Burned - The Winter Queen II

di heliodor
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― Fen? Dove vai?
La voce della bambina risuona sull'acqua immobile. Capelli neri e lunghi danzano su di un viso ovale. Occhi grandi e chiari scrutano nell'oscurità. A piedi nudi percorre il molo di corsa, fermandosi solo quando l'ultima asse segna il confine tra la terra e il mare.
Una barca è legata a un palo da una corda. La bambina vi si aggrappa con entrambe le mani e si sporge. Dietro di lei si scorge la sagoma avvolta dal buio di una abitazione a due piani. Il tetto spiovente sormontato dalla figura di un drago intagliata nel legno. L'animale è raffigurato nell'atto di spalancare le fauci e protendere le zampe dotate di tre artigli ciascuno.
Un ragazzo dai capelli colore del grano, il corpo abbronzato e nudo dalla cintola in su, sta sciogliendo la corda che assicura la barca al palo.
Vicino a lui, un ragazzo più grande, capelli chiari e vestito con una tunica rossa lancia un'occhiata preoccupata alla bambina. ― Fen ― sussurra all'altro. ― Non è tua sorella quella?
Fen solleva la testa di scatto e sgrana gli occhi. ― Lise ― esclama. ― Che ci fai in piedi a quest'ora?
― Che stai facendo tu?  ― domanda Lise. ― È proibito uscire con la barca di notte.
Fen getta la corda sul fondo della barca. ― Non stiamo uscendo. Andiamo solo a fare un giro.
― Dove? Voglio venire anch'io. ― Lise salta nella barca senza attendere la risposta. Fen l'afferra al volo. L'imbarcazione ondeggia, quasi si rovescia, ma rimane a galla.
― Magnifico ― esclama l'altro ragazzo. ― Ora lo saprà tutto il villaggio.
― Tranquillo Morg ― dice Fen ― Lise non dirà niente. Vero?
Lise si porta una mano al cuore. ― Lo giuro solennemente. Dove andiamo?
― Alla montagna ― risponde Morg indicando un punto lontano col braccio teso.
Lise sgrana gli occhi. ― Sulla... montagna? ― Guarda Fen, che le fa un cenno con la testa. ― Ma è proibitissimo. Nessuno ci può andare.  Papà dice che è un posto pericoloso.
― Se hai troppa paura ― dice Morg con un ghigno. ― Puoi sempre rimanere qui.
La bambina guarda il molo e si morde il labbro. ― Io non ho paura. Voglio venire.
Fen ridacchia. ― Che ti dicevo, Morg?
L'altro fa spallucce e prende i remi.
La rada si apre a formare un arco circondato da case di legno alte due o tre piani, sostenute da palafitte che affondano nell'acqua limacciosa.
Fen porta la barca al centro della rada, stacca le mani dai remi e si fruga in una tasca dei pantaloni. Ne tira fuori un pezzo di legno intagliato.
Lise l'osserva con sguardo rapito. ― L'hai fatto tu?
Fen glielo porge.
Lise rigira tra le dita la creatura alata con le fauci spalancate.
― Ti piace?
Lise annuisce.
Fen le mostra il drago di legno che tiene legato al collo con un filo. ― Ne ho fatti due. Puoi tenerne uno. Porta fortuna.
― Davvero?
― È un'antica usanza. ― Fen annuisce. ― Le vecchie tradizioni funzionano sempre. Fidati.
Morg ride. ― Tienitelo stretto. Se siamo fortunati sulla montagna ne vedremo uno vero.
Lise sgrana gli occhi.
― È solo una leggenda ― dice Fen con tono rassicurante. ― Non spaventarla.
Morg scrolla le spalle. ― È tutto vero. L'ho letto in un libro.
― Sì, certo.
Morg tira fuori dal saio un foglio piegato in quattro e lo sventola sotto gli occhi di Fen. ― È lo stesso dove ho trovato questa.
Fen gli strappa di mano il foglio. ― È la mappa?
Morg annuisce. ― È incompleta, ma spiega come fare ad arrivare al Cuore di Fuoco.
― Il Cuore di Fuoco ― dice Fen facendo scorrere gli occhi sui segni tracciati sul foglio. La carta è così lisa e ingiallita che può guardarci attraverso.
― Esatto. ― Morg prende il foglio e lo rimette nel saio dopo averlo piegato con cura. ― E sai che cosa significa questo? Pietre del Fuoco in abbondanza.
― Saranno almeno mille anni che nessuno ne vede una.
― Diciamo anche duemila.
― Cos'è il Cuore di Fuoco? ― domanda Lise a Fen.
― È la fornace che alimenta il vulcano ― spiega il ragazzo remando con più foga.
