Sono tornata nel
fandom di Twilight. … Wow. Non credevo che fosse seriamente possibile, eppure…
Eccomi qua.
Buona lettura!
Ciò che agli
altri non è consentito
Nessie
ci aveva messo un po’ a fidarsi di quella vampira.
Era
apparsa tutta d’un tratto sulla soglia di casa Cullen e, anche se non aveva
dimostrato intenzioni ostili e si era bene adattata alla dieta vegetariana
della sua famiglia, aveva qualcosa di sfuggente.
Suo
padre diceva che c’era qualcosa di strano, in effetti. Come una sorta di
barriera mentale interna: lui riusciva a leggerle il pensiero per la maggior
parte del tempo, ma c’erano alcuni momenti in cui la sua mente produceva solo
uno strano rumore di sottofondo, come un’interferenza. Non capiva da cosa fosse
prodotta e, quando lo chiese alla diretta interessata, lei gli spiegò che era
dovuta a una parte del suo potere particolare, che però non aveva voluto
spiegare nei dettagli.
Quando
poi Nessie l’aveva conosciuta meglio, aveva capito i meccanismi che si celavano
dietro il suo pensiero e dietro la maggior parte delle sue azioni. Sara, questo
il nome della vampira, alla fine le aveva parlato e mostrato meglio il suo
potere.
E
dopo qualche anno che stava con loro, beh… Nessie aveva ceduto, aveva
accantonato la diffidenza e aveva permesso a Sara di entrarle sottopelle. Erano
diventate amiche e lei gliel’aveva dimostrato facendo qualcosa che non si
sarebbe mai aspettata.
Aveva
teso una mano.
E
Nessie, con l’ansia e l’eccitazione a sconvolgerle lo stomaco in egual misura,
gliel’aveva stretta.
Allora
Sara era mutata davanti i suoi occhi: i suoi capelli si erano allungati,
scuriti fino a diventare nero corvino; i suoi occhi erano passati dall’azzurro
al verde; le sue labbra si erano assottigliate e il suo viso allargato un poco;
attraverso il loro contatto aveva protetto anche la sua mente con la mutazione,
di modo che Edward non potesse leggere quei particolari ricordi, perché legati
ad un’altra forma che stava utilizzando il suo potere.
Erano
partite. Uno strappo all’ombelico e il mondo si era dissolto davanti ai suoi
occhi e spostato sotto ai suoi piedi.
Ed
erano tornate indietro nel tempo, lontano nello spazio, fino ad arrivare nel
millenovecentosedici, a Chicago.
“Buon
compleanno, Nessie.” le aveva detto alla fine Sara, lasciandole la mano.
Nonostante la faccia diversa, Nessie aveva riconosciuto l’espressione eccitata
dell’amica.
“Dove…?”
aveva iniziato lei, guardandosi attorno e sbattendo le palpebre, ma non aveva
fatto a tempo a finire la domanda che un gruppo di ragazzi erano entrati nel
vicolo dove loro si erano materializzate.
Il
suo cuore mancò un battito.
Ed
Edward, Edward Cullen che aveva ancora i tratti del volto troppo rotondi e
sorprendentemente umani, si era avvicinato a loro assieme ad alcuni amici.
“Damigelle!
Che ci fanno due damigelle sole in un piccolo vicolo come questo?”
“Passeggiamo.”
rispose Sara, mentre Nessie si riprendeva dallo shock.
Edward
sembrò notarla meglio, perché inclinò la testa a destra e corrugò la fronte.
“Per
caso siamo parenti? Dovrei chiedere a mia madre, ma non credo che una qualche
zia sia in visita…”
“Ehi,
ragazze, ma come siete vestite?” intervenne un altro ragazzo.
A
quel punto Nessie si riscosse.
“Non
credo che siamo parenti, ‘messere’.
Mi chiamo Ren.” rispose ad Edward, accennando un sorriso. Aveva scelto apposta
un nome neutro, perché non sapeva ancora se e come quell’incontro avrebbe
potuto cambiare la storia, ed era un punto che la spaventava un poco “E veniamo
da molto lontano, per questo i nostri abiti non sono molto consoni… Ehm…”
“Robert.”
si presentò prontamente il ragazzo “E questo qui, invece, è Arthur.”
“Piacere
di fare la vostra conoscenza.”
Edward
chinò appena il capo, sorridendo. Gli amici, fra le risate, lo imitarono.
