Miulie Smaug
Q U E L C A N T O,
S O T T O L A M O N T A G N A
<< Cosa ti fa pensare che vi aiuterò? >>
<<
Quegli
stivali hanno visto giorni migliori, come quel cappotto. Sospetto che
tu abbia delle bocche da sfamare... quanti bambini? >>
<< Un maschio e due femmine. >>
<< E tua moglie, immagino che sia una bellezza! >>
<< Sì... lo era. >>
[ tratto da Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug ]
10 anni prima del dì di Durin.
Pontelagolungo,
altresì chiamata Esgaroth ( ma questo prima
dell'arrivo di Smaug ), non era una città adatta ai deboli di
cuore, o agli impazienti; perlomeno, questo era quello che aveva sempre
pensato Miulë.
Lo squallore e la sporcizia
che infangava quello che era stato il più grande e rispettabile
centro del commercio era pari alla scelleratezza e al malanimo dei suoi
abitanti.
Eppure, Bard non era poi
così sgradito. Specialmente da quelle noiose comari senza figli
che gli bighellonavano attorno nelle rare serate celebrative, in cui la
città accumulava abbastanza provviste da potersi permettere di
organizzare dei festeggiamenti, facendo come se lei non esistesse.
Certo, in fondo chi era lei?
Soltanto la moglie del
chiattaiolo. Ma via, cosa ce ne importa! L'avete vista bene?
Così strana e piena di sè, con quei capelli dorati e
indecentemente lunghi, e quella voce fastidiosa. Nessuna meraviglia che
la gente non la sopporti! Cosa mai ci ha trovato Bard, in una come lei?
Dicono provenga dalle lande del Nord... dicono che il suo nome
significhi " mostro. "
Queste erano solo alcune
delle centinaia di malelingue che lanciavano alle sue spalle le donne
di Pontelagolungo, scrutandola con diffidenza fin dal primo giorno in
cui aveva messo piede in quella città.
Invero, dicevano ben di
peggio. E non fosse stato per la povertà che divorava le
speranze di chiunque desiderasse fuggirsene altrove, lei e la sua
famiglia se ne sarebbero andati già da tempo.
<< Madre, Finn non vuole
mangiare. >> disse Sigrid, la figlia maggiore, mentre appoggiava
la garza imbevuta di latte nella ciotola; il neonato piangeva
stringendo i piccoli pugni verso l'alto.
<< Questa sera, quando
tornerà vostro padre potrò avere finalmente un po' di
tregua. Almeno, lo spero. Lascia amore, ci penso io. >> la donna
si asciugò le mani sul grembiule ricoperto di farina, e prese in
braccio il fagottino capriccioso << Tu metti le focacce d'avena
sul fuoco, per favore. >> aggiunse, rivolgendosi alla figlia.
Man mano che lo cullava, il
pianto di Finn andò affievolendosi, e la donna si mise a
passeggiare su e giù per la stanza, arrestandosi una volta
raggiunta la finestra.
Le estati in quelle terre
erano oltremodo singolari; il caldo torrido era una realtà con
cui le famiglie dovevano fare i conti tutti i giorni; la cappa di
calore che avvolgeva la città toglieva le energie per il lavoro
e faceva seccare le poche piantagioni, e quando i frequenti temporali
duravano intere settimane si contavano sempre almeno una decina di
capre annegate e palafitte danneggiate a causa del legno marcio.
Per non parlare del Morbo.
<< È da
stamattina che non mangia niente. >> sospirò la donna,
indecisa se preoccuparsi o meno. Gettò un'ultima occhiata alla
finestra, poi adagiò il neonato addormentato nella culla,
esaminandogli le guance arrossate. << Vorrei tanto sapere che
fine ha fatto tuo fratello! >> sbottò un attimo dopo,
rivolgendosi a Sigrid, la quale roteò gli occhi al soffitto.
<< Si starà azzuffando contro qualche bambino del quartiere... lo fa sempre quando pa' non c'è. >>
<< Be', mi auguro per
il suo e soprattutto per il mio bene che sia semplicemente in ritardo!
>> la donna si disfò la treccia sbrigativamente, per poi
arrotolarsi i capelli in una semplice crocchia alla base della nuca.
