PRIMO
CAPITOLO
1.
Il fuoco che purifica
Londra,
Gunnersbury, 17 luglio 2020
Notte
Charles
aprì gli occhi all'improvviso, nello stesso modo dal quale ci
si risveglia da un brutto sogno, da una caduta vertiginosa. Quando
focalizzò il soffitto bianco sopra di lui, si rese conto che
non era stato un brutto sogno ad averlo svegliato, ma le mani nervose
di Hester che l'avevano scosso con violenza e che ancora continuavano
a toccarlo.
"Si
alzi, Charles!" gli ordinò la donna, non appena vide i
suoi occhi azzurri aperti sul mondo.
Ciò
che indusse il ragazzo a fare quello che gli era stato appena detto,
fu l'evidente nota di urgenza che aveva fatto vibrare la voce
profonda e roca della sua governante. Lei l'aveva lasciato andare ed
aveva raccolto qualcosa da terra: una coperta marrone, di quelle che
era solita tirare fuori soltanto durante le giornate più
fredde; gli sembrava quasi di sentirne la consistenza ruvida e
fastidiosa sulla pelle solo a guardarla.
Passando
una mano sulla faccia Charles cercò di capire cosa diavolo
stesse succedendo, ma non appena si alzò in piedi una
fortissima esplosione fece tremare il pavimento della sua stanza,
mandando in frantumi i vetri della finestra vicina. Entrambi persero
l'equilibrio e caddero a terra: Charles si coprì
istintivamente la testa con le braccia, mentre una pioggia di
brillante cristallo gli cadeva addosso, sui vestiti e tra i capelli.
Si
sentì decisamente più sveglio.
L'istinto
di sopravvivenza gli suggerì di non alzarsi immediatamente e
solo quando il tremore del pavimento fu passato, si azzardò a
sbirciare la sua stanza oltre la fessura delle braccia: Hester era
poco lontana da lui e già si stava rialzando in piedi, senza
perdere tempo.
"Sta
bene? Charles?" lo chiamò, avvicinandosi a lui con
evidente apprensione. "Charles!"
"Sto
bene, sto bene!" la rassicurò, provando la sconvolgente
sensazione di star vivendo dentro una sorta di videogioco.
Quando
guardò la sua governante, notò dei strani riflessi
rossastri sui suoi capelli biondi, già striati da molte
ciocche grigie. Si girò verso la finestra, perché la
fonte di quella luminescenza non poteva provenire che da lì:
attraverso le ante senza vetri, poté godere della vista di un
enorme e furioso incendio, vivo ed ardente, ad un paio di isolati di
distanza. Sgranò gli occhi e fu lì lì per dire
qualcosa, ma Hester lo afferrò per un polso, trascinandoselo
dietro con una certa prepotenza. Incespicò nei suoi stessi
piedi, prima di opporre resistenza.
"Hester,
aspetta, che stai facendo?" sbottò, senza capire le
ragioni del suo comportamento. "Dove pensi di andare? È
pericoloso uscire lì fuori, dobbiamo chiamare i vigili del
fuoco!"
La
donna scosse impetuosamente la testa, stringendo la coperta marrone
sotto il gomito. Ricominciò a tirarlo verso le scale, quando
quello che sembrò essere il ruggito di qualcosa di infernale
fece sobbalzare entrambi sul posto. Il ragazzo svincolò dalla
sua presa e si avvicinò di nuovo ad una finestra, nello stesso
istante in cui un'ombra dalle dimensioni bibliche gettò il
vicinato in un'oscurità più profonda della notte. Udì
Hester inspirare bruscamente alle sue spalle.
"La
prego, mi ascolti" tornò a parlare la donna, che sembrava
avere fretta di andarsene. "Non siamo al sicuro qui, dobbiamo
uscire!”
"Si
può sapere di cosa parli?"
Si
girò verso di lei e la guardò come se all'improvviso
fosse diventata completamente pazza. "Esigo una spiegazione!
Cosa succede?!"
"Attento!"
Hester
corse verso di lui e se lo tirò addosso con forza: l'impeto fu
talmente intenso che entrambi caddero a terra e per Charles fu
inevitabile schiacciarla con il suo peso. Ritrovarsi distesi a terra
fu però una fortuna, poiché l'enorme lingua di fuoco
che irruppe dalla finestra spaccandone i vetri non poté così
bruciarli, ma solo terrorizzarli a morte. Quando il getto diminuì
di intensità, restando a lambire esclusivamente le tende e le
intelaiature di legno, Charles rotolò da un lato e guardò
con occhi vitrei il punto in cui si era trovato giusto qualche
secondo prima. Con la mano afferrò la maglia bianca
all'altezza del cuore che, furioso, batteva come avesse voluto
uscirgli dal petto. Non riuscì a proferire nemmeno mezza
parola. Se Hester non l'avesse afferrato bruscamente per buttare a
terra entrambi, a quel punto sarebbe già morto carbonizzato.
