Per tutta la durata delle prove,
Elizabeth si comportò come se il loro alterco di pochi giorni prima non fosse
mai avvenuto. Richard era cupo e silenzioso, ma lei pareva non accorgersene; o
forse fingeva di non notarlo.
Per parte sua, Richard ballò
molto peggio del solito, suscitando le preoccupazioni dell’impresario, che lo
mandò a fare due passi per rilassarsi.
Tanto per fare qualcosa, andò a
vedere cosa si provava sull’altro palcoscenico, nella sala più piccola del
teatro. Spesso lì si tenevano rappresentazioni di dilettanti o monologhi.
Quando entrò, colse le ultime battute di una canzone.
“I feel you, Johanna, I’ll steal you…”
Richard incrociò le braccia e si
appoggiò al muro, per seguire il resto delle prove.
“Cos’è?”, chiese a un tecnico di
passaggio, accennando allo spettacolo con un cenno della testa.
“Sweeney Todd. Tim Burton
l’ha trasformato in un film qualche mese fa ed è improvvisamente tornato di
moda, così ora tutte le scuole superiori della zona hanno prodotto la loro
versione teatrale.”
“Uhm, sì, mi pare di averlo
visto. È quello del barbiere assassino che vuole vendicare la moglie, no?”
“Proprio. L’insegnante di teatro
che gestisce questa versione ci sta facendo diventare matti, con le sue
richieste. Vuole che riproduciamo il forno di Mrs. Lovett con tanto di fuoco,
per rendere meglio l’atmosfera. Sa, la fornaia che aiuta il barbiere…?”
“Sì, sì, mi ricordo.”
“Beh, stiamo cercando di
convincerla che non possiamo procurarle un forno vero con delle vere
fiamme, ma non vuole sentire ragioni. Mah.” E il tecnico si allontanò, scotendo
la testa.
“Mrs. Quilty, la prego, se le
dico che non è possibile…” Richard lo sentì dire dietro le quinte, in tono
supplichevole.
Seguì un altro stralcio di
recitazione – il ragazzo che interpretava Sweeney brandiva maldestramente un
rasoio e parlava mangiandosi le parole – poi tornò alle sue prove.
Trovò Elizabeth inginocchiata sul
pavimento, che cercava freneticamente qualcosa a terra e supplicava i colleghi
di aiutarla.
“Che succede?”, chiese Richard ad
uno dei ballerini di fila, che stava chinato con lo sguardo a terra.
“Elizabeth ha perso una lente a
contatto, sta’ attento a dove metti i piedi.”
“Oh.” Richard abbassò gli occhi e
girò svogliatamente lo sguardo sul pavimento.
In quel momento, lo strillo
acutissimo di Beth risuonò nel teatro.
“L’ho trovata, l’ho trovata!”,
gridò con voce stridula, allegra. “Grazie a tutti, ragazzi.”
L’impresario, che era rimasto a guardare la pessima performance
di Richard prima, gli isterismi di Elizabeth dopo, decise che ne aveva abbastanza.
“Oggi non è giornata, ragazzi.”
Battè le mani. “Tutti a casa, si prova di nuovo domani mattina. Cercate di
riposare e calmarvi un po’, va bene? Vi voglio un po’ più equilibrati, domani.”
“In tutti i sensi”, disse
sottovoce a Richard, mentre gli passava di fianco. Richard ne fu mortificato:
durante le prove era quasi caduto durante un semplice garguillade.
Uscì dal teatro con lo sguardo a
terra, umiliato. Nevicava, faceva un freddo terribile: Richard si strinse nel
cappotto. Si guardò intorno alla ricerca di un taxi per tornare a casa – non
era nello stato d’animo per infilarsi in un affollato, vociante vagone della
metropolitana – e fece appena in tempo a vedere Elizabeth che fermava un taxi
giallo e nero. La giovane aveva indossato un berretto di lana bianco coi pompon
e una sciarpa pure bianca; le donavano molto, dandole un’aria da enfant
terribile.
Nel salire, la ragazza si voltò
un attimo verso di lui: sullo sfondo bianco di neve, con le labbra pallide per
il freddo incorniciato dal bianco della sciarpa, l’unica cosa che spiccava,
nitida, intensa, nel suo viso, era l’azzurro dei suoi occhi. I due si fissarono
per un istante, una frazione di secondo in cui Richard sentì il ricordo del
sogno, vividissimo, ripresentarsi alla memoria – poi Elizabeth salì nell’auto e
chiuse la portiera con uno scatto metallico.
Mente il taxi si allontanava,
Richard ripensò alla lente a contatto smarrita da Elizabeth, e venne assalito
da un pensiero improvviso: un ricordo, una coincidenza, uno strano ibrido di
immaginazione e realtà.
Nel suo sogno, la ragazza portava
gli occhiali.