La
scommessa
«È
arrivato Halloween, stasera si fa festa!»
canticchiò Martin,
improvvisando un balletto nel cortile della scuola.
«Non
capisco il tuo entusiasmo; durante le missioni abbiamo continuamente
a che fare con mostri di ogni tipo quindi non vedo che attrazione
puoi provare per una festa del genere.» disse Diana,
perplessa.
«Come
sei ingenua!» l'apostrofò lui, cingendole le
spalle con un braccio.
«Halloween vuol dire anche belle ragazze travestite da
streghette o
graziose pulzelle impaurite dalle case degli orrori che io posso
salvare e consolare.»
«Ma
vuol dire anche trucchi e maschere che possono celare ed ingannare,
cosicché puoi pensare di avere accanto una dea e trovarci un
troll
una volta tolto il travestimento.»
«Mmh,
non mi farei mai ingannare così facilmente!»
protestò Martin.
«Scommettiamo?»
propose Diana.
«Ok,
ci sto.» ribatté Martin, piccato.
«Ci
incontreremo direttamente alla festa. Se mi farai il filo
avrò vinto
io, altrimenti avrai vinto tu.»
«Chi
perde offre all'altro un frullato, ok?» specificò
Martin, ghignando
con la certezza di vincere.
«Perfetto,
allora ci vediamo stasera alla festa...se riuscirai a
riconoscermi...» disse Diana, salutandolo con un gesto della
mano e
avviandosi verso il dormitorio.
Arrivata
nella sua stanza, Diana mollò a terra la borsa e si
portò le mani
alla testa.
Da
dove gli era venuta quell'assurda idea di ammaliare Martin?
Certo,
le dava fastidio che facesse il cascamorto con tutte le ragazze ma
non sarebbe mai riuscita ad attirare la sua attenzione.
Sconsolata,
si disse che doveva trovare un bel costume e doveva farlo in fretta.
Mollati
i libri in camera uscì nuovamente.
Per
fortuna il centro del paese non era lontano dalla Torrington
così,
in pochi minuti, poté raggiungere il negozio di costumi che
aveva
aperto da poco.
«Buon
pomeriggio!» disse entrando e guardandosi attorno titubante.
«Buon
pomeriggio a lei» rispose il proprietario con voce melliflua.
Non
seppe perché ma, sentendolo parlare, un brivido diaccio le
attraversò la schiena.
«Posso
esserle utile?»
Avrebbe
voluto gridare “No!” e fuggire ma sapeva che non
c'erano altri
negozi del genere nelle vicinanze così, sospirando, si
rassegnò ad
accettare il suo aiuto, aveva poco tempo a disposizione prima
dell'inizio della festa e le ci sarebbe voluto un miracolo per
vincere la scommessa.
«Cercavo
un costume per stasera.» spiegò.
«Purtroppo
è un po' tardi, non è rimasto molto ma vederemo
di trovare
qualcosa. Che taglia porta?»
«Una
small.»
Dopo
averla osservata per un po', il negoziante si avvicinò ad
una
rastrelliera ed iniziò a tirare fuori costumi da mostro o da
animale
uno più assurdo dell'altro.
«No
a dire il vero...» cercò di protestare Diana.
«Ah,
ho capito!» esclamò l'uomo, spostandosi verso un
altro espositore e
tirando fuori un magnifico vestito da principessa.
Diana
lo accarezzò con occhi sognanti ma scrollò il
capo. Se voleva
attirare l'attenzione di Martin avrebbe dovuto puntare su qualcosa di
diverso.
«È
stupendo ma cercavo qualcosa di...» tentò di
spiegare la ragazza,
arrossendo, non poteva mica dirgli che cercava un costume capace di
far cadere il suo migliore amico ai suoi piedi.
«Stavolta
credo di aver capito davvero.» affermò l'uomo,
ammiccando complice
e facendo sentire Diana ancora più a disagio.
