Il pannolino
assassino
Susan era appena rientrata dopo una giornata di shopping
sfiancante, con l’incubo di comprare abiti di tre taglie più grandi e sua madre
che non faceva altro che parlare del peso da non perdere subito dopo la
gravidanza, per evitare che la piccola Grace si nutrisse con del latte che lei
chiamava “dietetico”.
Come se non fosse stato abbastanza, fu accolta sulla porta
di casa da un pianto disperato e dovette correre in cucina per placare le urla
di sua figlia.
«Cosa ci fa il fasciatoio qui?»
«Volevo stare largo: nella cameretta continuavo a sbattere
la testa» le spiegò il biondo con un mugugno concentratissimo e poco
distinguibile, a causa del tubetto di crema che stringeva tra i denti. Stava
tentando, senza successo, di cambiare il pannolino a Grace.
«Credo che la testa tu l’abbia sbattuta da piccolo, razza
di…» sbottò Susan, fermandosi giusto in tempo.
«Ma Sue…» si lamentò mettendo il broncio, mentre posava il
tubetto aperto sul grembo della piccola per farla smettere di piangere.
Incredibilmente sembrò funzionare, così poté tornare alla sua occupazione con
un cruccio in meno.
«E quel bicchierino lì in mezzo alle gambe di Grace?»
chiese di nuovo la bionda, togliendolo con tono offeso e un’occhiataccia a
Duff.
«Volevo evitare che spruzzasse la pipì» le spiegò con
orgoglio, mostrando la sua trovata geniale come fa un pavone con le piume. Non
ebbe però lo stesso effetto, perché si beccò uno scappellotto ben assestato che
fece anche ridere sua figlia. Le sorrise di rimando, per poi venire spento
dall’ennesimo rimprovero di Susan.
«Duff, sono i maschi quelli che spruzzano
cose nei momenti meno opportuni.»
«Se ti riferisci al fatto che ti ho messa incinta, puoi
sfogare i tuoi chili di troppo sul mio sacco da boxe perché questa bambina è mille
volte più bella di te» sbottò offeso, rischiando una guerra nucleare per
quell’affermazione che avrebbe potuto mettere in crisi il non ancora celebrato
matrimonio.
Prima che lei potesse replicare, però, Grace decise di
schiacciare il tubetto di crema, inondando la faccia del papà e scoppiando a
ridere, contagiando tutti.
«Non avresti dovuto mandare via la tata» lo rimproverò poi
con il tono rassegnato di chi sta per ammettere di aver esagerato, dandogli poi
una spallata ben assestata per spostarlo dal fasciatoio. Aveva ancora la borsa
in spalla e ci mise il tempo cronometrato di tre secondi e mezzo per sistemare
il pannolino a Grace, sotto lo sguardo attonito e umiliato del suo fidanzato.
«Volevo solo fare il papà» si giustificò Duff con voce
avvilita.
Le sembrò che i suoi occhi si stessero inumidendo, così,
per evitare futuri sensi di colpa, gli prese le mani grandi e impacciate e le
guidò ad allacciare tutti gli adesivi del pannolino. Quando
ebbero finito, lo guardò di sottecchi per controllare il suo umore e si rese
conto di una cosa. Indossava ancora quella maledetta fascia rosa
con i pois neri e un sospetto la colse, improvviso e nefasto come la
scarlattina per Grace: aveva fatto fuggire la tata.