“Dunque,
noi stavamo andando a casa del nostro Edward.” disse Arthur “Se venite da molto
lontano, magari una bibita fresca vi farà piacere.”
“Ehi!
Stai invitando gente a casa mia?”
“Beh?
Non vorrai abbandonare due fanciulle così carine, spero!”
Nessie
scoppiò a ridere. Non avrebbe mai creduto che… Non avrebbe mai pensato…
Insomma, suo padre così… Umano. Che
rideva e scherzava con degli amici, normali come lui. Con le guance arrossate
e… Gli occhi verdi.
Quello
era un particolare da cui non riusciva a staccare gli occhi. Nonno Carlisle
gliel’aveva detto, vero, ma vederlo…
Era tutta un’altra cosa rispetto ad immaginarselo.
Suo
padre.
Era
davvero suo padre?
Nessie
si voltò verso Sara, come in cerca di una conferma. Lei sorrise e annuì, poi
prese la parola.
“Vi
seguiamo volentieri, signori.” replicò, inchinandosi, nello stesso tono
cerimonioso e scherzoso tenuto prima dai ragazzi.
Loro
risero e fecero strada. Dissero di aver preso una scorciatoia, e che Edward era
una persona per bene con una famiglia per bene e che non viveva affatto in un
vicolo piccolo, stretto e buio. Si scambiarono battute che loro non riuscivano
a capire, parlando di altra gente – presumibilmente altri compagni di studi.
Nessie
si limitava a mangiare Edward con gli occhi, e Sara osservava lei, sorridendo.
Arrivarono
infine ad una graziosa villetta. Edward entrò per primo, seguito dagli altri, e
Nessie lo sentì avvisare sua madre che avrebbero avuto ospiti, o almeno… Altri
ospiti oltre ai soliti ragazzi.
Sua
madre.
Sua
nonna. Elizabeth Masen. Di cui papà
conservava pochi ricordi sfuocati, e che lei non aveva mai visto.
Fu
con uno strano tremolio nelle gambe che si avviò verso le voci, ignorando gli
arredi della villetta e tutto il resto.
E
poi eccola, lì, davanti a lei. La donna da cui Edward aveva ereditato tutto,
sia gli occhi verdi che i capelli color rame, che la forma del viso, le labbra
piene. La donna da cui anche lei
aveva ereditato la maggior parte di se stessa.
Era
una sensazione stranissima. Come il guardarsi allo specchio in un altro mondo,
con pochi e voluti errori.
Anche
Elizbeth dovette provarla, perché si portò una mano alla bocca.
“Oh,
cielo… Cara, scusa se mi permetto, ma che somiglianza!”
“Già.”
rispose Nessie, con un filo di voce. Forse sarebbe scoppiata a piangere in quel
momento, oppure la crisi isterica l’avrebbe colta poi. In quell’istante non si
sentiva troppo lucida.
“Signora.”
intervenne Sara, salvandola ancora una volta “Noi siamo Sara e… Ren. Veniamo da
lontano e ci è stata offerta la vostra ospitalità per questo pomeriggio, di cui
vi siamo molto grate.”
Elizabeth
sorrise, ripresasi un po’ dalla sorpresa, poi le invitò ad unirsi con gli altri
nel piccolo ma ben curato guardino sul retro. C’era un tavolino con delle
sedie, dove tutti presero posto, e la donna chiese a tutti di avere pazienza
mentre andava a preparare il the.
Nessie,
superato anche questo momento di assoluto stupore e nostalgia e qualcosa di
ancora non ben definito che le si agitava dentro, iniziò a guardarsi intorno,
avida.
Era
improvvisamente ansiosa; aveva voglia di conoscere tutto, di sapere tutto ciò che riguardava la sua famiglia di
origine.
***
Sara
era rimasta un po’ in disparte ma, dopotutto, come aveva ammesso anche lei
stessa, sarebbe parso troppo sospetto per i Masen avere intorno qualcuno che
non mangiava né beveva mai. La sua pelle non luccicava al sole per lo stesso
principio che le permetteva di manipolare il resto del suo corpo, ma i suoi
bisogni fisici rimanevano immutati e, per la sua dieta vegetariana, era meglio
per lei non avere intorno troppa gente.