― È il luogo più interno e caldo ― aggiunge Morg. ― Nessuno può raggiungerla senza correre enormi pericoli. E se non sai la strada rischi di perderti nel labirinto scavato nella montagna. Senza contare il drago che sorveglia l'entrata.
― Se è così pericoloso perché ci state andando?
Morg ridacchia. ― Sei proprio ingenua.
Fen gli rivolge un'occhiataccia. ― Vedi, Lise. Solo il calore della fornace riesce a creare le Pietre del Fuoco.
― E a che servono?
I due ragazzi si scambiano un'occhiata perplessa. ― Nessuno lo sa con precisione ― dice Morg dopo qualche secondo di silenzio. ― Ma lo scopriremo presto.
***
Fen salta giù dalla barca e atterra nell'acqua che gli arriva alla cintola. Stringendo tra le mani la cima di una corda trascina l'imbarcazione verso riva.
La spiaggia è una mezzaluna di sabbia bianca delimitata da una fitta boscaglia che a sua volta termina contro le pareti di roccia di una montagna.
Lise l'osserva mentre lega la corda a una roccia che affiora per metà dall'acqua.
Morg raggiunge la riva e si guarda attorno come se stesse fiutando l'aria. ― Il sentiero è da quella parte. ― Indica col braccio teso una macchia di alberi che si arrampica su per il fianco della montagna.
― Devi stare qui, hai capito? ― Fen prende un sacco e se lo getta sulle spalle. ― Torneremo prima dell'alba.
― Fen ― Lise guarda la sagoma della montagna che occupa metà del cielo.
― Andrà tutto bene ― risponde lui con un sorriso. ― Fai la guardia alla barca.
Lise fa una smorfia e si siede sul fondo dell'imbarcazione, il drago di legno stretto nella mano.
***
Lise spalanca gli occhi e solleva la testa. È buio. Il silenzio è rotto dalle onde che si infrangono contro la riva.
Lise si alza e getta un'occhiata alla spiaggia. Il vento agita le chiome degli alberi. Gli occhi della bambina si sollevano e si spalancano.
Il fianco della montagna è percorso da una lingua di fuoco che dalla cima scivola fino agli alberi. In lontananza si vede il chiarore di un incendio stagliarsi contro il cielo notturno.
Lise scivola dal fianco della barca e si ritrova in acqua sommersa fin quasi al petto.
― Fen ― grida mettendo il piede sulla spiaggia. ― Dove sei? Fen?
Un ululato risuona sopra la sua testa. Lise guarda in alto. Un'ombra scivola lungo il fianco della montagna e sparisce dietro il fianco. Un secondo urlo riecheggia nell'aria.
― Fen? ― Lise è scossa da un tremito che le fa battere i denti.
L'ombra riemerge dal fianco opposto della montagna, per un istante si staglia contro il bagliore dell'incendio. Un corpo sinuoso, ali dispiegate e una coda a forma di freccia.
Lise corre alla barca, inciampica, si rialza. Quando entra nell'acqua un rombo assordante la fa trasalire.
La cima della montagna esplode seminando proiettili di fuoco in tutte le direzioni.
Lise si aggrappa al bordo della barca.
Un fischio assordante copre il suo respiro affannoso. Le mani perdono la presa sul legno scivoloso e la barca si allontana trascinata via dalla corrente.
Lise annaspa nell'acqua ormai alta fino al collo, quando due mani l'afferrano per le ascelle e la sollevano oltre il bordo dell'imbarcazione.
Lise scivola sul fondo della barca sputacchiando acqua.
Morg si staglia su di lei, in controluce si vede il cielo di un rosso accesso. La pelle del viso è coperta di fuliggine, i vestiti sbrindellati come se le fiamme li avessero consumati. Dense nubi di fumo si levano dalla vegetazione in fiamme.
― Fen?
Morg prende i remi e si guarda indietro.
Lise si aggrappa al bordo della barca, gli occhi lucidi. ― Dobbiamo tornare indietro.
― È inutile ― dice il ragazzo. ― Il drago. Il drago l'ha preso.
― Il drago? ― esclama Lise sgomenta.
Dalla montagna in fiamme giunge solo l'eco di un lamento prolungato che si spegne in lontananza.
Lise si rannicchia sul fondo della barca, il drago intagliato nel legno stretto nella mano.
 
BURNED - The Winter Queen II
 
Anna scivola lungo il corridoio, le trecce che le ricadono sulle spalle. Si ferma davanti a una porta chiusa, si schiarisce la voce e bussa due volte. ― Elsa? ― chiede con voce cristallina. ― Sei sveglia, dormigliona?
Dall'altra parte giunge un mugugno sommesso.
― Elsa?
― Che c'è? ― risponde una voce assonnata.
― Posso entrare? ― Anna sfiora la maniglia e ritrae le dita.
