzo da
pagare.
Wendy ci aveva provato, a dimenticarlo, e -per quando sarebbe diventata
un'adulta cieca ed offuscata- era felice di avere accanto qualcuno
pronto ad aiutarla a ricordare.
3.
John soffiò via la polvere grigia della matita dal
cartoncino bianco, sorridendo con aria di tronfia approvazione.
-Sì, credo che sia finito.- annunciò infine,
senza alzare
gli occhi dalla sua opera. Quelle parole furono accolte da gridolini di
giubilo.
-Voglio vederla, voglio vederla!- strillò Phoebe,
permettendo ai
propri occhiali di balzarle via dal naso, le trecce che mulinavano
minacciose. Il suo gemello Russell le agguantò.
-Prima io!-
-Prima io!-
-Prima io!- intervenne Michael, schivando i nipotini con
agilità
e sottraendo il foglio dalle loro grinfie. Lo avvicinò al
volto,
mentre le labbra si schiudevano di meraviglioso stupore, formando una
"o" perfetta.
-John,- sussurrò, stupefatto ed euforico, -è
perfetta.-
John sorrise umilmente, prima di dare uno scappellotto ai gemelli che
avevano cominciato a spingersi a vicenda giù dalla stessa
sedia,
contendendosi un cannocchiale da
vero pirata, perchè ancora litigavano sul fatto
che Phoebe era una
femmina quindi poteva fare solo l'indiana, mica la pirata, ma non era
vero, cattivo Russell!
Michael non aveva ancora finito di rimirare la mappa, con
una
sorta di commozione, che già Cathy glie l'aveva levata dalle
mani. Il volto le si illuminò.
-L'isola che non c'è...- sussurrò in un soffio.
-E voi due siete stati in tutti
questi posti?-
-Oh, sì, noi e Wendy,- replicò distrattamente
Michael,
spettinandosi i capelli biondi, -come ti è venuta bene la
laguna. Hai disegnato anche una sirenetta stilizzata... è
quella
che si era messa la stella marina fra i capelli, vero, John?-
-Sì.- ammise lui, calcando il proprio cilindro sulla testa
di un'elettrizzata Phoebe.
-Oh, come vorrei esserci stata anch'io!- sospirò Cathy.
Michael rise.
-Tutti dicono così, ma solo perchè non sono mai
stati catturati da un'orda di contrabbandieri inferociti.-
Ancora oggi, infatti, si gloriava di quelle avventure. Durante una cena
di lavoro con alcuni colleghi, quando uno di loro gli parlò
scherzando di un altro pretendente di Cathy molto grosso
che Michael aveva rischiato per un soffio di trovarsi sotto
casa,
lui si esibì in una risata sonora di virile superbia.
-Grosso? Non era niente in confronto al pirata che ho ucciso
io!-
Tutti i colleghi risero, credendo che fosse una battuta, ma Michael non
lo capì, perchè se avesse intuito che non lo
prendevano
sul serio si sarebbe offeso moltissimo.
-Ci sarebbe Peter a salvarmi, no?-
-Ci risiamo...-
4.
-Allora, vediamo, disse. Tu,
ragazzo, che hai l'aria di avere un certo coraggio...
Perchè io ero molto coraggioso, sapete.-
Phoebe
e Russell annuirono energicamente, in comune d'accordo che loro padre
doveva essere stato per forza molto coraggioso, un tempo, e non
provarono nemmeno un po' il desiderio di controbattere.
-Hai mai desiderato
d'essere un pirata, tesoro?- L'imitazione di Uncino era
eseguita con molta abilità, e un tono di voce burbero. -E io
dissi: Una volta pensai
di chiamarmi James dalle Rosse mani. Un bel nome, rispose
Uncino. Ti chiameremo
così, ragazzo, se resti con noi.-
I bambini fremettero deliziati sotto le coperte. -E poi, e poi?-
-E chiesi a Uncino...-
Phoebe lo interruppe, indispettita. -Papà, hai dimenticato
la parte in cui lo chiede anche zio Michael!-
Conosceva
a memoria quella storia, e pretendeva che fosse raccontata con la
massima accuratezza, pena l'astensione al bacio della buona notte. John
si lasciò sfuggire un sogghigno.
