XV
Io e il
mio unico amore
Sapete
perché ho deciso di essere una receptionist di hotel? Con il mio titolo di
studio avrei potuto far qualsiasi cosa, anche insegnare se proprio era il mio
sogno, e invece avevo scelto la via più insolita. La maggior parte delle mie
amiche sono segretarie... di studi medici, di fabbriche, di qualsiasi cosa, e
invece io sono l’unica che non ha un lavoro fisso e che cambia sempre città di
lavoro. Una bella fregatura, direte voi. E se fosse sempre stato quello il mio
sogno? A essere sinceri io sono una pessima sognatrice, perché non mi vedo mai
protagonista di qualche evento entusiasmante o con un bell’uomo accanto. Ai
miei occhi, io, Roberta, non sono altro che una ragazza di ventotto anni che
non otterrà mai nulla dalla vita. Non sono abbastanza brava e capace rispetto
alle altre persone. Se qualcuno mi facesse un complimento per il mio francese,
io replicherei subito che no, non lo parlo abbastanza bene. Anzi, diciamo che
fa schifo e che non so come sono riuscita a laurearmi. Lo vedete anche voi? Non
sono all’altezza di me stessa e dei miei sogni, in pratica sono da ricovero, ma
questo non è una novità.
Non
sono stata io a scegliere questa professione, è stata lei.
Alla fine dell’università, ero gasata e avrei voluto fare di tutto, perché ero straconvinta di valere anche io un po’. Non tanto, ma
neanche di essere completamente stupida.
Essere venuti al mondo dopo una sfilza di sorelle brillanti e super
intelligenti non avrebbe favorito nessuno, e neanche il fatto di essere semitrasparenti
agli occhi di mia madre.
Avevo mandato un’infinità di curricula e nessuno, ovviamente, mi aveva degnato
di una chiamata. Chi ero io? Solo una delle tante laureate in Lingue, quindi
potevo tornare a essere trasparente.
E poi successe. Pioveva e io stavo ascoltando una canzone lagnosissima,
crogiolandomi su quanto fossi fallita e sul perché continuassi a vivere. No,
non volevo suicidarmi. Era la classica depressione postlaurea. Capita a tutti,
credo.
Il
mio telefono aveva cominciato a vibrare e io avevo guardato quella scritta
“privato” con un misto di paura ed eccitazione. Sarà un call center o magari
Daniele che mi chiama nascondendo il numero.
Invece
era proprio una proposta di lavoro. In un hotel. Li avevo mandati anche al
fruttaiolo, quindi non mi ero stupita più di tanto. Non ricordo un granché di
quella chiamata, perché ero troppo stupita che qualcuno mi avesse preso in
considerazione e che addirittura mi stesse proponendo un lavoro. Non sarà mica
pazzo?
A
fine stagione scoprii che lo era, al cento per cento. Fu la mia professione a
chiamarmi, perché aveva bisogno di me: una receptionist senza peli sulla lingua
e che poteva prendere in giro. Sì, anche la mia professione lo fa, ma non in
senso negativo, non come potreste intenderlo voi. È più una faccenda amorevole,
una specie di corteggiamento.
Ora
credete che sia molto folle, ma finché non vi troverete nella mia stessa
situazione non potrete capire, o forse è già successo ma in maniera diversa.
Volete
sapere cosa è successo dopo che ho raggiunto Daniele e Gabriella al locale?
Be’, alla fine mi sono comportata davvero bene, non c’era motivo per metterlo
in imbarazzo perché lui e la mia collega si stavano proprio divertendo e, una
volta raggiunti, sono riuscita a dimenticare tutto il nervosismo e anche la
tristezza che mi aveva assalita dopo la mia conversazione con Valerio. Non ero
innamorata di lui, per carità. Lo conoscevo da troppo poco tempo, era più una
questione di sentirsi bella ai suoi occhi. Non vi è mai capitato che il bello
della classe guardasse voi e non la miriade di ragazze stupende accanto? Ecco,
era proprio quella sensazione, non ero più quella ragazzina troppo magra e con
l’apparecchio ai denti. Ero gnocca anch’io.
Fosse
capitato in un’altra occasione e non ci fosse stata Beatrice, forse io…
No,
a essere sinceri non avrebbe mai potuto funzionare. Non solo perché lui
preferisce un prosecco ad una pinta di birra, ma perché eravamo completamente
diversi. Agli opposti. E io non credo a quelle stronzate sugli opposti che si
attraggono. Non potrei mai avere una relazione con uno che vota Berlusconi, che
tifa per l’Inter e che sia snob, poco incline a ridere e taciturno. Spero
vivamente che quest’uomo non esista, e se invece mi sbaglio, spero di non
incontrarlo mai, per la mia e sua salute mentale. Ho paura anche di immaginare
alla prole che potremmo avere insieme.