<< Vado a cercarlo. Quando Finn si sveglierà prova di
nuovo a farlo mangiare. E controlla anche Tilda. >>
Tilda aveva un anno, ma aveva
già imparato a pronunciare tante di quelle parole che a momenti
parlava più lei di tutti i componenti della famiglia.
Assieme a Finn, era quella che aveva preso quasi tutto da Miulë;
capelli color miele scaldato al sole, ciglia bionde e occhi verde bosco.
<< Ma sta arrivando un temporale...e tra poco scatterà il coprifuoco! >>
<< Devo comunque
passare al mercato a comprare le erbe mediche. A Finn sta salendo una
leggera febbre e preferisco evitare che si trasformi in qualcosa di
peggio. >> spiegò la donna, prima di allacciarsi il
mantello e uscire, diretta al centro della città.
Contrariamente alle sue aspettative, trovò suo figlio ancor prima di raggiungere il mercato.
Lo vide seduto sul primo
piolo di una vecchia gradinata che conduceva ad una catapecchia
abbandonata, la tunica color sabbia sporca e strappata in più
punti, intento a massaggiarsi la mascella.
<< Bain! Ti rendi conto
di quant'è tardi? Dove sei stato? E che diavolo hai fatto al
volto?! >> lo interrogò la donna, esaminando il grosso
livido violaceo che si estendeva come una chiazza a lato della bocca,
mentre la consapevolezza si faceva rapidamente strada tra i suoi dubbi.
<< Ho fatto a botte con
Dean. >> biascicò, con una scrollata di spalle << E
poi con il suo gruppo. >>
C'era un uomo in
città, che si faceva chiamare Maestro, e si occupava
dell'istruzione di tutti i bambini di Esgaroth. Bain seguiva le sue
lezioni quasi tutti i giorni per imparare a leggere, a scrivere e a
contare, e Dean era uno dei suoi compagni.
<< Appena torniamo a
casa ti metto del ghiaccio. Oh, e così erano in tanti, contro di
te? >> volle sapere, mentre lo prendeva per mano.
Le vie del mercato erano
quasi deserte, a quell'ora. C'era chi faceva le ultime compere, chi se
ne stava sotto i portici di legno a confabulare con quel solito
cipiglio riconoscibile solo negli abitanti di Esgaroth, e chi inseguiva
le ultime oche starnazzanti per metterle al riparo nei recinti coperti,
dal momento che le nubi color acciaio non preannunciavano niente di
buono.
<< Scusa, mamma >>
disse il bambino, tirando un calcio a un sassolino << Adesso la
madre di Dean verrà a casa nostra a gridare... >>
<< Non credo proprio,
sai? >> ribattè Miulë, nascondendo un ghigno
d'orgoglio verso quell'ometto di quattro anni che le saltellava a
fianco, tosto e coraggioso come suo padre << Quella vecchia arpia
ha ben poco da dire; se si azzarderà a mettere piede sul nostro
portico non le permetterò di dire neanche una parola.
Userò la ramazza per cacciarla, se sarà necessario. A
quel punto mi auguro che insegnerà a quel codardo di suo figlio
come comportarsi lealmente, durante una lite. >> si interruppe,
gettando un'occhiata a Bain << Per quale motivo è iniziata
la zuffa? >>
Bain la guardò di sottecchi << Perché mi ha dato un pugno. >>
Miulë sospirò di
sollievo << Bene, così almeno sei assolto da qualunque
possibile accusa. Ricorda cosa dice sempre tuo padre: non colpire per
primo, ma colpisci per ultimo* >>
Il bambino annuì energicamente, con un gran sorriso. La donna notò che aveva uno degli incisivi scheggiato.
<< E perché ti ha dato un pugno? >>
Questa volta Bain non rispose subito. Il sorriso sparì, e il bambino tornò a guardare per terra.
<< Perché io gli ho dato un pugno. >> si decise ad ammettere infine.
La donna si fermò bruscamente, guardandolo con aria severa.
<< Se l'è meritato! >> si difese Bain, stringendo le mani a pugno.
<< Ti dà
così tanta soddisfazione non ascoltare mai tuo padre? >>
ignorando il fango, il fieno e la sporcizia che ricopriva le
stradicciole, si inginocchiò per stare alla stessa altezza del
bambino. << E non ascoltare me? >>
<< Dovevo fargli di peggio. >> si limitò a insistere Bain.