Si sente il rumore di passi rapidi, una serratura che scatta. La porta si apre. Dall'altra parte il viso di Elsa, i capelli raccolti in una singola treccia che scivola sulle spalle strette e delicate.
― Chiudi ancora a chiave? ― domanda Anna.
Elsa apre la porta quel tanto che basta per lasciarla passare. ― Entra, dai.
Anna si infila nel passaggio. ― Lo sai che ore sono? ― La stanza è immersa nella penombra. L'unica fonte di luce filtra attraverso le imposte della finestra. Il letto è intatto.
Elsa richiude la porta a chiave. Indossa un abito di seta leggera con un mantello dall'intreccio così sottile da essere trasparente.
― Sei già vestita? ― Anna si avvicina alla finestra socchiusa. ― A che ora ti sei svegliata?
Elsa si tormenta le dita. ― La verità è che... sono stata sveglia tutta la notte. ― Ridacchia. ― Saranno almeno due o tre notti che non dormo.
Anna si copre la bocca con la mano, gli occhi spalancati. ― Due o tre...
Elsa le fa un cenno con le mani. ― Abbassa la voce. Sì, è per via di quel sogno. Te n ho parlato, ricordi?
― Il sogno ― dice Anna incerta.
― Quello in cui mi sento in trappola e ho tanto freddo...
Anna annuisce. ― Ora ricordo. Ma non era passato?
Elsa passeggia avanti e indietro per la stanza. ― Sì, ma poi è ricominciato.
― D'accordo ma... perché non me ne hai parlato prima?
― Ci ho provato ― dice Elsa con tono lamentoso. ― Ma tu sembravi così felice con Kristoff e poi eri così impegnata. ― Si ferma di botto, l'espressione perplessa. ― A proposito, cos'hai avuto di così importante da fare in questi giorni? Eri davvero indaffarata.
Anna ridacchia. ― Te lo sei dimenticato, vero?
― Cosa?
― Oggi è il giorno.
― Che giorno?
― Quello dei pretendenti. Ricordi? Te ne ho parlato circa un mese fa.
Elsa si acciglia. ― Mi ricordo vagamente che hai accennato a un ricevimento mentre eravamo a tavola...
Anna annuisce. ― Infatti.
― E io ti avevo diffidato dall'organizzarne uno...
― Infatti.
― E tu non hai...
― Infatti.
Elsa sospira. ― Meno male. Per un attimo ho temuto il peggio. Allora cosa...
Anna ridacchia e saltella sui piedi. ― Infatti, non si tratta di un ricevimento.
Anna spalanca la finestra con un gesto deciso. La luce del sole inonda la stanza. ― Guarda ― dice indicando il balcone.
Oltre di esso, in lontananza, si intravede il fiordo che circonda Arendelle, il porto con i moli di pietra che si protendono verso il mare di un azzurro cristallino e dozzine di navi che in fila ordinata attraccano e sbarcano i loro passeggeri.
Elsa sgrana gli occhi. ― Ci attaccano ― esclama. ― È la flotta di Badenton.
― Weselton ― la corregge Anna.
― È uguale ― risponde Elsa. ― Devo chiamare le guardie ― dice guardandosi attorno nervosa. ― E i golem. Evocherò dieci golem da battaglia. No, venti. Anzi, cento. Sì, cento dovrebbero bastare.
Anna l'afferra per un braccio. ― No, Elsa. Aspetta. ― Indica col braccio teso le navi. ― Non sono qui contro di te. Ma per te.
Elsa si acciglia.
― Vengono per chiedere la tua mano.
***
Kristoff si ferma davanti alla porta decorata con motivi floreali verdi e viola. Ai suoi piedi trotterella il pupazzo Olaf. In testa ha un capello lakki bianco con la visiera nera.
Kristoff lo guarda contrariato. ― Perché ti sei messo quell'affare?
― Ti piace? È l'ultima moda.
― L'ultima... ― Kristoff scuote la testa. ― I pupazzi di neve non indossano cappelli.
― Perché?
― Non ne hanno bisogno ― esclama.
― Io sì. Mi fa sembrare più alto.
― Tu non... lasciamo perdere. ― Kristoff appoggia la mano sulla porta. ― Anna è via da un'ora. Chissà se ha finito di parlare con la regina.
― Secondo te è una buona idea?
― Cosa?
― Elsa si arrabbia sempre quando viene disturbata.
― È cambiata ― dice Kristoff esasperato. ― Non è più la persona di prima.
― Allora bussa. Dai.
Kristoff esita, la mano sollevata a mezz'aria.
― Un altro che non sa bussare ― dice Olaf deluso.
Dall'interno giunge un grido che li fa sobbalzare.
― Che cosa? ― esclama una voce femminile.
