Autrice:
Alexiel
Mihawk
Titolo: Redemption:
under a benign sky
Personaggi: Hans
Westergard, Anna, Elsa, Kristoff
Pairing: Hans/Anna
Rating: arancione,
sfw
Genere: generale,
azione, sentimentale
Avvertimenti: contenuti
forti, one shot, what if?
Parole: 11602
Note: Sono
cose. Quando scrivi venti pagine di One Shot sono eventi. Prima di
partire qualche nota che vi prego di leggere se volete capire tutto.
Nella storia sono presenti fisicamente tre dei fratelli di Hans e
quattro sono solo citati. Ho un sacco di headcanon riguardo ai 13
Westergard, in questo caso sono tutti dei gran bastardi, tranne tre di
loro. David è il primogenito, Fabian il secondogenito, Levi
il terzo, e Stephen, Cord, Edmund e Isaak sono rispettivamente il
sesto, settimo, ottavo e nono figlio. Nessuno dei suoi fratelli ha lo
stesso colore di capelli di Hans e quando Fabian si riferisce al minore
come figlio del demonio
(o una cosa simile) è proprio ai suoi capelli che sta
pensando, infatti in passato erano considerati di cattivo auspicio
(Rosso Malpelo, ricordate?). Deto ciò, ho cercato di
inserire molte reference al film, a volte invertite, ovvero molti
personaggi si trovano nella situazione apposta a quella a cui sono
abituati e devono in qualche modo conviverci, alle volte sono
piccolezze, altre un po' meno.
Vi avviso inoltre che si parla di violenza fisica e che c'è
la descrizione di un tentativo di stupro (no, non va a buon fine, no,
non è colpa di Hans) quindi se la cosa vi infastisdisce mi
dispiace, ma la crocetta rossa in alto a destra è fatta
apposta. Altra cosa, a parte Redenzione, che ha un ovvio significato
relativo al percorso di Hans, il resto del titolo e tutti i quote
presenti vengono da Cime Tempestose di Emily Bronte.
Ultima cosa, vi ricordo che questa storia è una HansAnna,
quindi vi prego di evitare di commentare con sprezzo per la coppia
perché non ha senso, basta non leggere; per capire appieno
il personaggio di Anna bisogna conoscere la canzone More than just the
spare, che era presente nella bozza originale del film in riferimento,
per l'appunto, alla principessa.
Per chi aspetta Chances, la sto scrivendo, la sto scrivendo in questo
momento, contente?
Ora
ho davvero finito, spero che questa storia piaccia a voi come
è piaciuto a me scriverla.
Redemption:
under a benign sky
I've
dreamt in my life dreams that have stayed with me ever after, and
changed my ideas; they've gone through and through me, like wine
through water,
and altered the colour of my mind.
Catherine
Earnshaw – Wuthering Heights
La
figura scivola silenziosa tra le
ombre della notte, riconosce il posto e si dirige a passo svelto, senza
esitare, verso la meta. Per non essere visto ha aspettato che la poca
luce che
investe quelle lande di giorno si spegnesse, ha addirittura atteso una
notte
senza luna. Sa che deve assolutamente evitare di farsi riconoscere, non
sarebbe
ben accetto e ha già pagato una volta per la sua arroganza;
è consapevole del
fatto che lui, ad Arendelle, non avrebbe nemmeno più dovuto
metterci piede, ma
deve a tutti i costi recuperare qualcosa che ha lasciato lì
l’ultima volta che
è venuto. Attraversa di corsa la piazza principale, i suoi
stivali
scricchiolano sopra la neve fresca, lasciando una scia di impronte
leggere, con
passo rapido percorre il ponte che separa il castello dalla
città e torna a
nascondersi sotto le mura di cinta: scalarle sarà
più difficile del previsto,
soprattutto viste le sue condizioni, ma non vuole rinunciare.
Quando
riesce ad atterrare dall’altra
parte ha il fiato corto, la vista annebbiata e deve fermarsi un attimo
a
riposare.
Merda, pensa, di questo passo si riapriranno.
Tuttavia
non si dà per vinto e,
finalmente, riesce a raggiungere la stalla. All’interno non
c’è nessuno, solo
una fioca luce di candela illumina l’ambiente, e
l’uomo si dirige a passo
deciso verso uno dei box.
«Sitron»
sussurra piano «Sitron, sei
qui?»
Un
nitrito sommesso risponde alla
sua domanda e la sua bocca si rilassa in un sorriso, finalmente.
Apre la
porta di legno e trova ad
accoglierlo il suo cavallo, sono passati sei mesi dall’ultima
volta che lo ha
visto e nel ritrovarlo sente un tuffo al cuore. L’animale
nitrisce, contento, e
strofina il suo muso sul viso dell’amico, che lo abbraccia e
gli accarezza la
criniera.
«Mi
sei mancato anche tu» borbotta.
Lei
arriva all’improvviso, ma non lo
riconosce subito per via della barba.
Quando
capisce chi ha di fronte la
sacca di mele le sfugge di mano e non riesce a trattenere un gridolino
sommesso.
«Hans!»
«Anna?!»
l’uomo indietreggia di
scatto e va a sbattere contro il muro, l’urto è
più doloroso di quanto si
aspettasse e si ritrova in ginocchio con le mani che cercano di
artigliarsi la
schiena, già provata dal freddo artico
dell’inverno norvegese, per placare il
dolore.
«Cosa
ci fai tu qui?» sussurra la
principessa piano, indecisa se chiamare le guardie o prenderlo a calci
approfittando della sua debolezza.
«Stai
tranquilla, non sono qui per
attentare alla tua vita, né a quella di tua sorella. Sono
solo venuto a
riprendermi il mio amico».
Lei
ride e nella sua risata c’è una
vena di malignità che non sapeva nemmeno di possedere.
«Amico?
Tu non hai amici, e ora
lascia andare Sitron».
Hans si
rimette in piedi, ha la
vista appannata e sente il sangue colare dalle ferite riaperte, che il
diavolo
si porti via tutti i suoi fratelli, sadici bastardi.
«Sitron
è il mio cavallo. È stato
l’unico regalo che mi abbia mai fatto mio padre ed
è con me da quando è nato:
avevo sei anni. Fatti due conti» per la prima volta da lungo
tempo sente la
rabbia montagli dentro «Puoi chiamare tutti i soldati del
regno, Anna, non me
ne andrò di qui senza di lui».
La
principesse sbatte le palpebre,
sorpresa; non avrebbe mai creduto che Hans, dopo tutto quello che aveva
fatto,
sarebbe tornato indietro per un cavallo. Certo, capisce bene il legame
che può
crearsi tra un umano e un animale, l’ha visto con Sven e
Kristoff, ma non se lo
aspettava da Mister Cuore Congelato.
«Hans,
se ti trovano… Elsa ti ha
bandito per sempre da Aredelle, se ti trovano qui… Beh,
c’è la pena di morte»
distoglie lo sguardo, non sa bene perché, ma si sente
vagamente in colpa
«Scusami».
«Stai
scherzando? Ho quasi ucciso te
e poi Elsa, ho ingannato l’intero regno e tu mi chiedi scusa
perché tua sorella
ha applicato la legge?» scoppia a ridere, o almeno vorrebbe
farlo, ma tutto quello
che esce dalla sua bocca è un rantolo strozzato.
Anna
alza un sopracciglio e, dopo
essersi assicurata che non ci sia nessuno nelle vicinanze delle stalle,
gli si
avvicina.
«Aspetta,
fermo, ti aiuto io» ignora
lo sguardo di scherno del ragazzo e gli passa un braccio dietro la
schiena, nel
farlo, però, sente una sgradevole sensazione di umido e si
accorge, con orrore,
che la sua mano è sporca di sangue «Hans, che cosa
hai fatto?»
Lui
vorrebbe risponderle e dirle di
lasciarlo andare, ma perde i sensi.
Quando
riprende conoscenza non
riconosce la stanza in cui si trova.
È
disteso prono su un piccolo
materasso, il volto girato verso sinistra dove una spessa parete di
legno si
offre alla sua vista, dai riverberi rosseggianti di luce intuisce che
da
qualche parte alle sue spalle è stato acceso un fuoco;
rabbrividisce rendendosi
conto di essere coperto solo fino alla vita e cerca di alzarsi, ma due
mani
calde e gentili si posano sulle sue spalli e lo costringono a tornare a
contatto con il letto.
«È
meglio se non ti muovi» la voce
di Anna lo raggiunge come una lama e Hans stringe i pugni, consapevole
che lei sa «Se ti agiti
troppo si riapriranno di
nuovo».
«Dove
sono?»
«Al
sicuro, stai tranquillo» intercetta il suo sguardo dubbioso e
sospira «C’è una
baita tra le montagne, appartiene alla famiglia di un mercante di nome
Oaken,
ma in questo periodo lui e i suoi sono in città. E prima che
tu lo chieda,
nessuno sa che sei qui».
«Come
ci
siamo arrivati? Ora a palazzo ti cercheranno tutti».
«Ti
ho
caricato su Sitron e sono uscita dalla porta principale, la guardia non
se n’è
accorta, cioè non che non stesse lavorando, sono io che ti
ho nascosto» replica
la ragazza attizzando il fuoco «E non credo che mi
cercheranno così presto,
insomma, avevo già avvisato Elsa che mi sarei allontanata
per un po’. Certo non
immaginavo che non sarei stata da sola. Ora mi dici cos’hai
fatto alla
schiena?»
Hans
borbotta una bestemmia tra i denti e gira nuovamente il capo per non
guardarla
in faccia, ma Anna non si lascia scoraggiare da così poco e
si sposta fino a
raggiungere l’altra sponda del letto. Piazza una sedia di
fronte al viso del
ragazzo e inizia a battere nervosamente il piede per terra:
«Hans? Sai che sono
capace di farti la stessa domanda venti volte, vero?»
«Come
dimenticarlo» e senza volerlo sorride debolmente.
Non ha
voglia di parlare della sua schiena, di raccontarle come, una volta
tornato a
casa, i suoi fratelli l’abbiano gettato in una cella misera e
buia in cui è
stato lasciato a marcire per tre mesi. I topi sono stati a lungo la sua
unica
compagnia, si è ritrovato a dover combattere con loro per il
cibo, perché se
non era svelto abbastanza si sarebbero avventati sul suo pasto e sulle
sue dita;
doveva stare attento a dove dormiva, a coprirsi gli occhi e a non farli
avvicinare. Quando l’hanno tirato fuori e l’hanno
curato, Hans ha sperato, ha
pregato che la sua punizione fosse finita, ma ovviamente non era
nemmeno ancora
cominciata. Il quarto mese suo fratello Fabian, il secondogenito, aveva
iniziato a mostrargli la sua collezione di orrori, dimostrando di
essersi
ampiamente meritato il suo soprannome, Il
sanguinario.