Entrato
nel retro del negozio ne uscì con una scatola da cui
tirò fuori un
lungo abito nero, attillato, ricco di trasparenze, quasi impalpabile
e con un profondo spacco laterale.
Al
solo vederlo la ragazza divenne rossa come un peperone: era troppo
audace, non avrebbe mai avuto il coraggio di metterlo!...eppure se
voleva riuscire nella sua impresa avrebbe dovuto trovare il coraggio
d'indossarlo.
«Bene,
lo prendo.» annunciò, prima di cedere
all'imbarazzo.
Giunta
davanti alla cassa, proprio sul punto di pagare, scorse in un angolo
delle graziose ali nere e scintillanti, seguendo l'istinto
poggiò
anche quelle sul bancone.
«Le
includa nel conto.» disse al negoziante.
Pagato
il costume uscì dal negozio e si affrettò a
tornare a scuola.
Il
tempo correva e c'era ancora molto da fare.
Arrivata
nella sua stanza, vi si barricò dentro e diede inizio ai
preparativi.
Una
lunga doccia calda ed un massaggio con la sua crema profumata
preferita le permisero di rilassarsi un po'.
Asciugati
i capelli si dedicò al trucco. Non si era mai impegnata
tanto per
prepararsi.
Aspettando
che lo smalto finisse di asciugarsi diede un'occhiata ai suoi
acquisti e non poté fare a meno di chiedersi se davvero
sarebbe
stata abbastanza spavalda da indossarli ed uscire.
Finito
di vestirsi, si guardò allo specchio con occhio critico.
Il
vestito la fasciava stupendamente lasciandole la schiena scoperta e
le piccole ali anziché coprirla contribuivano ad esaltarne
la
sensualità mentre lo spacco e le scarpe col tacco alto
slanciavano
la sua figura e facevano risaltare le gambe lunghe e toniche. Le
lievi trasparenze sul davanti lasciavo appena intravvedere l'incavo
dei seni, quel tanto che bastava perché qualsiasi ragazzo
desiderasse poter scoprire di più.
Diana
sorrise al suo riflesso, compiaciuta e imbarazzata.
Nella
fretta della scelta però non si era resa conto che quel
costume non
celava la sua identità.
Dopo
aver riflettuto un po', rovistò nel suo armadio tirando
fuori una
parrucca con capelli neri, lunghi e ricci ed una mascherina nera e
argento, residui di un vecchio costume usato durante una recita a
scuola.
Martin
l'aveva vista indossarli ma dubitava che il ragazzo ne avesse memoria
o che li avrebbe notati mentre lei indossava quell'abito
così
inusuale per lei.
Finito
di prepararsi, si avvolse in una nube di profumo ed uscì
dalla
stanza.
La
festa si svolgeva nel giardino della scuola.
Preso
un bel respiro per darsi coraggio, uscì dai dormitori e si
mescolò
alla folla.
Sentiva
su di se gli occhi di tutti i ragazzi e dai bisbigli che percepiva
sembrava aver destato l'interesse di tutti.
Felice
e imbarazzata Diana si diresse al tavolo dei rinfreschi per prendersi
qualcosa da bere.
«Ciao
Billy!» salutò, notando l'alieno, nella sua forma
umana, appoggiato
al tavolo.
Lui
la guardò
perplesso, poi un lampo di comprensione gli illuminò lo
sguardo.
«Diana,
sei stupenda!» esclamò, esterrefatto.
«Oh,
grazie.» rispose la ragazza, arrossendo.
«Hai
intenzione di fare strage di cuori?» la punzecchiò
«Solo
di uno.» rispose lei, criptica. «Invece tu come mai
non indossi un
costume?» chiese, osservando che il suo amico portava solo
una
mascherina.
«Bé,
per me questo è già un travestimento!»
esclamò l'alieno,
indicando il dispositivo che gli permetteva di assumere una forma
umana.
«Hai
ragione!» ammise Diana, ridendo.
«Ciao
Billy, non mi presenti la tua deliziosa amica?» chiese una
voce a
lei familiare.
