roses
Rumpelstiltskin sedeva immobile, il
corpo affondato tra i cuscini della sua consunta poltrona di pelle
nera che troneggiava di fronte al camino di pietra nella sala
dell'arcolaio.
I suoi occhi contemplavano mestamente
le braci morenti che, pian piano, si andavano affievolendo e
accartocciandosi su se stesse come foglie secche, finendo per
tramutarsi in null'altro che un mucchietto di ceppi anneriti e
cenere, tomba di quella fioca luce che ancora lottava strenuamente
per resistere, per non soccombere all'oscurità che l'avrebbe
inesorabilmente inghiottita di lì a poco.
Le mani squamose del folletto erano
posate sulla copertina nera e lucida di un libricino che egli teneva
in grembo. Le lettere vermiglie che ne componevano il titolo
brillarono sinistramente per un secondo, quando l'ultima scintilla
del focolare si estinse con un guizzo. Della notte di Halloween e
altri racconti.
Era trascorso un
anno esatto dall'ultima volta in cui quelle vecchie pagine ingiallite
avevano conosciuto il tocco di un lettore. Un anno esatto da quando
il Signore Oscuro si era divertito ad escogitare gli stratagemmi più
macabri e agghiaccianti per spaventare la sua giovane domestica in
quella notte ammantata di mistero e lugubre fascino fin dai tempi più
arcaici, di molto antecedenti alla nascita dello stesso
Rumpelstiltskin, ma le cui voci ancora sussurravano, attraverso la
memoria dei posteri, leggende miste a verità a proposito di quella
particolare data.
È tutto come
quella sera. Pensò.
La nebbia fitta che
scintillava al chiarore freddo e perlaceo della luna che danzava con
le nubi in un tacito duello che vedeva prevalere ora quelle, ora
l'altra; le sagome scheletriche e spettrali degli alberi nudi nella
foresta; il vento che sferzava impetuoso la cima della montagna
emettendo i suoi lamenti e le sue grida strazianti; perfino i tetri
richiami dei gufi e delle civette... Pareva che nulla fosse cambiato
rispetto a un anno prima.
Ma naturalmente non
era vero. Tutto era cambiato da allora.
Il folletto
accarezzò la copertina del volume che teneva sulle ginocchia.
Lei non
c'era più. Lei se n'era andata. Ecco cos'era cambiato. Belle
era morta gettandosi dalla torre in cui il suo stesso padre l'aveva
fatta rinchiudere a causa sua, perché ella aveva avuto l'indecenza
di innamorarsi della Bestia e non aveva mai rinnegato i suoi
sentimenti, anche quando egli l'aveva cacciata via, condannandola per
sempre al suo tragico destino.
Un nugolo di grossi
pipistrelli si alzò improvvisamente in volo da un cespuglio vicino
alla finestra, spaventando un gatto di passaggio, che lanciò uno
stridulo e strozzato miagolio, incredibilmente simile a un urlo di
orrore.
Rumpelstiltskin non
si scompose e rimase impassibile. Non temeva le tenebre e ancor meno
i demoni e le creature terrificanti che si diceva popolassero la
misteriosa notte del 31 ottobre... Perché, in fin dei conti, egli
era uno di loro: un'anima perduta e disperata che trovava rifugio
nell'ombra e si crogiolava nel male che albergava nel cuore corrotto
dell'uomo, o meglio, di quello che, un tempo lontano, era stato un
uomo, e che si era ormai tramutato in mostro.
Il folletto, più
per noia che per vero interesse, aprì delicatamente il libro alla
prima pagina, che recava una breve e concisa spiegazione a proposito
delle origini della festa più ambigua e inquietante dell'anno.
Scorse
distrattamente le lettere arzigogolate e scolorite, finché un
passaggio particolare attirò la sua attenzione, come la fiamma con
la falena.
In questo giorno tutte le
leggi dello spazio e del tempo erano come sospese e il velo che
divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più
sottile, permettendo alle anime di mostrarsi.
Il
Signore Oscuro lesse e rilesse infinite volte quelle righe, mentre la
tentazione che così spesso lo aveva sfiorato negli ultimi tempi, ma
alla quale non aveva mai ceduto, prendeva a farsi incredibilmente
forte, fino a trasformarsi in un'urgenza insopprimibile, un desiderio
bruciante che, alla luce di quelle parole rivelatrici, si faceva
all'improvviso un bisogno vitale come l'aria o l'acqua.