Il
ragazzo ricorda ancora con terrore le giornate passate chiuso nella
replica senza
aghi di una vergine di ferro; a compensare la mancanza degli aculei ci
pensavano le numerose sottili aperture rettangolari sparse per tutta la
macchina, ogni tanto Fabian passava, prendeva un pugnale e lo infilava
attraverso i fori: «Spero di non avere colpito nulla di
fondamentale,
fratellino» diceva ridendo.
Le
cicatrici sul suo petto e sulle braccia sono state lasciate da quello,
e
comunque si tratta di un ricordo che Hans riesce ancora a sopportare;
è quando
pensa alla schiena che il sangue si gela nelle sue vene e sente le
spalle
bloccarsi, perché un dolore del genere non vuole provarlo
mai più.
«I
miei
fratelli» mormora piano sentendo gli occhi fissi di Anna su
di sé «I miei
fratelli mi hanno frustato per quello che ho fatto ad Arendelle. Mi
hanno
frustato finché la carne non si è staccata,
finché non hanno raggiunto le ossa,
finché non mi sono spezzato le labbra e non ho perso i
sensi. Poi mi hanno
curato e –»
Si
blocca
di scatto vedendo gli occhi inorriditi di Anna. Non era questo che lei
voleva,
non era questo che nessuno di loro voleva: come si può
essere così crudeli con
un qualsiasi membro della propria famiglia? Anche se ha sbagliato,
anche se ha
percorso una strada che l’ha condotto lontano, come?
«Tutto
questo per Arendelle? Ma Hans è terribile, le tue azioni non
hanno avuto
ripercussioni sulle Isole del Sud e –»
Il
ragazzo la interrompe.
«No
Anna,
non hai capito. Non mi stavano punendo perché ho tentato,
malamente, di
uccidervi, mi stavano punendo perché non ci sono
riuscito».
«Cosa?»
«Te
l’ho
detto che non abbiamo mai avuto un buon rapporto io e i miei fratelli,
no?
Avevo sperato, per un attimo, che se fossi riuscito a portare loro la
corona di
Arendelle mi avrebbero guardato, non lo so» Hans affonda la
faccia nel cuscino
«Con occhi diversi? Ma non ci sono riuscito, non
fraintendere, non ho più
nessuna intenzione di avvicinarmi al trono, a nessun trono. E
soprattutto non
voglio più avvicinarmi alle isole del Sud».
«Ma
Hans,
–»
«Risparmiami»
ringhia il ragazzo tirandosi mezzo su e reggendosi su un braccio
«Non voglio le
tue scuse, Anna, non voglio che mi guardi con pietà o
commiserazione, e se
quello che ti preoccupa sono i miei fratelli, stai tranquilla. Nessuno
di loro
cercherà di invadervi, fallendo ho tolto loro
l’occasione di provarci, oramai
non vi fideresti più di nessun Westergard».
La
ragazza tace, si alza lentamente dalla sedia e si avvolge in un pesante
cappotto di pelliccia, quindi si dirige verso l’esterno, ma
prima di varcare la
porta si ferma, e lascia entrare una folata di vento gelido e neve che
fanno
rabbrividire Hans il quale non ha mai sopportato il freddo clima di
quelle
terre e quel gennaio si sta dimostrando particolarmente impietoso.
«Non
è commiserazione,
Hans. È rabbia» sospira uscendo.
Stringe
i
pugni e lascia che lo sguardo si perda sulla distesa di neve bianca, le
unghie
le penetrano nei palmi delle mani, ma ignora il dolore pensando che lui
deve
avere provato ben di peggio.
Una
piccola parte di lei le sussurra che, in fondo, se
l’è meritato: le ha spezzato
il cuore, l’ha abbandonata a morire e ha quasi ucciso Elsa.
Ma Anna è cresciuta
in quei sei mesi e ha capito, nel momento in cui si è
trovata ad avere a che
fare con la vita – quella vera, non quella controllata che
aveva sperimentato
tra le mura del castello –
che le cose
non sono mai semplici come appaiono; sì, Hans è
un criminale, il suo crimine è
l’alto tradimento, il tentato regicidio, ma Hans è
anche l’uomo che ha fatto
del suo meglio per salvare i cittadini di Arendelle, per proteggerli
dal gelo.
È stato l’unico a non dare ad Elsa del mostro e a
cercare di trovare un punto
di contatto, l’ha fermata prima che commettesse un gesto
irreparabile e l’ha
riportata a casa.
Ha
sbagliato e il suo crimine non deve essere perdonato con leggerezza, ma
Anna
non pensa a lui come a un malvagio criminale che ha complottato alle
sue spalle
per ottenere il trono, quanto più a un goffo principe che ha
cercato di
cogliere un’occasione, travolto dalla sete di potere, quando
il destino gli ha
offerto una scelta. Certo quella scelta prevedeva salvarla o lasciarla
morire,
ma lei non trova comunque adeguato il prezzo che il ragazzo ha dovuto
pagare.
Riesce
ancora a sentire, sotto le proprie dita, la sensazione della carne
stravolta
dalle frustate, le cicatrici che, come un disegno, gli percorrono tutta
la
schiena, in un susseguirsi di rilievi frastagliati; trattiene a
malapena un
moto di disgusto e la rabbia torna a montarle dentro.
Quella
famiglia, quelle persone hanno qualcosa che non va. Non riesce a
spiegarselo
altrimenti, perché come si può fare una cosa
simile al proprio sangue? Al
proprio fratello? E per quale motivo poi?
Anna
dentro di sé si ripromette di tagliare ogni ponte con quel
regno, di avvertire
Elsa e di chiudere comunicazioni, commerci e ogni altra cosa; non vuole
mai più
vedere un Westergard in vita sua. Proposito che sarebbe più
semplice da
rispettare se non ci fosse Hans sdraiato in un letto
all’interno della baita,
ma in quel momento la giovane principessa di Arendelle realizza di non
avercela
davvero con lui.
Qualunque
cosa abbia fatto, qualunque crimine abbia commesso, ha pagato a
sufficienza per
una vita intera, forse anche per un paio.
Quando
rientra scopre che Hans, in qualche modo, è riuscito a
mettersi seduto,
appoggiandosi a una pila di cuscini; gli lancia uno sguardo di
disapprovazione
e si dirige verso di lui a passo di carica.
«Ti
avevo
detto ti rimane sdraiato. A pancia in giù» esclama
con aria minacciosa.
«Non
mi
dire. Senti, Anna, so che hai buone intenzioni, hai sempre buone
intenzioni, ma
ti prego, vai a fare la predica al tuo fidanzato campagnolo».
«Tu
ora
ti sdrai! Subito! Ehm… per favore?» si interrompe
un attimo pensandoci su
«Anzi, subitissimo! Forza!»
Hans si
lascia sfuggire una risatina, che tuttavia gli provoca una dolorosa
fitta alla
schiena: fantastico, ora non può più nemmeno
ridere.
Obbedisce
controvoglia e si lascia aiutare a rimettersi prono sul letto.
«Il
tizio
con la renna, il campagnolo, cosa ne pensa di questa tua mania di
girovagare
per i boschi da sola?» io non ti
lascerei
andare in giro senza una scorta, ma questo non osa dirlo, non
ne ha il
diritto.
«Perché
Kristoff dovrebbe dire qualcosa? Prima di tutto io e lui siamo solo
amici, e
credo di avere ampiamente dimostrato di essere in grado di sapermela
cavare da
sola!» borbotta oltraggiata la ragazza.
«Sì,
come
no, l’ultima volta sei quasi morta infatti».
«E
di chi
è la colpa?»
«Touché».
La
fissa
negli occhi per un istante che pare infinito e si chiede come faccia a
sostenere il suo sguardo, o forse è lui, è lui
che non dovrebbe avere nemmeno
il coraggio di guardarla in faccia, ma ce l’ha.
«Non
sono
arrabbiata con te, Hans. Cioè sì, lo sono stata,
sono stata – oh! Sono stata
così furiosa! Hai quasi ucciso Elsa, capisci?
Elsa!»
«E
ti ho
lasciata a morire in una stanza, lo so, non c’è
bisogno che me lo ricordi ogni
dieci minuti».
«No,
no,
fammi finire, non capisci il punto» esclama la ragazza
facendogli cenno di
stare zitto.
Sposta
di
nuovo la sedia davanti al letto e inizia a torturarsi le mani senza
sapere bene
da dove partire.
«Non
sono
più in collera, Hans, davvero; non ti sto giustificando e
non sono sicura di
volerti perdonare, ma credo che tu abbia già scontato
abbastanza e credo che la
tua famiglia sia… cattiva. Molto cattiva, cattivissima, e
non permetterò più
che ti trascinino in quel posto. Io –»
Hans
scoppia a ridere: «Anna, credo che questa sia
l’opinione più dura che tu abbia
mai avuto riguardo a qualcuno, perfino di me sei riuscita solo a dire
che ho un
cuore congelato».
«E
mi
sbaglio forse? Le cose mi hai detto… quelle persone sono
malvagie. E noi ti
abbiamo già consegnato loro una volta, non
lascerò che accada di nuovo. Te lo
prometto».
Il
ragazzo rilassa le spalle e chiude gli occhi, sorride appena, ma in
realtà le è
profondamente grato per quelle parole, per quel piccolo raggio di
speranza che
la principessa gli sta offrendo: una via di fuga.
È
necessaria una settimana perché le ferite di Hans si
chiudano a sufficienza da
permettergli di muoversi. Per sette giorni Anna si prende cura di lui,
gli
taglia i capelli e lo rade, privandolo finalmente di quattro mesi di
barba
incolta, gli cambia le bende e lo vede agitarsi nel sonno, sa che i
suoi incubi
riguardano i suoi fratelli e sa che lui non ne vuole parlare, quindi
finge di
non saperne nulla; dividono la baita in silenzio, Hans dorme in
salotto, dove
il rozzo tavolato di legno è stato trasformato in un letto
anni prima da Oaken,
per i suoi figli, aveva detto ad Anna; la principessa, invece, dorme
nella
camera da letto, tra lenzuola di cotone ruvido e pelli
d’orso. Si sente
vagamente in colpa, ma il ragazzo non si lamenta mai, parla a malapena
e ogni
volta che lo fa ha un sorriso sarcastico sul viso e
un’espressione malinconica;
lei non fa domande e per colmare quei silenzi eterni parla a
sproposito, parla
di tutto, parla abbastanza per entrambi.