Ancora
prima di voltarsi seppe che a parlare era stato Martin.
«Piacere,
sono Martin Mystere.» disse un Martin travestito da zombie,
porgendole la mano.
«Per
stasera puoi chiamarmi Lady Night.» rispose Diana, con fare
enigmatico. «E non avercela col tuo amico se non ci ha
presentato,
anche con lui ci siamo appena conosciuti.»
continuò, guadagnandosi
un'occhiata perplessa dall'alieno che Martin non notò
perché
intento ad esibirsi in un baciamano.
«Se
non è già impegnata posso invitarla a ballare,
Lady Night?»
«Con
molto piacere.» acconsentì, trattenendo la voglia
di ridacchiare.
Trascinata
da Martin si ritrovò a ballare al centro della pista. Non
era da
lei, ma, in fondo, lei quella sera non era Diana.
Dopo
alcuni balli, ridendo, fece cenno a Martin di essere stremata e si
avviò verso il margine del giardino, dove iniziava la zona
alberata.
Assicuratasi
che Martin la seguisse, s'inoltrò verso l'interno.
Ad
ogni passo sentiva il cuore batterle un po' più forte;
quella sua
fuga nell'ombra era un chiaro invito ad appartarsi e il pensiero di
come Martin avrebbe potuto reagire la incuriosiva e la innervosiva al
tempo stesso.
Sopratutto
si chiedeva cosa avrebbe detto Martin quando avesse scoperto chi era.
È vero, avevano fatto una scommessa ma non poteva fare a
meno di
domandarsi se non stessero portando avanti un gioco pericolo che
avrebbe messo a rischio la loro amicizia.
Giunta
nel punto in cui la vegetazione era più folta si
fermò e appoggiò
la schiena al tronco di un albero per riposarsi, non pensava che
camminare sul terreno con i tacchi fosse così faticoso.
Approfittando
della sua sosta, Martin la raggiunse e si appoggiò a sua
volta
all'albero, bloccandola così col suo corpo.
«Mia
bella e misteriosa dama, che ne dici di rivelami la tua
identità? Ti
assicuro che è un segreto che terrò per
me.» flirtò Martin.
Diana
si sentì arrossire, non era abituata a vederlo comportasi
così con
lei.
Il
suo profumo l'aveva avvolta, stordendola e il fatto che fosse
truccato da zombie non riusciva a guastare la sua bellezza.
Diana
prese fiato, era il momento di rivelargli chi fosse ma il suo viso
che si faceva sempre più vicino le impediva di ragionare con
lucidità e di emettere alcun suono.
Ormai
pochi millimetri separavano le loro labbra e dentro di se Diana si
incitava a fermarlo prima che fosse troppo tardi ma una parte di lei
le diceva che in fondo era proprio ciò che voleva.
Incapace
di reagire, chiuse gli occhi per far si che la regione fosse messa al
bando lasciando spazio alle emozioni.
Tremava
di paura ed emozione al pensiero di ciò che stava per
accadere.
Avvertì la mano di Martin che le sfiorava una guancia e un
sospiro
le sfuggì dalle labbra mentre il suo cuore perdeva un
battito. D'un
tratto, un'improvvisa raffica di vento, forte come un uragano, li
fece crollare a terra.
Massaggiandosi
la testa dolorante per averla sbattuta, Diana si mise a sedere,
confusa.
«Martin!»
chiamò, vedendo il compagno a terra.
Sentendosi
chiamare, il ragazzo si alzò a sua volta.
In
lui c'era qualcosa di strano, sembrava improvvisamente incapace di
coordinare i movimenti, Diana si chiese se non avesse riportato una
commozione cerebrale a causa della caduta ma appena ebbe voltato il
viso verso di lei comprese che ciò che era accaduto era ben
più
grave: la pelle del viso era grigiastra e putrescente, gli occhi
gialli e vacui.
Quello
che aveva d'avanti non era più un ragazzo travestito da
zombie ma un
vero zombie.
Appena
Martin l'ebbe inquadrata, si scagliò verso di lei.
