Note:
In questi giorni ho deciso di rileggermi tutta
la saga – ed è fantastico,
perché non
la rileggevo da secoli e trovo un sacco di dettagli che mi avevo
dimenticato.
Ieri sera ho terminato “Il Prigioniero di Azkaban”
che è probabilmente il mio
preferito insieme a “L’Ordine della
Fenice” e ne è uscita fuori questa Missing
Moments ambientata la mattina successiva alla fuga di Codaliscia.
Niente
di che, sono l’ennesimo tributo di una fan che continua
ancora ad
aspettare la sua lettera di ammissione per Hogwarts.
(:
*
Il miglior insegnante
«Sta
facendo
le valigie?» esclamò
Harry allarmato. «Perché?».
«Va via, no?» disse Hagrid,
sorpreso per la domanda. «Ha dato le dimissioni
stamattina presto. Dice che non deve succedere un’altra
volta».
(da
Harry Potter e il
Prigioniero di Azkaban)
Severus
aveva da poco abbandonato l’ufficio del
Preside. Era ancora profondamente adirato per la fuga di Sirius Black
di
qualche ora prima. Silente non aveva potuto nulla contro il suo
risentimento;
sperava solo che il tempo, che già tanti errori aveva
risolto quella notte, avrebbe
potuto attutire il peso dell’odio del suo giovane professore
di Pozioni. Non
riusciva a crederci quanto tuttavia avrebbe desiderato.
Udì
un calmo bussare alla porta e distolse lo
sguardo dalla luce del sole ormai alto che brillava sulle acque del
Lago Nero.
“Prego”.
Remus
Lupin varcò la soglia tenendo il viso
basso. I capelli chiari gli coprivano le ombre misere attorno agli
occhi, ma
nulla avrebbe potuto celare i segni sul suo volto prematuramente
invecchiato.
“Come
ti senti, Remus?”.
Remus
scosse appena il capo. La sua voce roca,
solitamente gentile e affabile, risuonò timida e insicura
come quella del
ragazzino che era stato tanti anni prima.
“Io…
io non so da dove iniziare, Preside”.
Silente
lo scrutò per un lungo istante.
“Potresti
iniziare prendendo una sedia” propose
con un sorriso, mentre occupava il proprio posto sulla poltrona dietro
alla
scrivania. Attese che Remus si fosse seduto. “E ora potresti
semplicemente
iniziare dall’inizio”.
Remus
teneva ancora il viso basso e si torturava
le mani abbandonate sul grembo.
“Mi
dispiace”.
C’era
così tanta genuina disperazione nel suo
tono che Silente non poté trattenere un altro sorriso.
“Non
è colpa tua, Remus”.
“E
di chi altri?” replicò in un mesto mormorio.
“Le ho mentito. Ho tradito la sua fiducia. Non posso
perdonarmelo”.
“Oh,
ti riferivi a questo?” domandò con
leggerezza Silente. “Credevo parlassi del recente plenilunio.
Beh, in questo
caso…”. Inclinò appena la testa con
espressione più severa. “Devo ammettere che
hai una considerevole parte di colpa in quanto è
accaduto”. Afferrò un vasetto
ricolmo di caramelle nere e gliele tese. “Gradisci forse una
Piperilla?”.
Remus
alzò finalmente il capo. Sembrava confuso.
“Perché
non è furioso? Ha tutto il diritto di
odiarmi”.
“Sono
molto arrabbiato con te, in effetti”
confessò Silente. “Ma non abbastanza per non
ricordare che sei un tremendo
goloso. Coraggio, prendine una”.
Remus
sospirò, ma scelse ugualmente una delle
Piperille e se la rigirò per un attimo fra le dita.
“Mi
ritiene un vigliacco, Preside?”.
“Al
contrario, Remus”.
“Ma
lo sono”.
“Personalmente
non sono della tua stessa idea”. Silente
infilò in bocca una Piperilla e fece una smorfia divertita
quando il sapore
piccante della caramella gli esplose fra i denti. “Hai solo
commesso un errore
di valutazione”.
