Passo A Tre

di PaleMagnolia
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“…prendere possesso dei beni ereditari, farvi apporre i sigilli, presentare la denuncia di successione, pagare i debiti eredit

“…prendere possesso dei beni ereditari, farvi apporre i sigilli, presentare la denuncia di successione, pagare i debiti ereditari, rappresentare in giudizio l’eredità e rendere conto della sua gestione.”

Richard porse una copia del testamento a Nicole, seduta di fronte a lui al tavolo di cucina dell’appartamento di Keith; lei gli diede una rapida occhiata.

“Mi ha lasciato i soldi del nonno, dopotutto.” Posò il foglio. Si mangiava le unghie delle mani, coperte dalle maniche troppo lunghe della felpa. Fece un mezzo sorriso da dietro le dita piegate. “Diceva sempre che li avrebbe dati all’associazione dei gatti randagi.”

“Prego?”

Risatina stanca. “Secondo Keith, andando in giro sempre vestita da manovale, sarei diventata una vecchia zitella con la casa piena di gatti randagi. Perciò diceva di voler donare direttamente i soldi a qualche associazione per gli animali abbandonati, così avrebbe risparmiato tempo.”

Richard scosse la testa. “Proprio da lui.”

In effetti, però, quel giorno Nikki sembrava proprio un operaio, con la salopette di jeans e le scarpe da tennis ingrigite. I capelli corti le spiovevano, spettinati, sul viso struccato, facendola sembrare un ragazzino.

Richard la guardò, meravigliandosi ancora una volta della sua somiglianza col fratello. Nikki stava rileggendo distrattamente una riga del testamento, rosicchiandosi le unghie, e gli occhi pallidi scorrevano il foglio avanti e indietro.

Alzò lo sguardo su Richard, che si schiarì la voce, imbarazzato.

“Se c’è qualcosa, di quel che Keith ha lasciato a me, che volete tenere… Intendo, tu e tuo padre… Insomma, io non voglio…”

“Se Keith voleva che tu avessi queste cose, avrà avuto le sue buone ragioni.” Nikki allungò una mano sul tavolo per stringere un attimo la sua.

“Papà non vuole vedere nulla di quel che apparteneva a Keith, quindi non ti devi preoccupare. Io non voglio niente, davvero.”

“Sicura? Nemmeno la macchina?”

“Oh, per l’amor del cielo, quell’affare succhiasoldi! Spenderei tutto che guadagno solo per il carburante che mi serve ad andare al lavoro. Dammi retta, Richard, vendila e comprati qualcosa di meno impegnativo.” Nikki possedeva una Smart, che guidava come se fosse una bicicletta, facendola scivolare tra un’auto e l’altra durante gli ingorghi e incuneandola fra un albero e un idrante quando non trovava parcheggio.

“E comunque, c’è il sangue di mio fratello su quell’auto. Lo so che l’hanno ripulita… Ma anche se non se ne vedesse più nemmeno una traccia, non ci salirei nemmeno morta.”

Seguì un silenzio imbarazzato. Nikki tornò a rosicchiarsi le unghie, a disagio.

Richard ruppe il silenzio, di nuovo.

“E i quadri?”

“Tienili. Non la posso soffrire, l’arte moderna. Tutti quegli occhi, e nasi, e cubi, e… pffff.” Fece con le mani un gesto ad indicare confusione.

“Non so nemmeno che farmene di questi mobili.” Indicò la casa con un ampio gesto del braccio. “Dovrò venderli, suppongo. Chissà perché li ha lasciati a me.”

“Credo che volesse fare una cosa equa.”

“Perché diavolo l’ha fatto?” si chiese Nikki, soprappensiero.

“Beh, per accontentare quelli che…”

“No, no”, fece Nikki, con un gesto lievemente infastidito. “Intendo, il testamento.”

“Oh. Me lo sono chiesto anche io. Il notaio dice che gli è sembrato avesse fretta.”

“Che cosa sciocca. Perché avrebbe dovuto avere…”

I loro occhi si incontrarono.

Nikki alzò un dito ammonitore e glielo puntò contro.

“No, Richard, so cosa stai pensando…” disse, la voce instabile.

“Nikki --”

No!

Gli occhi chiari le si riempirono di lacrime. Si premette la mano coperta dalla manica sulla bocca.

“Nikki, non piace nemmeno a me ammetterlo, ma…” Richard sospirò. “Come altro si può giustificare il fatto che abbia redatto un testamento appena prima di morire, se non ammettendo che si è suicidato?”

Nicole si asciugò rabbiosamente gli occhi col dorso della mano, lasciando sulla stoffa grigio chiaro della felpa le tracce scure delle lacrime.

“Senza un motivo? Senza lasciare un biglietto?”

Richard abbassò lo sguardo.

“Forse non sapeva come spiegarcelo.” Mormorò.

“Forse non si è suicidato!” Le lacrime le scorsero sulle guance.

Con quei grandi occhi azzurri pieni di lacrime, il viso di porcellana contratto, a Richard ricordò Tami Stronach nella parte dell’Imperatrice Bambina; quando il mondo cominciava a caderle letteralmente addosso, e non c’era che una persona, che credesse ancora in lei...

“Va bene, va bene” Richard si alzò e andò ad abbracciarla. “Va bene. Ti credo.”

 

 

 





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