Kristoff
arriva l’ottavo giorno.
Lo
sentono urlare quando è ancora parecchi metri lontano, non
una mossa saggia
vista la quantità di neve che ricopre la valle: deve essere
qualcosa di
veramente importante.
Hans si
nasconde nella stanza da letto, per sicurezza si siede per terra, con
la
schiena appoggiata al letto dove dorme la principessa, il
più lontano possibile
dalla porta. Anna va ad accogliere l’amico sulla porta e
quando lo vede
arrivare, trafelato e scomposto, capisce che è davvero grave.
«Anna!
Grazie a Dio!» esclama il giovane smontando da Sven e
correndole incontro «È
successa una cosa terribile».
«Kristoff,
cosa?»
«Ci
hanno
avvisato tramite messaggero, Hans è scappato, è
scappato dalle prigioni del
Regno delle Isole del Sud» dimmi
qualcosa
che non so, pensa Anna trattenendo una ghignatina
«Il loro re ha mandato
una delegazione di tre principi a proteggere Arendelle, arriveranno tra
quattro
giorni».
La
principessa sente il sangue gelare nelle vene, mentre il suo proposito
di non
avere più nulla a che fare coi Westergard va allegramente a
farsi benedire, e
volta molto lentamente il capo verso la porta della stanza,
domandandosi se lui
abbia sentito.
«Entra,
c’è qualcosa che devo dirti e riguarda Hans e i
suoi fratelli. Una settimana fa
–»
Non fa
in
tempo a continuare che l’uscio della camera si apre e il
tredicesimo principe
del Regno delle Isole del Sud fa il suo ingresso nella stanza; gli
tremano le
gambe e deve appoggiarsi allo stipite della porta per non cadere, Anna
non l’ha
mai visto così, i suoi occhi brillano di disperazione e
angoscia e, quando alza
lo sguardo a incontrare il suo, la sua voce diventa una preghiera, un
sussurro.
«Uccidimi»
con un braccio la ragazza ferma Kristoff prima che gli salti addosso e
soddisfi
la sua richiesta «Anna uccidimi. Vendetemi come schiavo,
mandatemi sulle
montagne a morire, qualsiasi cosa, ma non i miei fratelli».
«Cosa
ci
fa lui qui?» il giovane non domanda, ringhia.
«L’ho
trovato una settimana fa, era ferito» mormora Anna piano
«E l’ho curato».
«Sei
impazzita? Ti ricordi? Hans Westergard? Ha cercato di ucciderti, ha
quasi
ucciso Elsa e ti ha mentito, ripetutamente!»
«Sì,
grazie, me lo ricordo. Ma era ferito e l’ho curato e non
è pericoloso,
davvero».
«Non
è
pericoloso?»
«Ommioddio,
Kristoff, ma mi stai ascoltando? Sì, non è
pericoloso, ora siediti. C’è
qualcosa che dovresti sapere».
Il
ragazzo obbedisce, senza smettere di lanciare occhiate torve ad Hans,
il quale,
con gli occhi persi nel vuoto, cerca di non pensare al destino che lo
attende
se decideranno di consegnarlo ai suoi fratelli. Mentre Anna parla,
però, lo
sguardo di Kristoff si sgrana per poi serrarsi di nuovo e percorrere il
corpo
del principe come a studiarlo. Con un cenno la ragazza gli fa segno di
togliersi la maglietta e quando vede il petto martoriato, la schiena
flagellata
e le cicatrici, sparse su ogni centimetro della pelle, il biondo deve
trattenere un conato e si chiede come abbia fatto Anna a non fuggire
terrorizzata.
«Loro
ti
hanno fatto questo? La tua famiglia? I tuoi fratelli?» lo
vede annuire e nei
suoi occhi riconosce l’umiliazione e la rabbia di un animale
in gabbia, di
qualcuno costretto a mostrare un segreto che avrebbe preferito portarsi
nella
tomba.
Nonostante
l’attacco d’ira iniziale, Kristoff rimane una
persona dal cuore gentile, e,
quando si accorge dei turbamenti dell’animo del principe, gli
si avvicina e gli
appoggia una mano sulla spalla. Non gli piace, non ha intenzione di
perdonarlo,
ma non vede per quale motivo non dovrebbe fidarsi, questa volta non ci
sono
secondi fini, solo dolore e paura.
«Il
tuo
segreto è al sicuro con me» gli dice gentilmente
«Ma sappi che se dovesse
accadere qualcosa ad Anna o ad Elsa, sarò io stesso ad
esaudire la tua
preghiera».
Hans
annuisce, rivestendosi, quindi lancia uno sguardo alla principessa che
sta
sorridendo ad entrambi; non si merita tutta quella gentilezza, da
nessuno dei
due, non si merita niente eppure per qualche motivo né Anna
né Kristoff hanno
pensato, nemmeno per un istante, di consegnarlo ai suoi fratelli. In
quel
momento sente che il muro che ha eretto per impedire ai suoi sentimenti
di
farsi largo come una marea potrebbe crollare, potrebbe addirittura
piangere.
Fortunatamente la voce gentile della ragazza lo blocca prima che possa
fare
qualsiasi cosa.
«Dobbiamo avvisare Elsa,
immediatamente».
Treachery
and violence are spears pointed at
both ends — they wound those who resort to them worse than
their enemies.
Isabella Linton – Wuthering Heights
«Assolutamente no».
Elsa li
guarda tutti e tre, come se fossero impazziti; beh, con ogni
probabilità Anna e
Kristoff lo sono davvero, visto e considerato chi hanno avuto
l’ardire di
trascinare a palazzo. Eppure più ascolta il loro racconto,
più ode le loro
argomentazioni, più si convince che dicano la
verità.
Perché
la
regina sa che non c’è alcuna reale motivazione per
inviare tre principi alla
ricerca di un fuggitivo, perché la regina sa che Arendelle
è in grado di difendersi
da sola, e anche i Westergard ne sono consapevoli, sa anche che sarebbe
bastato
diramare un avviso di cattura e offrire la propria collaborazione.
Sì, Elsa sa
riconoscere uno schema quando lo vede e ora ne ha di fronte uno ben
congeniato,
quello che non riesce a capire è se Hans ne faccia o meno
parte.
Quando,
però, gli vede la schiena, decide che, se anche fosse
così, la sua non è una
partecipazione volontaria, anzi, lui quasi sicuramente non ha nulla a
che fare
con quella storia, probabilmente i suoi fratelli lo credono
già lontano, magari
in qualche regno esotico a godersi la libertà e a leccarsi
le ferite.
«Non
penseranno mai che io sia tornato qui, nessuno di loro attraverserebbe
l’oceano
e rischierebbe la vita per un cavallo» e su questo punto
nessuno può dargli
torto.
«Anna,
posso parlarti un momento? In privato».
«No,
qualunque cosa tu debba dire è giusto che la sentano anche
loro».
Elsa
sospira, consapevole che sua sorella non cambierà mai, e,
anche se avrebbe
preferito prima parlarne con lei, riprende da dove si era interrotta.
«Non
mi
fido di Hans» sposta lo sguardo sul ragazzo, che di fronte
all’occhiata gelida
della regina si sente arrossire leggermente, non la ricordava
così regale e non
ricordava nemmeno che potesse essere così intimidatrice
«Non mi fido di te, e
non ho intenzione di perdonare i tuoi crimini. Tuttavia, se quello che
dici è
vero, e purtroppo temo che lo sia, Arendelle corre un grave pericolo.
Non
possiamo permetterci una guerra, Anna, non possiamo rifiutare nulla al
Regno
delle Isole del Sud, né possiamo cacciare i suoi
emissari».
«Ma
Elsa!»
«Anna,
ascoltami» prende la mano della sorella tra le sue e la
guarda negli occhi «Non
sto suggerendo di consegnar loro Hans, né tantomeno il
regno. Ma di giocare al
loro stesso gioco; ci sono molte cose che né io
né te sappiamo del mondo, ma
questa volta abbiamo un vantaggio. Sappiamo che questi uomini hanno
delle mire
sul nostro regno, sappiamo chi sono, sappiamo come pensano. E tu
–»
La
regina
si volta verso il tredicesimo principe e gli punta contro un dito
candido.
«Tu
sarai
il nostro asso nella manica, fallo e io ritirerò tutte le
accuse contro la tua
persona, persino l’esilio e, se lo vorrai, alla fine ti
sarà concesso di
rimanere ad Arendelle».
«Se
scoprono che sono qui faranno di tutto per uccidermi. O per portarmi
via. O
entrambe le cose».
«Non
accadrà».
Hans
vorrebbe ribattere, ma non si può rispondere per le rime ad
una regina,
soprattutto non quando la regina in questione può
trasformarti in una statua di
ghiaccio decorativa da mettere in salotto, quindi il giovane tace,
sperando,
pregando che qualsiasi cosa quei tre abbiano in mente vada a buon fine.
Tre
giorni dopo arrivano i suoi fratelli.
Li
guarda
sbarcare dalla nave e anche a quella distanza li riconosce
perfettamente. Il
primo a poggiare piede sul molo è Fabian, che non solo
è il sadico bastardo che
si è divertito a trasformare il suo corpo in una cartina, ma
è anche il
secondogenito e la sua presenza non lascia presagire nulla di buono;
dietro di
lui ci sono Edmund e Isaak, gemelli, rispettivamente l’ottavo
e il nono figlio
della famiglia Westergard, nonché i più
affascinanti, egoisti e subdoli tra i
suoi fratelli. La delegazione non è stata scelta a caso e
nel vederli tutti
insieme Hans rabbrividisce, hanno in mente qualcosa, di questo
è sicuro, ma non
è mai stato astuto e calcolatore come Fabian, né
intrigante e ambiguo come
Edmund, né tantomeno possiede lo stesso carisma e sangue
freddo di Isaak, di
conseguenza non è in grado di capire quale possa essere il
loro piano. Le azioni
che ha compiuto in passato, dettate dall’impulso del momento,
non lo aiutano in
alcun modo a relazionarsi con loro; il suo complotto era pieno di falle
e, col
senno di poi, si chiede come abbia fatto a non farsi scoprire da
nessuno,
soprattutto quando si era bellamente inventato – senza uno
straccio di prova –
di avere scambiato i voti matrimoniali con Anna.
