Chi è Damon Salvatore?
(Chi non sceglierebbe di dimenticare, Elena?)
Era il mio ragazzo, l'amavo... ed è morto.
Lacrime sul tuo viso e singhiozzi spezzati, la mancanza che scava nelle vene – pezzi di te che già non esistono più nella memoria, non sai se riuscirai ad andare avanti.
Alaric ti guarda e all'improvviso sai che sta per succedere – tutto il dolore e tutta la tristezza (un infinito vuoto che ti strazia dall'interno, la paura di non conoscerlo più – ma non puoi più vivere così, Elena, sai di non poter più andare avanti trascinandoti dietro anche il peso di voi) e i ricordi, il vero ricordo di lui, ogni cosa (le sue labbra e i sorrisi e i suoi occhi e il modo in cui ti guardava e il tuo nome detto da lui e il suo cuore e le mani e le carezze, il suo passato e il suo presente e il suo futuro), svaniti nell'oscurità senza fondo dell'oblio, relegati nell'anfratto più profondo della tua coscienza. Intoccabili – inarrivabili.
Eppure svaniranno anche quelle notti che sono lunghi incubi agonizzanti incatramati fra i polmoni, crepe di parole perse ormai sfumate nel buio – e per un attimo ti chiedi cosa rimarrà, Elena.
(Chi riuscirebbe a convivere con tutto questo?)
Era l'uomo con cui avrei dovuto condividere ogni momento della mia vita.
Quando qualcuno muore si lascia dietro tante piccole grandi cose – persone distrutte e oggetti senza proprietario e istanti impossibili da raccontare a chiunque altro – e lo sai, tu lo sai, conosci tutto questo, lo conosci e non riesci più a sopportarlo (sai anche questo – sai di stare cadendo a pezzi, che manca così poco al punto di rottura; sai che stavolta non ti rialzerai, se lasci che succeda).
Damon è morto e ha lasciato te – povera, piccola Elena, ninfa fragile di tristezze e cose perdute, che grida nel buio cercando un modo di tornare a casa.
Dicono che l'alba arrivi sempre – anche dopo le notti più lunghe dicono che rimanga la speranza, ed è evidente che allora non hanno mai saputo cosa significa la consapevolezza di avere davanti un'eternità di giorni e decenni e secoli, solo polverose stanze vuote affacciate sul crepaccio frastagliato di un'anima devastata, e proprio a fianco, a un passo di distanza, la possibilità di serrare le porte e scappare, scappare il più lontano possibile, scappare e gridare e lasciare che tutto scivoli via.
(Chi non vorrebbe correre?)
Era il mio ragazzo, l'amavo... ed è morto.
Era vita e oceano e risate in una stanza bianca – era notti piene di incubi e della sua voce che li faceva sparire, era pioggia e dolore ed era casa mia.
Era sangue e rabbia e vetri rotti, era tutto – era tutto (e adesso non resta più nulla ed è troppo, troppo da accettare).
(E ora di' addio, Elena).
Chi è Damon Salvatore?
«È il fratello di Stefan. Era un mostro... e poi è morto.»