Noi non siamo un cliché

di MyLandOfDreams
(/viewuser.php?uid=230175)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.



  Prima di tutto volevo scusarmi con tutte voi. Più di un anno è passato dal mio ultimo aggiornamento e per tutto questo tempo non sono riuscita a scrivere nulla. Ad un certo punto ho iniziato a convincermi a cancellare definitivamente la storia, ma poi ho pensato a tutte voi che avete letto la mia storia, voi che l'avete aggiunta tra le preferite, seguite e ricordate, voi che avete speso minuti preziosi per farmi sapere cosa ne pensavate, e ho capito che semplicemente non potevo rinunciare a questa storia pur non trovando più alcuna ispirazione. Ho iniziato questa storia e intendo finirla no matter what.
  Alcune persone hanno addirittura rimosso la mia storia da una delle liste, e non le biasimo per ciò: non mi aspetto che mi perdoniate per questa lunga (lunghissima) pausa, io non lo farei, non subito perlomeno, ma sarei felice se almeno deste una leggera lettura a questo piccolo e un po' "inutile" capitolo. Non intendo promettervi che aggiornerò presto perchè non so in quanto potrei finire il capitolo che ho in mente ma, posso assicurarvi che cercherò di fare del mio meglio per meritarmi il vostro perdono. Buona lettura.


 
Per chi volesse, qui c’è il gruppo Facebook della storia

 
*capitolo speciale*
 
15 Settembre. Giorno del mio tredicesimo compleanno. Giorno del nostro tredicesimo compleanno.
  Erano passate due settimane da quando Mike se n’era andato e da allora non una chiamata, non una lettera, un piccione viaggiatore o un segnale di fumo. Niente.
  Da due settimane continuavo a disperarmi, logorata dall’attesa di una qualche sua notizia. Cercavo tuttavia di essere positiva il più possibile. Magari non si era messo in contatto con me perché impegnato con i nonni e vari parenti che neanche sapeva di avere. Magari non sapeva come contattarmi e in fin dei conti le chiamate all’estero erano carissime. Magari voleva farmi una sorpresa per il compleanno.
  Dopotutto mi aveva promesso che ci sarebbe stato per il nostro compleanno e lui manteneva sempre le sue promesse.
Ero sicura che quel giorno Mike srebbe tornato e, complice l’eccitazione derivata da tale convinzione, non avevo chiuso occhio per tutta la notte.
  Mi ritrovai quindi in cucina a far colazione alle 7 del mattino mentre gli altri dovevano ancora svegliarsi essendo domenica. Ero euforica e tutta la notte non avevo fatto altro che immaginare come sarei stata felice una volta rivisto Mike.
  Avevo deciso di aspettarlo nella casetta sull’albero. Io avevo il terrore delle altezze e senza Mike non sarei stata capace di scendere. Avevo decio di aspettarlo lì perchè ero sicura che sarebbe tornato. Non avrei rischiato di stare lì su per tutta la giornata per una semlice ipotesi. Ero sicura di ciò che stavo facendo. Continuando a fantasticare su Mike, mi avviai verso la casetta e mi arrampicai senza alcun timore.
 
  Ho freddo. Fu questo il mio primo pensiero non appena aprii gli occhi. Avevo un mal di testa allucinante, mi bruciavano gli occhi ed ero tutta tremolante per il gelo che mi ritrovavo nelle ossa. Osservai l’ambiente a me circostante e, rendendomi conto  di essere in camera mia mi chiesi come ci fossi arrivata. Il mio ultimo ricordo era di me che mi sedevo sul materasso logoro della casetta decisa ad aspettare di vedere la testa bionda di Mike sbucare dalla porta.  In quel momento invece, a sbucare dalla porta di camera mia, furono i miei genitori.
  Mia madre si sedette sul letto, affiancandomi, prendendo ad accarezzarmi. Mio padre invece se ne stava il piedi a guardarci.
  «Amore come ti senti?» esordì mia madre con tono preoccupato.
  «Come sono arrivata qui? Io ero sulla casetta sull’albero» Chiesi con voce roca.
  «È venuto tuo padre a prenderti. Non ti abbiamo trovata e ci siamo preoccupati. Ti abbiamo cercata per almeno un’ora, e una volta trovata eri tremante per la febbre.» Mi rispose con una sfumatura di rimprovero nella voce.
  Quindi non era stato Mike a riportarmi a casa, nel mio letto. Mike non era tornato. Mike non aveva mantenuto la sua promessa.
  Le lacrime mi riempirono gli occhi ed inevitabilmente iniziarono a rigarmi il viso. I miei genitori avevano perfettamente capito il motivo del mio pianto: glielo leggevo negli occhi. Senza dire nulla mi abbracciarono cercando di donarmi un po’ di conforto. Conforto che in quel momento poteva donarmi solo colui per il quale stavo così male. Mi mancava così tanto che mi sembrò di sentire il suo odore sui vestiti.
  Col senno di poi, ripensandoci, mi accorsi che la voce di mia madre si era incrinata quando mi aveva detto che era stato mio padre a riportarmi a casa. Forse l’avevo fatta preoccupare scomparendo di prima mattina. O forse nascondeva qualcosa.
 
PS: il capitolo precedente è stato modificato alla fine perché il vecchio finale non avrebbe fatto altro che complicare tutta la storia




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2853730