“…prendere possesso dei beni ereditari, farvi apporre i
sigilli, presentare la denuncia di successione, pagare i debiti ereditari,
rappresentare in giudizio l’eredità e rendere conto della sua gestione.”
Richard porse una copia del testamento a Nicole, seduta di
fronte a lui al tavolo di cucina dell’appartamento di Keith; lei gli diede una
rapida occhiata.
“Mi ha lasciato i soldi del nonno, dopotutto.” Posò il
foglio. Si mangiava le unghie delle mani, coperte dalle maniche troppo lunghe
della felpa. Fece un mezzo sorriso da dietro le dita piegate. “Diceva sempre
che li avrebbe dati all’associazione dei gatti randagi.”
“Prego?”
Risatina stanca. “Secondo Keith, andando in giro sempre
vestita da manovale, sarei diventata una vecchia zitella con la casa piena di
gatti randagi. Perciò diceva di voler donare direttamente i soldi a qualche
associazione per gli animali abbandonati, così avrebbe risparmiato tempo.”
Richard scosse la testa. “Proprio da lui.”
In effetti, però, quel giorno Nikki sembrava proprio un
operaio, con la salopette di jeans e le scarpe da tennis ingrigite. I capelli
corti le spiovevano, spettinati, sul viso struccato, facendola sembrare un
ragazzino.
Richard la guardò, meravigliandosi ancora una volta della
sua somiglianza col fratello. Nikki stava rileggendo distrattamente una riga
del testamento, rosicchiandosi le unghie, e gli occhi pallidi scorrevano il
foglio avanti e indietro.
Alzò lo sguardo su Richard, che si schiarì la voce,
imbarazzato.
“Se c’è qualcosa, di quel che Keith ha lasciato a me, che
volete tenere… Intendo, tu e tuo padre… Insomma, io non voglio…”
“Se Keith voleva che tu avessi queste cose, avrà avuto le
sue buone ragioni.” Nikki allungò una mano sul tavolo per stringere un attimo
la sua.
“Papà non vuole vedere nulla di quel che apparteneva a
Keith, quindi non ti devi preoccupare. Io non voglio niente, davvero.”
“Sicura? Nemmeno la macchina?”
“Oh, per l’amor del cielo, quell’affare succhiasoldi!
Spenderei tutto che guadagno solo per il carburante che mi serve ad andare al
lavoro. Dammi retta, Richard, vendila e comprati qualcosa di meno impegnativo.”
Nikki possedeva una Smart, che guidava come se fosse una bicicletta, facendola
scivolare tra un’auto e l’altra durante gli ingorghi e incuneandola fra un
albero e un idrante quando non trovava parcheggio.
“E comunque, c’è il sangue di mio fratello su quell’auto. Lo
so che l’hanno ripulita… Ma anche se non se ne vedesse più nemmeno una traccia,
non ci salirei nemmeno morta.”
Seguì un silenzio imbarazzato. Nikki tornò a rosicchiarsi le
unghie, a disagio.
Richard ruppe il silenzio, di nuovo.
“E i quadri?”
“Tienili. Non la posso soffrire, l’arte moderna. Tutti
quegli occhi, e nasi, e cubi, e… pffff.” Fece con le mani un gesto ad indicare
confusione.
“Non so nemmeno che farmene di questi mobili.” Indicò la
casa con un ampio gesto del braccio. “Dovrò venderli, suppongo. Chissà perché
li ha lasciati a me.”
“Credo che volesse fare una cosa equa.”
“Perché diavolo l’ha fatto?” si chiese Nikki,
soprappensiero.
“Beh, per accontentare quelli che…”
“No, no”, fece Nikki, con un gesto lievemente infastidito.
“Intendo, il testamento.”
“Oh. Me lo sono chiesto anche io. Il notaio dice che gli è
sembrato avesse fretta.”
“Che cosa sciocca. Perché avrebbe dovuto avere…”
I loro occhi si incontrarono.
Nikki alzò un dito ammonitore e glielo puntò contro.
“No, Richard, so cosa stai pensando…” disse, la voce
instabile.
“Nikki --”
“No!”
Gli occhi chiari le si riempirono di lacrime. Si premette la
mano coperta dalla manica sulla bocca.
“Nikki, non piace nemmeno a me ammetterlo, ma…” Richard
sospirò. “Come altro si può giustificare il fatto che abbia redatto un
testamento appena prima di morire, se non ammettendo che si è suicidato?”
Nicole si asciugò rabbiosamente gli occhi col dorso della
mano, lasciando sulla stoffa grigio chiaro della felpa le tracce scure delle
lacrime.
“Senza un motivo? Senza lasciare un biglietto?”
Richard abbassò lo sguardo.
“Forse non sapeva come spiegarcelo.” Mormorò.
“Forse non si è suicidato!” Le lacrime le scorsero sulle
guance.
Con quei grandi occhi azzurri pieni di lacrime, il viso di
porcellana contratto, a Richard ricordò Tami Stronach nella parte
dell’Imperatrice Bambina; quando il mondo cominciava a caderle letteralmente
addosso, e non c’era che una persona, che credesse ancora in lei...
“Va bene, va bene” Richard si alzò e andò ad abbracciarla.
“Va bene. Ti credo.”