Si
ritrae
dalla balconata e ritorna nella camera che gli è stata
concessa, in un’ala
deserta del castello. Si trova nella torre dell’orologio e in
qualche modo la
sensazione che prova nel camminare di nuovo in quelle stanze
è un misto di
nostalgia e rimpianto, ma velocemente scaccia il pensiero; Hans sa che
non è
tempo di perdersi dietro a un passato che non può tornare,
perché in quel
momento i suoi fratelli stanno camminando sul selciato della
città,
attraversando il lungo ponte di pietra che conduce al castello.
Fabian
odia la neve. Odia il freddo, odia il vento, odia qualsiasi cosa possa
rovinargli la pelle o fargli venire i brividi. Quel regno di schifo
dimenticato
da Dio e dagli uomini dovrebbe essere obliterato, cancellato dalla
superficie
della terra; e sarebbe stato tutto così incredibilmente
più semplice se non
avessero avuto un buono a nulla come fratello. Il tredicesimo figlio,
come se
il tredici non fosse già di per sé una disgrazia,
un numero che porta male, così
era nato Hans: il figlio maledetto. E si era visto fin da subito,
capelli rossi
come il demonio – e non castani come ogni Westergard, con il
suo primo vagito
aveva assordato il palazzo e al suo primo respiro era corrisposto
l’ultimo
della regina. Una disgrazia frequente durante il parto, avevano detto
le
levatrici, soprattutto per una donna in età avanzata, ma lui
e i suoi fratelli
avevano sempre saputo la verità: era stata colpa sua, se
solo non fosse mai
nato. E in ventitré anni di vita avevano provveduto a
rinfacciarglielo in ogni
momento, ogni volta che ce n’era stata occasione; solo Levi,
Stephen e Cord si
erano rifiutati di dare loro corda, prendendosi cura di Hans da soli,
ma David,
il primogenito, era riuscito a mandarli lontano, facendoli sposare a
principesse di regni troppo distanti o spendendoli come emissari del
regno fino
ai limiti estremi del mondo.
«Fratello»
la voce melodiosa e armonica di Isaak lo riscuote dai suoi pensieri,
mentre a
passo di carica si dirige verso il castello «E se la strega
dovesse accorgersi
di qualcosa?»
«Quel
mostro sa solo usare il ghiaccio, almeno secondo le voci che corrono,
vedrai
che non si accorgerà di niente. Dubito che
riuscirà a resistere al tuo carisma,
ma cerca in ogni caso di dare il meglio di te. Non possiamo tollerare
un altro
fallimento. Anche tu, Edmund».
«Figurati,
se quella sciocca ragazzina è caduta nel tranello di
quell’incapace di Hans, di
sicuro cascherà tra le mie braccia come un frutto
maturo».
Elsa li
attende nel cortile, elegante e altera come sempre, trasuda eleganza e
compostezza; incredibilmente a suo agio tra la neve con solo un leggero
vestito
celeste indosso osserva, intimamente divertita, i tre principi, mentre
avanzano
verso di lei trattenendosi dal battere i denti per il freddo.
Dopo i
primi convenevoli li convince ad entrare a scaldarsi e li conduce nel
salone da
ricevimento, dove una tavolata di rinfresco è stata
preparata per il loro
arrivo; Anna dietro una porta, aspetta che Elsa la introduca e osserva,
insieme
a Kristoff, i nuovi arrivati.
«Hans
sostiene che saranno i gemelli a cercare di attirarsi le vostre
simpatie,
mentre quello grosso farà da osservatore» borbotta
il ragazzo.
«Sì,
ma
quale dei due?»
Lo
scopre
quando, appena fatto il suo ingresso nella sala, uno dei principi le si
fa
incontro e le porge la mano per aiutarla ad avanzare; che
cosa ridicola, pensa Anna, come se avesse bisogno di aiuto
per
camminare.
«Principe
Fabian, Principe Edmund, Principe Isaak, questa è mia
sorella, la Principessa
Anna».
La
ragazza risponde con un breve inchino, sorride con allegria, e lascia
che il
suo sguardo si sposti da uno all’altro; cerca di non fissare
troppo il maggiore
e di non far trasparire la rabbia che prova nel vederlo, soprattutto
sapendo
quello che ha fatto ad Hans.
«È
un
onore conoscervi, principessa» le dice Edmund facendole il
baciamano «So cosa
avete passato per colpa di quel mascalzone di nostro fratello e voglio
assicurarvi che tutti noi tutto il possibile per proteggervi da
lui».
Sì,
ma chi mi proteggerà da voi?
«Io…
Ecco… Grazie, immagino. Vi ringrazio molto».
«Spero
che la somiglianza fisica non vi disturbi» aggiunge quindi il
giovane,
collegando la sua esitazione ai ricordi del passato.
«Oh,
no,
no, certo che no, assolutamente no! Siete diversi, davvero,
diversissimi! Hans
è, era molto più…» si ferma
senza sapere nemmeno lei cosa dire sincero, goffo,
reale, affascinante? «Più rosso. Di capelli
intendo, e aveva più lentiggini e
gli occhi di colore diverso».
Si
blocca
improvvisamente prima di continuare un elenco che rischia di dimostrare
solamente quanto ancora si ricordi di Hans.
«È
un
sollievo sentirlo, principessa».
«Anna,
mentre io e il principe Fabian parliamo di questioni di stato,
perché non
mostri ai suoi fratelli il palazzo? Kristoff vi farà da
chaperon».
Il
biondo
entra nella sala e si inchina di fronte agli ospiti, profondamente a
disagio
per la veste, fin troppo elegante, che è costretto a
indossare per ricoprire
quel ruolo; Anna deve trattenersi dal non scoppiargli a ridere in
faccia di
nuovo, come ha fatto poco prima quando le è comparso di
fronte rinchiuso in un
completo nero.
«Se
le
Signorie Vostre hanno piacere di seguirmi» esordisce con un
voce strozzata,
domandandosi perché lo stia facendo.
Li
scorta
per lunghi corridoi e ampie stanze, rimanendo sempre in silenzio,
mentre Anna
racconta la storia di ognuna delle camere di rappresentanza, mostra
loro la
sala dei dipinti, la libreria e persino la cappella; se i gemelli
rimangono
storditi dalla sua parlantina cercano di non darlo a vedere, e si
prodigano in
complimenti e in domande per mantenere attiva l’attenzione
della principessa.
«Sono
tutte opere magnifiche» dice Edmund ammirando i quadri
«Ma nessuno di loro
eguaglia la vostra bellezza, non sei d’accordo
fratello?»
«Non
avrei saputo dirlo meglio» risponde Isaak che in
realtà sì, sarebbe riuscito ad
esprimere il concetto in modo molto più elegante.
«Hans
ci
aveva parlato di quanto fossero belle le principesse di Arendelle, ma
mai
avremmo pensato una cosa simile» Edmund allunga una mano e
sfiora una delle
trecce di Anna, lui odia quel colore «Così
delicata, come un fiore appena
sbocciato».
Un
leggero colpo di tosse lo spinge a staccarsi e a lanciare
un’occhiata di fuoco
in direzione di Kristoff.
«Milady,
credo che il vostro servo» e Isaak calca con particolare
disprezzo sull’ultima
parola «Non si senta bene, credo dovrebbe
ritirarsi».
Anna
emette una risatina sommessa: «Oh, come siete gentile a
preoccuparvi, ma vi
assicuro che sta benissimo, purtroppo soffre di raucedine».
I
gemelli
roteano lo sguardo, consapevoli che non sarà facile
liberarsi di quel molesto
cane da guardia che segue ogni loro movimento con occhio vigile,
studiandoli.
Non gli
piacciono, e non si fa nessuno scrupolo a comunicarlo ad Elsa e ad Hans
quando,
dopo qualche ora, si riuniscono nella torre dell’orologio.
«Mi
guardavano come se avessero voluto uccidermi, ero di troppo per
loro» asserisce
con rabbia, ricordando l’occhiata lasciva che avevano gettato
ad Anna prima di
andarsene.
Il
tredicesimo principe annuisce e guarda preoccupato la principessa,
mentre Elsa
prende la parola.
«Fabian,
invece, lui mi preoccupa di più. Ha gli stessi occhi freddi
di un morto e anche
quando sorride sembra che voglia distruggerti».
«Ed
è
così» mormora Hans «È
disposto a qualsiasi cosa pur di raggiungere il suo
scopo, e, onestamente, mi spaventa non sapere quale sia».
«Continua
a richiedere la mia presenza e ad importunarmi con noiose faccende di
stato,
come se tenermi occupata fosse la sua prima priorità e
davvero non capisco
perché, non siamo mai soli, siamo perennemente circondati da
dignitari e
ministri!»
Mentre
la
regina continua la sua filippica, lamentandosi assieme a Kristoff di
quanto non
sopportino quei nuovi venuti, Hans prende gentilmente Anna per un
braccio e la
trascina verso una finestra.
«Stai
attenta ad Isaak ed Edmund, so che te l’ho già
detto, ma cerca di non rimanere
mai da sola con loro due, sono degli animali e…»
si interrompe un attimo e la
sua presa si fa più salda mentre i suoi occhi verdi si
incastrano in quelli
celesti della principessa «Giravano voci, a casa mia, voci su
quello che gli
piace fare alle donne, soprattutto quando sono giovani, belle e non
consenzienti».
Anna
deglutisce e con altrettanta gentilezza prende la mano con cui Hans la
sta
ancora stringendo e la avvolge tra le sue.
«Starò
attenta, prometto».
Come
scopre ben presto, però, l’attenzione non
è mai troppa e il pericolo è sempre
all’erta. Gerda sostiene che nelle ultime notti qualcuno
abbia visto ombre
scure aggirarsi nei corridoi del castello, Kai ha parlato di antichi
fantasmi
risvegliati dalla presenza nefanda di uomini empi, ma sia la regina che
la
principessa sanno bene che non si tratta di mostri, o almeno non di
quel genere
di mostri.
I
fratelli di Hans hanno perlustrato l’intera tenuta, hanno
approfittato del
favore della notte e si sono insinuati in ogni anfratto e in ogni
stanza,
spingendosi fino a dove è stato possibile arrivare; solo le
stanze chiuse e
quelle protette da guardie sono state loro precluse e ora Fabian
ribolle dalla
voglia di riuscire ad entrare nelle stanze dei reali.