Con
un movimento convulso Diana cercò di alzarsi, in un secondo
si
ritrovò ad alcuni metri da terra.
Nonostante
non potesse guardarsi la schiena ebbe la certezza che anche le sue
ali fossero diventate vere.
Appollaiatasi
su un albero cercò di riprendere fiato e riflettere.
A
quanto pareva le maschere erano diventate vere, il che voleva dire
che non avrebbe potuto fare affidamento su Martin e che doveva
sbrigarsi perché lupi mannari, vampiri ed ogni sorta di
mostri era
in circolazione.
Da
sola non avrebbe potuto bloccarli tutti, doveva chiamare il Centro.
Fruttando
la capacità di volare, scese in picchiata su Martin, gli
strappò
l'U-watch dal polso e si nascose di nuovo tra gli alberi.
«Agente
Mystere, a cosa debbo la sua chiamata?» chiese M.o.m appena
risposto.
«Sono
Diana. A scuola tutti gli studenti si sono trasformati nei mostri da
cui erano mascherati. Ho bisogno di una squadra d'intervento e di
molte dosi di sonnifero.»
«L'agente
Mystere?»
«È
diventato uno zombie.»
«Cerchi
di tenerli a bada, arriveremo il prima possibile.» la
esortò M.o.m
prima di chiudere la comunicazione.
Sorvolato
il campus si rese conto che la situazione stava degenerando, presto
qualcuno sarebbe stato morso o sarebbe finito sbranato.
Tentando
di non perdere la calma, pensò a cosa avrebbe potuto fare.
Era un
angelo nero, doveva pur avere dei poteri.
D'un
tratto si ricordò di un'antica leggenda secondo cui gli
angeli neri
fossero gli angeli della morte scagliati da Dio contro i cattivi
affinché al momento del trapasso fossero trascinati negli
Inferi.
Chi
aveva fatto questo “scherzetto” delle maschere di
certo non era
una brava persona.
Concentrandosi
riuscì a percepire delle onde negative provenire dal
limitare del
campus. In un battito d'ali fu lì e, avvistato un uomo dal
volto
mascherato, gli planò davanti bloccandogli il passaggio.
«Si
fermi!» intimò.
L'uomo
cercò di battere in ritirata ma Diana, ricordando di avere
con se
l'U-watch, gli lanciò contro l' X-Rod imprigionandolo quindi
gli si
avvicinò.
Strappatagli
la maschera riconobbe il proprietario del negozio di costumi.
«Grazie!»
bisbigliò l'uomo prima di svenire.
Avvistati
quelli del Centro, gli consegnò l'uomo e la maschera.
In
quell'attimo vide avvicinarsi Martin e Billi, tornati normali e
sicuramente attratti lì dalla vista degli uomini del Centro.
«Ottimo
lavoro agente Lombard.» disse M.o.m, giungendole alle spalle.
Gettato
uno sguardo su Martin ebbe l'impressione di vedergli sgranare gli
occhi nel sentirla chiamata per nome. Per un attimo aveva pensato di
non rivelargli chi fosse, anche a costo di perdere la scommessa ma
adesso non avrebbe più potuto farlo.
«Tutto
bene Diana?» chiese Billi, arrivando di corsa.
«Si,
tutto ok.» rispose la ragazza togliendo la maschera, orma
inutile.
«Tutto
sembra rientrato nella norma. Tornate pure alla festa, appena
saprò
qualcosa di più vi avviserò.»
«Martin,
il tuo orologio.» disse Diana, porgendogli l'U-watch.
Il
ragazzo lo prese senza dire una parola, il viso turbato. Diana si
sentì morire, quella stupida scommessa aveva rovinato il
loro
rapporto.
Gli
agenti del Centro, M.o.m e il prigioniero andarono via lasciando soli
Diana, Martin e Billi.
«Allora
si torna in pista?» chiese l'alieno.
«A
dire il vero preferisco andare a dormire. Scusami.» rispose
Diana,
avviandosi verso il dormitorio.