O
forse starei ancora soffrendo le pene dell'inferno nell'attesa di
morire.
Tra
i due doveva probabilmente essere Hester quella dal sangue freddo,
poiché non aspettò che un secondo prima di rialzarsi in
piedi, dando l'impressione di non essere rimasta poi molto
traumatizzata dallo scampato incidente; approfittando del suo
silenzio sconvolto, lo scrollò bruscamente e lo costrinse ad
alzarsi in piedi.
La
loro fuga da quella casa fu accompagnata da costanti gorgoglii e
ruggiti bestiali: forse l'inferno aveva aperto le sue porte,
vomitando diavoli e demoni sulla terra.
Charles
non poté che confermare le sue paure, quando riuscirono a
lasciarsi l'uscio dietro le spalle: non solo la sua casa, ma quelle
dell'intero vicinato erano cadute sotto l'attacco di quelle fiamme
misteriose, affamate ed implacabili; ne divoravano le fondamenta,
tutto ciò che avevano contenuto e Dio solo sapeva se non anche
gli occupanti. Avvertì le ginocchia diventare improvvisamente
molli e l'odore di bruciato - le esalazioni, che come una cappa
avevano abbracciato l'intero quartiere -, lo fecero tossire sin quasi
a vomitare.
Hester
aveva appoggiato la coperta sul naso e sulla bocca, ma il fumo le
fece tuttavia lacrimare gli occhi verdi, contornati da alcune rughe;
guardò il ragazzo con un velo d'apprensione, sovrastato da una
sorta di determinazione che le accese lo sguardo. Tenendo ben salda
la sua presa attorno al polso di Charles, con passo svelto - alla sua
età mettersi a correre non le era davvero possibile -, lo
costrinse a seguirla attraverso il vialetto carbonizzato.
Mentre
Charles inghiottiva ciò che era stata la sua cena di nuovo giù
per la gola, vide quello che restava dell'ulivo di sua madre,
nell'angolo del giardino: i rami spogli e neri come l'inchiostro si
innalzavano verso il cielo grigio e fumoso come in una muta richiesta
di pietà. Sentì lo stomaco contrarsi ed una rabbia
talmente intensa da accecargli la vista per qualche secondo: quella
pianta era stata uno dei pochi ricordi che ancora aveva di lei ed ora
era andata perduta per sempre.
La
notte, resa luminosa e brillante dai numerosi incendi che avevano
invaso il quartiere, sembrò per brevi secondi tornare alla sua
oscurità più profonda ed originaria: una forte folata
di vento scompigliò i suoi capelli biondi e quando alzò
istintivamente gli occhi verso il cielo, non poté credere a
ciò che vide.
Un
drago dalle dimensioni di un immenso dirigibile volò sopra di
lui, sputando fuori dalle fauci una fiammata talmente potente e calda
che, nonostante si fosse abbattuta ad un paio di isolati di distanza,
riuscì ad infastidirlo comunque a causa della sua elevata
temperatura.
È
ufficiale. Sto ancora sognando e questo è un videogioco.
Si
girò verso Hester, che aveva allentato la presa sulla coperta:
riuscì a vederle le labbra che tremavano. Nel giro di qualche
secondo un altro drago solcò i cieli sopra le loro teste,
diretto verso il centro di Londra. A quel punto, come risvegliatasi
improvvisamente da una trance, Hester ricominciò
a tirarlo come fosse stato un fantoccio privo di volontà e ad
essere onesti, si sentiva proprio così.
Attorno
lo scenario sarebbe potuto passare per un set post apocalittico:
Charles guardò, come nei panni di uno spettatore, le macchine
carbonizzate; si riempì le orecchie dei più disparati
allarmi e delle grida della gente; respirò l'odore del fumo
misto a quello della morte, delle vittime che erano già state
colpite. Osservò una bambina che camminava in mezzo alla
strada e che piangeva a pieni polmoni, invocando il nome della madre;
il suo primo istinto fu quello di andare verso di lei, ma Hester lo
trattenne con una forza inimmaginabile e scosse la testa più
volte.
