Empty closet

di LadyPalma
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Empty closet

 

 

“Attenzione! E’ un vestito di seta quello!... E quella è una sciarpa di cashmere!”

Nessuno dei due uomini cui erano indirizzati quegli avvertimenti sembrò prestarle attenzione e, solo dopo quell’ennesimo tentativo fallimentare, la donna si arrese ad incrociare le braccia al petto e osservare impotente la scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi. Era davvero l’unica cosa che le era rimasta da fare perché presto non le sarebbe rimasto niente: tutto il suo guardaroba, completo di tacchi e parrucche, accumulato prima e durante gli anni come accompagnatrice, le veniva ora portato via nel giro di venti minuti. La sua collezione di tacchi proprio adesso attraversava il corridoio del suo appartamento in una ironica sfilata nelle mani di uomini dai modi ben poco gentili. E chissà in quali altre mani sarebbero finiti.

Sospirò leggermente, ritrovandosi a spostare lo sguardo, mentre poteva sentire le lacrime formarsi nei suoi occhi; le veniva da piangere ed era assurdo perché con tutto quello che era accaduto ultimamente, quella sarebbe dovuta essere la cosa più facile e anche più giusta. Nessuno l’aveva obbligata a rinunciare a tutte le sue cose, era stata lei a volerlo: voleva un nuovo inizio, un taglio con il passato… E del resto di quale utilità le sarebbero stati tutti quei vestiti adesso che si sarebbe trasferita al 12?

Eppure faceva male e non avrebbe saputo neanche dire esattamente il perché. Non era perché temeva di non potersi abituare a stare senza –da quando era stata liberata si era adattata agli abiti semplici che le avevano procurato nel distretto 13 e quando era tornata a Capitol City aveva tutto sommato mantenuto quella sobria nuova abitudine – né perché credeva di essere brutta – lo credeva, ma il fatto che Haymitch le ripetesse continuamente il contrario era bastato a dissipare quella paura. Era per i ricordi, doveva essere per i ricordi. Ogni accessorio, dalla parrucca più elaborata al braccialetto più insignificante, ne portava uno. Ricordi di feste, eventi, persone, momenti… Cose comprate, regalate, create. L’immagine di Cinna e Portia si legò immediatamente a quel pensiero e allora divenne improvvisamente più difficile trattenere le lacrime.

“Miss Trinket, noi abbiamo finito…” la informò uno degli uomini fermandosi a pochi passi da lei.

Cercando di riprendere controllo delle sue emozioni, si voltò nella direzione della voce con l’intenzione di ringraziare per il lavoro come le buone maniere imponevano, ma le parole le morirono ben presto tra le labbra. Le era bastata solo un’occhiata per riconoscere l’ultimo vestito  che l’uomo portava sotto braccio in quel momento: era quello arancione con le farfalle, quello dell’Edizione della memoria. Istintivamente abbassò lo sguardo, mentre le sembrò di avvertire di nuovo la paura e la disperazione di quel giorno, il giorno in cui avrebbe potuto perdere il suo team, la sua famiglia.

No, non era neppure per i ricordi allora. Molti avrebbe voluto dimenticarli, anzi se le sarebbe bastato per dimenticare davvero, non le sarebbe importato di bruciare lei stessa quei vestiti ad uno ad uno.

Intanto l’uomo, senza aspettare una risposta, si avviò verso la porta con un mezzo saluto e nel giro di qualche secondo, l’ex accompagnatrice si ritrovò da sola. Forse solo in quel momento nel silenzio di una casa improvvisamente più vuota, Effie si rese conto per davvero che tutto il suo guardaroba era andato perduto e che entro la serata sarebbe stato venduto all’asta pezzo dopo pezzo. Fu allora che scoppiò a piangere, anche se ancora sapeva dire il perché di quel dolore.

Con il corpo scosso da incontrollabili singhiozzi, si trascinò verso l’armadio nella sua camera. Non era più rimasto niente: i vistosi gioielli, le costose scarpe, gli elaborati vestiti, le eccentriche parrucche; l’unica cosa che rimaneva, aprendo le ante, era lo specchio incastonato nel mogano. Vinta da una strana curiosità vi diede un’occhiata e fu come se si stesse guardando per la prima volta: i capelli biondi, mossi, erano raccolti in una coda di cavallo, pratica ma poco elegante;  il viso era libero da ogni segno di trucco fatta eccezione per un filo di ombretto sugli occhi e un tocco di mascara; le cicatrici, costante promemoria del periodo da prigioniera, erano visibili nei punti che il semplice vestito azzurro che indossava lasciava scoperti. Fino ad ora aveva pensato che quel look sarebbe stato temporaneo, ma adesso non c’era più ritorno indietro e a quella realizzazione finalmente comprese perché stava così male.