“Le
ho mentito”.
“Me
lo hai già detto”.
“Ho
tradito la sua fiducia”.
“Hai
già detto anche questo”.
Remus
rimase in silenzio per qualche secondo, poi
socchiuse gli occhi e ed emise un gemito stremato.
“Preferirei
mi gridasse in faccia di sparire per
sempre dalla sua vista”.
Silente
gli rivolse un sorriso storto.
“Oh,
sì. So
che lo preferiresti di gran lunga”. Si alzò in
piedi e si avvicinò a una delle
grandi finestre che si affacciavano sui prati della scuola.
“Sai, Remus, quando
questa notte Sirius mi ha raccontato l’intera storia
– da quando sono diventati
Animagi per aiutarti a quando Sirius e Peter Minus si sono scambiati il
ruolo
di Custode Segreto di James e Lily – mi sono sentito
tremendamente deluso da
te”. Non gli sfuggì la piega colpevole assunta
dalle spalle del mago più
giovane. Lo vide coprirsi il volto con entrambe le mani. “Per
tutti questi anni
non ho fatto che offrirti la mia fiducia. Quando ti assicurai che
avresti
potuto frequentare Hogwarts, mi giurasti che ti saresti impegnato con
tutte le
tue forze in ogni disciplina. Ti credetti… e difatti non ho
mai avuto motivo di
lamentarmi del tuo ineccepibile rendimento scolastico a dispetto della
tua
discutibile condotta”. Si concesse una breve pausa.
“Quando mi giurasti che non
ti saresti mai tirato indietro nella guerra contro Voldemort, ti
credetti. E
nonostante tu fossi appena maggiorenne, sei rimasto a combattere al mio
fianco
quando maghi ben più adulti e abili di te erano fuggiti per
paura”. Gli rivolse
uno sguardo inquisitorio. “E quando iniziò a
diffondersi la voce che la spia
dell’Ordine della Fenice avresti potuto essere tu, mi
giurasti che non era
vero, che mai e poi mai mi avresti tradito. Ti credetti
ancora… e ancora una
volta ti rivelasti all’altezza della mia fiducia”.
Le
mani di Remus stavano tremando, ma Silente non
si fermò.
“Riesci
a immaginare il mio sconforto quando ho
scoperto che proprio tu, fra tutti, hai temuto il mio
giudizio?”. Concesse a
Remus il tempo per dire qualcosa, ma non ottenne altro che silenzio.
Sospirò. “So
che per te non è mai stato facile mostrare la tua vera
natura agli altri, Remus
– e non sto certo parlando del fatto che tu sia un Lupo
Mannaro” aggiunse in
fretta. “Credi che non abbia mai capito quale motivazione ti
portava a
trascorrere così tanto più tempo dei tuoi
compagni di scuola sui libri? Certo,
eri uno studente brillante e affamato di sapere, ma non è
mai stata una mera
questione di attitudine allo studio. Sbaglio?”.
Remus
trovò finalmente la forza di guardarlo, ma
continuò a tacere.
“Ti
sei sempre sentito come se fossi
costantemente sotto esame, costantemente sottoposto
all’insindacabile giudizio
del mondo… come se tu avessi il
dovere di
eccellere in ogni cosa”. Remus aprì la bocca, ma
questa volta Silente lo
interruppe con un vago cenno della mano. “Ed è
soprattutto colpa mia. Avrei
dovuto impedirti allora di trasformare la tua disperata ricerca
dell’approvazione
di chiunque nella tua personale regola di vita. È questo che
ti sta davvero
distruggendo, Remus”.
Quando
Remus finalmente parlò, la sua voce parve
riemergere da un abisso.
“Non
posso fare altro”.
