Cent'anni di solitudine

di mamie
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CENT’ANNI DI SOLITUDINE
 
Ai giovani la morte non fa paura.
Non perché siano incoscienti, o perché non sappiano riconoscerla per quello che è, no, non è questo.
È che loro hanno l’anima più leggera. Un’anima con dei legami così fragili, come una ragnatela in una bella mattina d’estate. Un’anima leggera non ha paura della morte.
È ai vecchi che la morte fa paura, invece, perché ogni attimo di vita che assapori è come una droga che ti riempie e ti stordisce, e ne vuoi sempre di più, anche quando il tuo tempo è finito e non ti è rimasto più nulla. Ti aggrappi, allora, a qualsiasi cosa: che ci sia ancora qualcuno per te, che ci sia ancora uno scopo da raggiungere, un altro, un altro e un altro ancora, per sempre. E poi ti accorgi di avere già superato da molto il punto in cui dovevi lasciarti andare.
 
Amico mio, io ho già raggiunto quel punto da tempo e la mia anima è pesante e nera come il fumo che esce da questa nave. I fantasmi del tempo lontano, quando camminavamo ancora tutti e due sulla terra, vengono sempre più spesso a chiamarmi e non mi lasciano in pace.
Stanotte l’ho sognata di nuovo.
Era tanto tempo che non succedeva. All’inizio la sognavo ogni notte e risvegliarmi ogni giorno  con la consapevolezza che non c’era più era ogni volta una pugnalata dolorosa. Poi il tempo e l’abitudine hanno fatto sì che quel dolore non lo sentissi quasi più, perché ormai faceva parte di me, era dentro di me e lì sarebbe rimasto per sempre.
Stanotte quel dolore si è risvegliato, come se fossimo ancora i ragazzi di un tempo, sventati, idealisti e pronti a morire, e io non posso più restare qui a tenere accese le candele per quelli che non ci sono più.
 
Lasciami venire con te, e accompagnami se puoi, perché ora sì, ho paura, e questa che se ne va col mio sangue non è stata vita, ma solo una lunghissima, oscura solitudine. Chissà se allora, una volta strappate anche le ultime catene, potrò riuscire di nuovo a guardarla negli occhi?
 
La vita dell'uomo è breve, ma io vorrei vivere sempre.[i]
 
 
 
 
 
[i]  Le ultime parole scritte da Mishima prima del seppuku.

NdA. Lo sapevo che se scrivevo dell'Harlock del film avrei fatto un casino! Mi vedo costretta a dare una spiegazione a quanto scritto sopra, dato che, lo dico con mortificazione, non sono affatto riuscita a rendere chiaro il mio pensiero.
La paura cui Harlock fa riferimento nell'ultima frase non è la paura della morte, per quanto pensi che un momento di debolezza possa capitare a tutti, anche a uno che risponde picche a Raflesia e rimane impassibile davanti ai contorcimenti di Noo. Penso anche che l'essenza vera del coraggio non sia NON avere paura, quella è semplicemente incoscienza. In più cent'anni sono tanti, e questo è un uomo stanco e tormentato. Non riuscirei ad amare un personaggio che non prova mai un sentimento così umano, ma questa è una mia visione personale.
Tuttavia, nella storia, Harlock si chiede se, con la sua anima ormai "sporca" e "pesante", sarebbe ancora in grado di guardare negli occhi l'amore puro della sua giovinezza. Inoltre la citazione finale di Mishima non è buttata lì a caso. Si tratta dell'ultimo messaggio di un uomo che, pur dicendo "io vorrei vivere sempre" e quindi affermando il valore e la preziosità della vita, sta per suicidarsi. Dovrebbe nella mia testa fare da contrappunto alle parole di Ezra che ad un certo punto chiede ad Harlock: "Perché non ti sei ucciso?".
Spero di aver fatto un poco più di chiarezza :-).




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