Non stava perdendo solo uno stile di vita, non stava perdendo solo la sua bellezza, non stava perdendo solo i suoi ricordi.

Stava perdendo anche se stessa.

Adesso Effie Trinket non sapeva più chi era, né più dove apparteneva.

 

**

 

Non sapeva dire quanto tempo era passato, ma doveva esserne passato molto perché fuori era buio già da un pezzo.  Si era alzata solo qualche ora prima per prendere qualcosa da mangiare e da bere ed era tornata a sedersi sul tappeto davanti a quell’armadio vuoto, perdendosi tra le foto e i ritagli di giornale che riempivano l’unico cassetto rimasto praticamente intatto. Fu solo l’inaspettato rumore della porta principale a risvegliarla dallo stato depressivo in cui sembrava ormai essere caduta, ma il risveglio non fu traumatico come si poteva immaginare: a parte il naturale spavento iniziale, non si preoccupò troppo nel capire l’identità dell’imprevisto visitatore.

Solo una persona aveva le chiavi del suo appartamento e, soprattutto, solo una persona avrebbe potuto sbattere una porta con così poca grazia.

“Principessa, dove ti sei cacciata?”

Quella voce era giunta come conferma dei suoi sospetti, ma fu solo con un sospiro che si limitò a riconoscere la presenza di Haymitch Abernathy nella sua casa. L’uomo nel frattempo l’aveva trovata e la breve risata che gli era uscita dalle labbra appena varcata la soglia della stanza non era passata inosservata. Con espressione stupita, curiosa ma allo stesso tempo anche divertita sul volto, era avanzato con passo incerto nel tentativo di non calpestare gli album fotografici sparsi per terra, né di inciampare nella confezione vuota di gelato o nelle due bottiglie di birra. Ne raccolse una e la girò in modo da farne capitare il collo verso il basso; nemmeno una goccia cadde dal vetro, era completamente vuota.

Wowo, dolcezza, se non ti vedessi qui adesso davanti ai miei occhi, direi di aver sbagliato appartamento” commentò ironicamente, prima di posare la bottiglia dove l’aveva trovata e prestare di nuovo attenzione alla proprietaria di casa.

Effie non rispose alla battuta, alzò semplicemente lo sguardo e sospirò di nuovo. Fu proprio quell’occhiata che gli rivolse il segnale che Haymitch stava aspettando; infatti, vinto dalla disperazione che le lacrime in quegli occhi azzurri chiaramente esprimevano, non indugiò ancora a lungo e si sedette goffamente sul tappeto accanto a lei, posandole un braccio attorno alle spalle con l’intenzione di attirarla più vicina. Lei assecondò quasi immediatamente quella ricerca di contatto e finì ben presto per posare la testa sulla spalla di lui.

Haymitch… Che ci fai qui? Saresti dovuto arrivare domani…” parlò dopo qualche attimo di silenzio, realizzando solo allora la stranezza della sua presenza.

“E’ questo un modo per dirmi che non sono desiderato? Dolcezza, dove sono le tue buone maniere?”

La donna non sembrò apprezzare neppure quel secondo tentativo di scherzare e in risposta alzò le sopracciglia con espressione adesso leggermente seccata. Cominciando a temere il peggio, immaginando già il futuro epilogo di un loro probabile battibecco, lui alzò gli occhi al cielo e stette per un po’ in silenzio, stringendola maggiormente a sé e lasciando vagare una mano tra i boccoli biondi di lei. Durante tutti gli anni passati da quando si conoscevano, aveva sempre voluto sapere cosa si nascondesse sotto le parrucche che si ostinava ad indossare e adesso non poteva dire di essere deluso dalla scoperta, anzi toccare quei capelli era diventata quasi una dipendenza. Lei lo lasciava fare, così come permetteva carezze, abbracci, perfino qualche bacio. Erano solo due amici in cerca di conforto – così si erano tacitamente accordati; a volte Effie si chiedeva se ci fosse qualcosa in più, ma non osava formulare quella domanda ad alta voce.