-Ah, sì, giusto, va bene. Quindi Michael chiese a Uncino: e come mi chiamerete, se resto?
Joe Barbanera,
rispose Uncino, anche se voi sapete benissimo che vostro zio Michael
è biondo, e lo era soprattutto allora. Lui sembrava molto
impressionato, ma in fondo è un egocentrico.-
Per
John, la prova schiacciante che condannava il fratello minore come un
egocentrico era che si era trovato una moglie esattamente identica a
lui, bionda, minuta e incapace di parlare d'altro oltre che di Peter
Pan. I gemelli sospirarono all'idea che, se quei due fossero stati un
po' più furbi, loro avrebbero avuto un padre pieno di
tatuaggi ed uno
zio molto figo con la benda sull'occhio. Non passò loro
neppure per la
testa che, se John fosse rimasto nella ciurma di Uncino, non sarebbe
tornato a casa, e se non fosse tornato a casa non avrebbe sposato
Marisol, e se non avesse sposato Marisol non avrebbe fatto i
gemelli.
John riprese la sua storia.
-Insomma, io chiesi a Uncino: saremo
ancora i devoti sudditi del Re? E lui: dovete solo giurare "abbasso il
re".-
-E tu cosa hai risposto?- Russell lo sapeva benissimo, ma voleva
sentirlo dalla bocca del padre, come tutte le volte.
-Io
gonfiai il petto, gli rivolsi un'occhiata piena di disprezzo, sputai
per terra- non era vero, questo no, John era troppo beneducato per
sputare per terra, persino su una nave pirata, -e risposi con fierezza: allora rifiuto! E
Michael a pappagallo: e
io rifiuto!-
I
gemelli s'afflosciarono nei loro letti, mogi dalla delusione. -Che
sciocchezza, papà! Potevi dire "abbasso il re"! Non ce ne
importa
niente del re...-
-Ricordate, figliuoli, prima di tutto noi siamo
rispettabili cittadini inglesi.- sorrise John. Poi baciò la
fronte di
Russell, e si fece schioccare a sua volta un bacio sulla guancia. Anche
Phoebe glie ne diede uno, anche se un po' era arrabbiata con lui per
non aver detto "abbasso sua Maestà", anche se non si era
fatto la
barba. Prima che potesse allungarsi a spegnere la luce, lo trattenne
per la manica.
-Papà,- bisbigliò triste, -ma potremmo andarci
anche noi, un giorno, sull'isola che non c'è?-
-Chissà, magari Peter ha bisogno di un nuovo paio di
gemelli.-
John le scompigliò la frangia con affetto. -Buonanotte,
bambini.-
-Buonanotte, papà.-
Ma quando chiuse la porta, Phoebe si sporse verso il letto del
fratello.
-Russell,- chiamò, con severità, -mi devi
promettere una cosa importante.-
-Cosa?- bofonchiò Russell, già mezzo addormentato.
-Che,
se verrà Peter Pan e vorrà portarti via e io
starò dormendo, non te ne
andrai via senza di me, e mi sveglierai. E io prometto l'incontrario.-
-Va bene, prometto.- Non aveva neanche capito bene cosa, ma voleva che
sua sorella smettesse si blaterare.
Quando, in seguito, interpretò il comportamento bizzarro di
sua
cugina Jane, Phoebe la interrogò senza pietà,
finchè dopo una lunga persecuzione non ammise.
-Mi hanno rapito i pirati di Uncino.- L'altra quasi pianse di rabbia.
-Oh,
oh, che spreco che abbiano rapito te, che non ci volevi stare! Anzi,
scommetto che quel ragazzetto presuntuoso ti ha salvato, e tu sei stata
con lui tutto il tempo. Ah, se avessero rapito me, a quest'ora sarei
pirata!-
5.
Una ragazzina annaspava nella sabbia bianca della baia, le unghie
artigliate nella terra tenera ed umida, i capelli troppo biondi e
troppo fini -lunghi ma radi- incollati alle braccia dall'acqua di mare.
Le ciglia invece erano brune, e cariche di sale. Batteva le palpebre
per il prurito, tossicchiando piano e colpendosi il petto debole con il
pugno pallido.
Sotto la luce del sole, lo scuro sguardo d'ossidiana di Lily
mutò rapidamente da frastornato, per aver avvistato qualcuno
da
lontano, a truce, nel realizzare chi
era quella.
