*2*
Sono
davvero degna di tanta ammirazione?
È
vero che m’impegno duramente tutti i giorni, ma non riesco a controllare il
potere Arcana legato alla sesta carta, con cui ho stretto il
contratto.
Sento
che la strada da percorrere è ancora lunga, il futuro impossibile da prevedere;
non so nemmeno se qualcosa cambierà, se rimarrà tutto così com’è e se avrò
sempre il sostegno di tutti.
Questo
era ciò che Felicità si diceva quella stessa notte, prima di
addormentarsi.
Dopo
uno stato di compiacimento iniziale, le si era insinuato il tarlo del dubbio,
dato che, in fondo, nella Arcana Famiglia c’erano altri meritevoli quanto lei, se non
addirittura di più.
Non
si aspettava e non richiedeva un trattamento di favore solo perché unica figlia
di Mondo.
C’era
sicuramente chi aveva più esperienza alle spalle, del resto stava ricoprendo la
sua carica da qualche settimana.
Dante,
Jolly, suo cugino Nova.
Rispetto
a loro si sentiva una novellina, e non andava in giro a vantarsi, anzi,
manteneva un’assodata compostezza e un perfetto autocontrollo sperando, un
giorno, di arrivare a un livello degno di nota.
Sbadigliò.
Per coprirsi la bocca, la ragazza si servì della mano che teneva appoggiata
proprio lì, sul petto, dove era impresso lo stigma rosso degli Amanti. Le
conveniva riposare, perciò, nella penombra in cui era immersa la camera da
letto, con Fukulota* immobile e quieto nel suo trespolo, si girò sul fianco
destro e si coprì con il lenzuolo finché non prese sonno.
*
Da
piccola, la Signorina aveva l’argento vivo addosso, non si riusciva a
tenerla buona che qualche minuto, ad eccezione di quando dormiva, mangiava o
beveva il tè.
Correva,
rideva e giocava, spensierata e tranquilla.
Sembrava
che nulla potesse scoraggiarla, ma c’erano anche quelle volte in cui manifestava
apertamente la propria fragilità, in cui trattenere le lacrime e frenare i
capricci le risultava impossibile.
Come
quando inciampava, sbucciandosi le ginocchia, graffiandosi le mani e sporcando
di fango il suo vestitino bianco.
Oppure
quando si lamentava delle lunghe assenze di Mondo, suo padre, impegnato negli
affari di famiglia. Sentiva la mancanza dell’affetto paterno e quindi lo
accusava tra i singhiozzi di essere cattivo.
Allora,
io intervenivo come meglio potevo, tranquillizzandola, inventando nuovi giochi
ed esperimenti per nulla pericolosi per far tornare il sorriso in quel visino
così grazioso, ma spesso la signora Sumire mi riprendeva, sostenendo con voce
carezzevole che la figlia adorata doveva imparare a superare il dolore dei
graffi, la tristezza della lontananza paterna e le svariate difficoltà con le
sue sole forze e tanta buona volontà.
Ricordo
che la bella donna dalle origini giapponesi poggiava una mano sulla testa rossa
della Signorina e la spronava a rialzarsi da terra, a non mostrare mai la
propria debolezza in modo così esplicito. Un giorno lei avrebbe ereditato il suo
stesso ruolo di comando e per questo doveva diventare una donna forte, un punto
di riferimento per tutti i membri della loro grande famiglia.
Io
restavo spiazzato, non capivo. Perché aspettarsi il massimo da una bambina così
piccola e dolce?
Soltanto
perché mostravo un’eccessiva premura e una calda gentilezza nei suoi confronti,
mi tacciavano di viziarla troppo.
E
dovetti incassare il colpo quando la Signorina, crescendo, mise da parte ogni
vestito nuovo per indossare abiti più sobri, oppure per portare con orgoglio la
sua attuale divisa.
Ancora
oggi mi dicono che sono responsabile della sua scarsa femminilità, quando invece
io sono il primo che vuole che mostri quella delicata bellezza, ben celata
dietro la consueta acconciatura e il portamento mascolino, di cui è
inconsapevole.
Ma
malgrado tutto, e di questo sono indiscutibilmente sicuro, non smetterò mai di
accompagnarla, sostenerla, tenderle una mano quando ha bisogno e fare il tifo
più sincero per lei.
Sarò
sempre pronto a servirla, finché vorrà…
“Uhm…
Luca? Mi senti?” domandò Felicità, fissandolo imbronciata.
Era
la terza volta che lo chiamava, quando finalmente il contraente della Temperanza
sembrò rianimarsi, abbandonando lo sguardo perso che stava puntando alla
finestra dalle imposte chiuse.
“Chiedo
scusa”, mormorò con un sospiro sommesso.
“Cosa
ti distrae? C’è qualcosa fuori?” si interessò, accavallando le lunghe gambe
mentre sedeva sul divano. Sul tavolino c’era il piattino di porcellana con sopra
una tazza decorata con motivi floreali, contenente il tè caldo.
“No, Ojou-sama,
non si tratta di distrazione. Vuole sapere quello che ho scoperto?” rispose,
posando nel contempo, con la massima delicatezza, una pregiata teiera sul
vassoio sopra lo stesso tavolino.
Felicità
osservò le intangibili volute di vapore che salivano dall’infuso, prima di
afferrare con due mani la sua tazza, annuendo seria.
“Riferiscimi
tutto. Ti ascolto”, precisò. Chiuse gli occhi verdi per poi portarsela alle
labbra, soffiare due volte e bere un sorso alla volta.