Nessie,
invece, aveva accolto a braccia aperte l’improvviso affetto che Elizabeth aveva
riversato su di lei. Trascorreva parecchi pomeriggi con la donna,
chiacchierando del più e del meno, riscoprendo con avidità e stupore delle
piccole abitudini che si erano tramandate di generazione in generazione, come
quella di alzare gli occhi al cielo nello stesso identico modo.
Anche
Edward era un soggetto interessante. Nessie faticava non poco a conciliare la
visione di quello spensierato ragazzo, eppure molto rigido nei propri desideri
– arruolarsi nell’esercito, servire la patria – e sorprendentemente familiare
in alcune formalità – come il rispetto che nutriva per lei in quanto donna, la
distanza che manteneva in quanto ‘bravo ragazzo’ –, con quella del suo papà,
così maturo e riflessivo; sotto certi aspetti malinconico e rigido, il cui
sorriso sembrava sorgere sulle labbra solo quando stava con la propria famiglia
mentre il mondo esterno gli scivolava addosso. Quel ragazzo, quell’Edward,
invece, era un giovane pieno di passioni e speranze e uno sguardo carico verso
il futuro; fatto di un’immensa spontaneità con i propri amici, in cui Nessie
poteva scorgere a fatica la base dell’enorme passione che lo animava. La
riconosceva solo perché l’aveva vista, a volte, in certi sguardi che suo padre
lanciava a Bella e a lei soltanto.
Una
sera Nessie conobbe anche il signor Masen. Edward senior era molto più
silenzioso di suo figlio; alto ma non massiccio, e con un paio di sorprendenti
baffi che fecero ridere Nessie fino a star male, poi, quando si allontanò da
casa e poté sfogarsi con Sara. Da lui, Edward aveva preso solo il naso e poco
altro, eppure Nessie lo riconobbe istintivamente come ‘nonno’, sebbene sentisse
un legame più debole rispetto a quello che la legava a Elizabeth.
Nessie
passava la maggior parte dei suoi giorni con la sua ritrovata famiglia, e la
sera si sfogava con Sara, quando la malinconia tornava ad attanagliarla.
“Ho
paura.” le disse un giorno.
“E
di cosa?” rispose lei, alzando lo sguardo da un libro che aveva trovato qualche
ora prima in quella soffitta un po’ dismessa, dove si erano arrangiate a
vivere.
“Di
cambiare tutto. Non pensi… Non pensi mai di poter alterare il futuro,
attraverso il tuo dono? La cosa non ti spaventa?”
Sara
mise da parte il libro e accavallò una gamba, cercando di seguire anche lì i
suggerimenti dei Cullen per sembrare più ‘umana’.
“Ti
ricordi quando sono arrivata da voi?”
Nessie
annuì.
“Erano
molti anni che mi sentivo in colpa per le vittime che uccidevo. Non ho voluto
di proposito darvi una spiegazione, per non svelare il mio dono… Avete creduto
tutti che fossi empatica, un po’ come Jasper.”
“E’
vero.” la interruppe Nessie, sorridendo appena.
“Non
era così. Il vero problema è che, beh… Io vedo. So. So cosa è successo e cosa succederà. Ho visto la trama
dell’umanità intrecciarsi e scindersi e poi intrecciarsi di nuovo con quella
dei vampiri. E tante volte, mentre mi nutrivo, pensavo: magari questo povero
uomo avrebbe potuto vivere, sposarsi, avere figli e nipoti… E, un giorno, uno
di quei nipoti sarebbe stato l’uomo che avrebbe condotto la razza umana fra le
stelle.” Sara si interruppe, mentre Nessie la fissava intensamente “Per quanto
io mi spinga avanti nel tempo, non posso materialmente tenere traccia di ogni
albero genealogico. Sono troppe le persone importanti; sono ancor di più quelle
persone che diventano importanti solo lavorando in gruppo. E quindi io avevo
paura. Paura di uccidere la persona sbagliata; paura di uccidere il futuro
stesso dell’umanità e della mia specie.”
Nessie
iniziò a capire cos’aveva turbato l’amica. Dato che non aveva svelato a nessuno
il suo potere, eccezione fatta per lei e sempre in quel modo che rendeva
impossibile a suo padre leggerle dentro, nessuno aveva potuto capirla davvero.
Ma lei ora sapeva. Riusciva a comprendere quanto fosse stato terribile il peso
che Sara si era sempre portata dentro.