L'intrusa si passò una mano sugli occhi, stropicciandoli,
poi
-dopo aver solo aggravato l'effetto pruriginoso- iniziò
boccheggiando:
-Io sono...-
Ma a Lily non importava questo. Scosse con impazienza le sue spalle
esili, da uccellino, facendola sussultare dallo stupore.
-Come si chiama tua madre?- l'apostrofò sbrigativa.
La ragazzina le rivolse un'occhiata smarrita. -Jane, Jane Stuart.-
Lily contrasse le labbra. -E la madre di tua madre?-
incalzò.
L'altra ci mise qualche secondo prima di rispondere, confusa.
-Nonna... Wendy.-
Lily lasciò la presa e lei ricadde appoggiandosi sul fianco,
con
un gemito soffocato. La storia ricominciava daccapo. Dopo tanti anni di
trepida attesa, eccola lì, la nuova Wendy.
6.
Peter fu evidentemente molto più contento di lei. Alla
notizia,
mollò subito la caccia al tesoro -cosa che non faceva mai- e
volò in picchiata sulla spiaggia come se ne andasse di vita
o di morte.
La nuova ragazzina sedeva su un grosso scoglio, avvolta in un pesante
mantello indiano di pelle marrone dalle frange rosse, ma ancora
intirizzita: batteva i talloni per terra e sfregava le piccole mani per
rinfrancarsi. I capelli ricadevano inermi e fradici come alghe bionde.
Appena lo vide, trasalì e contrasse un respiro in gola.
Peter
sorrise allegro, per poi esaurire lo spazio che li divideva in un solo
balzo, in seguito al quale si ritrovò seduto a gambe
incrociate
ad una palma dal suo naso, sospeso a mezz'aria.
-Ti stavo aspettando, Margaret.- esclamò, toccando con un
dito
una ciocca bagnata che le pendeva sulla guancia smunta. Lei si
ritrasse, irrigidita.
-Come fai a conoscere il mio nome?- chiese timidamente, senza sapere
bene nemmeno lei che tono imporre alla domanda.
-Ho chiesto a tua madre come avrebbe voluto chiamare la sua
primogenita.- rispose Peter, con semplicità. -Adesso verrai
a
giocare con me, vero? Lily, portala a fare un bagno e dalle una veste
asciutta. Oh, sì, e offrile qualcosa da mangiare, se ha
fame!-
Lily gli rivolse uno sguardo lungo ed amaro, prima di ingoiare il rospo
e fare cenno a Margaret di seguirla, chiedendosi quante altre volte
avrebbe dovuto farlo.
7.
Margaret era impacciata. Non aveva la grazia naturale e vezzosa di
Wendy, nè la fragorosa, scoppiettante energia di Jane: era
uno
spettro diafano che saltellava con timore da una pietra all'altra, nel
fiume, con la prudenza di chi prevede una morte per annegamento. I
giochi all'aperto non erano il suo forte. Se la cavava con le canzoni,
gli indovinelli e gli scioglilingua, persino con le storie non era
male: però per il resto era un vero disastro. Peter la
osservava
dal folto della foresta, attentamente, come se studiasse il suo
comportamento per annotarlo, come si esaminano i piccoli animaletti
anomali.
Un'altra di quelle. Delle tue bambine sperdute. Tinkerbell
sedeva sulla sua spalla, imbronciata.
-Non sono sperdute.- la corresse Peter. -Sanno benissimo dove tornare.
Anche lei è come le altre, Tink. Giocherà. Si
divertirà. E poi se andrà. A casa, a vivere la
vita che
aveva. E poi ce ne saranno delle altre.-
Sotto i loro sguardi distanti, Margaret oscillava pericolosamente da
una roccia scheggiata, rischiando di finire dritta in acqua.
Presumo di
sì, ragionò Tinkerbell, ma non
confessò che ciò la sollevava enormemente.
8.
Peter l'accompagnò fino alla finestra.
-Come si chiamerà tua figlia?-
La sua domanda suonò strana e quasi di cristallo nel buio
vellutato e silenzioso della notte. Eppure stranamente giusta, lineare
-perchè era sempre andata così, e così
doveva
continuare.