«Essere
uno zombie mi ha sfinito, mi dispiace.» disse Martin.
«Ok!»
esclamò Billi, un po' deluso e confuso dal comportamento dei
suoi
amici per poi ritornare alla festa.
I
due, ognuno per conto proprio, rientrarono nella propria camera.
Appena
entrata Diana si lasciò andare sul letto scoppiando in un
pianto
dirotto.
La
sua amicizia con Martin era finita?
Sarebbe
potuto tornare tutto come prima dopo quel quasi bacio?
Cosa
pensava Martin di quanto era successo?
Mille
pensieri le affollavano la mente ma le era impossibile dargli
risposta.
Sfilatosi
il costume e le scarpe s'infilò sotto le coperte.
Quando
il sonno la colse le sue guance erano ancora bagnate di lacrime.
Intanto
chiuso nella sua stanza, Martin si lasciò scivolare a terra
prendendosi la testa tra le mani.
Aveva
quasi baciato Diana.
Se
chiudeva gli occhi poteva rivederla col suo costume da angelo nero,
le curve maliziosamente evidenziate, il sorriso dolce, gli occhi
ridenti mentre gli sfuggiva nascondendosi tra gli alberi.
Sospirando
si rialzò ed andò in bagno. Una lunga doccia
calda riuscì a
cancellare ogni traccia dal travestimento ma non le sensazioni che
quella serata con Diana gli aveva procurato.
Tornato
in camera, indossò un paio di boxer e si mise a letto.
Doveva
fare qualcosa, non avrebbe lasciato che la sua amicizia con Diana si
rovinasse per una stupidaggine.
Presa
questa decisione sembrò trovare pace e con essa il sonno.
La
nuova mattina arrivò e con essa il momento di agire per
Martin.
Appena
alzato si vestì e corse al dormitorio femminile.
Era
piuttosto presto e, visto che non c'erano lezioni, in giro c'era poca
gente.
Arrivato
davanti alla camera di Diana iniziò a bussare a ripetizione,
non
sarebbe andato via senza averle parlato.
«Arrivo!»
urlò un'assonnata Diana con un diavolo per capello per
essere stata
svegliata così bruscamente.
Appena
ebbe aperto, trovatasi davanti Martin, richiuse la porta con un
tonfo.
Il
ragazzo ebbe appena il tempo di avvistare un ciuffo di capelli
castani prima che la porta si richiudesse.
«Diana,
apri!» urlò Martin, innervosendosi.
La
ragazza, appoggiata alla parete di fianco all'ingresso, si strinse
nella vestaglia scuotendo la testa in risposta al richiamo
dell'amico. Non ce la faceva ad affrontarlo.
Dopo
aver bussato ancora un po', sempre più nervosamente, si
fermò.
Doveva cambiare tattica, così non l'avrebbe convinta ad
uscire.
«Diana,
ho vinto la scommessa, è inutile che ti barrichi in camera,
mi devi
un frullato!» urlò, cercando di mantenere un tono
di voce allegro e
rilassato.
Sentendo
quelle parole, Diana si ritrovò a fissare la porta, stupita.
Possibile che avesse sentito bene? Martin voleva solo il suo
frullato?
Un
sorriso le spuntò in viso, l'amicizia era salva, anche se
non poteva
scacciare un lieve senso di delusione, sapeva che per lei non sarebbe
più stato lo stesso.
«Martin
io devo ancora vestirmi.» disse Diana attraverso la porta.
«Adesso
apro la porta, tu aspetti un minuto ed entri, ma ti prego, non
svegliare tutto il dormitorio!»
«Ok!»
rispose Martin, sorridendo ed esibendosi in un balletto di vittoria.
Come
promesso, Diana fece scattare la serratura quindi, afferrati i
vestiti, corse in bagno a cambiarsi.
Dopo
aver atteso, come da accordi, Martin entrò in camera e si
sedette
alla scrivania facendo girare la sedia. Mentre si guardava in giro,
l'occhio gli cadde su una nuvola di tessuto nero abbandonato a terra.