Miulë sospirò,
passandosi una mano sulla fronte. << E va bene, sentiamo.
Perché gli avresti dato un pugno? >>
<< Per quello che ha detto. >>
<< Ovvero? >>
<< Non te lo dico. >>
<< Ehi, giovanotto...
>> esordì la donna, sollevandogli il mento con le dita <<
Rispondi alla domanda. Puoi dirmi qualunque cosa, lo sai. >>
<< Ti ha chiamata
strega. >> disse il bambino, quasi sussurrando. << Ha detto
che il suo fratellino è morto dodici giorni fa a causa tua. Ha
detto che i neonati muoiono perché sei stata tu a portare il
Morbo qui. >>
Muta e immobile, con le lunghe dita che ancora abbracciavano il mento
rotondo del bimbo, la donna sostenne il suo sguardo per svariati
secondi, senza dire una parola.
Prima o poi sarebbe accaduto.
Miulë aveva sperato
con
tutta se stessa di non sentire mai quelle accuse deliranti, e alla fine
era arrivata ad udirle nientemeno che dalle labbra di suo figlio.
Lo sbalordimento e la
commiserazione che provava per la gente di quella città le
impedì di proferir parola, tanto che Bain, scambiando
il suo silenzio per rabbia, si lasciò andare.
<< Dice che sua madre
non ha mai capito perché non ti hanno bandita dalla
città! Dice che sei serva della magia nera, che hai irretito il
Governatore e che ti maledice per la morte di suo figlio! E poi, quando
gli ho dato un pugno, anche gli altri hanno iniziato a dire che sei una
strega e allora io ho picchiato anche loro. Tu non sei una strega!
>>
Miulë ascoltò
Bain con attenzione, prima di fare un sospiro e catturargli il faccino
ammaccato con le mani. << Tu sei davvero un bravo ometto. E sono
fiera di come ti sei comportato oggi. >> gli rivelò,
schioccandogli un bacino sul naso.
Subito dopo abbassò lo
sguardo sulle pieghe dell'abito, mordicchiandosi il labbro. Sentiva di
essere arrivata al limite della sopportazione nei confronti della gente
di Pontelagolungo.
La odiavano, in particolare le donne.
E perché?
Perché era straniera;
perché proveniva dalle lande del Nord, abitate da popoli ( ormai
estinti ) di esperti guaritori, di cui poteva vantarsi di preservare un
minimo di conoscenze mediche.
Per tutti gli anni trascorsi
a Esgaroth, era sempre stata vittima di gentilezze forzate e di
mormorii alle spalle. Solo una donna pareva mostrarle benevolenza. Ma
probabilmente, solo perché anni prima aveva salvato suo marito,
guarendolo dalla polmonite.
Più volte si era
offerta di poter dare un'occhiata ai neonati colpiti dal Morbo, una
terribile epidemia che causava loro vomito, anche ematico, crampi,
rottura dei capillari negli occhi e infine la morte, dopo un paio di
giorni; tuttavia gli abitanti del posto temevano troppo ciò che
non conoscevano, pertanto temevano lei e i suoi metodi. La paura genera
il sospetto, la diffidenza, l'isolamento.
E alla fine, il risultato era stato questo.
<< Mamma? >>
<< Sì? >>
<< Perché piangi? >>
<< Cosa? No che non piango! >> disse la donna, tirandosi su e riprendendo a camminare.
<< Avevi gli occhi lucidi. >> insistette il piccolo, trotterellandole dietro.
<< Non significa che stessi piangendo. >>
<< Mamma? >>
<< Cosa c'è, Bain? >>
<< Che cosa vuol dire irretire? >>
<< Uhm... >>
nonostante la sua età, Bain non era troppo piccolo per capire
certe cose, ma Miulë non trovava appropriato fornirgli un'altra
giustificazione per andare a procurarsi nuovi lividi da parte di quei
bulletti, perciò rispose: << Significa appendere a testa
in giù. >>
<< Perciò tu hai appeso a testa in giù il Governatore? >>
<< Proprio così. >>
<< Per questo ti guarda sempre in quel modo? >>
<< Di che parli? >>
Finalmente avevano raggiunto
la bancarella delle erbe mediche, ma il sollievo della donna
iniziò a venir meno non appena gettò un'occhiata a
ciò che era rimasto.