-Chi ti dice che avrò una figlia?- obiettò
Margaret,
debolmente. -Potrei rimanere vedova, o avere solo figli maschi...-
Peter si limitò a scrollare le spalle. -Lo so e basta.
Succede sempre così. Il nome.-
E fu allora che Margaret si sentì parte di qualcosa di
più grande -una maledizione, forse, una ricorrenza, una
storia a
capitoli. Sorrise con dolcezza.
-Primrose.-
Il ragazzo s'illuminò. -Primrose.-
ripetè con trasognata vivacità, -me ne
ricorderò.-
Margaret lo salutò senza rimpianti, con la mano, mentre la
luce
della seconda stella a destra lo inghiottiva, fino a che non lo vide
più.
9.
Una bambina leggeva nella sua camera, un libro aperto sulle ginocchia.
Lo faceva con dedizione e giudizio, compita, il mento chino e le labbra
schiuse nel bisbigliare le parole per non perdere la riga. Un corredo
di boccoli d'oro rosso, come rame chiaro, erano accomodati sulle spalle
e trattenuti dietro la nuca da un nastro di raso verde.
Peter l'ammirò per un po', nella penombra. La madre era
appena passata ad augurare la buonanotte, ma la bambina continuava a
leggere.
-È carina, non è vero?- domandò lui,
rispolverando
vecchie somiglianze somatiche. Il sospiro di Tinkerbell era quasi
impercettibile.
-Tutte loro lo sono.- fu l'apatica replica. Peter non attese oltre.
Irruppe nella stanza, facendole sollevare rapidamente gli occhi dalla
pagina. La luna vi si riflesse per un istante.
-Ciao, Primrose.- esclamò Peter, cordiale, tendendo una
mano. -Sono qui per te.-
10.
A Peter questo ventunesimo secolo piaceva poco. Aveva reso le persone
strane.
Una bambina dai riccioli biondi inframmezzati da ciocche viola aveva
ascoltato con gli occhi sgranati la sua proposta, aveva sorriso da un
orecchio all'altro e aveva esclamato vivacemente: va bene, ci vengo, ma prima fai
un selfie con me. Se non ti metto su instagram, poi nessuna delle mie
amiche ci crederà!
Peter, come in ogni situazione intricata, si era grattato la testa e
l'aveva guardata di storto. Cosa doveva fare, e dove doveva mettersi?
Mah.
-Ma come parli?- le aveva chiesto, venendo per tutta risposta ignorato
brutalmente.
Poi non faceva che domandare insistentemente se su Neverland c'era un
tale Waifai. Peter
aveva risposto che non lo conosceva di persona, però magari
c'era pure, chissà. Quella bambina bizzarra non aveva
nemmeno
voluto spiegargli se era il protagonista di una storia,
perchè
rideva come una matta.
L'apoteosi fu raggiunta quando il nintendo d-s approdò a
Neverland.
Note dell'Autrice: Non so come commentare tutto ciò,
ordunque non lo farò. Mi limito a lasciare qualche
informazione di servizio: la Lily della storia 5 è Tiger
Lily, Giglio Tigrato, con il nome lasciato all'originale. Non
è invecchiata, anche se credo che in teoria gli indiani
invecchino... però non soffermiamoci sui dettagli, la
volevo giovane e giovane è rimasta. Margaret è la
Margaret citata da Barrie nell'epilogo della storia, la nipote di
Wendy; invece sua figlia Primrose non esiste, ce l'ho piazzata io,
tanto per continuare la discendenza. Idem per la ragazzina del 2014
nell'ultima flash. Il senso era: cosa succederebbe se una ragazzina
moderna incontrasse Peter Pan? XD Perlomeno avremmo una sua foto,
finalmente.
Eee... ah, sì, i vari marmocchi e le varie mogli di John e
Michael, delle storie 3 e 4, anche quelli sono tutti inventati.
Perchè si parla sempre dei figli di Wendy, però
anche i suoi fratelli sono stati a Neverland, e spesso vengono
palesemente ignorati.
Ultima cosa: nella storia 4, il racconto di John è preso
pari passo dal libro di Barrie (ciò che dice Uncino, che
risponde John eccetera).
Grazie mille per aver letto, chiunque avesse qualcosa da dirmi a
riguardo, ^^
Lucy
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