Dopo aver gettato uno sguardo alla porta del bagno per accertarsi che
Diana non stesse uscendo, si chinò a raccoglierlo e lo
annusò, era
ancora impregnato del suo profumo: vaniglia e miele.
Dolce
e delicato, proprio come lei.
La
voglia di baciarla tornò a galla, prepotentemente.
Quasi
si fosse scottato, Martin lasciò andare l'abito.
Doveva
mettere a tacere quei pensieri ma era più difficile di quel
che
pensava.
Sentendo
la porta del bagno aprirsi tornò a sedersi, sperando che lei
non
notasse la sua agitazione.
«Allora,
andiamo?» propose Diana.
«Non
dimenticare il portafoglio.» le ricordò Martin.
«Vedremo,
devi ancora spiegarmi come mi hai riconosciuto.»
ribatté Diana,
ghignando.
Lungo
il tragitto fino al bar rimasero in silenzio, nessuno dei due
sembrava interessato ad avviare un discorso, attraversare il cortile,
costeggiare la zona alberata li riportava alla sera precedente e
impediva loro di comportarsi in maniera spensierata.
Giunta
al bancone Diana ordinò per entrambi e pagò
quindi consegnò a
Martin il suo frullato ed uscì dal locale.
«Come
mai hai pagato anche il mio? Non ti ho ancora spiegato come ti ho
riconosciuto.» chiese Martin, raggiungendola.
«Intanto
godiamoci il frullato, poi mi spiegherai.» rispose Diana
prendendo
posto su di una panchina un po' isolata del parco.
Consumarono
la bevanda in silenzio, finché Diana non lo
guardò scoppiando a
ridere.
«Che
ti prende?» chiese il ragazzo, perplesso.
Incapace
di parlare per il troppo ridere, Diana si limitò ad
asciugargli col
dito uno sbafo di frullato ed a mostrarglielo.
Ridacchiando,
Martin le afferrò il polso e le prese il dito tra le labbra.
«Come
sei dolce!» esclamò, succhiando via le tracce di
frullato dal dito
di Diana.
La
ragazza sgranò gli occhi mentre l'aria sembrava crepitare
d'imbarazzo e d'attesa.
Martin
si diede mentalmente dello stupido, come aveva potuto fare una cosa
del genere?
Il
suono dell'U-watch li riportò al presente.
«Ci
chiamano.» disse Diana, ritraendo la mano.
Ebbero
appena il tempo di alzarsi dalla panchina che un portale si
aprì
sotto i loro piedi catapultandoli all'ingresso del Centro.
Dopo
l'identificazione di rito andarono nell'ufficio di M.o.m.
«Ben
arrivati.» disse la donna, senza staccare gli occhi dal
computer e
facendo loro segno di sedersi. «Il proprietario del negozio
è stato
molto collaborativo ma abbiamo faticato un po' per rendere
inoffensivo il demone. Per questo vi ho convocato solo
adesso.»
«Il
demone?» chiese Martin, incuriosito.
«Il
signor Wilson aveva acquistato la maschera ad un'asta, circa un mese
fa, pensava stesse bene nel suo negozio. Purtroppo però la
maschera
era il rifugio di un demone del male, appena venuto in contatto con
lui lo ha posseduto e costretto ad eseguire il rito che rendeva i
travestimenti reali. Il demone si nutriva della paura.»
spiegò
M.o.m « Adesso è stato reso innocuo mentre il
signor Wilson è
stato liberato, era solo una vittima.»
«Ne
sono felice per lui!» esclamò Diana, adesso
comprendeva il senso di
repulsione che aveva provato nei confronti di quell'uomo, era dovuto
unicamente alla possessione demoniaca.
«Andate
pure a godervi il resto della giornata.» disse la donna,
congedandoli con un cenno del capo.
Salutata
la donna i due tornarono all'ingresso e si fecero aprire un portale
che li riportasse al campus.