Spezie, salvia, origano, pioppo nero...
<< Stiamo per mettere
via tutto; cadono le prime gocce... >> la informò il
venditore, mentre copriva con un telo alcune cassette, impilandole una
sopra l'altra su un carro vecchio e malconcio << Ah, siete voi
>> borbottò, non appena posò lo sguardo su di lei,
riconoscendola.
<< Vi è rimasto dell'agrifoglio? Oppure un po' di centaurea, o del sambuco? >>
<< C'è solo
quello che i vostri occhi vedono. E finché non torna Bard con i
rifornimenti, questo è tutto ciò che resterà.
>>
Miulë serrò le labbra dal disappunto, mentre una goccia d'acqua gelata le sfiorava la guancia.
<< Capisco. Neanche qualche Foglia di Re? >>
Il mercante si bloccò, con una mezza risata.
<< Foglie di Re? >> ripetè, squadrandola << Vi prendete gioco di me? >>
<< Ne avete, sì o no? >>
<< No >> rispose
seccamente, sfregandosi le mani << Ma so dove potete
procurarvela. Ce n'è in abbondanza nelle bocche dei maiali.
>> si interruppe, squadrandola dall'alto in basso << Io
vendo sementi e piante medicinali. E quella è un'erbaccia,
signora. In caso non lo sappiate. >>
Quella che chiami erbaccia, ottuso ubriacone, funziona cento volte meglio di uno qualunque di questi condimenti per verdure!,
era quello che avrebbe tanto voluto rispondergli, quando un'altra voce
maschile - e assolutamente sgradevole - la convinse a non dire una
parola.
<< Buonasera, Vincent.
La gotta non concede tregua, in quest'ultimo periodo... il sacchetto
per il mio padrone è pronto? >>
<< Come ogni settimana, signore! >>
Il venditore armeggiò
nelle tasche, tirando fuori un sacchetto ben annodato per poi consegnarlo
all'uomo più ripugnante della città, ricevendo da
questi una moneta.
Miulë prese per mano Bain, facendo per andarsene, ma ovviamente l'uomo non si lasciò sfuggire l'occasione.
<< Devo ammettere che
non è una novità trovarti sovente in giro da queste
parti, agli albori del coprifuoco, Miulë. >>
<< Sì, speravo
di trovare l'occorrente per curare uno dei miei figli, ma non è
rimasto molto. >> faceva sempre una fatica terribile a non
lasciarsi sfuggire più del necessario nei confronti del viscido
leccapiedi del Governatore. Anche perché, specialmente in
assenza di suo marito, quell'uomo la prendeva spesso di mira. <<
Suppongo sia perché il tuo padrone si rifiuta di permettere ad
altri chiattaioli di avviare più scambi con il Reame Boscoso.
>>
<< Il nostro padrone >> la corresse Alfrid << ha preso la decisione più ragionevole. >>
<< Non è cosa ragionevole affidarsi ad un solo uomo. Una sola chiatta non
può trasportare beni di prima necessità per una
città intera. E d'inverno il fiume non è
praticabile. Questo è il motivo per cui la gente non riesce
nemmeno a mangiare tutti i giorni. >>
Con quattro figli, Miulë
aveva perso il conto delle volte in cui era rimasta a digiuno, per far
sì che avessero una razione in più da dividere; molto
poco, certo. Ma sempre meglio di niente.
L'astio della donna nei
confronti di quei due viscidi uomini era sempre stato alimentato dalla
consapevolezza che, in qualche modo, pareva temessero l'autorità
che Bard sembrava essersi guadagnato agli occhi degli abitanti, e
più di una volta si era chiesta se il vero motivo per cui lo
spedivano sempre da solo in quelle acque, fosse perché speravano
ci affogasse, un giorno.
<< Abbiamo ancora molto
tempo, prima di preoccuparci dell'arrivo dell'inverno. Inoltre ce
l'abbiamo sempre fatta fino ad ora, pertanto ammiro la tua
lealtà nei confronti del tuo uomo, ma questi timori sono
infondati. >>
Facile parlare per lui.