Per
il momento mi accontento di flirtare con il mio lavoro, l’unico che mi capisce.
La
stagione finisce in un volo, forse perché ho fatto pace con me stessa o magari
perché mi trovo bene con i miei colleghi. Riesco persino a incontrare Beatrice
per qualche uscita solo donne in compagnia di Gabriella e, finalmente,
la vedo rilassata e felice. Lei e Valerio hanno deciso di ricominciare, facendo
piccoli passi certo, ma sono sicura che ce la faranno, perché vedo Beatrice
sempre più sicura di sé e dell’amore di Valerio nei suoi confronti.
Preparo le mie valigie e questa volta non c’è nessun cavalier servente al mio
fianco ad aiutarmi, ci sono solo io e non importa se mi spaccherò la schiena
per caricarle sul treno, perché per la prima volta dopo tanto tempo sono
contenta di tornare a casa.
Una
volta tornata nella mia umile dimora, sono consapevole che dovrò sopportare le
ramanzine di mia madre che avrà in serbo per me. E infatti non tardano ad
arrivare quando entro e la vedo in soggiorno che guarda la televisione.
“Figlia ingrata.” Ok, recepito.
“Ragazzina
stupida.” Respira e stai calma, Roberta.
“Non pensi altro che a te
stessa.” Ehi, questo non è vero.
“Avrebbe potuto succederti
di tutto.” Che ottimismo ma’.
“Domani andiamo dal dottore
per un controllo.” Niente dormita fino a mezzogiorno.
“Mi sei mancata, Roberta.” Occhi
fuori dalle orbite. Scusa, puoi ripetere? E poi con molta calma mi sorride
e abbraccia stretta. Un gesto che non le ho mai visto fare, neanche con le
altre mie sorelle. Non muovo neanche un muscolo o ricambio il suo abbraccio
perché sono completamente stupita e mi comporto come un bastone di legno, non
penso che questa possa essere la mia vera e prima occasione per godere di
quello che avevo sempre desiderato. In questi momenti non pensi o sarà che io
non penso mai. Alla fine si stacca da me e si dirige verso la cucina,
annunciando che avrebbe preparato il mio piatto preferito per pranzo.
“Ovviamente
sei dei nostri, vero Daniele?” domanda al mio migliore amico che mi ha
accompagnato e che ha assistito alla scena.
“Certo!
Non ho intenzione di mangiare qualche strano piatto cucinato da mio padre. Ho
sempre il terrore di non alzarmi più da quel tavolo.”
“Non
parlare così di tuo padre, lui dà sempre il massimo per voi!” lo rimprovera mia
madre, il suo tono però è dolce perché sa quanto Daniele gli voglia bene. Io e
il mio amico abbiamo storie simili ed entrambi abbiamo sofferto per la morte di
uno dei nostri genitori.
Quando
è successo a me frequentavo le medie, mentre a lui è accaduto al quarto liceo.
Non so come avremmo reagito se non fossimo stato l’uno il pilastro dell’altro;
ma per fortuna siamo sempre stati insieme. Per questo ero decisa ad andarmene,
una volta superata la malattia, perché non volevo che Daniele rivivesse i
ricordi legati alla madre e alla sua morte.
“Lasciamolo
esercitarsi con mio fratello, almeno per oggi sono salvo,” dice, prima di
allontanarsi da mia madre col timore che gli dia qualche scappellotto.
Mi
sono mancati questi momenti e non posso fare altro che sorridere a mia madre ed
essere felice per la prima volta dopo tanto tempo.
Trovo
Daniele nella mia stanza intento a guardare nei cassetti della biancheria e
alza un braccio in aria quando trova il cioccolato che avevo nascosto lì.
Maledetto golosone! Si lega un mio tanga al polso e mi offre un pezzo della mia
tavoletta, che generosità.
“A
noi due, finché il diabete non ci separi.” Ride e mi abbraccia, e le due Roberte, questa volta, si godono il momento, respirando a
pieni polmoni il suo odore. Cioccolata e pane appena sfornato. Potrei
divorare il mio migliore amico, credo.
“Hai
chiamato il vecchio?”
Si
riferisce al mio ex direttore, quello che mi aveva chiamato quel giorno, quando
ero super depressa e demoralizzata. Non è vecchio, avrò una quarantina di anni,
ma si veste come un uomo d’altri tempi e Daniele ha sempre preso in giro le sue
bretelle e i suoi papillon.