Eppure lei si stava trasferendo al 12 ed era stato lui ad insistere.

Plutarch mi ha detto che hai messo all’asta tutti i tuoi vestiti…” rivelò alla fine, e fu il suo turno di sospirare “Perché l’hai fatto, Effie?”

L’ex accompagnatrice scrollò leggermente le spalle, non preoccupandosi per una volta di comportarsi poco elegantemente e poi, lentamente, lasciò le lacrime scorrere libere sulle sue guance, scoppiando a piangere per la seconda volta in quella giornata. Di fronte a quella reazione inattesa e incompresa, Haymitch si trovò impreparato e lasciò quasi immediatamente cadere la mano dai suoi capelli, ma solo per allargare le braccia e stringerla completamente in un abbraccio con l’intenzione di confortarla.

“Oh andiamo, principessa, sono solo vestiti… Stai meglio così comunque, sei bellissima e non lo dico solo perché fai uno strano effetto su di me”

L’accenno di allegria nella sua voce non funzionò di nuovo e la donna continuò a piangere ancora, fino a rifiutare anche l’abbraccio e divincolarsi dalla presa per guardarlo negli occhi.

“Oh, non capisci… Non sono solo vestiti… Quei vestiti mi rappresentavano e adesso… Adesso io non so più chi sono”cercò di spiegare con voce rotta.

Aveva un’espressione persa, confusa, impotente, ma non era questo che vedeva riflesso negli occhi grigi che stava fissando. Lui appariva sicuro, tranquillo come forse non lo aveva mai visto e il sorriso era tornato a increspare le sue labbra, mentre allungava le mani per afferrare con gentilezza quelle di lei.

“Che domande sono? Tu sei Effie Trinket, ex accompagnatrice, ex ribelle, sopravvissuta, sopravvivente… E sei la mia dolcezza

Stavolta finalmente il tentativo di alleggerire l’umore sortì l’effetto sperato e un sorriso sincero apparve anche sul volto della donna.

“La tua dolcezza?” ripetè con tono divertito.

“Già” confermò lui, lasciando unire le loro labbra in un rapido bacio “Ah dimenticavo… Sono passato all’asta prima di venire qui e sono riuscito a salvare qualcosa” aggiunse subito dopo, senza darle il tempo di riflettere troppo sul gesto impulsivo che aveva appena compiuto.

In effetti,vedendolo afferrare una scatola che non aveva notato prima e che non riconosceva come sua, la curiosità e la sorpresa la lasciarono senza parole e, una volta tra le sue mani, il misterioso pacco attirò completamente tutta la sua attenzione. Con leggera esitazione, sotto l’esortazione di Haymitch, Effie aprì finalmente la scatola; non impiegò molto a capire di cosa si trattasse e immediatamente nuove lacrime iniziarono a scivolare dai suoi occhi, anche se il sorriso era ancora al suo posto.

“Sì lo so, è effettivamente una delle cose più brutte del tuo guardaroba… Non avrei mai immaginato di salvare proprio una parrucca, ma eccola qui”

Solo sentendo quelle parole, Effie tornò a guardarlo e il sorriso divenne presto una risata, una risata aperta, gioiosa, vera. Perché quella che aveva davanti non era una semplice parrucca, era la parrucca dorata degli ultimi Hunger Games: quello sì che era un bel ricordo da tenere.

“Questo è il tuo simbolo… Siamo una squadra

Quella spiegazione era superflua, eppure in qualche modo necessaria in quel momento. Continuando semplicemente a sorridere, Effie accantonò momentaneamente la scatola e tornò ad accorciare le distanze tra loro, fino ad annullarle completamente in un nuovo bacio, stavolta senza remore, senza dubbi, senza riserve.

E improvvisamente ebbe la risposta alle sue domande.

Ora sapeva chi era e dove apparteneva.

 

 

NDA:

Salve a tutti! E’ la prima cosa che scrivo per questo fandom e su questa coppia, ma sono piena di idee quindi credo che non sarà neppure l’ultima... Ho avuto l’idea guardando “I love shopping”, solo che qui invece di una ragazza “con la sciarpa verde”, ne abbiamo una “con la parrucca dorata” LoL Spero che la storia vi sia piaciuta, mi farebbe piacere sapere un vostro parere!

Grazie per aver letto, a presto (si spera!)

LadyPalma

 

 





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