Dopotutto viveva sotto il tetto del Governatore, al quale andava quasi
il cinquanta per cento di tutti i rifornimenti, compresi i viveri.
<< Probabilmente hai
ragione, Alfrid >> si limitò a sorridere, facendo per
congedarsi. Poi gettò un'occhiataccia al mercante, che si
passava ancora la moneta da una mano all'altra, con aria soddisfatta.
<< Gotta, eh? >> disse, facendo un cenno verso il sacchetto
che Alfrid teneva in mano. << Hai appena buttato via dei soldi.
Se posso permettermi, prova con un po' di Pungitopo. >>
<< Cosa?! Sciocchezze, mio signore, non datele retta. La betulla
è un rimedio infallibile. >> sbottò il mercante.
<< Se davvero lo fosse,
non saresti costretto a comprarne una nuova dose ogni singola
settimana. La betulla non è granché efficace e a lungo
andare crea dipendenza, ma suppongo che questo sia utile per gli
affari... >> concluse, voltandosi verso il venditore, che le
stava lanciando occhiate di fuoco.
<< Ascoltate bene,
donna >> grugnì, facendo sparire la moneta nel tascone del
grembiule pesante e logoro << Vendo erbe mediche da più di
trent'anni. Nessuno viene a dirmi come fare il mio lavoro. >>
<< Tre decenni sprecati >> disse all'improvviso Bain, prima che la donna potesse zittirlo.
<< Che hai detto, moccioso?! >>
<< Ce l'ha insegnato
oggi il Maestro! >> ribattè lui, sorridendo alla madre
<< Trent'anni sono tre decenni, vero madre? >>
<< È stato un
piacere. >> si congedò Miulë, rivolgendosi ad
entrambi e tirando il bambino per una manica.
Ma potè fare solo pochi passi, prima di sentirsi afferrare per un gomito.
<< Dovresti evitare di farti trovare ancora in giro a quest'ora della sera. >>
Miulë sospirò, quando sul volto di Alfrid apparve un ghigno beffardo.
<< Questa ramanzina
è fatta apposta per me, o vai in giro a riservare certe premure
a tutte le donne della città? >>
<< Non è una
ramanzina, è un avvertimento >> la nota di minaccia che
percepì dietro quelle parole la fece irrigidire << A
quanto pare l'epidemia sta aumentando, la gente chiacchiera e...
>>
<< Se hai qualcosa da dire, non girarci intorno. >>
<< Molto bene. Il Morbo
non è naturale, si è esteso solo in questa città,
senza colpire altre terre. C'è il forte sospetto che sia opera
di stregoneria. Chiunque verrà sorpreso dove non dovrebbe
trovarsi dopo il coprifuoco, sarà immediatamente messo ai ferri,
fino a nuovo ordine del Governatore, e infine, una volta ottenute le
prove, giustiziato pubblicamente. Il tutto come sollecitazione a
ricordare cosa succede ai nemici dello Stato e a chiunque trami
nell'ombra, ai danni della nostra deliziosa città. >>
†
<< Lo odio! Che faccia
brutta che ha, puzza di liquore come il Governatore ed è
cattivo! Non vedo l'ora che pa' gli spacchi... >>
<< Sta' zitto! Non
parlare mai in questo modo degli altri finché sei fuori di casa.
Qui la gente ci gode come le vacche in calore quando si tratta di
mettere nei guai qualcuno per un nonnulla pronunciato incautamente
>> sbuffò Miulë, cercando in tutti i modi di non
pensare alle minatorie parole di Alfrid, mentre saliva i gradini del
portico.
L'arancione del tramonto perforava le nubi, scaldando appena il viso della donna come una carezza gentile.
D'istinto, Miulië pensò alle mani di Bard.
Sul suo viso.
Sulle sue labbra.
Sulla sua schiena, quando la stringeva a sè.
Il tempo delle carezze e delle parole sussurrate all'orecchio non era
diventato che un ricordo custodito gelosamente nel suo cuore, un tesoro
dal valore profondamente sentimentale con cui riusciva a rivaleggiare
tutto e tutti, in quella prigione chiamata Esgaroth.
Ma per quanto ancora, si domandò, resisterò prima di tradirmi?