Il velo che divideva il
mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più sottile.
Che
fosse giunto il momento propizio per tramutare in azione concreta ciò
che la sua mente aveva sempre e soltanto formulato come un pensiero
dal quale prendere le distanze?
L'Oscuro
sentiva che non poteva più aspettare e quella notte gli si
presentava un'occasione perfetta. Doveva almeno provarci! Doveva
almeno tentare! Se non avesse funzionato, allora non avrebbe mai più
indugiato su quell'idea tanto dolce e tentatrice quanto terribile e
dolorosa.
Abbandonandosi
completamente all'istinto e lasciandosi guidare da quell'impellente
necessità che minacciava di stritolargli il cuore nel petto da un
momento all'altro, Rumpelstiltskin si alzò dalla poltrona e si
diresse alla teca nella quale custodiva un unico oggetto, umile,
danneggiato, eppure infinitamente più prezioso di tutti i tesori che
la sua immensa collezione poteva vantare.
Il
Signore Oscuro aprì le ante di cristallo e prese delicatamente tra
le mani la tazza da tè con il bordo spezzato, posandola con
attenzione sul lungo tavolo di legno che occupava il centro esatto
della sala.
Proprio
in quel momento, una nube nera oscurò completamente la luna e
l'intero luogo piombò nell'ombra; ma gli occhi di Rumpelstiltskin
non avevano alcuna difficoltà a distinguere chiaramente ciò che lo
circondava, ed erano puntati su quell'oggettino a lui tanto caro, su
quella reliquia di valore inestimabile.
Esitò
per un attimo, accarezzandone con lo sguardo la curva superficie di
porcellana.
Molte
volte era stato tentato dall'idea di ricorrere alla magia per evocare
la sua amata defunta, richiamando la sua anima dal regno dei morti,
ma non aveva mai osato metterla in pratica perché sapeva che il
passaggio comportava molti rischi e, se qualcosa fosse andato storto,
le conseguenze per lo spirito di Belle sarebbero state tremende ed
eterne. Non voleva recarle ulteriore sofferenza con il suo egoismo.
Ma quella notte il velo che separava i due mondi si assottigliava, e
forse si trattava della sua unica occasione per poter rivedere la
donna che amava, per quanto, in un certo senso, fossero state proprio
le sue azioni a strapparla con violenza alla vita.
Il
folletto sospirò, dopodiché fece apparire, stretto tra le sue dita,
il pugnale che lo aveva reso ciò che era, che gli aveva donato i
suoi poteri e gli era costato la perdita delle persone più care al
mondo.
Senza
indugiare oltre, Rumpelstiltskin si passò il filo della lama sul
palmo della mano, incurante del dolore. Lasciò che il suo sangue
caldo gli scorresse lungo l'avambraccio, poi ne fece cadere qualche
goccia all'interno della tazza sbeccata, iniziando a recitare
l'incantesimo.
- Sangue
del mio sangue, tua è protezione. Vita della mia vita, la tua
prendi, la mia prendi. Corpo del mio corpo, midollo e mente, anima
della mia anima, alla nostra anima Vincolati. Sangue del mio cuore,
mia luna, mie maree. Sangue del mio cuore. Mia salvezza, mio
destino.* -
Il vento
prese a ruggire con più furia, e, da qualche parte in lontananza, si
udì il boato di un albero sradicato schiantarsi a terra.
Rumpelstiltskin
iniziò a gridare, per sovrastare il fragore assordante della natura.
- Vieni da me, Belle! Vieni da me, amore mio! Per stanotte, solo per
stanotte, scosta il velo che ci separa e raggiungimi nel mondo dei
viventi affinché io possa ammirare il tuo viso ancora una volta. -
La sua
voce deformata dal dolore suonò come una supplica disperata.
Nel giro
di una decina di secondi, l'urlo del vento si placò, le nubi si
diradarono e la luna tornò a splendere.
L'Oscuro
attese qualche minuto, immobile e trepidante, totalmente indifferente
al sangue che, dal suo palmo, gocciolava sul tappeto.