Luca
si schiarì la voce, pronto a rimediare per il semplice fatto di essersi
incantato a fissare il vuoto in sua presenza, assorto in pensieri che tra
l’altro la riguardavano.
“Innanzitutto,
deve sapere che la pianta che ha ricevuto non è la stessa camelia che cresce
generalmente in Giappone. Quella è veramente grande. Comunque è stata importata
e poi potata in modo accurato, segno che quella ragazza o chi per lei tiene
particolarmente alle piante…” espose un primo parere, fermandosi per capire se
la Signorina avesse colto, dalle sue parole dirette, una precisa
informazione.
“Presumo
che lavori in un vivaio, o forse i suoi genitori sono fiorai e quindi li aiuta”,
dedusse d’istinto.
“Esattamente.
Si sono trasferiti a Regalo da due anni e hanno un vivaio vicino alla piazza
principale. Mi è stato detto che possiedono anche dei terreni sparsi per
l’isola, in modo da poterci costruire ambienti sicuri per ricreare la stagione
adatta al tipo di pianta che importano. Per quanto riguarda la camelia, non ci
sono problemi: questa ha bisogno d’aria e di un ambiente umido, ma non può stare
troppo sotto il sole. Qui da noi per fortuna si trovano molti spazi buoni, se si
sa dove cercare. Ho già parlato con Enzo, il giardiniere di famiglia, se ne
occuperà senza problemi, dal momento che la pianta richiede un’annaffiatura
regolare, ma non esagerata, anche per favorire lo sviluppo delle gemme che
altrimenti seccherebbero. Perciò non si preoccupi, lui sa già come trattarla e
non lascerà che appassisca. Siamo in primavera ed è difficile che ciò accada”,
garantì, dopo averle presentato tutte queste informazioni avute in tempo
record.
“Luca…
Ringrazia il giardiniere da parte mia. Per caso hai trovato qualcosa sul
significato della camelia?” s’interessò infine. Non sembrava scontenta né
delusa. Aveva ascoltato ogni singola spiegazione senza battere ciglio, con
calma.
“Sì, Ojou-sama,
normalmente sono due: uno è l’impegno ad affrontare ogni sacrificio in nome
dell’amore, l’altro indica il senso di stima e ammirazione verso qualcuno.
Inoltre – e questo credo che le farà piacere saperlo – le sue caratteristiche ricordano le persone solide,
quelle cioè che non vacillano durante il loro cammino, bensì proseguono senza
indugi per la propria strada”.
Fu
lieto di comunicarle alcune delle citazioni che aveva trovato, perché secondo il
suo modesto parere si sposavano bene con la personalità decisa e ostinata della
giovane davanti a lui. Eppure, lei chinò il capo e la sua espressione si fece
pensierosa.
“Sono
davvero degna di tanta ammirazione?” si ripeté la stessa, identica domanda
che si era posta, sussurrandola piano, come una carezza di vento.
In
qualche modo il dubbio raggiunse anche Luca, che di primo acchito avrebbe
risposto senza dubbio un bel sì, essendo uno dei pochi che la conoscevano da
quando era molto piccola. Invece si limitò a sedersi accanto a lei, alla giusta
distanza, e a farle intendere quello che in realtà lei sperava.
“Solo
il tempo ce lo dirà. Immagino che si senta come un’esploratrice che ha da poco
intrapreso la sua avventura personale, che ha parecchio da imparare, non solo
sugli altri, ma anche su se stessa, sui suoi sentimenti. Ha anche chi la
sostiene e la aiuterà sempre, perciò il mio consiglio, se posso permettermi, è
di non perdersi in riflessioni complicate prima del tempo. Si comporti come ha
sempre fatto e la stima degli altri non le mancherà mai”.
Felicità
posò la tazza ormai vuota – l’aveva bevuta tutta pian piano, mentre lui parlava
– e dovette ammettere che si era sentita subito più serena. Non lo ammise, non
ebbe nemmeno il tempo di rivolgergli un sorriso, perché Luca balzò in piedi di
colpo, e soltanto perché si era ricordato di dirle che tra una settimana si
sarebbe tenuto il ricevimento per il compleanno di Mondo e doveva procurarle uno
splendido vestito, almeno per quell’occasione speciale.
Felicità
fece spallucce, più per ovvietà che per altro.
Anche
se a volte la sorprendeva, per certi versi si rivelava invece troppo
prevedibile.
Tanto
lei si sarebbe presentata come al solito, lo sapeva già. Mettersi in mostra era
fuori discussione.
___
* Fukulota
è il gufo di Felicità (lo dico, magari non si capisce xD).
Le
informazioni sulle camelie le ho prese un po’ dai libri, un po’ da internet, per
esempio questo
link porta al significato del fiore.
Enzo
è un nome a caso, se loro hanno un giardiniere non lo so, su internet non dice
nulla in merito. Immagino di sì, considerato il grande giardino che si ritrovano
._.
Ah,
in questo capitolo le parti in corsivo sono in prima persona perché si
riferiscono alle introspezioni dei due personaggi =)
Spero
che sia piaciuta ^^ non avevo mai scritto su questo fandom, perciò ho puntato su
una fic senza troppo pretese, per nulla romantica e che rispecchiasse quello che
io ricordo sui personaggi (mi sarebbe piaciuto
coinvolgerli tutti, ma non avevo altre idee per loro. Pazienza, sarà per
la prossima volta ^^’)
Rinalamisteriosa
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