<< Madre! >>
Il grido la fece riscuotere, quando Miulë si accorse che non era stato Bain a chiamarla.
C'era Sigrid sulla porta; le guance arrossate, la voce agitata e gli occhi lacrimanti dalla paura.
<< Presto, Finn è... gli ho dato da mangiare e poi... non
so che cos'abbia! >> gemette, mentre la donna la superava di corsa, entrando in casa.
A metterla in allarme fin da subito fu il pianto del neonato:
strozzato, flebile, come se non avesse nemmeno la forza di piangere,
Finn aveva le guance paffute scarlatte, i pugnetti chiusi che agitava
debolmente sopra la testa.
<< Da quanto tempo è così? >> chiese Miulë,
premendo con delicatezza gli indici ai lati della gola del piccolo; poi
gli posò un palmo sulla fronte. Bruciava come il fuoco.
<< Mezz'ora, credo. >>
<< Mamma, che cosa gli succede? Guarirà, vero? >> Bain
si chinò, senza togliere gli occhi di dosso al fratellino.
<< Sta bene, sta bene, solo... >> la donna fece un vago
gesto con il braccio in direzione di Sigrid, che immediatamente
tirò per un braccio Bain, allontanandolo.
Miulë
tirò fuori da una delle tasche del suo abito un fazzoletto di
stoffa, per poi immergerlo in un secchio pieno d'acqua fredda. Lo
strizzò, ripiegandolo con cura, per poi adagiarlo sulla fronte
di Finn.
<< Ha mangiato? >>
<< Ho provato a dargli del latte, ma lo ha rigurgitato. >>
Considerando il numero di bambini che si era ammalato nell'ultima settimana, Miulë
avrebbe mentito a se stessa affermando di non aver tenuto conto di una
simile eventualità, ma ora, di fronte ai suoi figli, dovette
fare appello a tutta la sua forza per impedire alle proprie mani di
tremare.
Finn aveva contratto il Morbo.
<< Dove vai? >> chiese Sigrid, quando vide la madre
recuperare da sotto il tavolo un paio di stivali di pelle, che di
solito si premurava di usare quando andava a caccia con Bard, in luoghi
selvaggi e privi di alcun sentiero. Su decisione del Governatore la
caccia era considerata illegale, e il commento di Bard era stato: << Bruci all'inferno, il Governatore. >>
<< Devo raggiungere il Fiume Fluente. >> rispose,
prendendo una piccola fodera in cuoio e infilandoci dentro un
coltellino. Lo sistemò all'interno dello stivale sinistro, sotto
gli occhi allarmati di Sigrid.
<< Adesso? >>
<< Sì, Sigrid. >>
<< Ma non puoi! >> la avvisò la ragazzina, improvvisamente spaventata.
<< Mamma, non hai sentito cos'ha detto quell'uomo, prima?
C'è il coprifuoco, a nessuno è permesso uscire dalla
città. >> si intromise Bain, appoggiando la sorella.
Purtroppo era difficile non assistere quando qualcuno veniva catturato
dalle ronde al servizio del Governatore; la notizia passava di casa in
casa, come il vento d'estate. E non era mai un bello spettacolo;
malgrado Miul
ë avesse cercato di evitarlo il più possibile, anche ai suoi figli era toccato assistere in un paio di occasioni.
<< Se parto adesso sarò di ritorno prima dell'alba. Non uscite di casa, per nessun motivo. >>
<< Madre, aspetta! >> Sigrid si piazzò davanti alla
porta che dava al retro della casa << Perché fino al Fiume Fluente? >>
<<
Perché sulle sue sponde crescono erbe
che qui non possiede nessuno. Mi servono quelle per curare Finn, e mi
servono il prima possibile! >> rispose, scostandola. Si
coprì il capo col cappuccio del mantello nero. << Continua
a bagnargli la fronte e i polsi. Quando la febbre si sarà
abbassata, cerca di farlo mangiare di nuovo. Se mangia avrà
più forze. >> Esitò, prima di accarezzare la
guancia della figlia maggiore con tenerezza, tanto che per un attimo la
paura negli occhi di Sigrid si affievolì.