Quella
notte Anna si sveglia di soprassalto, c’è qualcosa
di strano nell’aria,
qualcosa di diverso e anche se continua a rigirarsi nel letto non
riesce a
riprendere sonno. Quando apre i tendaggi si accorge di cosa sia, il
cielo è
attraversato da lunghe strisce colorate, verdi, celesti, rosate, che si
muovono
come onde, come nastri di luce nella notte scura; è insolito
vedere un’aurora
polare una così presto durante l’anno, di solito
bisogno aspettare febbraio
inoltrato.
A
distrarla da quel panorama ci pensa uno scricchiolio sinistro fuori
dalla sua
porta, a quell’ora nessuno dovrebbe essere sveglio e Anna
ricorda con ansia le
parole di Hans: «Chiuditi a chiave in camera e non uscire mai
di notte, per
nessun motivo». Sa che l’uscio è
serrato, ma è altresì consapevole che per
aprire una porta come quella non ci voglia poi molto e quando inizia a
udire
una serie di scricchioli e lievi cigolii provenire dalla serratura i
suoi dubbi
scompaiono: qualcuno sta davvero cercando di entrare.
Con
passo
delicato si dirige verso un armadio a muro e si nasconde
all’interno, a
tentoni, nel buio, cerca un pannello sul fondo e quando lo trova a
malapena trattiene
un respiro di sollievo: lo fa scivolare di lato e davanti ai suoi occhi
si apre
uno piccolo tunnel. Si infila all’interno e rinchiuso il
pannello, giusto in
tempo per udire la porta della stanza spalancarsi, procede lungo la
galleria. Deve
avanzare carponi perché il soffitto non è
abbastanza alto da permetterle di
stare in posizione eretta; non è spaventata, anche se i
tunnel, nascosti alla
vista da un intricato sistema di decorazioni architettoniche, sono
stati
costruiti in caso i membri della famiglia si fossero trovati a dover
fuggire da
un assedio. Conosce perfettamente ogni anfratto e ogni svolta, quando
era
piccola li usava per giocare e non hanno segreti per lei; giunta ad un
bivio,
però, si blocca, senza sapere dove andare, Elsa
è, con ogni probabilità, al
sicuro, nessuno oserebbe attaccare la stanza della regina, non tanto
perché è
protetta da guardie, ma principalmente per via dei suoi poteri magici.
Senza
rendersene conto gira a sinistra e segue il percorso fino a una botola
in legno
scuro, la superficie è percorsa da buchi di tarli e quando
Anna spinge si apre
senza fatica, rivelando la base di una torre non illuminata; richiude
il
passaggio dietro di sé e, rabbrividendo a contatto col
pavimento freddo, si
dirige verso la scala a chiocciola nascosta nell’ombra.
«Hans?»
chiama piano salendo i gradini.
Il
ragazzo l’ha sentita entrare, o meglio ha sentito qualcuno
entrare, non si
sarebbe mai aspettato che fosse lei; quando la vede Anna ha i capelli
sciolti
lungo le spalle e il corpo avvolto in una pesante camicia da notte in
velluto
color verde bottiglia, attorno al collo un leggero strato di pelliccia,
i piedi
sono scalzi e il viso pallido. È la prima volta che Hans le
vede una simile
espressione di preoccupazione sul viso e senza pensarci le si fa
incontro.
«Anna!
Cos’è successo? Che ci fai qui?»
«Oh»
la
principessa sembra realizzare solo in quel momento dove si trova e fa
un passo
indietro nel vederlo avvicinarsi. Il ragazzo si blocca e le tende la
mano, non
vuole spaventarla e non vuole che scappi, non sa perché si
trovi lì, ma sente
una nuova sensazione di ansia farsi strada dentro di lui.
«Ecco
il
cielo si è svegliato e quindi mi sono svegliata anche io e
–»
«Anna»
l’attira verso di sé e la circonda con un braccio
guidandola verso il letto che
la regina ha fatto installare nella stanza vuota.
La
principessa si siede e si appoggia alla parete, tirandosi le ginocchia
contro
il petto e coprendo con il bordo dell’abito i piedi freddi;
lo guarda e gli
occhi le si riempiono di lacrime, non sa nemmeno cosa dire, sarebbe
dovuta
andare da Elsa.
Hans le
accarezza il capelli e si siede di fianco a lei, passandole un braccio
oltre la
spalla, non sa cosa dire, così rimane in silenzio,
aspettando. Non osa mandarla
via, non dopo tutto quello che ha fatto per lui, non osa rimproverarla
per
essere uscita di notte, non saprebbe nemmeno con che coraggio guardarla
negli
occhi per sgridarla, con che diritto?
«Qualcuno
ha cercato di entrare in camera mia» la sente mormorare piano
e sente tutti i
suoi muscoli irrigidirsi. Volta il viso lentamente verso di lei e i
suoi occhi
si fanno due fessure.
«Come,
prego?» domanda, è la sua voce è un
sussurro.
«Qualcuno
ha cercato. No, qualcuno è entrato in camera mia stanotte,
sono scappata prima
che aprissero la porta, ma so che è
così».
Rabbrividisce
e il ragazzo la stringe di più a sé, mentre una
furia cieca gli monta dentro,
non sa nemmeno lui cosa la provochi, ma la sola idea di Anna da sola
nella sua
camera che rischia di venire aggredita nel suo stesso letto dai suoi
fratelli
gli fa venire voglia di commettere un omicidio, questa volta per
davvero.
«Hans
ho
paura» ed è la prima volta, da quando la conosce,
che le sente dire una cosa
del genere. Anna non ha paura di niente, non scappa davanti al
pericolo,
affronta tempeste in piena estate e scala montagne per recuperare sua
sorella, combatte
giganteschi pupazzi di neve mutanti e prende a pugni in faccia chi,
come lui,
le spezza il cuore; Anna non ha paura di morire per salvare chi ama,
non ha
paura di finire congelata, non ha paura di mettersi sulla traiettoria
di una
spada, non teme il buio, la solitudine e il peso del passato, o forse
sì, ma
non lascia che nessuna di queste cose la schiacci. Eppure Anna
è lì ora,
accanto a lui, raggomitolata su sé stessa come una bambina,
terrorizzata
all’idea che i suoi fratelli possano entrare nella sua
stanza, trovarla da sola
e farle chissà cosa. Spinto da un impulso che non sa come
definire la prende in
braccio e la fa sedere sulle sue gambe, la circonda con braccio e con
l’altro
le accarezza i capelli, Anna non
sa bene
cosa stia succedendo, ma gli è grata di quel gesto e
sbattendo le ciglia
scaccia le lacrime che minacciano di uscire. Non sa quanto tempo
rimangano
così, forse si addormenta per un po’ con il capo
sulla sua spalla, perché
quando riapre gli occhi, sebbene ancora nella stessa posizione, sono
entrambi
coperti da una spessa pelliccia d’orso e da una coperta di
lana.
«Hans?»
lo chiama piano e al ragazzo ci vuole qualche minuto per mettere a
fuoco la sua
figura una volta aperti gli occhi.
Come si
rende conto della posizione in cui si trovano per poco non la lancia
per aria
facendola scoppiare a ridere.
«Anna,
ma
cosa! Oh, devi tornare in camera tua, lo sai vero?»
La
ragazza annuisce e abbassa lo sguardo.
«Io,
ecco, sì, mi accompagneresti? Cioè non nel senso
di venire in camera mia, in
quel senso, cioè un altro senso. Ecco, è solo che
–»
«Lo
so,
lo so, però è pericoloso per entrambi
attraversare il castello ora, soprattutto
assieme».
«Oh,
ma
io non pensavo affatto di passare per i corridori. Pensavo di passare
per i
tunnel, come quando sono arrivata».
«Mi
sembra un’ottima idea! Aspetta, cosa!? Tunnel?»
La
ragazza gli racconta dei passaggi segreti che collegano quasi tutto il
palazzo
e di come possano essere utilizzati come via di fuga in caso di
pericolo, gli
mostra la botola da cui è entrata nella torre la sera prima
e quando finisce di
parlare sul volto di Hans si forma uno strano sorriso.
«E
tu le
conosci tutte, queste gallerie, giusto?»
«Sì,
certo».
«Mostramele».
You
are welcome to torture me to death for your
amusement; only allow me to amuse myself a little in the same style.
And
refrain from insult as much as you are able. Having levelled my palace,
don't
erect a hovel and complacently admire your own charity in giving me
that for a
home. If I imagined you really wished me to marry Isabel, I'd cut my
throat.
Heathcliff
«Sono
sicuro che fosse quella la sua stanza, hai visto il letto, qualcuno ci
ha
dormito ed era ancora caldo quando siamo entrati».
«Imbecilli,
avreste dovuto assicurarvi che fosse all’interno!»
«Ma
c’era, non l’abbiamo vista uscire e abbiamo
controllato il corridoio per ore
prima di entrare».
«Avete
controllato che non si fosse nascosta da qualche parte? Magari si
è svegliata
sentendovi forzare la porta».
«No»
dice
Isaak masticando una bestemmia «Abbiamo guardato ovunque, non
c’era. Non
potevamo certo rimanere lì fino a mattina inoltrata, se
fosse entrata qualcuna
delle serve sarebbe stato un guaio».
«Così
abbiamo aspettato un paio d’ore e siamo venuti via»
aggiunge Edmund
mordicchiandosi l’unghia del pollice dal nervosismo.
«Se
non
si riesce a trovarla da sola in camera da letto bisognerà
sorprenderla nel
castello» prosegue Fabian guardando con disgusto la neve
fuori dalla finestra.
«Ma
è
sempre seguita da quel paesano pezzente».
«Già,
non
la molla un attimo».
«A
lui
penserò io, dopo tutto, anche se il su compito è
quello di accompagnare la
principessa ovunque vada, escludo che possa rifiutarsi di eseguire un
mio
ordine, sono, pur sempre, un principe» Fabian ghigna, non
lasciando presagire
nulla di buono e i suoi fratelli, conoscendolo, si preparano ad entrare
in
azione.
Anna
legge nella biblioteca del castello, non è mai stata
un’accanita divoratrice di
libri, ma visti gli ultimi fatti ha deciso di ritagliarsi un
po’ di tempo per
stare da sola, per pensare e rilassarsi. Seduta sulla chaise-longue,
davanti al
camino acceso, sfoglia distrattamente un romanzo d’amore,
mentre la sua mente
vaga senza sosta agli eventi dell’ultima settimana e in
particolare ad Hans.