“Quindi
sì, ho avuto paura anch’io. Poi ho trovato voi ed è stato fantastico. Se vuoi
possiamo andarcene anche oggi, però… Mi è sembrato giusto darti una
possibilità. Farti conoscere quella parte della tua famiglia che non hai mai
potuto conoscere prima, per ovvi motivi.”
“Ed
Edward?” chiese ancora Nessie, leggermente angosciata. Se l’era chiesto tante
volte, prima, eppure… Eppure era stata egoista. Forse il danno era già fatto,
era irreparabile.
Sara
sorrise.
“Tuo
padre non ti ha mai detto nulla in merito alla tua esistenza in quest’epoca,
Nessie.” rispose, serenamente “Lo sai meglio di me. Lui ha pochi ricordi, quasi
tutti della fine. La sua memoria umana… E’ come un colino.” disse, riprendendo
l’espressione preferita di Edward “Sparisce. Ci ho pensato parecchio, prima di
fare quello che ho fatto. Non preoccupartene eccessivamente.”
Nessie
annuì, un po’ più rincuorata.
Infine
chiuse gli occhi, sperando di riuscire a dormire qualche ora. L’indomani
avrebbe fatto un giro in città con Elizabeth e non poteva permettersi di essere
stanca.
***
Erano
andate al mercato.
Elizabeth
aveva ritenuto che Nessie non utilizzasse abiti adeguati. Lei, dal canto
proprio, aveva detto che aveva comprato due o tre capi da quando si erano
conosciute, ma aveva ammesso candidamente di non conoscere per niente la moda
del posto (dell’epoca).
Così
Elizabeth si era proposta di confezionarle un vestito elegante. Nessie aveva
accettato ed ora si ritrovavano a girare fra le bancarelle.
Già
quattro negozianti le avevano scambiate per madre e figlia, o per sorelle.
“Sarebbe
bello se fosse vero.” disse infine Elizabeth, ridendo appena e coprendosi la
bocca con il palmo della mano.
Nessie
aveva riso con lei e poi si era fatta più seria. Fissava la pavimentazione
della piazza, gli occhi adombrati dal dubbio.
“Tesoro,
non ti senti bene? Vieni, andiamo lontano dalla folla.”
Elizabeth
era così dannatamente premurosa.
Certe volte le ricordava davvero nonna Esme. Non aveva dubbi che sarebbe andata
a genio a tutti i Cullen; quanto a lei…
“Vuoi
che ci fermiamo a bere un bicchiere d’acqua?”
Nessie
rialzò finalmente lo sguardo. Erano vicine ad un piccolo parco; c’era un bar
poco distante da loro.
“No.”
rispose, incamminandosi verso una panchina. Fece circa dieci passi, prima di
ricominciare a parlare “Pensavo… Se ti dicessi che c’è del vero, in quello che
hanno detto i negozianti?”
Rialzò
lo sguardo su Elizabeth, che aveva sbattuto due volte le palpebre.
“Beh,
credo di conoscere tutti i miei parenti, sia da parte di padre che da parte di
madre… E tu non rientri fra questi. E sicuramente so quanti figli ho
partorito!” concluse, con una risata.
Erano
arrivate alla panchina, e si sedettero. Nessie alzò lo sguardo al cielo: la
giornata era serena, con appena qualche nuvola ad oscurare il sole.
“Non
intendevo in quel senso. Elizabeth, tu credi al sovrannaturale?”
“…
Eh? Mi stai chiedendo se credo ai fantasmi?”
Nessie
accennò un sorriso.
“Non
proprio. Qualcosa del genere.”
“Beh,
io non… Non credo di aver mai riflettuto a lungo sulla questione.”
“Capisco…”
“Ren,
che hai? Mi stai spaventando.”
Nessie
spostò la sua attenzione sulla donna, e vide che la guardava con occhi
apprensivi e sgranati.
All’improvviso
ebbe un’illuminazione e seppe cosa fare. Dopotutto avrebbe dovuto capirlo
prima, no? Le parole di nonno Carlisle…
“Ho
un dono.” disse “C’è qualcosa che voglio mostrarti.”
Le
prese le mani, chiudendole fra le sue. Ora Elizabeth sembrava allarmata.
“Ren…”
“A
volte le cose non vanno come ci si aspetta.” continuò lei, ignorando i battiti
accelerati del suo polso “Devi sapere che ci sono altre possibilità; che c’è un
mondo intero nascosto fra ciò che credi di conoscere.”
