Hermione si sedette pesantemente accanto a Ron e lasciò
cadere la borsa coi libri per terra.
La borsa fece un gran tonfo. Ron sobbalzò e sbattè gli
occhi.
“Oh, ciao a te, Hermione!”, si affrettò a rispondere,
riscuotendosi. “Non stavo dormendo”, si difese.
“Ron. Non ti ho ancora salutato.”
“Oh.”
Silenzio.
Hermione sospirò. Che cos’è che ci aveva trovato, in lui…?
“Indovina chi pensa di essere un grande eroe e di aver
salvato il mondo dalla distruzione.”
“Il professor Snape?”
Hermione imprecò silenziosamente.
“No.”
“Il Mossad?”
“No.”
Ron riflettè.
“Gli alunni della scuola, uniti in una rinnovata alleanza
per la difesa della scuola e del mondo magico?” tentò, speranzoso.
“No, Ron. È qualcuno molto vicino a noi. Qualcuno che dovresti conoscere.”
Ron strinse le palpebre e aggrottò le sopracciglia, concentrandosi.
Si portò una mano a L sulla fronte e con l’altra le fece cenno di aspettare.
“Un attimo… Ce l’ho sulla punta della lingua… L’ho appena
studiato.”
Hermione alzò gli occhi al cielo. Contò fino a dieci. Poi,
per sicurezza, lo fece di nuovo. Già che c’era, ripassò mentalmente la lezione
di Pozioni per l’indomani.
Respirò a fondo.
“Ron, non puoi averlo studiato, non è ancora nei libri di
storia.”, disse, nel tono più gentile e posato che riuscì a produrre.
Non che,
se anche ci fosse stato, Ron l’avrebbe studiato. Per inciso.
A Ron parve di sentire un suono stridente, come di denti di
una sega che si spezzano, uscire dalla bocca della compagna. Capì che lei si
stava sforzando di usare un tono gentile e posato.
“I Centauri?” azzardò Ron, per farsi perdonare.
“Più umano.”
“Hagrid!”
Hermione lo fissò, severa.
“Ho detto più umano!”
“Uh… La McGonagall?”
“Più giovane.”
“Tu?!”
“No-no-no…” Hermione agitò una mano, infastidita. “Meno
sveglio.”
“Neville.”
“Più irritante.”
“Io?”
Hermione cominciò a stancarsi. Si ripromise di farsi un
appunto: mai giocare agli indovinelli con Ron.
“Fuochino.”
“Ehm… Posso chiedere l’aiuto del pubblico?” Le lezioni di
Babbanologia sui quiz televisivi stavano producendo su tutti quanti reazioni
assai strane.
“Ron, è
Harry! H-a-r-r-y.”, sbottò Hermione, esasperata.
“Potter?”
“No. Houdini.”
“Davvero?”
“No.”
Hermione cercò di dominarsi. Seguendo il consiglio della sua
analista, visualizzò un grande prato verde mosso da una brezza gentile,
popolato di scoiattolini, cerbiatti saltellanti, lupi siberiani che leccavano
affettuosamente le orecchie di un agnellino; e attivisti del WWF che ripulivano
l’erba dai rifiuti lasciati dai turisti.
Il desiderio di strangolare Ron non scomparve, ma lei si
sentì comunque molto meglio.
“Ron, dobbiamo fare qualcosa. Sta diventando
insopportabile.”
“Chi?”
Hermione aggiunse al prato verde una coppia di colibrì, un
koala e una mandria di antilopi dagli occhi dorati. Gli attivisti del WWF
furono travolti dagli animali in corsa quando i lupi siberiani videro le antilopi,
e dimenticarono istantaneamente l’agnellino.
Hermione
sorvolò.
“Harry.” Disse.
“Potter”, specificò, a scanso di equivoci. Non avrebbe sopportato di sentirsi
chiedere “Harry chi?”.
“In che senso, sta diventando insopportabile?”
Hermione si stupì nel sentire una frase coerente pronunciata
dal suo amico. Pensò che, per la legge dei grandi numeri, per una volta
l’avesse detta giusta perfino lui. Si ripromise di scriversi un altro appunto:
ricordarsi che Ron, per questo secolo, aveva esaurito le occasioni di dire una
frase corretta.
“Nel senso che si pavoneggia di continuo. Ha deliri di
onnipotenza. Sfida gli insegnanti, i compagni, le pareti e il Platano
Picchiatore a batterlo a singolar tenzone. E segue con troppa attenzione le
videolezioni di Babbanologia sulla tv-spazzatura.” Hermione sospirò, affranta.
“Harry non è più lo stesso, Ron”, concluse, angosciata.
“Harry chi?”