Ripensa a quando si sono trovati insieme in quella stanza
più di sei mesi
prima, e, sebbene consapevole che entrambi all’epoca fossero
persone diverse,
non riesce a trattenere un gemito di disgusto. Perché deve
essere sempre tutto
così difficile?
Appoggia
il libro sul tavolino e si perde a osservare il bagliore delle fiamme,
Elsa è
occupata in qualche noiosa riunione di stato, Kristoff ha dovuto
accompagnare i
principi a visitare la città e lei è rimasta
lì, da sola, a deprimersi. Bella
vita!
Impreca
sommessamente e non sente la porta aprirsi alle sue spalle, a
riscuoterla dai
suoi pensieri è una voce armoniosa e languida che la coglie
impreparata.
«Non
è
molto reale imprecare a quel modo, principessa» sussurra
Edmond appoggiandole
una mano sulla spalla.
«Chissà
cosa direbbe vostra sorella se vi udisse, lei che è sempre
così… algida»
continua Isaak girandole attorno e sedendosi sul bordo della
chaise-longue
«Così fredda che talvolta mi domando persino se
sia capace di amare. Povera
Anna, che triste vita devi avere avuto, sempre così
sola».
La
ragazza si ritrae e in quel momento al viso di Isaak si sovrappone
quello di
Hans e lei sente le lacrime tentare di farsi strada per uscire, ma si
morde la
lingua e cerca di alzarsi.
«Non
così
in fretta, Principessa» le mani di Edmund le artigliano le
spalle e la spingono
a risedersi, mentre la sua lingua le accarezza lasciva il lobo
dell’orecchio.
«Lasciatemi,
lasciatemi andare, tutti e due» intima loro cercando di
divincolarsi, ma la
presa dei fratelli sul suo corpo è ben salda e le loro mani
si fanno fameliche.
«Cosa
pensi che succederà, Anna» domanda Isaak
sollevandole la gonna e accarezzandole
le gambe «Dopo che avremo finito? Come pensi che
farà la regina per evitare che
si sappia dello scandalo che ha colpito la sua amata sorella?»
Ora le
sue mani sono arrivate alle cosce ed Anna, oltre la pesante stoffa dei
mutandoni, riesce a sentire le sue impronte sulla pelle, e cerca di
divincolarsi anche di più, urlando loro di lasciarla.
«Credo,
fratello, che l’unico modo per rimediare a un simile dramma
sia un matrimonio
riparatore, non vogliamo mica che nasca un figlio bastardo»
finisce Edmund per
lui e in quell’istante la ragazza capisce che cosa hanno
intenzione di fare e
urla più forte.
«Oh,
Anna, se solo qualcuno potesse sentirti» la voce di Isaak
è un sussurrò mentre,
con insolita violenza, le strappa le mutande e le calze «Se
solo a qualcuno
importasse di te, così piccola e sgraziata, senza alcuno
scopo, non sarai mai
regina, lo sai vero? Nessuno ha bisogno di te».
Anna
sta
piangendo, la testa le gira ed è terrorizzata, nessuno la
sente, perché nessuno
la sente? Dove sono tutti? Elsa? Kristoff? Gerda? Kai?
Perché nessuno risponde?
«Hans»
sussurra piano.
«Hans?»
i
gemelli scoppiano a ridere «Oh, ancora lui? Non preoccuparti,
principessa, probabilmente
ora è da qualche parte a godersi la
libertà».
«O
morto».
«O
entrambe le cose».
Anna li
guarda con orrore mentre Isaak si slaccia lentamente i pantaloni,
questa volta
quando lo chiama la sua voce è più alta, e ogni
volta urla più forte.
«Hans!»
Isaak
si
slaccia la cintura.
«Hans!»
Isaak
si
cala le brache.
«Hans!»
Anna
sta
piangendo a dirotto oramai e non si accorge quando Edmund viene colpito
alle
spalle, sente solo la sua presa svanire e tra le lacrime si accorge che
Isaak indietreggia
invece di avanzare, istintivamente si ritrae più indietro
sul divanetto
portandosi le gambe al petto come a volersi difendere, ma non ce
n’è alcun
bisogno perché il pesante candelabro in ottone colpisce
Isaak in piena fronte e
il giovane finisce disteso per terra. La ragazza segue passivamente i
movimenti
di Hans mentre lega con la corda della tenda i due fratelli, non riesce
a
parlare e non riesce a smettere di piangere, vorrebbe solo scappare,
nascondersi, coprirsi e andare via.
Hans le
si avvicina e le posa con delicatezza la sua giacca sulle spalle,
abbassandole
come può la gonna e cercando di asciugarle le lacrime.
«Anna?
Anna, va tutto bene, sono qui».
Sull’orlo
di una crisi di nervi la ragazza gli getta le braccia al collo e inizia
a singhiozzare
più forte, senza riuscire a parlare, senza nemmeno riuscire
a ringraziarlo.
La
prima
volta che Hans è entrato nella biblioteca insieme ad Anna ha
scelto di lasciarla
morire, la seconda volta che Hans si trova nella biblioteca insieme ad
Anna
sceglie di salvarla.
«Tutto
questo è inaccettabile!» esclama Fabian facendo
fumo anche dalle orecchie.
«Inaccettabile?
Inaccettabile?» Elsa sta urlando, attorno a lei
l’aria si cristallizza e ai
suoi piedi si espande un sottile velo di ghiaccio «Venite a
casa mia, venite
accolti come ospiti, e i vostri fratelli cercano di violentare mia
sorella e
questo sarebbe inaccettabile?»
La sua
mano scatta di lato e senza nemmeno riuscire a controllarsi la regina
congela
il trono per la stizza, sullo schienale spuntano una serie di
inquietanti
spuntoni di ghiaccio che si allungano verso il soffitto.
«Se
vostro fratello, se Hans» si corregge per evitare di creare
ulteriore
confusione «Non fosse stato davvero
nei paraggi, mia sorella sarebbe stata alla mercé di quei
due. E vi assicuro
che se fosse accaduto, nessun matrimonio riparatore, nessuna lettera di
scuse
del vostro re avrebbero potuto impedirmi di dichiararvi guerra. Quindi
non
venite a dirmi che è inaccettabile che Arendelle ritiri le
accuse di tentato
regicidio. A partire da oggi Hans Westergard non è
più bandito da queste terre,
ma i vostri fratelli, Isaak e Edmund, lo sono. E se li rivedremo
ancora, beh».
Elsa
stringe il pugno e il ghiaccio che ha invaso la stanza si infrange in
mille
piccoli pezzi per poi svanire nel nulla, Fabian deglutisce, i suoi
piani sono
stati di nuovo mandati a monte da quel patetico inetto smidollato del
suo
fratello minore, avrebbero dovuto ucciderlo da piccolo.
«Vostra
maestà» il secondogenito dei Westergard si morde
la lingua per impedirsi di
darle della frigida ragazzina viziata «Forse per le leggi di
Arendelle ora Hans
non è più colpevole di alcun crimine, ma per le
nostre lo è. Ed è ancora un
cittadino del Regno delle Isole del Sud, vi chiedo, pertanto, di
consegnarmelo.
Come è giusto che sia».
La
regina
alza una mano, intimando silenzio.
«Non
è il
momento, né il luogo. Ora sparite dalla mia vista, prima che
decida di
congelarvi il cuore» e la sua non è una minaccia
vana.
Come
l’uomo sparisce Elsa si precipita nelle stanze di sua
sorella, ma la porta è
chiusa e Kristoff, insieme ad Hans, è seduto per terra
appoggiato al muro, si
tiene il capo con le mani e guarda fisso per terra, il principe, al suo
fianco,
ha i pugni serrati, le unghie sono penetrate nella carne, ma non ci fa
caso,
guarda dritto davanti a sé, ma non vede nulla.
«Come
sta?» domanda la regina fissando prima uno e poi
l’altro.
«Non
fa
entrare nessuno» sussurra piano Kristoff «Mio Dio,
Elsa, è tutta colpa mia, avrei
dovuto essere con lei, avrei dovuto essere al suo fianco».
La
ragazza gli appoggia una mano sulla spalla e sorride debolmente.
«Non
è
stata colpa tua, Kristoff, non potevi esimerti
dall’accompagnare Fabian e i
suoi fratelli in paese e non potevi prevedere che i gemelli avessero in
mente
una cosa simile quando sono rientrati lamentandosi per il
freddo».
«Ma
io
sì» interviene Hans, e la sua voce è un
mormorio roco «Sono i miei fratelli,
sono degli animali, avrei dovuto capirlo, avrei dovuto
immaginarlo».
«Ora
basta! Grazie al cielo non è successo niente di
irreparabile, Kristoff li ha
tenuti a bada fino ad oggi e tu, grazie alle gallerie –
che
non so proprio come tu abbia scoperto, sei arrivato in tempo per
salvarla» si blocca
avvicinandosi alla porta «È solo spaventata,
è normale, non fatevi abbattere
dalla sua debolezza, non ha bisogno di questo ora».
Bussa
piano alla porta, ma nessuno le risponde.
«Anna?
Anna sono io, sono Elsa. Aprimi per favore» appoggia la mano
sullo stipite
chiuso e per un secondo pensa a quanto si siano ribaltati i ruoli
«Anna? Puoi
lasciarmi entrare?»
La
porta
si apre quel tanto che basta per lasciar passare la regina, che scivola
dentro
silenziosamente e accosta l’uscio alle sue spalle, facendo
cenno ai ragazzi di
aspettare lì; Anna la guarda con gli occhi ancora arrossati
di pianto e
l’abbraccia stretta, come se non volesse più
lasciarla andare.
Elsa la
conduce sul letto e si siede accanto a lei, mentre Anna le si stringe
addosso
come quando erano piccole, prima che il mondo intervenisse a separarle.
«Va
tutto
bene, ora, ci sono io con te» le dice piano accarezzandole i
capelli.
Quando
Anna parla la sua voce è un sussurro.
«Per
un
attimo ho temuto che non sarebbe arrivato nessuno, perché a
chi importa di
Anna? Ho creduto che sarei rimasta lì da sola e che loro
avessero ragione. Oh,
Elsa, scusami» le lacrime le appannano di nuovo gli occhi
«So che è ingiusto,
ed egoista, e so che tu tieni a me, ma metà delle persone
che ci sono a palazzo
fingono che io non ci sia, le guardie non mi parlano e credevo, credevo
mi
sentissero e mi stessero ignorando apposta e –»
Sua
sorella la blocca sul nascere e la stringe più forte.