“Certo,
domani pomeriggio vado a parlare con lui. Ha detto che ha sempre tempo per una
stronza del mio calibro.”
“Adorabile
creatura. Non è cambiato di una virgola.”
E
lo spero fortemente, perché non vedo l’ora di tornare dietro al mio bancone.
“Andiamo
ad apparecchiare e ad aiutare tua madre.”
“Magari
senza il mio tanga?” Allungo la mano verso il suo polso e glielo slaccio.
Ci
dirigiamo in cucina e mia madre ci sorride ancora. Potrei abituarmi a questa
vita.
Passo
la mattina a fare visite, ma almeno posso rassicurare mia madre sulla mia
salute. Come dice sempre il mio amico, creperò per mano di un mio cliente che,
domandato una coperta*, troverà me alla porta della sua camera con un
vero e proprio piumino e non una ragazza con cui passare la notte.
Sono
le cinque del pomeriggio quando entro in hotel e non trovo nessuno alla
reception, così mi dirigo verso il ristorante, desiderosa di parlare un po’ con
i miei ex colleghi.
Le
mie speranze si infrangono quando noto che non è arrivato ancora nessuno e che
la sala è completamente vuota.
“Cerca
qualcuno?” chiede qualcuno alle mie spalle e io sobbalzo per lo spavento.
Quando
mi giro, sento le campane suonare e gli angeli cantare l’Halleluja.
Davanti a me sta un ragazzo, forse della mia età, con gli occhi più belli che
io abbia mai visto. E quando mi sorride capisco che è fatto tutto bene.
Forse dovrei parlare perché lui comincia a ridacchiare e io non sto facendo una
bella figura.
“Ehm
sì, ho un appuntamento con Riccardo.” La mia voce è roca, addirittura sexy,
come quelle dei film hard. Questo è il mio cervello che non collabora con la
bocca, e voi che non credevate alla mia storia!
“Roberta!”
In fondo al corridoio vedo finalmente il mio ex capo e io non posso fare altro
che scappare da questo perfetto, in tutti i sensi, sconosciuto e dirigermi
verso l’unica persona che conosco. “Scusa, ero con un fornitore. Ma vedo che
eri in buona compagnia, vi siete già presentati?”
Guardo
di nuovo il ragazzo e noto che lui mi sta guardando ancora con quel sorrisino.
“A
dire il vero no. Piacere, io sono Marian. Chef de rang.”
“Roberta.
Ricevimento.” Riccardo non mi corregge, perché quello sarà sempre il mio posto,
e non posso fare a meno di pensare che la sala ristorante sarà il mio posto
preferito d’ora in poi.
“Bentornata,”
dice Riccardo.
E
mi sento finalmente a casa.
NdA: Buona
Immacolata, o voi che potete festeggiarla! Finalmente un po’ di tempo per
postare l’ultimo capitolo! Scusate ma la vostra receptionist ha avuto mille
partenze ed è mezza sclerata.
Prima di tutto spieghiamo il significo di coperta* nel gergo alberghiero, ossia
prostituta, quindi se un uomo chiede alla reception una coperta, questo vuol
dire che vi sta chiedendo di contattare una professionista per allietare la sua
giornata. Lo so, capitano tutte a noi. La prima volta che mi è successo ho
fatto notare al cliente che usavamo i piumini e non le coperte, ahaha!
Per coloro che si stanno chiedendo se ho per caso cambiato il finale in questi
anni di pausa, la risposta è sì. Il titolo è Memorie di una receptionist quindi
Roberta doveva morire di cancro e l’ultimo capitolo doveva essere narrato da
Daniele. Dovete ringraziare Beapot, la mia prima
adorabile beta acida, che mi ripeteva di lasciarla viva e io le rispondevo che
dovevo essere coerente e che no, l’avrei uccisa. Come avete visto, ha vinto
lei! Grazie acidella.
Altro ringraziamento va a Jaybree e a Lights perché mi hanno spronato a continuarla, perché
quella sigla “in corso” è veramente fastidiosa.
Infine ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito, o semplicemente letto. Mi
avete dato la forza di riprendere una storia e di continuarla anche se lo stile
e le idee erano cambiate.
Spero di non avervi deluso con questo finale e che Roberta e le sue memorie
rimangano con voi e vi rallegrino nei momenti difficili.
La vostra Rossella vi saluta… e sì, anche lei come Roberta ha un debole per i
camerieri di sala!