"Non
c'è tempo, non c'è tempo!" esclamò,
persistendo a camminare velocemente.
"Ma
non possiamo lasciarla lì!" ribatté Charles,
atterrito dal disinteresse della sua governante.
Il
problema fu risolto da un uomo che, correndo fuori dall'interno di
una casa, issò la ragazzina su una spalla e la caricò
nella propria macchina. Ma nel momento in cui accese il motore, una
bolla di fiamme e fumo abbracciò l'automobile nella sua
interezza, carbonizzandola nel giro di pochi attimi. La fuga era
stata stroncata dalla creatura alata.
Charles
avvertì di nuovo l'intenso bisogno di vomitare, paralizzato
dall'orrore.
Hester,
al contrario, sembrava esattamente cosa fare e come muoversi: aveva
evitato la vicinanza delle macchine come la peste, cercava riparo
sotto gli alberi e sotto le tettoie e sfruttava le zone d'ombra più
cupe. Quelli ed altri imbrogli, pur di celarsi all'acuta vista della
mefistofelica creatura. Charles non parlava e non impediva più
alla donna di trascinarlo Dio solo sapeva dove. Camminarono a lungo,
facendo slalom tra i più disparati scenari di devastazione ed
entrambi poterono così appurare come la furia di quelle
mistiche creature si fosse abbattuta su tutta la città di
Londra, senza lasciarne intatto un solo angolo. Quando raggiunsero
miracolosamente indenni il parco di Richmond e furono al riparo
dentro una delle grotte, Charles crollò sulle ginocchia, lo
sguardo atterrito e rivolto verso i rivoli di fumo che si alzavano
ancora dalle zone residenziali.
Hester
soppesò pensierosamente se fosse il caso di lasciarlo lì
da solo, poi sparì nelle profondità scure della
caverna. Il ragazzo nemmeno se ne accorse.
Quando
tornò indietro, lo trovò ancora immobile nella stessa
posizione; poggiò a terra ciò che aveva recuperato dal
fondo della grotta e si avvicinò, toccando con gentilezza la
sua spalla.
"Suo
padre non è in città" commentò lentamente,
gli occhi pieni del bagliore delle fiamme lontane; "Non si
preoccupi, Charles".
Ma
Charles non stava pensando a suo padre: pensava all'ulivo morto nel
giardino, quello che sua madre aveva accudito con tanta cura.
Intimamente gli era sempre piaciuto pensare che la sua anima si fosse
insidiata all'interno del tronco e nelle foglie, dopo la sua morte.
Era come averla persa una seconda volta.
Hester
gli poggiò la coperta sulle spalle e restò in silenzio:
il vibrante ruggito dei draghi, che sembrava provenire direttamente
dalle viscere della terra, riempì di echi oscuri tutta la
caverna, minacciando i loro cuori.
È
un sogno,
pensò distrattamente Charles, stringendosi addosso la coperta,
e
voglio svegliarmi adesso.
NOTE
DELL'AUTORE:
Eccoci qui con il primo capitolo di questa nuova storicciuola.
Sudata, anelata, rincorsa e bestemmiata per parecchi mesi, finalmente
giunge su questi schermi. Ma io ve l'avevo promesso e lo sapete che
le mie promesse vengono sempre mantenute. La storia si compone di 20
capitoli compreso l'epilogo, è già terminata ed aspetta
solo di essere pubblicata. Avrete un nuovo capitolo ogni lunedì,
a meno che cause di forze maggiori non mi impediscano di aggiornare
(ma sono sempre stata estremamente puntuale con le pubblicazioni,
quando ho avuto sul pc storie già concluse). Dedico questo
primo capitolo a tutti i
fan di Merlin
ed a quelli che, nonostante dopo tutto questo tempo, ancora ci
credono. Grazie di cuore a Mimiwitch
che s'è presa la bella rogna di betare questa storia: sei un
elemento davvero indispensabile e sei stata preziosa fonte di
consigli quando le crisi mistiche minacciavano il mio estro di
fanwriter. Grazie davvero.
Ultimo
ma non meno importante: popolo
fangirliano di Feis buk:
IO. TI. ADORO.
Senza
i vostri scleri le mie giornate sarebbe estremamente buie, grigie e
tempestose.
P.S.
Purtroppo per voi questa storia non avrà nulla di comico.
P.P.S.
Però una risatina ogni tanto può darsi che riusciate a
farla.
P.P.P.S.
Un parere fa sempre piacere, purché sia spontaneo e non
elemosinato.
Con
tanto love,
Asfo
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