«Non
pensarlo nemmeno, tutti ti adorano Anna, porti il sorriso ovunque vai,
questo
regno sarebbe così triste se non ci fossi tu».
Rimangono
in silenzio entrambe, abbracciate come due bambine.
«Elsa,
cosa è accaduto dopo?»
«Dopo
che
hai avuto una meritata crisi di nervi?» ridacchia la maggiore
passandole una
mano sui capelli «Niente di che, Hans è venuto a
chiamarmi, Kristoff ha preso a
pugni Fabian, Isaak e Edmund sono stati gettati nelle prigioni e no,
non
lascerò che quell’uomo li riporti sulla nave
finché non sarò sicura che
partano, e poi, ecco, potrei avere dato di matto. E avere congelato la
sala del
trono».
Anna
scoppia a ridere e la sua risata è un balsamo.
«Elsa!»
«Oh,
insomma, ero così furiosa!»
«Grazie»
risponde Anna dandole un affettuoso bacio sulla guancia e godendosi
quel
momento, così raro, in cui sua sorella è tutta
sua.
«Kristoff
e Hans sono qua fuori che prendono a capocciate il muro».
«Questa
è
una menzogna!» urla il biondo da fuori «Stiamo
litigando con la panca».
Anna
ridacchia di nuovo e urla loro di entrare, giacché origliare
fuori dalla stanza
di una principessa non è proprio il massimo
dell’educazione. Quando i due
ragazzi si fanno avanti hanno lo sguardo mesto e l’aria
depressa, come due
bambini a cui è appena morto il cane e Anna prova un
istintivo moto di
tenerezza nei loro confronti, nei confronti di entrambi.
«Che
musi
lunghi! Cioè non letteralmente lunghi, ma tristi,
sì insomma che facce tristi!
Guardate che io sto benissimo» borbotta strappando loro un
sorriso «Sapete che
Elsa ha congelato la sala del trono?»
«Aspetta,
cosa?» domandano in sincrono i due ragazzi spostando lo
sguardo sulla regina
che ha la decenza di arrossire lievemente.
«Oh,
beh,
ero arrabbiata» il suo sguardo si oscura per un attimo
«Quell’uomo disgustoso
continuava a urlare e io pensavo ad Anna, e ha osato contestare le mie
decisioni. Dove pensa di essere, a casa sua?»
«Fabian
è
molto testardo» risponde semplicemente Hans.
«Indubbiamente,
e non ha nemmeno accettato che facessi cadere ogni accusa che pendeva
sul tuo
capo per bandire, invece, i tuoi fratelli»
Hans
rimane interdetto, grato, ma interdetto. Arendelle non è il
posto adatto per
lui, non dopo tutto quello che ha fatto passare ai suoi abitanti.
«Tuttavia,
sostiene che, siccome sei a tutti gli effetti un cittadino del Regno
delle
Isole del Sud, di avere il diritto di riportarti a casa, dove ancora
sei
accusato di tradimento».
Indietreggia
di un passo, ma la mano pesante di Kristoff si posa sulla sua spalla
destra e
nel suo sguardo il giovane legge qualcosa di completamente nuovo e
inaspettato:
solidarietà, rispetto, amicizia.
«Elsa
no!
Non lasceremo che lo portino indietro, puoi –» Anna
salta giù dal letto e si
pone sul lato sinistro del ragazzo, prendendolo per una mano.
Elsa la
interrompe con un gesto.
«E
non ho
intenzione di farlo, ma è vero che non ho alcun potere di
lui. C’è una
soluzione però, se tu» e fissa Hans negli occhi
«Sposassi una ragazza del posto
diventeresti un cittadino del regno».
Anna
sente la mano di Hans irrigidirsi, Hans sente la mano di Anna lasciare
la
presa. Non può farlo, non può, non deve; si
maledice per averci pensato per
anche solo un istante e i suoi occhi incrociano quelli di Anna, la
ragazza lo
guarda senza parlare, non lo sta giudicando, sta solo aspettando.
«Non
posso» sussurra piano il ragazzo girandosi.
«Non
puoi
o non vuoi?» domanda Elsa cautamente.
Hans
volge il viso verso di lei: «Fa differenza?» quindi
si incammina verso la
porta, le spalle curve, un’espressione di rassegnazione sul
volto, e quando
sparisce il cuore di tutte le persone rimaste nella stanza si
è fatto un po’
più pesante.
Anna
guarda la porta scura della torre senza riuscire a trovare il coraggio
di
entrare, sono dieci minuti che la fissa insistentemente e le parole di
Kristoff
continuano a risuonarle nelle orecchie: «Dovresti andare a
parlarci, sei
l’unica che può convincerlo, Anna. Non
ascolterà nessun altro».
Quando
si
decide è la porta stessa a spalancarsi di fronte a lei e
Hans le va a sbattere
addosso, la ragazza barcolla, rischiando di perdere
l’equilibro, ma mani forti,
che ultimamente ha imparato a conoscere, la tengono salda.
«Anna,
perdonami, non ti avevo visto».
«Hans,
devo parlar– Vai da qualche parte?»
Il
giovane distoglie lo sguardo e nasconde dietro la schiena, con scarso
successo,
la semplice sacca con le sue cose.
«Dimmi
che non stai andando a consegnarti a tuo fratello».
«Anna,
cerca di capire, è l’unico modo».
«Hans,
no!» gli afferra le braccia con le mani sottili e a fatica lo
respinge nella
torre chiudendosi la porta alle spalle con un calcio «Ti
prego, ti prego, non
farlo».
«Mi
dispiace, ma non c’è altro modo, non
capisci?»
«E
invece
c’è, te lo ha detto anche Elsa!» i suoi
occhi azzurri lo fissano con
insistenza, con speranza quasi, una speranza che Hans si rifiuta di
darle,
perché non sarebbe giusto, non sarebbe corretto,
perché Anna merita il meglio e
lui, con il suo passato da criminale e il suo corpo martoriato, non lo
è.
«Quell’opzione
non è contemplata, lo sai. Cosa succederebbe se sposassi una
ragazza di qui?
Non posso obbligare qualcuno a rinunciare a tutti i suoi sogni per un
matrimonio di facciata, celebrato solo per salvarmi la vita. Sarebbe
troppo
egoista e io ho giurato di non essere più quella
persona».
«Perché
parti dal presupposto che nessuno ti voglia? Perché parti
dall’idea di essere
di troppo, di essere fuori posto?»
Hans
sospira e le accarezza il viso, quindi le dà le spalle
ignorando le sue
proteste ed esce dalla porta.
Quando
si
scuote e si metter a inseguirlo, lui è già
arrivato nella sala delle udienze
dove Elsa sta discutendo animatamente con Fabian.
«Eccolo,
il mio fratellino» esclama l’uomo con un tono di
voce che non lascia presagire
nulla di buono «È ora di tornare a casa».
«A
meno
che» interviene Elsa osservando l’intera sala
«Qualcuno non abbia da proporre
un’unione con il principe Hans»
Nella
sala cade il silenzio, tutti osservano il ragazzo, ma nessuno pare
disposto a
fare un passo per prendere le sue difese, Fabian scoppia a ridere
divertito da
quel tentativo patetico, finché
la porta
non si spalanca di nuovo e come una furia entra Anna.
«Io!»
esclama la ragazza «Sposerò io Hans».
A
grandi
falcate attraversa la stanza sotto lo sguardo allibito dei presenti e
con fare
possessivo prende la mano del principe.
«Anna,
no!» esclama il giovane, ma la ragazza lo ignora.
«Il
nostro fidanzamento non è mai stato ufficialmente annullato
perché, secondo i
dignitari, a causa della velocità con cui era stato
stipulato, non c’erano gli
estremi perché fosse ufficiale, ma hanno commesso un errore
perché ora sono
passati sei mesi e adesso è valido a tutti gli
effetti».
Elsa
non
sa se applaudire per questo raro sfoggio di conoscenze giuridiche o se
strapparsi i capelli e congelare Anna sul posto, non intendeva questo
quando ha
proposto la cosa. Fabian non sa cosa dire, ma nella sua mente si fa
strada una
nuova idea, perché se davvero quel buono a nulla riuscisse a
sposare la
principessa, allora ci sarebbero ancora delle possibilità
per i Westergard di
mettere le mani su Arendelle.
«Anna,
ti
posso parlare un secondo?» ringhia Hans tra i denti.
«Sì,
certo».
«In
privato» borbotta prendendola di malagrazia per un braccio e
trascinandola
fuori dalla stanza.
Continua
a trascinarla per il corridoio, oltre un paio di stanze fino a
raggiungere la
galleria dei dipinti, quando pensa di essere abbastanza lontano
perché nessuno
possa sentirli inizia a urlare, Anna non l’ha mai visto
così furioso e prova un
misto di paura ed eccitazione nel vederlo gridare in quel modo.
«Sei
impazzita? La mia opinione non conta niente? Si tratta della mia vita,
dannazione, e tu non puoi gettare al vento la tua per questa
roba!»
«Hans,
la
tua vita non è una roba,
è preziosa e
rilevante quanto la mia!»
Il
ragazzo sbuffa, indispettito, irritato dal fatto che lei non capisca.
«Stai
gettando al vento la tua vita per niente, Anna. Guardami, non ne vale
la pena,
non ne valgo la pena! Ho cercato di uccidere te e tua sorella, ho
cercato di
sottrarti il regno una volta e ora tu cosa fa? Me lo servi su un piatto
d’argento? Hai dei sogni, Anna, dannazione! Perché
non insegui loro invece di
cercare di salvare me? Potresti sposare qualcuno che ami, avere una
famiglia,
non farmi questo!»
«Farti
questo?»
«Non
posso farlo, non posso» mormora piano, più calmo
di prima, accarezzandole
dolcemente il viso.
Anna
gli
afferra il polso e delicatamente fa scivolare la sua mano su quella del
ragazzo, ancora ferma contro la sua guancia.
«Non
puoi
o non vuoi? Perché se non puoi perché ti senti in
colpa per quello che è
successo sappi che io ti perdono, Hans, ti perdono tutto».