“Non
è vero. Tu non vuoi fare
altro. Hai paura
di farlo, perché sai che se lo facessi, il mondo potrebbe
giudicarti per quello
che sei davvero e vedere tutti i tuoi difetti… ma sono
proprio i difetti a
renderti umano. Smettila di nasconderti dietro la maschera di uno
studente
modello: se fossi nato per esserlo, la casa di Grifondoro avrebbe vinto
molte
più Coppe delle Case negli anni in cui hai studiato
qui”. Si avvicinò a lui e
gli appoggiò una mano sulla spalla. “In te
c’è molto di più, Remus. Io
l’ho
visto. È giunto il momento che accetti il fatto che anche il
resto del mondo ha
il diritto di vederlo”.
“Ma
se solo avessi avuto il coraggio di dirle che
Sirius era—“.
“Ora
basta, Remus” lo fermò laconico Silente.
“Hai commesso uno sbaglio, ma non è la mia fiducia
nei tuoi confronti a esserne
stata danneggiata, ma la tua verso te stesso… ancora una
volta” aggiunse con
più tristezza. “Smettila di commiserarti. Non ne
hai motivo”.
Silente
si riaccomodò nuovamente sulla propria
poltrona e gli rivolse uno sguardo divertito.
“Pensi
di mangiare quella Piperilla o stai
aspettando che si sciolga sulla mano?”.
Remus
non si mosse.
“Non
credo che lei possa capire, Preside”
confessò amaramente Remus. “In tutti questi
anni… lei è il solo che
abbia mai creduto in me. Fuori da quest’ufficio, da
questo castello… non c’è nessun altro.
Ci sono solo dissensi e ingiurie e porte
chiuse in faccia e…”. Si passò una mano
fra i capelli con aria disperata e si
lasciò scivolare lungo lo schienale della sedia.
“Io non posso… non posso”.
Le sue parole iniziavano a
diventare un fiume in piena del quale Silente parve compiacersi.
“Ha detto che
ho vissuto nella convinzione di essere costantemente sotto giudizio, ma
non è
una convinzione: è la realtà. Tutto porta sempre
alla stessa frase ripetuta
cento, mille, milioni di volte. ‘È
un
Lupo Mannaro’. Se mi oppongo, è perché
sono un Lupo Mannaro; se perdo le staffe, è
perché sono un Lupo Mannaro. Qualunque cosa io
faccia o dica… è perché
sono un Lupo Mannaro” concluse
con una punta di cinico sarcasmo.
“Ed
è così?”.
“Certo
che no” replicò quasi oltraggiato Remus.
“A
volte vorrei solo poter gridare a tutti quanti di andare
all’inferno…”.
Silente
sorrise.
“E
cosa stai aspettando per farlo?”.
Remus
emise un sospiro tetro.
“Non…
non è così che funziona, Preside. E lei lo
sa quanto me”.
“In
realtà, no. Conosco molte persone che nutrono
più stima per te di quanto tu stesso non potresti
immaginare”. Remus inarcò
scettico un sopracciglio. “Io, ad esempio” riprese
con ovvietà Silente. “E la professoressa
McGranitt – anche se dopo gli eventi di questa notte credo
abbia intenzione di
strangolarti, Remus, ti suggerisco di fare molta attenzione. E anche se
stenterai a credermi, più volte in questi anni Alastor Moody
mi ha chiesto se
eri ancora vivo. Credo abbia preso sul personale questo esilio che ti
sei
inflitto negli ultimi dodici anni… se sei così
esperto di Difesa Contro le Arti
Oscure è anche merito suo, avresti potuto almeno mandargli
una cartolina per
Natale”. Remus tentò per l’ennesima
volta di parlare, ma Silente continuò
imperterrito. “Hagrid e Madama Chips erano terrorizzati
all’idea che questa
notte ti fossi fatto male. Anche il vecchio Doge mi chiede spesso di
te. E vuoi
sapere un’altra cosa? Poco dopo l’inizio della
scuola sono stati molti i
genitori che mi hanno fatto i complimenti per essere riuscito finalmente a trovare un insegnante in
gamba. Arthur Weasley era il più felice di tutti”.
Silente gli mostrò i palmi.