“Ren,
io davvero, forse è ora di tornare indietro…”
“Ti
fidi di me?”
Elizabeth
tacque. Poi, dopo qualche istante di riflessione ed attesa, annuì, rilassandosi
appena.
“Non
sempre il futuro che vediamo dinanzi a noi è quello che ci accompagnerà per
tutta la vita. Talvolta, però, esistono anche alternative accettabili. Chiudi
gli occhi, Elizabeth. Ti mostrerò il futuro di Edward.”
Lei
deglutì, poi chiuse gli occhi, obbedendo.
Edward aveva gli
occhi socchiusi e suonava un enorme e bellissimo pianoforte. Le sue dita
sembravano sfiorare appena i tasti e quella carezza leggera produceva una
melodia armoniosa, che era sempre in grado di riempirle il cuore di meraviglia.
Qualcosa cambiò
e una figura leggiadra cinse il collo di Edward, da dietro, chinandosi sulla
sua testa. A quel punto lui aprì gli occhi e sollevò il volto, andandole
incontro per un bacio a fior di labbra.
Fu in quel
momento che Elizabeth si rese conto che c’era qualcosa di sbagliato, in tutto
questo. Il suo Edward aveva gli occhi dorati e non più verdi, la sua pelle era
pallida e in un certo senso i suoi tratti erano più belli, più alieni; lui era di qualche anno più grande
rispetto ad ora.
Poi la donna si
voltò verso il punto d’osservazione e tese una mano. Lei si spostò, sentendo il
cuore riempirsi d’amore, e due braccia fredde la cinsero: una era della donna, della mamma, e una era di Edward, del papà.
Gli occhi
ruotarono con il volto fino a che lei non riuscì a vedersi riflessa nel vetro
di un’enorme finestra: ed eccola, boccoli color rame e occhi nocciola,
circondata anche fisicamente dall’amore della sua famiglia.
Indiscutibilmente
figlia di suo padre, del
suo Edward, e della donna da cui aveva
preso gli occhi di una vita precedente, la mamma Bella.
Nessie
interruppe il contatto ed Elizabeth sussultò, come se fosse stata riportata
alla realtà troppo bruscamente.
“Io…
tu… Cosa…?”
“Credo
di dover ripartire, Elizabeth.”
La
donna la fissò a lungo, confusa. Nessie rialzò lo sguardo su di lei,
sorridendo.
“Fai
tesoro di ciò che ti ho mostrato e non parlarne a nessuno. Questa è una
possibilità per Edward di essere felice, se saprai coglierla.”
Elizabeth
chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Era ancora scombussolata e non
sapeva cosa pensare.
Eppure
non aveva dubitato, neppure un secondo, che ciò che Ren gli aveva mostrato
fosse… Reale.
Impossibile.
Assurdo.
Eppure
reale.
“Va
bene.” le disse, riaprendo gli occhi e osservandola; per la prima volta guardandola davvero, in cerca della
somiglianza più profonda.
Nessie
si alzò. Non aveva mai smesso di sorridere, eppure nel suo sguardo c’era una
nota strana, quasi malinconica.
“Allora
addio… Nonna.”
Nessie
si voltò e, in meno di un battito di ciglia, scomparve dalla vista di Elizabeth
Masen.
***
Era
andata ad osservare Edward di nascosto per l’ultima volta. Non voleva farsi
vedere, perché avrebbe voluto portare con sé un ricordo genuino di quello che
era stato suo padre da ragazzo, da umano.
L’aveva
visto ridere ed era stata felice, anche conoscendo già il destino che lo
attendeva.
Poi
gli aveva voltato le spalle ed era tornata da Sara, pronta a ritornare nella
propria epoca. Lei l’aveva accolta con un sorriso sulle labbra e, senza
attendere nessuna richiesta né spiegazione, aveva teso una mano.
***
Elizabeth
Masen si sentiva bruciare.
Il
calore era insopportabile nel suo corpo, sulla sua fronte; eppure, nonostante
l’inferno la stesse consumando lembo a lembo, lei sentiva anche brividi.
Poco
prima aveva saputo che suo figlio non avrebbe superato la notte. Nel delirio
febbrile, aveva riso in faccia all’infermiere che le aveva portato la notizia e
aveva blaterato qualcosa su un futuro felice e lontano.
Poi
era arrivato lui.