«Anna,
ti
prego, ti prego: no. Non dico che non voglio, sarebbe
bellissimo… voglio dire
tu sei bellissima… io sono un mostro, e il mio corpo,
diamine, hai visto cosa
mi hanno fatto! Quello che voglio dire è che non
è giusto, non è giusto che tu
debba sentirti obbligata a fare una cosa simile, non è
giusto che sia tu a
sacrificarti di nuovo, non posso vivere al tuo fianco sapendo che
avresti
potuto avere di meglio, che avresti potuto avere qualsiasi cosa e ci
hai
rinunciato per salvarmi la vita».
Anna
apre
la bocca e la richiude, indecisa su cosa dire, quindi gli lascia andare
la mano
e si porta le braccia alla vita con aria minacciosa.
«Hans
Westergard, smettila di pensare al meglio, io non voglio di meglio. A
differenza tua, che non sai cosa vuoi, io non l’ho proposto
per senso del
dovere, per pietà o per altruismo, l’ho proposto
perché volevo farlo, perché ci
credo. Quindi ti prego, non farlo, non tornare da quell’uomo,
non salire su
quella nave…»
Hans si
lascia cadere per terra, la schiena contro il muro, le ginocchia
sollevate, le
gambe leggermente divaricate; appoggia le braccia sulle rotule e vi
nasconde il
viso mentre sente Anna abbracciarlo e le lacrime scorrere lungo le
guance. Nessuno
dei due parla più, per almeno una decina di minuti il
silenzio occupa la
stanza, lasciando che il pianto silenzioso del giovane principe si
perda in
quell’attimo di intimità.
Quando
la
porta della sala delle udienze si riapre Kristoff si piega verso
l’orecchio
della regina con un sorriso sul viso.
«Te
l’avevo detto che sarebbero tornati».
«Oh,
stai
zitto» borbotta Elsa preoccupata.
«Tranquilla,
davvero, io mi fido di lui».
Hans
avanza nella sala tenendo per mano Anna, nessuno dei due sa bene chi
guardare
né cosa dire, finché a rovinare il momento ci
pensa Fabian, che di tempo per
pensare alla sua mossa successiva ne ha avuto a sufficienza.
«Vedo,
caro fratello, che la situazione è cambiata.
Congratulazioni! È un piacere per
me vedere che la nostra famiglia, ora, ha un legame così
forte con –»
«No»
lo
interrompe Hans in tono gelido.
«Come
prego?» negli occhi di suo fratello brilla una luce sinistra
che non fa
presagire nulla di buono.
«No.
Non
metterai mai le mani su Arendelle, nessun Westergard metterà
mai le mani su
Arendelle» gli sibila avvicinandosi ad un centimetro dalla
faccia, non è mai
stato così coraggioso prima, non ha mai avuto
l’ardire di sfidare i suoi fratelli,
soprattutto non Fabian.
Si
allontana da lui e si rivolge ad Elsa e ai dignitari presenti nella
sala.
«Io,
Hans
Westergard, rinuncio al mio nome, al mio titolo, a qualsiasi pretesa
sulle
Isole del Sud e a qualsiasi pretesa su Arendelle. Qualunque cosa
dovesse
succedere alla Regina Elsa, a lungo possa lei regnare, o a sua sorella
Anna, io
non prenderò il potere, non accetterò alcun
incarico di rilievo, né utilizzerò
la mia posizione per ambire al trono. Io rinuncio, qui e di fronte a
tutti voi,
a qualsiasi pretesa sul trono, su qualsiasi trono, ma soprattutto su
quello di
Arendelle. Da questo momento in poi Hans Westergard non esiste
più, non sono
più un cittadino delle Isole del Sud, ma un fedele suddito
della regina, nonché
leale consorte della principessa Anna, se lei ancora lo
desidera».
In quel
momento Elsa riprende a respirare, incredibilmente grata al giovane per
quelle
parole, Kristoff ride di nuovo, ma la regina lo ferma con
un’occhiataccia prima
che possa dirle di nuovo “Te l’avevo
detto”, cosa che ultimamente sta facendo
un po’ troppo spesso.
Anna si
avvicina ad Hans e sorridendo gli prende la mano, in quel momento non
serve
altro, è sufficiente fargli sentire la sua presenza: lei
c’è, non ha cambiato
idea e non ha intenzione di farlo, e non perché sia la cosa
giusta da fare, ma
perché lui le ha appena dimostrato che sì, ne
vale la pena. Nessuno dice più
nulla, non c’è niente da dire, non dopo quel
discorso, non davanti a tutta
quella gente, sicuramente non davanti a Fabian che, se potesse, li
ucciderebbe
tutti; solo i dignitari li fermano per firmare qualche documento prima
di
lasciarli andare.
«Non
posso credere che tu lo abbia fatto davvero» esclama Elsa
passeggiando sul
bastione sottobraccio a sua sorella.
«Sei
arrabbiata?»
«No,
sì,
non lo so. Oh, insomma, credo di no, però avrei voluto che
tu me lo dicessi
prima».
«Ehi!
Io
credevo che tu stessi implicitamente approvando la cosa quando
l’hai proposta!»
«Non
sapevo nemmeno che ci fosse una cosa!
Anna, non lo stai facendo per senso del dovere, vero?»
La
ragazza sorride e scuote il capo, stringendo il braccio della sorella.
«No,
Elsa, davvero. Cioè, non posso dirti che lo amo,
perché è troppo presto, ma
quando sono con lui sono felice, quando mi parla mi sento accettata,
capita. Ed
è diverso da sei mesi fa, ora so che è quello che
voglio, è quello che mi
merito».
La
regina
sbuffa, consapevole che è inutile litigare con Anna su un
argomento simile, a
dire la verità è impossibile litigare con Anna su
qualsiasi argomento.
«Per
quello che vale» esclama Kristoff superandole «Io
trovo che siate una bella
coppia tu e, com’è che l’avevi chiamato?
Ah, sì, Mister Occhi da Sogno».
«Kristoff!»
«Oh,
e
aspetta che lo sappia Olaf, uno se ne va in vacanza a trovare
Marshmellow (e
per inciso, Elsa, sono turbato dal fatto che sia ancora vivo) e quando
torna tu
gli scarichi addosso tutte queste novità. Lo sai che Olaf
odia Hans, vero?»
«Beh,
se
ne farà una ragione, è lui che mi ha detto che
per alcune persone vale la pena
sciogliersi, cioè non che io mi sciolga per Hans,
cioè non che mi dia qualsiasi
pena per Hans, oh, diamine!»
Elsa
scoppia a ridere, seguita a ruota dal montanaro, quindi proseguono
verso il
faro, mentre Anna si ferma ad aspettare l’oggetto dello
scherno.
Hans
è
fermo appoggiato contro il muraglione, osserva la nave, che reca la
bandiera di
quello che una volta era il suo regno, spiegare le vele e staccarsi dal
molo;
su quell’imbarcazione c’è
l’ultimo legame col suo passato e presto sparirà
alla
vista oltre la linea piatta dell’orizzonte.
Anna si
ferma al suo fianco e lo prende sottobraccio con gentilezza, quindi
appoggia il
capo sulla sua spalla e rimane ad ammirare la stessa scena: le poche
ore di
luce che vengono concesse a quelle terre d’inverno sono uno
spettacolo raro e
abbagliante e quando il sole tramonta, il cielo si tinge dei colori
dell’arcobaleno.
«Anna,
un
giorno potresti pentirtene» sussurra piano senza distogliere
lo sguardo dalla
nave.
«Può
darsi, ma quel giorno non è oggi» risponde lei
tranquillamente.
Hans
divincola il suo braccio dalla presa della ragazza e glielo passa lungo
la
vita, facendola scivolare con delicatezza tra sé e il
parapetto; la schiena di
Anna, appoggiata contro il suo torace, è calda e i suoi
capelli profumano di
fiori, Hans la stringe di più e affonda il viso nella chioma
arancione.
«Grazie».
La nave
li sorpassa ed esce dalla baia, diretta verso il mare aperto.
Anna si
gira verso di lui e gli passa una mano sul viso, sorridendo, in quel
momento le
sembra che quanto vissuto quella sera, più di sei mesi
prima, non fosse che un
assaggio, una promessa di quanto avrebbero potuto avere se ci avessero
provato
davvero.
«Io,
invece» sussurra piano «Non ti ho ancora
ringraziato, per quello che hai fatto
in biblioteca».
Hans
china il capo e appoggia la sua fronte su quella di Anna.
«Se
ti
fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato, mai».
La
principessa sorride, realizzando che quella che sente è
felicità, appoggia le
mani sul petto del ragazzo e con le dita sottili gli afferra il bavero
della
giacca.
«Posso
ringraziarti ora, però» gli sussurra piano sulle
labbra prima di chiuderle con
le proprie.
Hans
chiude gli occhi, mentre le sue mani percorrono la schiena di Anna
avvicinandola maggiormente a sé, al primo contatto, casto e
leggero, ne segue
un secondo più profondo, più passionale, una
necessità per lui, che con foga le
morde il labbro inferiore, una scoperta per lei, che fino a quel
momento ha
avuto solo esperienza dei baci gentili di Kristoff, e Hans non
è gentile, o
meglio, è di un’irruenza travolgente e nella sua
foga Anna vede sei mesi di
attesa, di desiderio, di lontananza.
Quando
si
staccano hanno il viso arrossato e i capelli scomposti, sul volto di
Hans si fa
largo un sorriso sornione che Anna non gli vedeva da tempo, un sorriso
di sfida
e di soddisfazione; stringe la mano della ragazza mentre la conduce
verso il
faro, dove Elsa e Kristoff li stanno aspettando.
«Credo
proprio» sussurra chinandosi sul suo orecchio «Di
avere fatto un affare».
Anna
scoppia a ridere, una risata leggera che attraversa l’aria e
che contagia
chiunque la oda. Sopra di loro anche gli ultimi raggi di sole
svaniscono nel
nulla e la luce del faro si accende, illuminando quattro figure intente
a
osservare il cielo stellato. Un cielo benigno, un cielo che ascolta e
che,
qualche volta, risponde: così la notte si tinge di verde e
di azzurro e di
viola e le onde tornano a farsi strada nella notte scura come nastri
colorati
agitati da un gigante sull’alto della montagna del nord, come
a protezione di
quel regno nascosto tra i fiordi e dei suoi abitanti che, per natura,
non si
arrendono mai.
I
lingered round them, under that benign sky;
watched the moths fluttering among the heath and harebells; listened to
the
soft wind breathing through the grass; and wondered how anyone could
ever
imagine unquiet slumbers for the sleepers in that quiet earth.
Mr. Lockwood
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