Tic Tac,
Tic Tac... Le lancette dell'orologio proseguirono imperterrite il
loro giro lungo il quadrante una, due, tre volte, ma non accadde
nulla e infine le gambe tremanti del folletto cedettero, facendolo
crollare in ginocchio. Sul suo volto sfigurato dal tormento e dalla
delusione si disegnò lentamente un ghigno feroce, poi
Rumpelstiltskin gettò la testa all'indietro, prorompendo in
un'improvvisa, folle e orribile risata senza gioia. - Oh, avrei
dovuto aspettarmelo! Non mi vuoi vedere, Belle?! Come potrei mai
biasimarti?! In fondo io sono la Bestia che ha preso il tuo amore e
l'ha rifiutato, calpestandolo senza alcun ritegno; sono il mostro che
ti ha cacciata via e ha permesso che tuo padre ti facesse prigioniera
e ti torturasse al punto da spingerti a gettarti da quella torre
maledetta piuttosto che continuare a sopportare le pene che ti sono
state inflitte a causa mia! Come ho potuto essere tanto stupido da
pensare che ti saresti mostrata a me dopo tutto quello che ti ho
fatto?! -
Ma,
proprio in quel momento, qualcosa di gelido sfiorò la spalla del
Signore Oscuro, la cui risata, amara come fiele, scemò, sostituita
da una paura viscerale e paralizzante, mista ad una flebile scintilla
di speranza.
Avvertiva
una presenza dietro di sé. Ne sentiva il respiro freddo e calmo, e
quella sensazione di gelo... come se un mano di ghiaccio si fosse
posata sulla sua spalla in un gesto consolatorio.
Possibile
che avesse funzionato?
Voleva
disperatamente girarsi, voleva sapere se la sua implorazione era
stata ascoltata e accolta, se la sua amata era davvero ritornata da
lui dall'oblio della morte, ma era terrorizzato.
Infine,
chissà come, il suo corpo si mosse da solo. L'Oscuro si alzò in
piedi, si voltò e i suoi occhi, ormai avvezzi alle tenebre più
fitte, vennero feriti dal tenue bagliore argenteo e tremolante che
circondava un'eterea figura dalla bellezza delicata e malinconica.
Se
Rumpelstiltskin non fosse stato il mago più esperto e capace di
tutti i reami avrebbe potuto scambiare quella creatura per una regina
delle fate della notte, oppure per una Dama Bianca, ferale messaggera
della Nera Signora con la falce, recatasi da lui per condurlo agli
inferi. Ma quelle erano solo superstizioni contadine.
La
donna, o meglio, lo spirito diafano, ricambiò lo sguardo stravolto
del folletto. Aveva le fattezze inconfondibili di lei.
Rumpelstiltskin
avrebbe riconosciuto ovunque quel viso dai lineamenti finemente
cesellati; quelle labbra, un tempo rosse come ciliegie e altrettanto
dolci, che si erano posate sulle sue in un momento di idillio
perfetto, poco prima della catastrofe; i capelli che ricadevano in
soffici boccoli sulle spalle, e ancora, quegli occhi benevoli, sempre
pronti a scorgere oltre le mere apparenze e a cogliere il buono negli
altri, perfino in lui!
Nessun
graffio, nessun livido, nessun segno del violento impatto con il
suolo dopo la caduta dalla torre. Indossava l'abito dorato
dell'indimenticabile giorno in cui l'aveva vista per la prima volta.
Il suo Vero Amore era lì, davanti a lui, integro e splendido nella
morte come lo era stato in vita, perché le rose appassiscono sempre
in bellezza.
Sembrava
inoltre che una brezza leggera e costante lambisse i suoi riccioli,
facendoli fluttuare con eleganza intorno al suo volto pallido e
traslucido come la luna stessa.
- Belle? - pronunciò
il suo nome in un sussurro incerto, timoroso che il suo spirito
potesse scomparire se avesse parlato troppo forte.
La donna
inarcò le labbra esangui in un sorriso mesto, piegando con grazia il
capo in un cenno di assenso.
Forse si
trattava di un sogno. Forse nulla di tutto ciò stava accadendo nella
realtà, ma non aveva importanza.
- Oh,
Belle! Mia adorata Belle! Mi dispiace. Mi dispiace tanto, è tutta
colpa mia... -
Ma la
ragazza scosse piano la testa e gli posò un dito sulle labbra.
