La prima volta che vide quelle porte spalancarsi, Clove ebbe
quasi l’impressione di mettere piede in Paradiso.
Solitamente, la massima aspirazione delle bambine di Capitol era quella
di ottenere una Casa delle Bambole più grande rispetto a
quella delle amiche. Non era certamente il caso delle bambine del
Distretto Due: le loro bambole erano le armi, la loro Casetta
sull’Albero era la prestigiosa Accademia che le avrebbe
addestrate per diventare delle vere macchine da guerra.
Clove non faceva eccezione.
- Scordati di avere solo sei anni – cinguettò
Ruby, sua sorella maggiore, atteggiandosi con fare saccente per via dei
quattro anni d’esperienza che le separavano – Qui
l’unica cosa che conta sono i progressi e le prestazioni.
- E io che pensavo mi avrebbero riempito i capelli di nastrini rosa!
– ribatté sarcastica la minore, alzando gli occhi
al soffitto.
Una donna attraente, con i capelli scuri e gli occhi azzurri, si
avvicinò con fare cordiale alle due bambine. In una mano
stringeva un quadernetto blu, nell’altra una semplice penna
biro.
- Buongiorno, Ruby. Lei è tua sorella?
- Mi chiamo Clove – anticipò la bambina,
incrociando le braccia e alzando il mento con fare altezzoso. La donna
abbozzò un sorriso.
- Ciao, Clove, io mi chiamo Victory e sono una degli istruttori.
Potresti dirmi quanti anni hai?
-Sei – rispose la piccola Litch –Ma qui
l’età non conta, giusto?
Victory appuntò qualcosa sul quadernetto,
dopodiché ampliò il sorriso: - Ci serve saperlo
soltanto per questioni burocratiche. Bene, potete entrare, buon
addestramento!
Clove osservò l’istruttrice allontanarsi, poi si
guardò attorno, domandandosi con quale corso le sarebbe
piaciuto iniziare. Ruby schioccò le dita con aria
soddisfatta, dopodiché si avviò verso una delle
scalinate laterali: - Io vado alla lezione di Pugilato, al Primo Piano.
Ci vediamo più tardi!
La bambina annuì con fare spiccio, lesse rapidamente la
grande cartina appesa al muro, che raffigurava i reparti della
palestra, e si avviò a passo svelto verso il reparto delle
Armi da Taglio.
- Con cosa vorresti iniziare, ragazzina?
Clove diede un’occhiata alle magnifiche lame esposte
ordinatamente sui grandi scaffali, poi indicò
l’arma prescelta: - Con i coltelli.
L’uomo alto e muscoloso che si occupava di quel reparto la
condusse davanti allo scaffale dei coltelli, ne prese tre e glieli
porse: - Sai già come si usano?
La bambina annuì, fremendo non appena le sue piccole mani si
chiusero attorno a quelle tre meraviglie della metallurgia. Fredde,
lisce e taglienti. Mai e poi mai l’Accademia del Distretto
Due avrebbe permesso che gli allievi utilizzassero delle armi spuntate.
Clove si posizionò davanti ad uno dei bersagli, prese la
mira e lanciò il primo coltello, che si conficcò
ad una decina di centimetri dal centro.
- Molto bene, Novellina.
Clove si voltò di scatto, inviperita. Il ragazzino che aveva
parlato era un biondino dall’aria arrogante, poco
più vecchio di lei ma già molto alto. I suoi
occhi, di un bell’azzurro cielo, erano identici a quelli
della donna che l’aveva accolta all’entrata.
- Lasciami in pace, se non vuoi che ti spacchi la faccia!
Il biondino scoppiò di nuovo a ridere: - Ma se nemmeno ci
arrivi alla mia…
Non finì mai la frase. Con un balzo, Clove gli si
aggrappò alla spalla con una mano e con l’altra
gli sferrò un pugno sul naso, che, sebbene non fosse molto
potente, fece sì che il ragazzino inciampasse
all’indietro per la sorpresa, finendo col sedere a terra.
L’istruttore li degnò appena di un’occhiata
, dopodiché seguitò a mostrare la corretta
impugnatura di una sciabola ad una novellina dalle trecce rosse.
Il biondino si alzò, asciugandosi un rivoletto di sangue che
colava dalla narice sinistra: - Prendi a pugni tutti quelli che ti
rivolgono la parola?