<< Non stare in pensiero; non è la prima volta che esco
dai confini della città senza farmi notare. >> sorrise,
spostando poi lo sguardo su Bain. << Informate vostro padre,
quando arriverà. >>
<< Non potresti aspettarlo? >>
Troppo azzardato.
Così facendo, avrebbe solo rischiato di perdere tempo prezioso.
Una volta contratto il Morbo, la media dei neonati della città
aveva resistito due giorni, prima di perire. Due giorni di vomito,
febbre e contrazioni incessanti. Finn era già andato incontro ai primi due sintomi.
<< Tornerò presto. >> fu tutto quello che
riuscì a dire, prima di aprire un poco la porta e sgusciarne
fuori, rapida e silenziosa.
Sigrid la seguì con lo sguardo finché potè,
ammirandola sparire tra i vicoli di Pontelagolungo, veloce come
un'ombra.
<< Ho paura. E se questa volta le sentinelle la prendono?
>> mormorò Bain, rigirandosi tra le mani un pezzo di
focaccia d'avena, senza alcuna voglia di mangiarla.
<< Non fare lo stupido; mamma conosce sentieri nascosti che le guardie non troverebbero mai. >>
<< Ma come fa a conoscerli? >>
Sigrid esitò un momento. << Be', perché... ci è andata tante volte con papà, credo. >>
<< Continuo ad avere paura. >>
<< Vieni, aiutami a preparare la cena. Vedrai che tornerà
prima del previsto! E forse nostro padre arriverà prima che cali
il buio. >>
<< Ma, Sigrid... >> sussurrò Bain, prima di abbandonare la finestra per fissare la sorella << è già buio. >>
†
Profonde e a tratti impetuose, le seicento miglia del Fiume Fluente
nascevano da qualche parte, nella fiancata della Montagna Solitaria, e
si estendevano a sud di essa, fino al Lago Lungo. In un certo senso si
poteva dire che il fiume lambisse i confini di quella che un tempo era
stata la magnifica città di Dale.
Una rovina maledetta, così la definivano. Un regno bruciato vivo
dal fuoco del drago, che giaceva nell'eterno silenzio da più di
sessant'anni ormai, ai piedi della Montagna. La Desolazione di Smaug.
La donna avvertì un brivido alla schiena quando una folata
gelida, più violenta delle altre le venne addosso, facendole
scivolare via il cappuccio, mentre, stremata dalla lunga camminata,
finalmente si metteva in ginocchio per esaminare attentamente le erbacce
che crescevano lungo l'argine del fiume.
Tuttavia, non erano solo le urla del vento notturno ad infastidirla;
un rumore quasi impercettibile, un continuo tamburellare, da
qualche parte, in un punto poco lontano da lei, per un attimo la fece
bloccare.
La donna si diede un'occhiata attorno, in silenzio.
A quell'ora della notte un normale viaggiatore sarebbe stato in netta
difficoltà, poiché il buio era sempre uno sgradevole
ostacolo alla sicurezza, specie nei pressi di boschi o - in questo caso
- fiumi, in cui venivano ad abbeverarsi le bestie feroci.
Ma agli occhi allenati della donna bastava la luce della luna come
alleata. Inoltre le leggende che circolavano su quella città
morta e silenziosa, poco distante dal fiume, erano talmente macabre
che nessuno, nemmeno i briganti o i curiosi, osava avventurarcisi.
C'era una ragione se Miulë
considerava gli abitanti di Pontelagolungo un'irrecuperabile mandria di
capre ignoranti, sebbene in questo caso la loro ignoranza
rappresentasse la sua stessa salvezza: Dale e le terre che la
circondavano erano luoghi in cui nessuno osava addentrarsi, e questo li
rendeva estremamente protetti. Miulë si sentiva più al sicuro lì, che a Pontelagolungo.
Dopo un breve momento di esitazione, la donna estrasse il coltellino
dallo stivale, iniziando a recidere qualche stelo che cresceva
nascosto, seppellito sotto un cumulo di erbacce.
Ed eccolo di nuovo, lo stesso picchiettio.
La lama brillò, quando Miulë
rafforzò di colpo la presa sull'elsa. Stava per voltarsi di
scatto su se stessa, quando avvertì un frullare d'ali,
vicinissimo al suo viso, e l'attimo dopo, su una delle rocce poco
distanti da lei si posò un uccellino.