Un velo di ghiaccio si forma sulla porta e si espande sul muro e il soffitto.
Kristoff fa un balzo all'indietro. ― Hai ragione tu. È una cattiva idea. ― Si volta e fa per andarsene. ― In fondo sono cose tra sorelle.
La porta si spalanca. Elsa si precipita fuori di corsa, i capelli arruffati. ― Voi due ― grida. ― Dove pensate di andare?
Kristoff scatta sull'attenti. ― Maestà. Io...
Elsa lo guarda furente. Anna la segue un passo più indietro. ― Voi sapevate tutto, non è così? ― domanda la regina marciando verso il montanaro.
― In verità Anna, la principessa voglio dire, ci aveva accennato qualcosa...
Olaf saltella di gioia. ― Oh, sì. Certo. L'abbiamo aiutata a spedire gli inviti, a organizzare il ricevimento e...
Kristoff gli tappa la bocca. ― Zitto.
Elsa si volta verso la sorella. ― Ricevimento?
Anna ridacchia, la testa incassata nelle spalle. ― Un piccolo ricevimento. Piccolissimo.
Una stalattite si forma a un centimetro dal viso di Anna.
― Oh, ti prego Elsa ― esclama la principessa. ― Cerca di essere ragionevole.
― Io sono ragionevole ― risponde Elsa a denti stretti.
― Sono venuti da ogni parte del mondo solo per te ― continua Anna.
Elsa agita una mano nell'aria e la stalattite si ritira. Il ghiaccio si dissolve in brina. ― Se vogliono la mia mano, dovranno guadagnarsela. ― La regina si volta e rientra nella stanza. La porta si chiude con un tonfo.
Anna e Kristoff si scambiano un'occhiata preoccupata.
― Secondo voi era contenta? ― domanda Olaf.
***
In fondo alla scala a chiocciola, Anna agita le mani nell'aria, l'espressione dispiaciuta sul viso. ― Io credevo di fare la cosa giusta. Insomma, lei è sempre così sola, non vede mai nessuno. Che male c'è a desiderare che incontri quello giusto?
― Forse ― dice Kristoff, le mani dietro la schiena. ― Elsa è contenta della sua situazione.
Anna gli rivolge un'occhiataccia.
Kristoff deglutisce a vuoto. ― Quello che voglio dire è che potrebbe non avere bisogno di trovare quello giusto.
― E tu che cosa ne sai?
Il ragazzo si stringe nelle spalle. ― So cos'è la solitudine.
Anna sbuffa contrariata.
Un servitore spalanca le porte del palazzo. Nel cortile i valletti stanno sistemando sedie e panche.
Anna guarda i cancelli che dividono il cortile dal resto del regno. ― E ora? Cosa racconto a tutta quella gente?
***
― Benvenuti ad Arendelle. ― L'uomo in livrea si esibisce in un inchino plateale.
Davanti a lui, una ragazza con una lunga veste colore rosso scuro e capelli neri raccolti in una coda che le divide la schiena, guarda in direzione del castello, le mani sui fianchi.
Dietro di lei si snoda una fila di due dozzine di uomini abbigliati con costumi dai colori sgargianti e merletti ricamati.
L'uomo si raddrizza. ― Posso vedere il vostro invito... signora?
La ragazza si volta. Al suo fianco appare un ometto in livrea azzurra, un capello a falde larghe calcato sul cranio calvo e barba tagliata a punta.
― Isak ― dice la ragazza. ― Mostra il nostro invito al signore.
Isak infila una mano nella tasca della giubba. La mano fruga per qualche istante. ― Devo averlo dimenticato nella cabina. Sono mortificato.
― Mi spiace, ma senza l'invito non potete sbarcare.
La ragazza mostra un largo sorriso. ― Ma certo. Isak, accompagna il signore a bordo della nave. ― Indica il vascello alle sue spalle con un ampio gesto del braccio. ― E mostragli il nostro invito.
Isak si esibisce in un inchino. ― Da questa parte.
― Io non so se...
Un paio di marinai in livrea azzurra afferrano l'uomo per le ascelle e lo trascinano verso la passerella. Dietro di loro, Isak fa un cenno con la testa alla ragazza.
― Ciò è molto irregolare... ― protesta l'uomo. La sua voce si affievolisce mentre lo portano a bordo della nave.
Un omaccione dai capelli raccolti in piccole trecce si avvicina alla ragazza. ― E ora che facciamo, Lotte?
La ragazza si passa la mano sul petto e accarezza il ciondolo a forma di drago che porta appeso al collo. ― Procediamo con il piano. Entriamo nel castello e preleviamo la strega dei ghiacci.
― Ma ci serve un pretesto. Al castello possono accedere solo i pretendenti alla mano della regina.
― Ne troveremo uno ― risponde lei sicura.




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