Appena
usciti si accorsero di essere nello stesso posto in cui la sera prima
stavano per baciarsi.
Accelerando
il passo, Diana si diresse verso il cortile.
«Aspetta!»
esclamò Martin, trattenendola per un braccio. «Non
ti ho ancora
detto come ti ho riconosciuto ieri.»
«Non
ha importanza.» rispose lei, sfuggendo il suo sguardo.
«Il
tuo profumo, vaniglia e miele.»
Diana
alzò la testa, fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo.
«Finalmente
mi guardi in faccia!» esclamò, sorridendo.
Per
un attimo pensò di non dire altro, di cogliere l'occasione
ma non
sarebbe stato giusto, tra di loro erano sempre stati sinceri.
«No,
non è vero. L'ho scoperto prima di poter sentire il tuo
profumo, ho
sentito Billi che ti salutava.» confessò.
Diana
fu sul punto di tirare fuori il suo solito martello per colpirlo ma
un dubbio si fece strada dentro lei. Se sapeva chi era,
perché aveva
ballato con lei, perché non le aveva rivelato di averla
scoperta,
perché aveva tentato di baciarla?
Insomma,
perché aveva continuato a flirtare?
«Martin
ma se sapevi chi ero perché hai continuato a comportarti
come se non
lo sapessi?»
«All'inizio
volevo solo prenderti un po' in giro, ballare un po' con te per poi
smascherarti ma era così piacevole stare insieme che ho
desiderato
godermi la serata in tua compagnia, anche a costo di fingere di non
averti riconosciuto.» confessò Martin, abbassando
lo sguardo.
«Ma
stavi per baciarmi!» sbottò la ragazza, arrossendo.
«Sarebbe
stato tanto tremendo?» chiese Martin avvicinandosi e
costringendola
ad appoggiare la schiena ad un tronco mentre portava il viso a pochi
millimetri dal suo.
«No!»
urlò Diana, spingendolo via.
«Scusami,
non volevo farti del male.» disse Martin, dispiaciuto,
vedendo i
suoi occhi farsi lucidi.
«Non
voglio rovinare la nostra amicizia per una stupida scommessa, io non
sono quella che hai visto ieri sera, non sono Lady Night, sono solo
Diana!» esclamò, scoppiando a piangere.
Intenerito,
Martin la strinse tra le braccia. Diana avrebbe voluto allontanarlo
ma non ebbe la forza di staccarsi da lui, così nascose il
viso sul
suo petto, singhiozzando.
«Lo
so che tu non sei Lady Night, non ho trovato piacevole stare con lei
ma stare con te solo che grazie al travestimento ho potuto guardare
oltre l'amica d'infanzia e vedere la ragazza...una splendida
ragazza.»
Diana
alzò la testa di scatto, imbarazzata.
«Quindi
tu volevi...» disse, senza il coraggio di completare la frase.
«Volevo
passare la serata con te, non con Lady Night.»
confessò,
grattandosi la testa, a disagio.
Diana
gli sorrise, felice ed emozionata da quelle parole.
Facendosi
coraggio, Martin le accarezzò una guancia, sfiorandole le
labbra e
vedendola trattenere il respiro.
«Sarebbe
così tremendo se ti baciassi adesso?» le
sussurrò a fior di
labbra.
Incapace
di rispondere, Diana si limitò a scrollare il capo.
Sorridendo,
Martin le si avvicinò, il suo profumo avvolse Diana e un
attimo dopo
le sue labbra la sfiorarono facendola tremare nel profondo.
Avevano
temuto di aver perso la loro amicizia, avevano creduto fosse meglio
fingere, avevano scoperto che la sincerità poteva regalare
la
felicità.
«È
stato strano.» affermò Martin appena smesso di
baciare Diana. «Ma
uno strano piacevole.» aggiunse ridendo.
Anche
Diana scoppiò a ridere, la paura che tra loro potesse
cambiare tutto
si era dileguata, Martin era sempre il solito, l'unico e il solo, il
suo Martin.
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