Il
Signore Oscuro non poté fare a meno di rabbrividire a quel tocco,
che non era propriamente fisico o reale, ma leggero e quasi privo di
consistenza, come un soffio di vento gelido: fievole eppure
perfettamente percepibile.
- Shhh.
Abbiamo solo questa notte per poter stare insieme, Rumpel. Non
sprechiamola per ricordare gli errori del passato. Ciò che è fatto
non si può disfare. -
La sua
voce non era cambiata, forse si era solo fatta un po' più flebile,
ma il Signore Oscuro avrebbe potuto rimanere ad ascoltare quel suono
tanto caro fino a quando il cielo fosse crollato sulla terra con
tutte le sue stelle.
La
figura opalescente intrecciò le sue piccole dita di ghiaccio intorno
alla mano ancora sanguinante di Rumpelstiltskin. La ferita si
rimarginò all'istante, come se la lama affilata del pugnale non
avesse mai scalfito quella pelle verde dorata, poi, senza lasciargli
la mano, Belle prese a guidarlo fuori dalla stanza, verso le scale
che portavano al piano di sopra.
Il
folletto si lasciò condurre in silenzio, senza fare domande, ancora
reticente a credere che la sua amata fosse tornata da lui, sebbene in
quella forma tanto sfuggente. I passi dei suoi stivali sui gradini
producevano un rumore ritmico che riecheggiava sulla pareti di nuda
pietra. Lo spirito di Belle invece si muoveva leggiadro, senza mai
toccare il suolo, come se volasse.
Alla
fine, i due si arrestarono davanti alla porta chiusa della sala di
musica del castello. Rumpelstiltskin non aveva mai utilizzato quella
stanza ed essa era rimasta, per molti anni, esattamente uguale a come
il precedente proprietario di quel maniero l'aveva arredata, fatta
eccezione per le ragnatele e la polvere che si erano impossessate
degli strumenti, avvolgendoli tra le loro spire. Solo una volta,
l'anno prima, in quella stessa data, il folletto aveva trovato utile
quel locale per uno dei tanti scherzi che aveva architettato al fine
di spaventare la sua domestica.
Ad un
tratto, il Signore Oscuro si accorse che il senso di freddo alla mano
sinistra era scomparso. Belle aveva interrotto il contatto.
- Belle,
ma cosa...? -
Lei gli
sorrise lievemente, poi scivolò oltre l'uscio, passando attraverso
il legno massiccio e scomparendo alla sua vista.
- Belle!
Aspetta! -
Il
Signore Oscuro fece scattare la serratura vecchia e arrugginita con
un gesto della mano ed entrò nella sala.
Tre alte
finestre permettevano all'argentata luce lunare di filtrare
all'interno, facendo luccicare come fili di perle le intricate
ragnatele che avvolgevano gli arredi e la polvere che fluttuava
pigramente nell'aria.
Lo
spirito della donna lo attendeva pazientemente, sorridendo in quel
nuovo modo triste, che la rendeva, se ciò fosse mai stato possibile,
ancora più bella.
Rumpelstiltskin
le si avvicinò e cercò di sfiorarle una guancia. La mano squamosa
incontrò la sua pelle che non era pelle, la sua carne che non era
carne, quanto piuttosto brina di un mattino di gennaio.
- Oh,
sweetheart. Mi sei mancata così tanto. Ma perché mi hai portato
qui? -
Il
sorriso che increspava le sue labbra si fece un po' più sereno. - Mi
è concessa solo questa notte per poter restare in questo mondo,
Rumpel. All'alba dovrò ritornare oltre il velo prima di restare
intrappolata qui, condannata a vagare senza meta tra i vivi, in un
luogo al quale non appartengo. E vorrei trascorrere questo tempo
danzando con te. Sai, l'ho sempre desiderato. -
Il
Signore Oscuro sentì gli occhi inumidirsi. Avrebbe voluto
supplicarla di restare con lui, di non andarsene di nuovo, ma
conosceva fin troppo bene i limiti della magia e sapeva che non c'era
alcun incantesimo, alcuna pozione o sortilegio che fosse in grado di
interferire con la morte, così si limitò ad acconsentire alla
richiesta di Belle con voce roca: - Ma certo, sweetheart. Tutto
quello che vuoi. -
Con un
rapido schiocco di dita il folletto incantò un violino e il
pianoforte, i cui tasti bianchi e neri presero a muoversi da soli.