“E tutti questi ragazzi ti adorano, Remus. Sapevo che non
stavo commettendo un
errore quando ti ho pregato di accettare la cattedra di Difesa Contro
le Arti
Oscure. Ho sempre saputo di potermi fidare di te”.
Remus
abbassò ancora una volta il viso, ma a Silente
non fuggì l’improvviso luccicare dei suoi occhi.
“A
proposito della mia cattedra, Preside… ero
venuto con l’intenzione di rassegnare le mie
dimissioni”.
Silente
parve preso in contropiede. Intrecciò fra
loro le dita e rivolse al mago più giovane una lunga
occhiata penetrante.
“Remus,
non stavo affatto scherzando quando ho
detto che sei probabilmente uno dei migliori insegnanti di Difesa
Contro le
Arti Oscure che questa scuola abbia visto negli ultimi
trent’anni”.
Remus
sembrava irremovibile.
“Grazie,
ma sono molto serio. Fra poco lei verrà
inondato di altre lettere di
genitori
che non saranno più così bendisposti nei miei
riguardi. Questa notte avrebbe
potuto trasformarsi in una tragedia ben più irreparabile di
quanto non si sia
rivelata… non posso permettere che accada di
nuovo”.
“E
confido non lo farai una seconda volta, Remus.
Ciò che accaduto rimarrà fra me, te
e--”.
“E
il resto della scuola” lo interruppe in fretta
Remus. Si umettò le labbra prima di proseguire.
“Questa mattina a colazione…
temo che Severus si sia inavvertitamente lasciato
sfuggire che sono un Lupo Mannaro con i ragazzi di
Serpeverde”.
Silente
fece un profondo respiro e socchiuse gli
occhi.
“Avrei
dovuto prevederlo”.
“Se
posso essere sincero, io avevo previsto
sarebbe accaduto molti mesi fa” confessò Remus in
un evidente tentativo di
suonare divertito. “Suggerire a Neville di camuffare il suo
Molliccio con gli
abiti di Augusta Longbottom non è stata esattamente fra le
miei idee più
geniali”.
Silente
scoppiò in una risata allegra.
“Se
posso essere sincero, Remus, avrei tanto
voluto assistere”.
Si
alzò in piedi con aria stanca e Remus lo
imitò. Silente lo guardò ancora come se avesse
intenzione di leggergli i
pensieri.
“Ne
sei davvero sicuro, Remus?”.
“Non
ho altra scelta. Non posso permetterle di
mettersi nei guai con il Ministero della Magia”.
Silente
sospirò.
“Temo
tu abbia ragione”.
Rimasero
a fronteggiarsi in silenzio qualche
istante, poi Silente gli appoggiò di nuovo la mano sulla
spalla.
“Ho
ancora un altro favore da chiederti, Remus…”.
Remus
aggrottò la fronte.
“Ho
l’orrenda sensazione che la fuga di Peter
Minus si rivelerà ben più nefasta della semplice
fuga di un assassino. Lord
Voldemort non è stato ancora sconfitto una volta per tutte.
Attende nell’ombra
di riacquistare il suo potere perduto e temo che il Ministero non sia
pronto ad
affrontarlo di nuovo…”.
Gli
occhi di Remus vennero attraversati da un
lampo di ira.
“Crede
che Peter voglia aiutarlo a risorgere?”.
“Credo
che Peter non abbia semplicemente altre
possibilità” commentò con franchezza.
“Perciò, Remus…
“Sarò
al suo fianco fino alla fine, Preside”.
Silente
gli rivolse un sorriso grato.
“Ti
ringrazio”.
“Sono
io che ringrazio lei”.
Si
congedò con sorriso lesto e gli voltò le
spalle. Era quasi giunto alla porta che conduceva alle scale a
chiocciola,
quando venne fermato dalla voce vivace di Silente.
“Un’ultima
cosa, Remus: se dovessi incrociare Severus
mentre te ne stai andando, hai il mio permesso ufficiale di prenderlo a
calci
nel sedere”.
Remus
rise e lasciò l’ufficio del Preside per
l’ultima
volta, infilandosi in bocca l’aspra Piperilla.
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