- Io prendo a pugni chi si comporta da stronzetto! –
ribatté secca Clove, voltando le spalle e mirando nuovamente
al bersaglio. Suo padre le aveva insegnato la migliore tecnica di
lancio, anche se le serviva ancora parecchio esercizio per arrivare
alla perfezione. Non voleva farsi distrarre da nessuno.
- Comunque io sono Cato.
La bambina alzò gli occhi al soffitto, sbuffando: - E
perché me ne dovrebbe importare qualcosa?
Cato gonfiò il petto con fare strafottente: - Forse
perché mia madre è un’Istruttrice e mio
padre è il Capitano dell’esercito!
- Bene, mia madre invece lavora al bar qui vicino e mio padre
è un semplice Sergente. Puoi pure continuare a vantarti,
ora.
Lanciò nuovamente il coltello, che questa volta si
conficcò più vicino al centro rispetto a quello
precedente.
- Comunque, mi chiamo Clove. E faresti meglio a non chiamarmi
più “novellina”.
Cato alzò le spalle, afferrò un coltello che si
trovava lì vicino e lo scagliò con forza verso il
bersaglio accanto a quello di Clove. La lama mancò il centro
di diversi centimetri, anche se si conficcò nel legno fino
quasi all’impugnatura.
- Ho visto che sei entrata insieme a Ruby – disse poi,
fingendo nonchalance – E’ tua sorella?
- Sì… - rispose Clove, venendo improvvisamente
scossa da un brivido.
C’era una cosa che sapeva soltanto lei. O meglio, che
sapevano solo lei, Ruby e la loro sorellina Myrtle.
C’era una ragazzina di nome Tyana, in Accademia, una
fascinosa undicenne dalla carnagione scura e dagli occhi neri come la
notte, sorella della giovanissima vincitrice Enobaria.
Da qualche anno, Clove aveva visto spessissimo Ruby in compagnia di
Tyana, sia all’interno dell’Accademia sia
all’esterno. E, qualche mese prima, le aveva viste scambiarsi
un breve bacio sulle labbra, un bacio che andava sicuramente oltre la
semplice amicizia. Da allora si era sentita in obbligo di mantenere il
grande segreto della sorella.
In realtà, l’omosessualità –
almeno, quella femminile – non era malvista al Distretto Due,
anzi, ma questo Clove non lo sapeva. Nonostante il caratteraccio per
cui andava famosa, non avrebbe mai voluto che qualcuno facesse del male
a Ruby.
Con fare cauto, si schiarì la voce e domandò con
finta ingenuità: - Perché? La conosci?
Cato si guardò attorno circospetto, poi abbassò
lo sguardo. Per un attimo, a Clove sembrò quasi che fosse
arrossito.
- Io… ecco, io vorrei chiederle di allenarsi con me, un
giorno… e poi, magari… uscire insieme.
La bambina sgranò gli occhi verdi, leggermente incredula
dalle parole del biondino. Ma presto il sollievo prese il sopravvento,
scatenandole una risata quasi incontrollata.
- Hai una cotta per mia sorella?
Cato incrociò le braccia con aria offesa: - Che
c’è di male?
Clove riprese fiato, dopodiché scosse la testa: - Non credo
che tu possa piacere a Ruby. Sei… - esitò,
rendendosi conto di essere sul punto di pronunciare le parole “un maschio”.
- Sei… sei troppo piccolo, ecco – concluse,
preparandosi a lanciare il terzo coltello.
Cato aggrottò la fronte, così lei si
affrettò ad aggiungere: - Se vuoi, al massimo puoi aspettare
qualche anno e chiederlo a mia sorella Myrtle…
Il biondino si morse il labbro, dopodiché scosse la testa e
se ne andò, le mani strette a pugno nelle tasche: - Io lo
chiederò comunque a Ruby, per prima.
Clove abbozzò un sorrisetto, dopodiché si
voltò di nuovo verso il bersaglio e tirò il
coltello.
La lama si conficcò a pochi millimetri dal centro.
- Beh… buona fortuna, allora.
***
Angolo dell’autrice: Ecco la seconda storia. Ringrazio
Giraffetta per avermi dato il prompt e spero di non averla delusa.
Nota: Myrtle appartiene all'autrice darkangel98.
Alla prossima con la mia OTP Beetee e Wiress!
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