PAURA DEL
BUIO.
“Accidenti, mi dovrò
sbrigare se voglio uscire in tempo.” Borbottò Jamilia
lanciando un occhiata all'orologio appeso alla parete.
Le otto meno venti.
Anche quella sera il capo
l'aveva praticamente obbligata a fermarsi un ora in più per
finire una spedizione urgente.
Sbuffò sonoramente
sicura che nessuno potesse sentirla dato che il tecnico era in
officina ben lontano dal suo reparto.
E dire che aveva cercato
di evitare in tutti i modi il capo invano.
Alla fine se lo era
trovato davanti con l'ennesima richiesta: “ Signorina avrei
bisogno che lei si fermasse oltre l'orario di lavoro se non è
un problema.”
“Certo, nessun
problema.” Aveva risposto flebilmente.
Che altro avrebbe potuto
dire?
Era stagionale e presto il
suo contratto sarebbe terminato, doveva farsi vedere bene se voleva
una speranza di tornare la prossima stagione.
Col pensiero lo aveva
mandato al diavolo però.
Questo lusso le era ancora
permesso.
Era da una settimana che
ogni sera si fermava un ora o due in più in base al
quantitativo di lavoro da finire.
Pensò che Mattia a
quell'ora probabilmente stava preparando la cena in attesa del suo
arrivo.
Una smorfia di rabbia le
incurvò le labbra, amava guardare il suo ragazzo cucinare.
Era rassicurante mentre si
prendeva cura di lei.
Lo doveva ammettere era
particolarmente fortunata.
Ancora cinque cartoni ed
il bancale era pronto.
Peccato che doveva anche
pulire la macchina e buttare la spazzatura.
Non ce l'avrebbe fatta se
non prima delle otto e mezzo.
“Che palle!”
Borbottò lanciando un occhiataccia alla macchina che per tutta
risposta sputò nella cesta un sacchetto sotto peso.
L'ennesimo.
Dieci minuti dopo aveva
terminato il bancale e soddisfatta spense quella diavoleria di
macchina con un energica premuta dello stop.
“Per stasera basta
stronza, vai a nanna!”
Segnò il bancale
sul foglio e, con l'aiuto di un carrellino trasportò il carico
fino al drive-in ovvero il reparto dove la merce veniva imballata e
spedita.
Guardò nel buio
incapace di vedere altro che non fossero le alte colonne di cartoni
che percorrevano l'intero corridoio.
A quanto pareva il tecnico
non aveva ancora riparato il neon che avrebbe dovuto illuminare il
suo cammino.
“Accidenti!”
Prevedeva che sarebbe
arrivata a collocarlo solo dopo aver pericolosamente sbattuto contro
tutti gli altri vista la poca visibilità e la sua incapacità
di governare il carrello.
Sbuffò tirandosi
dietro il pesante carico e mosse i primi faticosi passi verso il
fondo del reparto dove intravedeva una zona vuota.
Arrivò fino alla
metà e si fermò per riprendere fiato.
Quel lavoro doveva farlo
un uomo non lei che pesava si e no 50 chili.
Si stava apprestando a
ripartire quando vide un ombra passare velocemente tra un bancale e
l'altro.
“Ma che diavolo...”
borbottò spaventata.
Rimase ferma ad osservare
il punto dell'apparizione ma non scorse più nulla.
Doveva esserselo
immaginata.
In fondo aveva sempre
avuto timore del buio sin da bambina.
Si guardò ancora
attorno col cuore a mille ma tutto sembrava tranquillo così
riprese a trainare il bancale.
Non vedeva l'ora di uscire
da lì e tornare a casa.
Fece manovra per collocare
il carico nel giusto spazio quando un rumore la fece trasalire
nuovamente.
Sembrava che qualcosa
avesse strisciato contro un cartone.
Prese a tremare e fu
tentata di correre lungo il corridoio.
Nonostante fosse
spaventata represse l'istinto e continuò la manovra.
Non appena il bancale ebbe
toccato il pavimento le sfuggì un breve sbuffo di sollievo.
Ora non le restava che
tornare indietro ed andare, finalmente, a casa.
Fece dietrofront e si
accinse ad attraversare il corridoio.
Il rumore delle ruote del
carrello sul pavimento le dava sicurezza, le piaceva quel suono forse
proprio perché le impediva di sentire movimenti sospetti che
la mente si immaginava come al solito.
Era quasi giunta a metà
del corridoio quando ebbe la strana sensazione di essere osservata,
era come se lo sguardo di qualcuno le perforasse un punto preciso fra
le scapole.
La bocca le si seccò
all'istante.
I colleghi erano soliti
giocare con questa sua sensibilità, la guardavano finché
non venivano puntualmente sorpresi.
Fin ora non si era mai
sbagliata, ogni volta che qualcuno la osservava lei lo sentiva,
dapprima era una lieve sensazione di fastidio che mano a mano
cresceva fino a diventare insopportabile disagio.
I muscoli si
pietrificarono impedendole di muoversi ulteriormente nonostante il
suo cervello le stesse gridando di affrettarsi.
La sensazione crebbe
acuendo i sensi.
Poteva sentire ogni
singolo rumore intorno a sé.
Fuori pioveva e le gocce
si abbattevano sul tetto, il ronzio del piccolo neon sopra la
finestra, il suo respiro veloce e...
appena percepibile un
lieve grattare di unghie contro il muro.
Un brivido la percorse
dalla testa ai piedi.
Raccolse tutto il coraggio
di cui era dotata e si girò di scatto mollando di colpo la
maniglia del carrello che cigolò tornando indietro.
I suoi occhi colsero la
figura di un piccolo topo che sgattaiolava sotto ad uno scaffale.
“Piccolo bastardo!”
Sussurrò tra una risatina isterica e l'altra.
I muscoli delle spalle
erano così contratti che le facevano male.
Riprese il cammino
fischiettando e dandosi della fifona tra sé e sé.
Arrivata a casa ne avrebbe
riso con Mattia.
Stava per varcare la
soglia del confezionamento quando una mano fredda le si posò
sulla spalla tirandola indietro contro un petto ampio.
Non ebbe nemmeno il tempo
di fiatare, fu un attimo.
Sentì appena la
lama fredda del coltello, i piccoli denti affilati penetrarle la
carne e le prime gocce di sangue scendere in rivoli sottili sulla
pelle.
Poi tutto si spense per
sempre.
ANGOLINO DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti! Sono tornata
con una piccola storiella da brivido....piaciuta?
Vi sono mancata?
Purtroppo tra il lavoro ed
il resto ho avuto poco tempo per scrivere ma sappiate che a breve
tornerò a pieno ritmo pubblicando una storia dopo l'altra. ;-)
Un bacione a tutti da
Fly90.
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