Il
dottor Cullen aveva dato il cambio al medico precedente e stava facendo il suo
giro di visite. Aveva un’espressione dispiaciuta, stanca, o forse era solo la
sua immaginazione unita alla febbre.
Eppure
il suo cuore aveva avuto un palpito, quando l’aveva visto. Gli aveva afferrato
un braccio e lo aveva fermato, cercando di piantargli le unghie nella carne che
sembrava fatta di marmo.
L’aveva
riconosciuto.
Su un riflesso
di un enorme vetrata, alle spalle di una piccola famigliola felice, un uomo
biondo leggeva un libro e sorrideva, seduto su una poltrona.
Aveva
perso molte cose nella vita; stava perdendo la vita stessa e ne era
consapevole. Eppure quel dettaglio era spiccato nitido come non mai nella sua
mente, che forse aveva accelerato perché prossima alla fine.
“Edward…”
aveva mormorato.
“Signora,
suo figlio…”
“Lei
deve fare tutto il possibile per mio figlio.”
“Signora,
io sono certo che…”
E
poi venne la forza nel corpo, negli arti. L’ultimo grande gesto per assicurare
la vita ad Edward, tutto ciò che le era rimasto. Lei aveva visto la sua
felicità e l’avrebbe onorata.
“Tutto
il possibile.” disse ancora, rialzandosi con il busto, con gli occhi accesi
dalla luce di una consapevolezza più grande “Anche ciò che agli altri non è
consentito, ecco cosa deve fare per il mio Edward.”
Vide
il dottor Cullen sgranare gli occhi a quelle parole.
Poi
le forze l’abbandonarono definitivamente e lei cadde, sprofondando
nell’incoscienza.
***
“A volte mi
chiedo se lei sapesse.” stava dicendo nonno Carlisle “Perché nel suo sguardo
sembrava esserci molto di più; lei sembrava aver capito che io potevo fare di
più.”
“L’importante è
che tu l’abbia fatto.” rispose Edward, sorridendo.
“E’ così. Se
Edward non fosse stato trasformato, noi oggi non saremmo qui.” intervenne
Bella, posando la propria mano su quello del marito.
E Nessie, che
era in braccio alla mamma, li guardò entrambi e poi guardò ancora il nonno,
sentendosi felice di essere nata, di esistere e di poter vivere per sempre, ora
lo sapeva, circondata da tutta quella felicità e amore.
Noticine finali:
Sara è un mio OC
che ho ideato in questi giorni. Potrei riutilizzarlo in qualche futura storia e
non sono disposta a cederla a nessuno, quindi non tentate di rubarmela. Spero
si sia capito che il suo potere è quello di viaggiare nel tempo e di mutare
forma; quanto al ‘blocco’ che avverte Edward nei suoi pensieri potrebbe essere
approfondito in futuro, ma in sostanza è legato alle trasformazioni del suo
corpo, che modificano parzialmente la sua mente facendo sì che si crei una
sorta di ‘cassetto’ dove riporre i pensieri in merito alle sue capacità (e a
ciò che vede/apprende quando utilizza tali capacità). Ah, inoltre sono stata
pigra sulla scelta del nome, ma capitemi ho iniziato a scrivere la storia a
mezzanotte e non avevo molta fantasia in quel momento.
La storia in sé
invece l’ho sognata la notte scorsa. Ho pensato che possa essere fattibile; che
Elizabeth, dopotutto, qualcosa avrebbe potuto saperla davvero. E quale modo
migliore di unire Sara, Nessie che è il mio personaggio preferito della saga e
una frase criptica citata una volta sola nel libro? A proposito, sia la frase
che altri riferimenti sono stati riportati a memoria, quindi magari
differiscono dal cartaceo. Questo sia perché è l’una di notte e di cercare le
parole precise o chi ha detto cosa non avevo voglia, sia perché una mia
ex-compagna di classe mi fregò Eclipse in quarta superiore -.-“ Ancora non l’ho
ricomprato.
Dunque, credo
sia tutto.
Spero di non
aver scritto troppe castronerie data l’ora tarda e spero che questa piccola
storiella possa venir apprezzata :)
PS: pubblico
domani, ora non ce la posso fare.
PPS: ho volontariamente escluso Jacob e i Mutaforma dalla storia. Non so ancora bene come pormi riguardo alla questione 'Jacob ha l'imprinting' che ha come conseguenza naturale il 'Nessie lo ricambia o no?', quindi ho evitato del tutto. |