Nell'aria iniziarono a vibrare le note di una melodia malinconica e
sinistra. Un valzer struggente perfetto per quei due amanti il cui
lieto fine non sarebbe mai giunto.
Belle
lambì con una mano la spalla di Rumpelstiltskin, e intrecciò le
dita dell'altra a quelle di lui, che, a sua volta, le cinse un fianco
e cominciò lentamente a danzare.
I due
volteggiavano leggiadri, gli sguardi incatenati l'uno all'altro,
senza mai distoglierli.
Per il
folletto era come ballare con una dama d'aria, acqua, fumo. Ella non
era fatta di carne, né sangue, né ossa, eppure era più reale che
mai mentre si muoveva con infinita grazia tra le sue braccia.
Sapeva
che le ore sarebbero trascorse veloci e che presto, troppo presto,
avrebbe perso il suo amore un'altra volta, ma non voleva pensarci,
perché quella notte era un dono che gli dèi avevano generosamente
concesso loro, e Rumpelstiltskin aveva intenzione di goderne il più
possibile, assaporandone ogni prezioso istante.
Sì, lui
era davvero il Principe delle Tenebre, e in quella notte incantata,
in cui il velo tra i due mondi si faceva più sottile, in cui il
confine tra il regno dei vivi e quello dei morti diventava più
labile e indistinto, avrebbe ballato fino all'alba con la sua
principessa di luce, ormai perduta, annegata in quell'oceano di
oscurità senza fondo dal quale non era riuscito a salvarla.
Da Stria93:
Buongiorno a voi, meraviglie, e
felice Samhain, o Halloween! :)
Piccola premessa: in questo periodo l'ispirazione, l'inventiva e il
tempo per scrivere sono praticamente pari a un bello zero tondo
tondo, ma Samhain è Samhain, e non potevo non dedicargli almeno uno
scritto.
L'idea iniziale era creare un sequel della mia precedente storia
riguardante questo tema, e in effetti è ciò che ho fatto, ma la
forte componente angst e la scelta di “uccidere” Belle, facendo
diventare realtà le parole che Regina rivolge al folletto alla fine
della sacra 1x12, sono state delle deviazioni che ho preso durante la
stesura della shot.
Volevo dar vita a una storia romantica e – passatemi il termine
pretenzioso - tragica, e intrecciarla con le atmosfere cupe e la
magia misteriosa tipiche di questo periodo e, in particolare, della
notte del 31 ottobre.
Anche
il titolo e la citazione riguardanti le rose, chiaramente presi in
prestito da Lady Oscar,
sono stati una
folgorazione improvvisa della fase di scrittura.
Per
il fantasma di Belle ho tratto ispirazione dallo spettro di Josette
che compare nel film Dark
Shadows, del grande Tim
Burton, maestro indiscusso quando si tratta di unire macabro e
bellezza in un connubio perfettamente equilibrato.
*
Le parole che ho usato per l'incantesimo pronunciato da Rumpel fanno
parte del libro La
sedicesima luna, e mi
sono sempre piaciute, anche perché si parla sempre di una storia
d'amore decisamente nefasta, ma non mi spingo oltre per non
spoilerare. Mi limito a dire che, nel libro in questione, tale
incantesimo è usato non per evocare le anime dei defunti, ma per
riportare fisicamente in vita qualcuno, quindi mi sono presa una
piccola licenza poetica. xD
A questo punto vorrete giustamente sapere se, in tutto questo
prendere in prestito da altri, c'è effettivamente un minimo di
farina del mio sacco; quindi vi rispondo che, a parte gli elementi
sopra citati, tutto il resto è nato dalla mia testolina
rumbellizzata e, a quanto pare, decisamente incline all'angst e alle
tragedie, almeno in questo momento. ;)
Inutile dire che, come sempre, ho un fantamilione di dubbi,
perplessità, incertezze e quant'altro. -.-
Grazie di tutto cuore a chi leggerà, a chi inserirà la shot in una
lista e a chi spenderà ancora un po' del suo tempo per lasciarmi un
commento; mi fareste davvero un grandissimo regalo. :)
Bacioni, zucche! Alla prossima e, di nuovo, un felice Samhain a
tutti! )O( <3
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