Miulë chiuse gli occhi, con un sospiro di sollievo.
<< Oh, sei tu, amico tordo. >> si inginocchiò, posandosi le mani in grembo.
<< Non dirmi che ti ho spaventata. >>
<< A quest'ora della notte non dovresti essere in giro a
svolazzare. Potresti diventare lo spuntino di qualche gufo. >>
E no, non era impazzita; comprendere il linguaggio dell'esserino al suo
fianco e saperci comunicare era un'abilità di cui era venuta a
conoscenza anni orsono, poco dopo il suo arrivo in città. Non lo
aveva rivelato a nessuno, neppure a Bard. Questa, con tutta
probabilità, era la cosa a cui doveva stare più attenta,
dal momento che se qualcuno lo avesse scoperto, le voci sulla sua
presunta stregoneria avrebbero finalmente avuto fondamento e lei
sarebbe stata bruciata viva su un rogo, come minimo. Facile a dirsi,
pensò ironicamente, dal momento che quel piccolo tordo pareva
apprezzare la sua compagnia, e quand'era di buon umore non teneva
mai il becco chiuso, seguendo la donna perfino quando camminava tra le
bancarelle nei giorni di mercato. E se lei provava ad ignorarlo,
l'uccellino iniziava a emettere trilli acuti e fastidiosi, che alle
orecchie di chiunque altro non sarebbero stati altro che un insistente
cinguettio.
<< Porto ottime notizie, mia signora. >>
<< Sarebbe la prima volta. >>
<< Ricordi quello di cui abbiamo parlato tredici giorni fa? >>
<< Non adesso, ti prego. Devo pensare a mio figlio. >> lo
fermò Miulë, mettendo via il coltellino e alzandosi in
piedi. Arrotolò le erbe e le infilò in un sacchettino, in
una tasca interna della veste, poi fece per tornare indietro.
<< È per il Morbo? >>
<< Già >> la donna sospirò << E preferisco non attendere più del... >>
<< L'ho trovata. >>
<< Che cosa? >>
<< La porta sigillata dei Nani non è la tua unica
possibilità. Avevi ragione: c'è un'altra via d'entrata
sotto la Montagna. >>
continua
* La frase che ha pronunciato Miule nei confronti di Bain l'ho presa dal film " Changeling", di Clint Eastwood.
Bene, eccovi servito il primo capitolo. Tralasciando che sono in uno
stato di emozione indescrivibile ( è più o meno da tre
anni che svalvolavo dalla voglia di pubblicare una long della mia saga
preferita ), in realtà avrei un sacco di altra roba da portare a
termine, quindi direi che con questa storia non ho fatto altro che
infognarmi ulteriormente ahahhahhah, ma oh, alla fine è proprio
questo che mi fa star bene con me stessa.
Come già anticipato nella presentazione, ho inventato il
personaggio di Miulë per trovare quello che sarebbe stato sia il
jolly che il fulcro con cui intrecciare il destino di Bard ( l'oscuro e
affascinante chiattaiolo che abbiamo avuto modo di conoscere nel
secondo film de Lo Hobbit ), ma soprattutto quello di Bilbo ( eccome se
ci sarà! Lui, e tutta la cumpa di nanerottoli ) e di Smaug. Io
VENERO Smaug, è uno dei pg che apparirà più spesso
in questa storia, ergo se non vi piace e il vostro interesse è
incentrato su altri personaggi, vedete voi; io ho fatto il mio dovere e
vi ho messe in guardia ;)
Altra cosa importante: avendo anche letto il libro, mi sono rimaste
particolarmente impresse alcune frasi scritte da Tolkien, quasi tutte
riguardanti le leggende sui draghi e sulle ricchezze dei Nani... il
problema è che sono quasi tutte una sorta di " dico/non dico ",
quindi mi sono presa la libertà di giocherellarci sopra,
interpretandole a modo mio.
Credo di aver detto tutto quello che dovevo dire.
Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi avrà il piacere
di seguire la storia; che l'idea vi incuriosisca o meno, sono comunque
certa che la concluderò. Quando, eh, quella è un'altra
storia. Cercherò di essere regolare negli aggiornamenti, per
quanto mi sarà possibile.
Buona notte,
Luce L.
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